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Autore: ImperioMagicum    29/10/2016    2 recensioni
In occasione di Halloween voglio offrire a tutti quelli che mi seguono una one-shot un po' particolare. Ho voluto replicare un po' lo stile di Stefano Benni. La storia è horror, ma non aspettatevi case infestate. La storia vi metterà disagio e raccapriccio, perché essa è volutamente realistica, sebbene con spunti sovrannaturali. Vi auguro buona lettura e di accompagnare adeguatamente il conte M.Tristizia nella sua serata a teatro.
Genere: Horror, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo spettacolo del diavolo

Serata di teatro per il conte M. Tristizia, magnate delle industrie e famoso personaggio del panorama mondano. Invitato d'obbligo ad ogni festa; abile oratore, sia nelle discussioni filosofiche che nelle barzellette; impresario vincente in ogni settore conosciuto, dalla TV scandalistica ai coccobello balneari. Osannato dagli amici, rispettato dai nemici, ricercato furiosamente dagli ammiratori ambosessi. Chi non avrebbe desiderato essere al suo posto? Chi non avrebbe voluto essere l'uomo più felice della Terra? Perché lui era questo: l'uomo più felice del Pianeta, probabilmente dell'Universo, escludendo l'esistenza di altri esseri senzienti. 

Era in tribuna d'onore quella sera, come ad ogni spettacolo, nel suo completo da miliardario composto da giacca, cravatta e pantaloni di sartoria. Con la vendita di un suo solo calzino avrebbero mangiato 15 persone per una settimana, ma poco importava, in fondo lui si occupava anche di donazioni, era uno dei suoi hobby.

Insieme a lui vi erano le solite 5-6 guardie del corpo, il suo assistente personale Phil e, naturalmente, la sua attuale compagna: la diva Rossana Wolf, conosciuta per essere la quinta donna più bella del mondo, almeno secondo la rivista Kiss and Secrets, eletta Miss Chioma 2012 per la sua cascata di riccioli rosso fuoco, tinti alla perfezione. Ella era stata, a suo dire, rapita dal fascino di quell'uomo bello e gentile. Poco importavano la differenza di 35 anni ( e di 45 chili ) che vi era tra i due. Essi erano felicemente legati.

Alle 9 in punto le luci si spensero ed il silenzio calò in sala. Una musica soave iniziò ad investire il pubblico e gli attori fecero la loro comparsa con un coro di bassi. Sarà stata la sera, o forse la musica rilassante, ma le palpebre del magnate si appesantirono , in pochi secondi entrò nel mondo onirico e sognò.

Sognò la sua bella vasca idromassaggio, piena di bollicine e di oli essenziali con la compagnia di qualche bellezza multiculturale e dai costumi da bagno sottili. Una delle sue tante serate di relax. Ma l'acqua ora era più calda e ribolliva un po' troppo. Le carezze delle ragazze erano passate dall'affettuoso-sexy al ruvido-aggressivo. Le unghie laccate gli stavano lacerando la pelle e riempiendo di graffi le braccia. Tutte e quattro avevano sorrisi da belve e si stringevano su di lui per impedirgli la fuga. L'acqua era ustionante ormai ed il profumo del bagnoschiuma sembrava ora zolfo. Era nel panico, tentava di urlare ma non gli usciva la voce; tentava di allontanarle ma i muscoli non rispondevano. Poteva solo ansimare dalla paura e dal terrore. Venne spinto sott'acqua lentamente, fino a non avere più aria da inspirare, i polmoni si riempivano e lui non poteva farci nulla.

Si svegliò di soprassalto con uno scatto sulla poltrona. Fu contento che fosse solo un sogno e tornò a seguire l'opera. Ora veniva mostrato sul palco un uomo molto ricco, vestito elegantemente, che passava per le strade calpestando degli uomini poveri e vestiti di stracci che chiedevano l'elemosina per dar da mangiare ai figli. La musica era triste e toccava i cuori di molti spettatori, ma non di Tristizia che si stava appisolando nuovamente.

Sognò ancora. Era in una situazione simile a quella rappresentata sul palco: vestito di tutto punto passeggiava in un quartiere povero con molti accattoni. Ma a guardarli bene non erano sconosciuti: quello più ossuto aveva il viso di un vecchio banchiere a cui aveva rubato l'azienda approfittando di una sua malattia mentale; quella donna con tre figli al seguito era di certo la ragazza che lo aveva pregato di non lasciarla in mezzo ad una strada, assieme ad altri duecento, per spostare la loro fabbrica in parti del mondo dove operaio e schiavo si scrivono allo stesso modo; ma sopratutto quell'uomo, quello che piangeva, era senza ombra di dubbio il collega, favorito alla dirigenza, a cui aveva nascosto un po' di documenti per farlo sfigurare agli occhi dei superiori e per prenderne il posto. I loro corpi erano scheletrici, con le guance scavate, i capelli sporchi ed i vestiti grigi, sporchi e stracciati. Ora lo guardavano, con occhi tristi. Lui era grasso come un porco, loro avevano fame. Cominciarono ad avvicinarsi, non più con sguardo mesto, ma affamato. In fondo la carne del conte era la loro, cibo che lui aveva negato loro, vita e benessere che avevano perso.

Lo accerchiarono. Lui era spaventato ma di nuovo non riusciva a parlare per chiedere aiuto. La donna gli saltò al collo e lui perse l'equilibrio cadendo all'indietro. I primi morsi alle gambe , il primo sangue, e le belve che lo assalivano finché non vide più la luce dalla quantità di corpi che lo ricoprivano. Altri morsi alle braccia. Riusciva a sentire la carne staccarsi dalle ossa e queste ultime scricchiolare per la foga delle fiere. Un bagno di sangue che si concluse presto.

Di nuovo si risvegliò di soprassalto sulla sua poltroncina. Il viso era cosparso di sudore e, forse, anche di qualche lacrima. Era contento che fosse un altro sogno, ma sentiva una strana sensazione di paura e tensione di cui non capiva la causa. Ancora una volta nessuno si era accorto che si fosse addormentato o che avesse la faccia sconvolta dall'incubo, nessuno. Il cuore gli batteva in modo strano, colpendo il torace in modo fastidioso, ma perché se ne sarebbe dovuto preoccupare? Il suo medico personale gli aveva assicurato che avrebbe vissuto almeno cent'anni con un muscolo sano come quello.

La serata proseguì. Lo spettacolo era ora molto più movimentato. Gli attori erano vestiti da demonietti e recitavano un finto rito tribale. Si sentivano tamburi risuonare e rompere i timpani e delle grosse fiammate illuminavano la scena. Un uomo più alto al centro del palco pronunciava oscure parole e benediva gli spettatori con il suo scettro d'osso. 

Ma all'improvviso si bloccò ed il suo sguardo incrociò quello del conte che si senti nuovamente come in uno dei suoi incubi. Lo sciamano dette un ordine ai suoi adepti che si mossero e percorsero tutto il salone fino a sotto la tribuna di Tristizia. Altri diavoli comparvero alle sue spalle, lo presero di peso e lo scaraventarono di sotto. Per fortuna la caduta era poca cosa e venne ammorbidita da alcune poltroncine vuote. I demoni trascinarono l'uomo fino al palco per depositarlo davanti allo sciamano. Stranamente nessuno spettatore si stupì di tutto questo, anzi, si misero ad applaudire per tutta la scena.

< Benvenuto piccolo uomo. > disse lo sciamano < Che sta succedendo? Non ho dato il permesso di portarmi sul palco! > < Non te l'ho chiesto. > ed aggiunse < Sai chi sono? > La voce al conte non diceva nulla. Non gli ricordava nessuno che potesse giocargli quel brutto tiro,ne un ex dipendente ne un cliente insoddisfatto.

< Chi saresti? > < Io sono quello che voi temete più di qualsiasi altra cosa, io sono colui che ha il compito di darvi l'estremo processo, io sono l'angelo, l'angelo della morte e tu sei colpevole! > sentenziò l'uomo < Non è uno scherzo divertente, smettetela tutti e fatemi tornare a casa. > < Giusto, la tua casa, quella con i pavimenti di marmo pregiato levigato a mano. Se non sbaglio uno degli operai ruppe per sbaglio una piccola mattonella e tu lo facesti licenziare per punizione. > < E tu come...? > Tristizia non capiva come avesse potuto sapere quell'aneddoto. > < Tu sei colpevole. > sentenziò nuovamente l'uomo. < Di cosa sarei colpevole? Ho fatto qualche reato? Ho fatto del male a qualcuno? > < A queste domande puoi risponderti da solo, la coscienza la possiedi come tutti, ma hai commesso un peccato peggiore e contro te stesso. > < E quale sarebbe? > chiese il conte, con il cuore che gli pulsava sempre più dolorosamente.

< Hai vissuto da infelice. > rispose l'angelo < Ma l'hai vissuta volutamente e scaricando sugli altri la tua frustrazione. > < Ti sbagli. Io possiedo tutto ciò che desidero: soldi, fama, una bella compagna,... > < Non importa ciò che hai, importa ciò che desideri. Desideravi davvero portare alla fame gli altri per il successo? Desideravi davvero accerchiarti di persone che non ti vogliono bene? Rispondi. > < Non è vero! Io sono felice! Vattene! > gridò Tristizia mentre si stringeva il petto con la mano destra. < Ti fa male il cuore, non è un infarto però, sei tu... In fondo lo sai che ho ragione, non avresti mai fatto tutto questo, non ti saresti mai reso infelice se non avessi voluto soddisfare gli altri prima di te. > 

L'angelo gli si avvicino e gli diede una carezza: < Il tempo è scaduto, non si ha una vita infinita e tu l'hai sprecata. > il conte si mise a piangere. < Su, vieni con me, ti riporto indietro da questo mondo. > E cominciò a camminare verso una luce bianca. Tristizia lo seguì. < è l'Inferno? > e l'angelo gli rispose < Non ne hai già avuto abbastanza di quello che hai creato? > 

 

 

 

-Vivete per essere felici. Un abbraccio a tutti .

Con affetto, Imperio.

 

p.s. Buon Halloween!

   
 
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