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Autore: Martiverse    26/10/2016    0 recensioni
Raccolta di brevi storie Akuroku per celebrare il mese di Halloween.
➀ “Noi siamo migliori amici…” non c’era ironia nella sua voce, né alcun senso di minaccia... come se l’averlo quasi ucciso rientrasse nelle occupazioni di routine giornaliere. [...]
➁ “Sei qui da solo?” chiese, affabile ed indagatore come il migliore dei lupi cattivi.
Roxas annuì scuotendo la testa un po’ troppo forte, senza perdere il suo sorriso alticcio. [...]
➂ Il cerone bianco, le lacrime disegnate sul volto... sembrava una bambola di porcellana venuta male. [...]
➃ “Sono davvero la cosa più importante nella tua vita?” chiese Roxas.
Conosceva la risposta a memoria, sperava solo che per una volta Axel dicesse di no. [...]
➄ In realtà trovava pietoso il sottomettersi fin da subito, dando una conferma elargita della dipendenza dal suo fascino [...]
➅ Rosso gelido, come la luce accesa del pronto soccorso.[...]
➆ L’aveva assassinato con il proprio amore e condannato con la sua disattenzione. Se solo l’avesse amato di più! Se solo l’avesse amato di meno…[...]
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU, Lemon, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun gioco, Contesto generale/vago
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Le bien qui fait mal 2 akuroku
NOT MY HAPPY ENDING
Raccolta Akuroku, 30 minuti massimo, canzoni casuali

 ...Nuovo capitolo pubblicato in fretta e furia perchè devo partire tra dieci minuti e starò via per tre giorni. La depressione è forte in questo capitolo.
Grazie mille per la recensione, Liberty! Ancora non ho avuto il tempo di rispondere ma l'ho apprezzata tanto. Se ho internet all'Elba ti rispondo da laggiù 
 

 
Louder than Thunder (The Devil Wears Prada)
 
Il liquore aveva lo stesso colore dorato del miele.
Scendeva nella gola di Axel senza attrito, intasandogli le vene e il cervello… era amaro come una medicina ma rendeva schiavo coma la peggiore delle droghe. Ogni sorso legava le dita al successivo tirandone un altro alla bocca, versando ulteriore veleno giù per la trachea, facendolo tossire e scivolare sempre di più nell’inibizione.
Aveva perso il conto delle bottiglie, perso il conto delle bugie e delle delusioni. Tutto si riduceva al nettare nel suo bicchiere, all’ambrosia degli Dei.
Si beve per dimenticare.
Axel increspò le labbra in un sorriso tirato con la bocca già posata sul bicchiere, poi buttò giù un altro sorso.
La casa era così silenziosa e vuota… gli occhi gli bruciavano da morire. Sentiva le lacrime premere nel retro degli occhi e fargli frizzare le palpebre.
Solo che era stanco di piangere… ed ancora non ci era riuscito.
Avrebbe voluto dannatamente gridare, spaccare tutte le bottiglie e lasciarsi trasportare dalla rabbia più cieca.
Oh, come sarebbe stato meglio se solo fosse stata una di quelle persone che di fronte alle avversità riescono a lasciarsi andare al pianto e smettono di soffrire quando il dolore si acquieta.
Il suo problema era questo: Non riusciva a farselo passare.
Con il tempo avrebbe dimenticato, tutto sarebbe tornato alla normalità.
Sarebbe riuscito a lasciarsi alle spalle la pelle morbida di Roxas, il suo sorriso la mattina, il modo in cui gli preparava il caffè.
Il ricordo delle sue cene speziate sarebbe svanito assieme alle loro vacanze, al giorno in cui si erano conosciuti… il tocco delle sue mani sarebbe andato perso, i suoi baci, le sue carezze. Perché è così che va’, no?
Il tempo guarisce, il tempo fortifica, no?!
La bottiglia era quasi vuota. Axel ne afferrò il collo ed indugiò facendola traballare tra le proprie mani, indeciso se versarsi un altro bicchiere o attaccarsi direttamente ad essa. Con gli occhi appannati riuscì a leggere l’etichetta ed il suo stomaco si annodò…
La bottiglia che gli aveva regalato Reno alla festa di fidanzamento. Quella che avevano promesso di conservare, quella che erano sicuri che non avrebbero mai bevuto, perché gli alcolici che regalava suo cugino erano sempre troppo forti per i normali esseri umani…
Stava mandando a puttane il passato.
Si attaccò al collo della bottiglia e buttò giù sorsate ingorde, cercando di finirla in fretta.
Si beve per dimenticare… e lasciarsi tutto alle spalle era quello che avrebbe dovuto fare. Sarebbe mai potuto esserci un altro come Roxas, nella sua vita?
Non voleva pensare a come avevano litigato. L’ultima immagine che conservava di lui era un ragazzino con gli occhi gonfi di lacrime che se ne andava sbattendo la porta di casa loro. Un attimo prima era là, nel loro nido, il rifugio che si erano costruiti insieme… ed un secondo dopo il vuoto e il silenzio avevano accoltellato Axel con dannatamente troppa forza.
Era colpa sua? Certo che era colpa sua!
Il liquore gli andò di traverso ed Axel tossì. Si sollevò dallo sgabello e si piegò in avanti sul bancone da cucina, tossendo con forza sulla miriade di pacchetti di medicinali vuoti.
Roxas era uno di quelli che sapeva piangere. Lui riusciva sempre ad esprimere le proprie emozioni. Se si arrabbiava gridava, quando era triste i suoi occhi si riempivano di lacrime e tirava su con il naso in modo adorabile… e quand’era felice… il suo sorriso… che splendido sorriso.
Per questo Axel era sicuro del fatto che fosse stato colto di sorpresa.
Non c’era paura sul suo viso… era pacato, come se si fosse addormentato con gli occhi aperti.
Si beve per dimenticare, ma Axel lo faceva per una ragione diversa.
Aveva guardato mille e mille volte quell’articolo di giornale, aveva visto le foto, identificato il cadavere. Non avrebbe mai potuto dimenticare, non sarebbe bastato tutto l’alcol del mondo. E il rimorso… oh, il rimorso! Quale incredibile tenia era nella sua pancia!
Se solo non avessero litigato, se solo non gli avesse permesso di uscire, se solo l’avesse seguito, l’avesse trattenuto…
Se solo avesse saputo che sarebbe morto due ore dopo il loro litigio, colpito dal proiettile di qualcuno ancora non identificato che era solo interessato alla sua valigia…
Avrebbe preferito non sapere che Roxas non gliel’aveva voluta consegnare perché dentro vi aveva messo l’anello del loro fidanzamento, quello che si toglieva sempre dopo che litigavano... ma da cui non si separava mai, perché ogni volta finiva con il rimetterlo.
L’aveva ucciso.
L’aveva assassinato con il proprio amore e condannato con la sua disattenzione. Se solo l’avesse amato di più! Se solo l’avesse amato di meno…
Forse era il rimorso, forse era tutto quello che aveva ingerito… Axel si accasciò a terra e tossì di nuovo.
Se avesse potuto tornare indietro nel tempo avrebbe strappato via la valigia dalla mano di Roxas, l’avrebbe stretto tra le braccia e gli avrebbe sussurrato di non piangere ad un orecchio. Gli avrebbe fatto capire quanto lo amava, perché era così ingiusto che le ultime parole che aveva potuto rivolgergli fossero insulti.
Non beveva per dimenticare.
Beveva per ricordare.
Sorrise ed allungò una mano verso il viso di Roxas, chino su di lui.
Era bello come nella sua mente, con i capelli biondi ad incorniciargli il viso e le guance appena arrossate. Riusciva di nuovo a vedere il suo piccolo naso appuntito, il colore delle sue iridi… solo un pazzo avrebbe voluto lasciarsi alle spalle tutto questo.
Come poteva voler dimenticare?!
Non avrebbe mai permesso alla sua immagine di affievolirsi ed ai ricordi di confondersi. Voleva rivederlo, glielo doveva.
Allungò una mano tremante e posò una carezza sulla guancia di Roxas. Riusciva quasi ad avvertire il suo calore sotto i polpastrelli, il bagnato delle lacrime sul viso.
“Non piangere” disse, o forse solo lo pensò. Roxas gli strinse la mano tra le sue e ne baciò il dorso, sorridendogli a sua volta tra le lacrime…
Quando Axel chiuse gli occhi lo fece con gioia, conservando come ultimo pensiero l’immagine di Roxas e del suo splendido sorriso.

   
 
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