Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: Vanya Imyarek    31/10/2016    12 recensioni
Miranda è solo una maestra elementare. Ha sempre lavorato bene con i bambini, ma non è preparata a un caso simile. Non sa cosa fare con quello che gli psicologi hanno detto.
Certo, ha avuto bambini con problemi prima, bambini con problemi fisici e motori, e sì, anche bambini con problemi mentali. Ma cosa può fare, quando vede uno dei suoi ragazzi trasformarsi lentamente in un mostro?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'The Clockwork Society's Files'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Giuditta e Marcella stavano salendo sulla biforcazione dell'albero ... era davvero in basso, e gli altri rami erano troppo alti e sottili perché le due potessero raggiungerli. Potevano stare lì, se fossero cadute avrebbero solo preso una botta non troppo grave.

 Vincenzo, Carlo e Francesco correvano e si inseguivano.

 Lucia, Marta, Giovanna e Francesca giocavano coi Nintendo sedute sulla scala antiincendio ... ma perché, benedette ragazze, era la ricreazione, non potevano godersi l'aria aperta? I ragazzini stavano diventando sempre più dipendenti da quegli affari.

 Una volta aveva anche beccato Giovanna a giocarci in classe, e quando li aveva convocati, i genitori non ne avevano pensato niente di male. Bene, così era anche incoraggiata dalle figure di riferimento! 

Giulio, Carolina, Tommaso, Ahmed e Roberta giocavano a Strega Comanda Color (un 'Cosa cavolo è il lacca solferino?!' le giunse alle orecchie) e Niccolò si era rintanato in un angolino a leggere. 

Ma era sano? Insomma, era una bella cosa che a un bambino piacesse leggere, ma perché non giocava con gli altri? Le sembrava un po' troppo isolato, Niccolò. Magari era il caso di fare qualcosa?

 "Scusa, Miranda" Manuela la richiamò. "I ricercatori hanno detto che vogliono parlare con noi"

 Perché? Cosa c'entrava parlare con loro? La scuola aveva dato l'autorizzazione a quel team di ricercatori per uno studio sull'insorgenza dei disturbi della personalità nell'età infantile, ma erano solo stati somministrati test ai ragazzi, a loro non avevano mai chiesto niente ... oh. Possibile che uno dei bambini avesse davvero qualche disturbo?

 Giovanna col suo Nintendo e Niccolò col suo libro le passarono per la testa. Oddio, e fosse stato così, cosa avrebbe dovuto fare? 

Qualunque cosa le dicessero i ricercatori. Se un bambino aveva un problema, era compito di tutti quelli che si prendevano cura di lui occuparsene, insegnanti compresi. La famiglia avrebbe avuto bisogno di supporto? C'era qualcosa che poteva fare anche per loro?

 Raggiunse Manuela, per fortuna la collega aveva già portato una bidella per tenere d'occhio i ragazzi. Il gruppo di ricerca aveva radunato tutti gli insegnanti che si occupavano dell'aula 4°B. Sembrava che Giovanna fosse esclusa dal problema, era in 4°A. Niccolò, allora? O forse Katia, era molto timida quella bambina ...

 Uno dei ricercatori si schiarì la voce. 

"Buongiorno" esordì. "Buongiorno e scusateci se vi abbiamo sottratto al vostro lavoro"

 Tutti lo fissarono, in attesa. Arrivasse al punto, benedetto uomo, voleva sperimentare quanto si potesse tenere sulla corda una persona prima che a questa venisse un infarto? 

"Siete stati convocati per una questione davvero molto delicata. Dunque ..." si schiarì di nuovo la gola. "Sapete che i nostri test servivano a valutare l'insorgenza di disturbi della personalità in età scolare. Normalmente non saremmo tenuti a condividerne i risultati, ma in una situazione come questa ... riteniamo necessario che le figure di autorità del ragazzo ne siano informate, perché la situazione richiede un intervento molto veloce e deciso" 

Dio santo, arrivasse al punto! Chi aveva il problema, cosa bisognava fare?

 "Vincenzo Schietti" Vincenzo, che correva e giocava come tutti gli altri bambini? Che problema poteva avere? "ha dato al test risposte che potrebbero indicare l'insorgere di un disturbo antisociale della personalità. Sapete di che cosa si tratta?"

 Non aveva un bel nome, questo era certo. 

"Ma Vincenzo non ha nessun problema a socializzare" obiettò la Ragonetti. "Anzi, è uno dei bambini più vivaci, non sta diviso dai suoi amici per un secondo"

 "Neanche durante le lezioni?" replicò una dei ricercatori. La Ragonetti si zittì.

 Del resto era vero, Vincenzo era uno dei bambini più chiacchieroni in classe. Era richiamato piuttosto di frequente. Certo, non era l'unico, però ... cosa indicava, esattamente?

 "Se le cose stanno così, potrebbe indicare uno scarso rispetto per le regole e l'autorità. E se gli episodi sono ripetuti, malgrado i richiami, potrebbe indicare assenza di senso di colpa-"

 Manuela alzò la mano, come se fosse un'allieva anche lei. I ricercatori la guardarono.

 "Non è infrequente per i ragazzini comportarsi in questo modo. In quasi ogni classe c'è almeno un bambino rumoroso e recidivo. Questo non mi è mai sembrato indice di un disturbo, casomai di scarsa disciplina-" 

"Quello senz'altro" interruppe il primo ricercatore. "E infatti, se questo tratto fosse isolato, lei avrebbe perfettamente ragione. Ma non è l'unica caratteristica di quel disturbo che Vincenzo presenta. Nelle sue risposte, il ragazzino ha menzionato di avere diversi amici, e ha ripetuto spesso di essere molto legato a loro, ma allo stesso tempo ne parlava con un tono un po' di sufficienza, come se li considerasse al di sotto di sé. In certi punti non sembrava quasi che stesse parlando di persone con cui aveva un legame affettivo, nonostante lo ripetesse di frequente" 

Carlo e Francesco ... erano i migliori amici di Vincenzo, erano inseparabili, quei tre. Non le era mai parso che Vincenzo li trattasse con sufficienza ... ma del resto, non approfondiva i legami di amicizia dei suoi studenti. Non ne aveva mai visto il motivo, fino a quel momento. Forse doveva stare più attenta. 

"Inoltre, ha riferito di praticare spesso giochi abbastanza violenti, quali fare la lotta con i suoi amici ..." 

"Quello lo fanno quasi tutti i ragazzini maschi" obiettò la Ragonetti.

 "Si ricordi che tutto questo va contestualizzato con gli altri sintomi. Ha detto inoltre di tirare spesso oggetti agli animali. Questa è una spia molto frequente del comportamento dei bambini antisociali" 

"Ma insomma, cosa comporta questo disturbo antisociale?" intervenne la stessa Miranda.

 Non le piaceva: il comportamento di Vincenzo, che aveva sempre considerato quello di un bambino normale, iniziava a non piacerle per niente. Ricordava un episodio in cui il ragazzino aveva cercato di prendere a calci un piccione. Certo, non era stato l'unico, ma come stava dicendo il ricercatore, bisognava metterlo in un contesto. 

"E' comunemente noto come sociopatia" si decise a spiegare l'uomo. "E' una condizione caratterizzata da scarso controllo degli impulsi, emozioni superficiali, grande abilità nella manipolazione e nella menzogna, e soprattutto, la completa assenza di empatia" 

Ma no, questo non era Vincenzo ... Vincenzo era un ragazzino come tutti gli altri, rumoroso, vivace, chiassoso ... in effetti questo non sembrava deporre molto a favore della sua abilità nel controllare gli impulsi. 

No, adesso basta panico e incredulità, avrebbe dovuto esaminare questa situazione a mente lucida.

 Bambino rumoroso e casinista, anche in contesti in cui ciò non era appropriato. Sì, indicava scarsa capacità di autocontrollo. Ma non era qualcosa di infrequente per i bambini, avrebbe potuto nominarne due, in altre classi, che erano anche peggio di lui.

 Emozioni superficiali ... mah. Non aveva modo di entrare nella mente di Vincenzo, non poteva sapere cosa provasse davvero, ma quando giocava sembrava davvero felice, quando lei lo sgridava sembrava arrabbiarsi ... perché non era capace di percepire il suo sbaglio? Questo sembrava ricollegarsi alla mancanza di controllo degli impulsi, e anche all'assenza di empatia.

 E poi c'era la parte relativa alla manipolazione e all'inganno, che già da sola metteva in crisi tutto. Con queste premesse, chi poteva garantirle che il Vincenzo che vedeva lei, chiassoso e indisciplinato ma in fondo normale, non fosse una maschera? E i suoi amici ...  possibile che lui fingesse soltanto, e che la verità fosse trapelata nel tono di sufficienza con cui aveva risposto al test? 

Carlo e Francesco ... le si strinse il cuore. Come sarebbero stati, se avessero continuato a frequentare Vincenzo? Con una persona che si fingeva loro amica, ma che li vedeva come inferiori a sé? Cos'avrebbe voluto farne quel ragazzino? Perché, di tutti i membri della classe, si era legato così tanto proprio a loro? Sarebbe stato sicuro lasciarglieli frequentare? 

No, stava correndo troppo. Avrebbe dovuto esaminare le dinamiche tra loro, prima di prendere qualsiasi misura. 

E poi c'era la mancanza di empatia. Il piccione. Vincenzo prendeva spesso in giro le ragazzine della sua classe. Di nuovo, era qualcosa che aveva già visto fare, però ... però c'era il fatto che Vincenzo, tra tutti i bambini della classe, aveva attirato l'attenzione dei ricercatori. 

Queste persone avevano lavorato con i bambini per tutta la loro vita, di sicuro avevano già visto qualche caso simile. E non si trattava di un ricercatore solo: quelli che avevano parlato con loro erano in tre. Era probabile che ne avessero già discusso, soppesando la situazione e assicurandosi di aver ridotto il margine di errori prima di contattarli. E la probabilità che fosse un'unica persona che aveva sbagliato diagnosi era nulla. 

Miranda prese un respiro profondo. Bene, c'era questo bambino a rischio di sviluppare questa patologia terribile. Lei era una delle persone incaricate di accudirlo e dargli un'educazione e una disciplina. Lei poteva e doveva correggerlo per tempo. Doveva scoprire l'entità dei suoi problemi e affrontarli. 

E infatti si era distratta mentre gli specialisti continuavano a parlare! Che idiota!

 "... emozioni forti. E' la motivazione principale per le loro azioni. Ed è il motivo per cui questa patologia è quasi impossibile da curare" 

No, non Vincenzo. 

"Ma questo ragazzino è ancora giovane, ha nove anni, se non sbaglio. Quest'età è la più adatta per rettificare i disturbi della personalità, di qualunque natura essi siano. Ed è per questo che abbiamo scelto di parlare con voi. Siete le persone maggiormente responsabili per la sua educazione oltre ai suoi genitori: oltre a loro, avete le maggiori possibilità di influenzaro e di aiutarlo a superare il suo disturbo prima che sia troppo tardi. Non avremmo divulgato questa informazione, se la situazione non fosse stata tanto grave e se voi non fosse state le persone migliori per intervenire. Grazie per l'ascolto che ci avete dato" 

Miranda annuì. Avevano solo confermato i suoi pensieri. Adesso si sarebbe messa all'opera, e si sarebbe occupata sul serio di Vincenzo. Quel ragazzino sarebbe cresciuto per diventare una persona sana ed equilibrata, non un sociopatico.

 

Aveva la 4°B all'ultima ora, proprio quel giorno. Miranda avrebbe prestato più attenzione possibile alle attività di Vincenzo: non doveva lasciar passare alcuna azione irrispettosa verso di lei o i compagni. Magari non era giusto, ma la situazione del ragazzino era delicata. 

Scoprì che era piuttosto difficile concentrarsi sullo spiegare la teoria darwiniana dell'evoluzione, con tutto quello che era successo quel giorno. Continuava a drizzare le orecchie per cogliere la voce di Vincenzo tra l'occasionale chiacchiericcio, e doveva interrompersi per riprendere il filo.

 I ragazzi nella prima fila, quelli che per certo acoltavano, la guardavano confusi. Poveretti, non voleva dare loro una lezione scadente, ma- ecco! Vincenzo parlava. Momento di intervenire.

 "Vincenzo!" gridò, forte e chiaro. "Vorresti fare silenzio, per cortesia?" 

Il ragazzo la guardò quasi oltraggiato. "Cos'ho fatto?!" fu la sua risposta. 

L'aveva sentita altre volte quella scusa. Talento nel mentire e nel manipolare, ricordò. Cercò di non sembrare innervosita.

 "Lo sai benissimo cosa stavi facendo. Durante le lezioni si sta zitti e si ascolta, non si chiacchiera-" 

"Gli stavo solo chiedendo il temperino!" 

"Sbaglio o hai appena detto di non aver parlato?" intervenne lei. Molti ridacchiarono. Vincenzo la guardò male. 

"E non fare quella faccia. Devi imparare a prenderti la responsabilità delle tue azioni"

 "Ma non stavo-"

 "E devi imparare ad avere rispetto per le persone, e non prenderle in giro. Io sto lavorando, mi sto sforzando di fare al meglio quello che vi devo: darvi un'istruzione. I tuoi compagni qui stanno lo capiscono, rispettano la situazione e cercano di ascoltare, anche se vorrebbero di tutto cuore essere altrove. Tu pensi di essere tanto diverso e speciale da poter mancare di rispetto a tutti gli altri?"

 Vincenzo non disse niente, e fissò il suo banco. 

"Portami il diario"

 "Ma non ero l'unico a chiacchierare!" saltò su lui.

 "Pensavo che stessi chiedendo il temperino ... o non dicendo niente del tutto. Comunque, lo stavi facendo, e devi assumerti le conseguenze delle tue azioni. Portami il diario"

 Vincenzo obbedì, tra i bisbigli della classe. Ecco, c'era da sperare che, oltre alla sgridata che i genitori gli avrebbero dato, anche l'imbarazzo presso i compagni contribuisse a ficcargli in testa un po' di disciplina. 

Scrisse e firmò la nota. Vincenzo riprese il diario e tornò al banco. E da lì la guardò dritta negli occhi. 

Miranda non avrebbe mai pensato di poter vedere un'espressione di odio simile in un volto così giovane. 

 

Il giorno dopo, Miranda aveva lezione con la 4°B proprio alla prima ora. Vincenzo era seduto al solito posto, e la guardava storto. Non aveva ancora imparato a prendersi responsabilità per le proprie azioni? 

No, non doveva preoccuparsi. Del resto, quella terapia che le toccava improvvisare alla cieca era ancora agli inizi. Ma quei benedetti psicologi avrebbero potuto darle qualche indicazione in più! Le toccava fare da sola, invece. Utili. 

Almeno Vincenzo non aveva più quello sguardo di ieri ... le aveva proprio gelato il sangue nelle vene, doveva ammetterlo. Ma tu vedi se doveva farsi spaventare da un ragazzino!

 Dunque, Darwin e i suoi fringuelli li avevano già fatti ... adesso bisognava affrontare la controversia religiosa ... 

Giuditta alzò la mano per dire che al giorno d'oggi in America alcune scuole non parlano dei dinosauri per non offendere i creazionisti. Era brava, Giuditta, una dei pochissimi che non solo ascoltavano, ma intervenivano anche. La lodò davanti a tutti. Bisbigli ... lui!

 "Al contrario di qualcun altro, invece, che a quanto pare non è capace di imparare dai propri errori"

 Vincenzo si voltò di scatto a guardarla, e tutta la classe si girò a guardare lui. Il ragazzino sgranò gli occhi, parve sul momento di ribattere, poi abbassò la testa e biascicò: "Mi scusi davvero, maestra" 

Era sincero? Be', era recidivo. Però stava chiedendo scusa, era sempre un passo avanti rispetto al negazionismo ... bravi a manipolare, aveva detto l'esperto. Poteva essere un trucco ...? 

Meglio non correre rischi. E in ogni caso, il ragazzino a quel punto avrebbe dovuto imparare a stare zitto durante le lezioni. 

"Errare è umano, perseverare è diabolico. Il diario"

 "Ancora?!" 

La reazione causò una risata collettiva nella classe. 

"Perché, pensavi che le punizioni capitassero una volta soltanto? Chi sbaglia, paga, soprattutto se è già un po' che lo fa. Credi che per te si debba fare un'eccezione? Ha qualche caratteristica speciale della quale non eravamo informati?" 

La classe stava ridendo più o meno apertamente. Vincenzo le portò il diario senza fiatare e tornò a banco non appena poté, per appiattirvisi praticamente contro. Be', aveva bucato il pallone gonfiato, questo era sicuro. Chissà che la lezione non gli fosse rimasta in testa, questa volta. 

La spiegazione continuò senza interruzioni da parte sua. 

Durante il pomeriggio precedente, Miranda si era fatta alcune domande: i suoi colleghi come stavano reagendo alla situazione? Stavano, anche loro, cercando di intervenire come potevano? Oppure avevano deciso che la potenziale sociopatia del bambino non era affar loro, e avevano continuato a trattarlo come al solito? 

A mensa, tenne d'occhio le sue colleghe: ogni tanto tutte controllavano la situazione ai tavoli dei ragazzi, ma per caso guardavano a Vincenzo ... sì, sì, lo facevano entrambe, abbastanza a lungo che anche se non avesse saputo niente si sarebbe fatta delle domande. Volevano monitorare il suo comportamento anche loro: lei non era più sola in quella situazione. 

Non si sarebbe più sentita isolata nel tentativo di raddrizzare un ragazzino in una situazione così difficile. Avrebbe avuto qualcuno con cui confrontarsi e sfogarsi. Bellissimo, che sollievo, non si era nemmeno resa conto di essere in ansia finché quel peso non le era stato, almeno parzialmente, sollevato dalle spalle. 

E poi, con tutte quelle persone a occuparsi di lui, Vincenzo avrebbe impiegato molto meno ad allontanarsi dalla psicopatia. Ci avrebbero guadagnato tutti. L'unione fa la forza, chi aveva mai detto che quella era un'osservazione banale? Era tra le più sacrosante che avesse mai sentito. 

Rimase di buon umore per tutto il pasto, anche se era pessimo, e per una certa parte dell'intervallo. Lei era ancora di turno a osservare i bambini, questa volta in compagnia di Ciabatti del corso A. 

I giochi erano più o meno sempre gli stessi- quelle ragazzine, e quei Nintendo!- i ragazzi scherzavano e si rincorrevano, qualcuno cantava uno 'scemo, scemo, scemo ...', non molto carina come cosa, forse le conveniva buttare un'occhiata, chi era la ragazzina che così da lontano non si capiva - 

"Ahia!"

 Chi si era fatto male? La voce veniva dalle parti dell'albero- Vincenzo era lì! 

Miranda corse. Cosa stava succedendo, cosa stava facendo Vincenzo, cosa aveva a che fare con persone ferite? Stava vicino all'albero e la guardava storto mentre si avvicinava, attorno a lui c'erano Carlo, Francesco e Giulio che ridacchiavano, e sull'albero c'erano ancora Giuditta e Marcella. 

"Maestra, ci tira le pigne!" gridò la prima. "Loro continuavano a insultar-" 

"Vincenzo, sei appena riuscito a collezionare due note in un giorno" tagliò corto Miranda. Vincenzo ammutolì. "E spero che ti renda conto che questa è immensamente più grave della prima. Aggredire due ragazzine ... davvero ti sembra una cosa da farsi? Davvero ti fa sentire più forte e importante? Loro non avevano niente con cui difendersi, e tu le hai attaccate lo stesso. Ti hanno soltanto preso in giro, era una cosa stupidissima che tu avresti potuto tranquillamente ignorare. E invece hai dovuto fare come i bambini piccoli, che reagiscono con la violenza a ogni provocazione. Complimenti. Sei davvero sicuro di essere nella classe giusta?"

 Vincenzo guardava a terra e stringeva rabbiosamente i pugni.

 "Lei ce l'ha con me" sbottò. "Se io faccio qualcosa, mi fa la nota, se gli altri fanno lo stesso, non gli dice nemmeno niente" 

"E smettila di evitare le tue responsabilità e di dare la colpa agli altri. Ti fa sembrare solo più bambino" 

Vincenzo tacque, ma continuò a guardarla di sottecchi mentre tornavano insieme verso la classe. Miranda dovette fare del suo meglio per non guardarlo in faccia.

 Aveva sperato che giocare la carta del 'bambino piccolo' avrebbe avuto effetti più consistenti su di lui, ma a quanto pareva, no: quell'espressione di odio sembrava l'unica espressione che Vincenzo potesse rivolgerle, ormai.

 

Andava sempre peggio.

 Vincenzo non parlava più in classe, ma stava distratto, come se non volesse più ascoltarla, malgrado i ripetuti richiami. La guardava sempre male, mio Dio, era ancora convinto che lei volesse solo danneggiarlo. 

Ma come si faceva a spiegare a un bambino così, così piccolo, che soffriva di una patologia grave, e che le sue azioni erano mirate a curarlo? 

Anche perchè pareva che, invece che guarire, Vincenzo peggiorasse. Lo aveva sorpreso spesso a urlare contro gli altri bambini, e spesso intravedeva addosso a lui e a qualche altro bambino dei lividi. Se per i litigi poteva intervenire, il fatto che le botte fossero dovute a lividi e non a cadute poteva sospettarlo. Lei non aveva mai visto succedere niente, probabilmente succedeva fuori dalla scuola, al termine delle lezioni.

 E Miranda si sentiva uno straccio. Ormai quasi tutte le sue giornate erano incentrate sul sorvegliare Vincenzo, le sue capacità di insegnamento stavano calando, i bambini se ne accorgevano, si distraevano facilmente. Doveva richiamarli all'ordine molto più spesso.

 Ed era sempre così tesa, e alla fine della giornata non aveva risolto nulla, Vincenzo non migliorava, e lei si era stancata così tanto, per niente, ma poi perchè quel ragazzino non iniziava a comportarsi più a modo, cosa stava sbagliando? Lei non era una terapista, perchè quei ricercatori non le avevano detto come gestire la situazione? Magari stava prendendo misure sbagliate, o insufficienti? O magari era Vincenzo ad essere già troppo malato perchè lei potesse influire in qualche modo? 

A che ricordava, le note, la derisione dei pari e la 'carta del bambino' avevano sempre funzionato sui bambini indisciplinati. Su Vincenzo no. Incorreggibili, aveva detto quel ricercatore.

 Dio, Dio, lei poteva sperare di fare qualcosa? Poteva sperare di non essere più oggetto delle occhiate rabbiose del bambino, di vederlo calmarsi, diventare una persona studiosa, rispettosa del prossimo, responsabile e pronta ad accettare il futuro in modo equilibrato? Non lo sapeva, non poteva saperlo, e stava iniziando a sentirsi sempre meno sicura.

 Il problema di Vincenzo non le lasciava un attimo di pace, man mano che diventava sempre più apparentemente irresolubile. Aveva iniziato a dormire poco, ad essere frequentemente distratta. I suoi amici avevano iniziato a notarlo, e alcuni si stavano preoccupando per lei. Le conveniva dare la sua situazione meno a vedere possibile, non voleva dar loro questo disturbo. 

Ma come faceva, con il pensiero costante di quello che poteva fare quel ragazzino quando lei non guardava? Doveva tenerlo d'occhio più attentamente, decise. In altre occasioni, non si sarebbe mai sognata di fare una sorveglianza assoluta e costante su uno dei suoi bambini, ma qui non aveva molto altro da fare. 

Il problema era che Vincenzo parve rendersi conto di essere osservato, e prese a isolarsi sempre di più dai suoi amici. Perché? Aveva paura ad essere sorpreso a fare qualcosa di male? A ogni singola interazione con gli altri? 

E non si limitava a mettersi in disparte, rifuggiva proprio la presenza degli altri, quando provavano ad avvicinarlo. Una volta provò a portarsi a dietro il Nintendo, come le bambine; Giulio glielo strappò di mano per gioco, e iniziò a correre per tutto il cortile. 

Vincenzo prese a corrergli dietro, imprecando a viva forza - non sarebbe stato violento con Giulio quando avesse recuperato l'aggeggio? Forse era il caso che lei intervenisse.

 Tardi: Vincenzo aveva raggiunto Giulio, e gli aveva dato uno spintone. Miranda iniziò a correre, mentre Vincenzo recuperava il suo Nintendo e si voltava a guardarla, di nuovo con quell'espressione rabbiosa in viso. No, era stata per Giulio: quando vide lei, sembrò quasi spaventato. Temeva la punizione? Nota lo stesso.

 Il ragazzino non smise di protestare un attimo, dicendo che era stato Giulio a cominciare, che gli aveva rubato il Nintendo. Non era un buon motivo, aveva detto lei. Avrebbe dovuto provare a convincere Giulio a parole, o almeno a chiamare un insegnante, invece di farsi una giustizia violenta da solo. Nel mondo degli adulti, non avrebbe funzionato. 

Miranda fu molto attenta a scegliere le parole, ma Vincenzo la guardava ancora con rancore: erano state parole buttate.

 

Quattro giorni dopo sentì delle urla. Dov'era Vincenzo? Non l'aveva tenuto d'occhio per dieci minuti, che stupida, non lo vedeva, da dove arrivava il rumore, il retro della mensa dove c'erano i cassonetti, due ragazzi si picchiavano con una furia che non aveva mai visto, uno era Vincenzo! 

"Finiscila subito! Separatevi e smettetela, immediatamente!" urlò con tutto il fiato che aveva in gola. I due si gelarono al sentire la sua voce, si disingarbugliarono e si allontanarono l'uno dall'altro. 

Uno era Marco, un ragazzino piuttosto alto e robusto; e nondimeno aveva ricavato un occhio nero dalla sua rissa con Vincenzo. Quest'ultimo aveva un labbro spaccato e un livido violaceo sullo zigomo; la guardava con espressione assente. Mio Dio, a questo punto si era arrivati? Tutti i suoi tentativi di raddrizzarlo ... sembrava quasi che avessero peggiorato la situazione.

 "Vincenzo, questo è-"

 "Non ho iniziato io" rispose lui con un tono di voce strano. "Marco mi prendeva in giro, ha iniziato a colpirmi quando l'ho ignorato-"

 "Ho visto, sai? Anche tu lo stavi picchiando"

 "Mi stavo difendendo!" 

"Vincenzo, devi imparare che la violenza non è mai la risposta. Marco, tu torna in classe e resta lì per il resto dell'intervallo, stavi lottando anche tu. Vincenzo, questa è un'al-" 

"Non un'altra nota!" urlò Vincenzo.

 "Non interrompermi! Tu devi imparare a rispettare le regole. Ho cercato di ficcartelo in testa in tutti i modi, cos'hai che non va? Perché non capisci che le tue maniere non funzioneranno nel mondo degli adulti, e lì la punizione non sarà solo una nota?"

 Vincenzo piangeva, e a Miranda venne da esitare. Era rarissimo vedere un bambino maschio non riuscire a trattenere il pianto. Forse aveva un po'esagerato? Ma anche Vincenzo si era dimostrato impenitente ... e poi si ricordò. Essere refrattari a capire un proprio errore era segno di sociopatia, insieme al talento per la manipolazione.

 "Se la prende sempre con me ..." balbettò lui. 

A Miranda faceva male vederlo in questo stato, e davvero, se i ricercatori non le avessero mai detto niente della sua condizione, probabilmente avrebbe ritrattato su una pena più leggera. Ma non era questo il caso. 

Vincenzo doveva, doveva imparare che gli altri andavano rispettati. E che ci si deve prendere la responsabilità delle proprie azioni. 

"Ti ho già detto di non usare questa scusa. Tu non devi fare del male agli altri, indipendentemente da ricompense e punizioni individuali" 

Vincenzo cercò di ricomporsi e passò il resto della giornata tenendosi il più in disparte possibile; ma il giorno dopo non si presentò a scuola, e il lunedì successivo, il giorno delle sue udienze con i genitori, la prima persona che fece praticamente irruzione nell'aula fu sua madre. 

"Si può sapere qual è il suo problema con mio figlio?!" praticamente urlò. Oh, forse adesso aveva un'idea su come Vincenzo avesse preso quell'atteggiamento.

 "Signora, si calmi, la prego" tentò di dire.

 "Io mi calmerò non appena lei mi avrà spiegato perché quando mio figlio è stato aggredito da un ragazzino molto più forte di lui, tornandomi a casa pieno di lividi dappertutto e con il labbro spaccato, lei abbia dato la nota a mio figlio e abbia dato una punizione ridicola a quell'altro ragazzino" malgrado l'esordio, aveva comunque parlato in toni più civili. 

"Quel ragazzino non aveva mai dato problemi gravi in classe. Vincenzo, d'altro canto ..." 

"Vincenzo mi ha detto che ogni tanto chiacchierava in classe, ma era stato solo richiamato a voce. Così tutti gli altri bambini. Finchè qualche tempo fa lei non ha iniziato ad assegnare note soltanto a lui per il minimo rumore"

 "Signora, i bambini vengono qui per imparare a prendersi delle responsabilità-"

 "Sono onorata del fatto che abbia deciso di responsabilizzare mio figlio invece che tutta la classe, allora" commentò sarcastica la madre di Vincenzo. "Ma non si rende conto che così l'ha reso un bersaglio agli occhi di tutti gli altri bambini? L'hanno visto come qualcuno in sfavore alla figura di autorità. Hanno iniziato a deriderlo, poi a fargli dispetti, e infine a picchiarlo. E in tutto questo, lei ha continuato a punire solo lui. Sbaglio o a quel bambino che gli ha rubato il Nintendo non è successo niente?"

 "Era un dispetto, e Vincenzo ha reagito picchiando l'altro. E' stata una cosa sproporzionata -"

 "Non sto dicendo che mio figlio non deve essere punito quando sgarra, sto dicendo che va fatto con criterio, e che deve essere lo stesso che prendono gli altri. Lui era un bambino perfettamente integrato, ed è diventato un paria nel giro di poche settimane. Non si è accorta che ha dovuto isolarsi dai suoi amici, perché avevano iniziato a maltrattarlo anche loro?" 

Non aveva visto nessun atteggiamento ostile in Carlo e Francesco verso Vincenzo. Cosa aveva raccontato quel bambino a sua madre? E poi, questa donna non aveva preso in considerazione la condizione di suo figlio? Non aveva pensato che magari avesse bisogno di disciplina extra?

 "Capisco la sua preoccupazione, signora" tentò di farla ragionare. "Ma tenga presente la situazione ... particolare di suo figlio. Non essendo come tutti gli a-"

 La madre si alzò in piedi di scatto. "Cosa sta insinuando su Vincenzo?! ... No, aspetti, non voglio neanche saperlo. Lei ha ... ha deciso che mio figlio non è come tutti gli altri bambini, che può essere trattato come una merda solo perché lei lo vede diverso ... non lo aspetti i prossimi giorni a scuola. Lo ritiro da qui e lo iscriverò da un'altra parte. Lei non si azzardi mai più ad avvicinarsi al mio bambino, lo ha già danneggiato a sufficienza. Aveva paura ad andare a scuola negli ultimi tempi, stupida io che non ci ho dato peso ... lei mi fa schifo. Lei dovrebbe curare e occuparsi dell'istruzione dei bambini, non decidere chi va trattato umanamente e chi no. Si consideri fortunata che non ho abbastanza soldi da farle causa, ma spero di tutto cuore che qualcuna che li ha si accorga di come sta trattando i bambini"

 Si alzò e uscì come una furia. Miranda continuò a fissare la porta esterrefatta. 

I ricercatori non avevano parlato anche con lei? Perchè? Era la madre del bambino, aveva anche più diritto degli insegnanti a saperlo. Oppure non ci aveva creduto, e aveva rimosso del tutto l'informazione? 

Comunque stessero le cose ... lei non avrebbe potuto più fare nulla per quel bambino. Non avrebbe più potuto insegnargli niente. I suoi nuovi maestri non avrebbero saputo della sua condizione, e non avrebbero preso alcuna misura specifica.

 Vincenzo sarebbe cresciuto senza correzioni per la sua sociopatia, e allora ... cosa ne sarebbe stato di lui? Cosa sarebbe cresciuto a diventare? 

Miranda si massaggiò la fronte con le mani. Mio Dio, era appena successo un disastro.

 

“Pronto … dottor Marchesi?”

 Miranda non si sentiva così nervosa e impacciata da quando aveva trovato un posto fisso e aveva smesso di girare come un’anima in pena in cerca di un impiego. Si era davvero abituata ad essere la figura di autorità, in questi ultimi tempi.

 Parlare con una persona tanto più preparata di lei era un’esperienza insolita, eppure era necessario. Ci aveva riflettuto per giorni interi, ed era arrivata alla conclusione: non poteva lasciar perdere Vincenzo. La madre del bambino evidentemente non aveva intenzione di fare nulla per la sua patologia, e nella nuova scuola non ne avrebbero saputo più niente: lei era l’unica che poteva fare qualcosa, per il bene di quel bambino e di chi gli stava attorno.

 “Sì, sono io. Chi parla?”                                                                                

 La donna aveva passato tanto tempo a chiedersi perché accidenti quei ricercatori non avessero dato loro più informazioni su come agire nei confronti del Problema Vincenzo: ora aveva deciso che, se le indicazioni non le venivano fornite, sarebbe stata lei stessa ad andare a prendersele.

 “Miranda Ramelli. Sono la maestra di Vincenzo Schietti, uno dei bambini a cui avete sottoposto il test, e a cui avete diagnosticato quei sintomi di … di disturbo antisociale, a marzo”

 “Sì, mi ricordo. Posso fare qualcosa per lei, signora Ramelli?” le fu risposto educatamente dall’altra parte del telefono.

 “Sì, io … non so più che cosa fare. Ho cercato di impartirgli un po’ di disciplina, ma non ho avuto risultati … anzi, la madre si è convinta che io voglia perseguitare il ragazzino e ha già iniziato le pratiche per fargli cambiare scuola”

 “Una situazione tipica” commentò il ricercatore. “E’ stato stimato che nel 40% circa dei casi in cui si sviluppa in disturbo antisociale di personalità in un bambino, le cause siano da ricercarsi in un ambiente familiare compiacente, che permette al bambino di ottenere tutto quello che desidera e non permette che nessuno intralci i suoi desideri. Spesso si tratta di persone con profonde insoddisfazioni personali, che vedono nell’atteggiamento antisociale del bambino una sorta di loro ribellione per procura”

 “Capisco, capisco” rispose Miranda, ed effettivamente capiva molte cose, ripensando a come quella donna fosse piombata nel suo ufficio. “Ma io adesso che cosa faccio? Non posso lasciare che quel bambino si rovini la vita”

 “Dovrà procedere con molta accortezza da questo momento in avanti” spiegò il ricercatore. “Purtroppo non è stato possibile fare una diagnosi formale, dunque non ha basi su cui fondare le sue accuse nel caso volesse parlarne a qualcuno. Ma le consiglio lo stesso di avvertire il nuovo ambiente della malattia di Vincenzo. Se possibile, contatti le insegnanti della sua scuola di trasferimento, e menzioni loro le difficoltà comportamentali del bambino, i problemi nello studio e nelle interazioni sociali. Avvisi le madri degli altri bambini dell’incapacità a interagire normalmente di Vincenzo, della sua tendenza a reagire alle frustrazioni con la violenza fisica, e dei possibili danni della sua influenza sui loro figli”

 “Quindi dovrei … isolarlo completamente? E non sarei sospettata di pettegolezzi …?” replicò Miranda, in reazione a una vocina interiore che faceva notare che sì, quelli sarebbero stati pettegolezzi mirati a isolare socialmente un bambino, che a prescindere da quanto problematico, non meritava di essere privato della possibilità di stringere amicizie sincere …

 “Per questo dico che dovrà agire con cautela, signora Ramelli” fu la risposta. “Il disturbo antisociale verte sulla ricerca, da parte del soggetto, di potere e controllo sugli altri. Gli faccia capire che il suo comportamento non condurrà ad altro che a isolamento e punizioni, e sarà costretto a cambiare rotta”

 “Capisco, dottore. La ringrazio infinitamente per i suoi consigli”

 

Miranda non riusciva a sentirsi tranquilla.

 Aveva fatto tutto quel che il ricercatore le aveva consigliato: era stato facile mettersi in contatto con le insegnanti della nuova scuola di Vincenzo, e quasi altrettanto spiegare loro il problema. Per fortuna avevano già interagito con la madre del bambino, che non aveva fatto mistero dello scontento da lei provato per la scuola precedente; grazie a una certa solidarietà professionale, era stato facile convincerle che il vero problema qui stava nella madre troppo permissiva, e che se avessero lasciato troppe libertà a Vincenzo, si sarebbero trovate alla mercé di un bambino viziato che rischiava di far fare loro una pessima figura. Le maestre erano allertate, e gli avrebbero dato un benvenuto adeguato.

 Non era riuscita a contattare i genitori dei bambini che andavano in quella scuola, non poteva avere accesso alle liste di iscrizione, e figurarsi se sarebbe comunque stata in grado di risalire agli adulti responsabili anche se avesse avuto i nomi dei figli. Certo, era possibile che le maestre stesse si occupassero di comunicare alle famiglie che pessima compagnia Vincenzo fosse per i loro ragazzi, ma non si poteva mai sapere.

 E dunque eccola lì: durante il suo giorno libero, all’uscita da scuola, a osservare quei bambini che tornavano dalle loro famiglie, cercando di non farsi notare dal suo ex alunno, e sentendosi molto inquietante. Notò Vincenzo, ma per fortuna lui non si accorse di lei: camminava a testa bassa, da solo, con l’aria scontrosa. Non era riuscito a stringere nuove amicizie? Ben gli stava, gli avrebbe insegnato che il suo modo di rapportarsi agli altri non era corretto.

 La situazione fu però diversa la settimana successiva: ecco Vincenzo che usciva chiacchierando insieme a un altro bambino, uno un po’ cicciotto. Di solito quei bambini erano presi di mira dai bulli ... ragazzini insicuri che avrebbero dato qualunque cosa per un po’ di amicizia e considerazione: la preda ideale, per qualcuno che considerava gli altri solo come oggetti a sua disposizione?

 Il poverino si separò da Vincenzo – che tornava abitualmente a casa da solo – con un gran sorriso, correndo incontro alla madre. Ecco, ora poteva intervenire.

 “Mi scusi” cercò di assumere la sua migliore aria professionale davanti alla madre del ragazzino, sperando di non sembrare una completa pazza ad avvicinare a quel modo una perfetta sconosciuta. “Ho visto suo figlio in compagnia di Vincenzo Schietti …”

 “Sì, lei è la madre?” rispose l’altra, squadrandola dall’alto in basso.

 “No, lavoravo alla sua vecchia scuola”

 “Ah, sì, Pietro mi ha detto che si è trasferito di recente per problemi con quella scuola. Spero non si sia trattato di nulla di … davvero grave?”

 Con molta probabilità, Vincenzo aveva già ripetuto per filo e per segno una sua molto revisionata versione degli eventi al suo ‘amico’, e il poveretto aveva doverosamente riferito tutto alla mamma; eccolo lì, seminascosto dietro di lei, che la fissava con aria indignata per quel che il suo ‘amico’ aveva dovuto ‘subire’. Sperava che almeno la donna adulta potesse osservare con obiettività la situazione.

 “A dire il vero, si sono verificati episodi piuttosto gravi. Vincenzo aveva spesso atteggiamenti violenti verso i compagni di classe, in alcuni episodi ha fatto anche loro molto male”

 “Erano loro che lo picchiavano!” protestò Pietro. “Lui si è solo difeso!”

 “Ah. Non mi avevi detto che Vincenzo aveva risposto alle botte” gli disse la madre, stringendo le labbra.

 “Vincenzo ha un’abitudine di mentire” continuò Miranda. “Non mi sorprende che abbia dato questa versione dei fatti. Non è mai stato possibile convincerlo ad assumersi le sue responsabilità, anche a causa dell’incoraggiamento della famiglia. Ha sempre avuto la tendenza ad esercitare una cattiva influenza sugli altri bambini, a incoraggiarli a comportarsi come lui. Ora, lungi da me volermi intromettere nell’educazione di suo figlio, mi pareva semplicemente giusto informarvi per tempo …”

 “Al contrario, la ringrazio per le sue informazioni” rispose la donna con un sorriso. “Sa, Pietro ha sempre avuto qualche difficoltà a legare per via del suo peso – una malattia, sa, non riesce a smaltire come una persona normale – e ho sempre temuto che questo potesse renderlo insicuro e pronto ad accettare cattive compagnie”

 “Ma Vincenzo non è una cattiva compagnia!” protestò il bambino. “Se la prendono con lui come se la prendono con me …”

 “Ne parliamo a casa. Grazie ancora per il suo aiuto!”

 Bene. Con un po’ di fortuna, era fatta. Certo, in qualsiasi altra circostanza sarebbe stato terribile isolare a quel modo un bambino dagli amici che riusciva a farsi … ma questa non era una situazione normale. Vincenzo andava curato; poi avrebbe potuto fare amicizia, davvero amicizia, con chi voleva.

 La faccenda si sviluppò anche meglio di quanto Miranda avesse sperato: evidentemente la madre del piccolo Pietro doveva aver sparso la voce, e ora non solo il bambino non frequentava più Vincenzo, ma gli altri bambini si tenevano bene alla larga da lui; se si escludevano i ragazzini con cui a volte iniziava una rissa, segno che sicuramente non era guarito. Del resto … l’isolamento da solo non poteva guarire davvero qualcuno da una malattia mentale, giusto? E poi, faceva una tristezza osservare all’intervallo Vincenzo nell’angolo del cortile, sempre da solo …

 Ricontattò il ricercatore. Doveva esserci qualcos’altro che potevano fare, qualcosa che avrebbe permesso a Vincenzo di riunirsi il prima possibile alla società.

 “Ha già fatto molto, signora” la rassicurò l’uomo. “Questo tempo da solo aiuterà Vincenzo a riflettere sulle sue azioni e le loro conseguenze, e il modo migliore in cui comportarsi con gli altri qualora non volesse essere rifiutato da loro”

 “Ma quanto dovrà durare?”

 “Difficile dirlo. Purtroppo, il fatto che continui a lottare fisicamente con altri bambini non è incoraggiante. Il problema è che spesso questi comportamenti hanno origine nell’ambiente familiare: Vincenzo probabilmente assiste regolarmente a scene di violenza da parte di un genitore su un altro, e si identifica con l’aggressore, diventando incapace di interagire correttamente con gli altri”

 “Non avevo mai sospettato nulla del genere!”

 La madre di Vincenzo, quella donna furiosa ed esagitata che le era piombata a ricevimento … possibile che con quella rabbia stesse sfogando la frustrazione che le derivava dall’essere regolarmente abusata? E forse incoraggiava il comportamento ribelle di Vincenzo perché lo vedeva come una rivalsa, anche per conto di lei che non poteva sottrarsi al suo aguzzino …

 “Queste famiglie riescono a fare dei teatrini impressionanti per non far trasparire quello che accade al loro interno. Ma i segni sono visibili nel comportamento dei bambini che ne escono”

 “Capisco. Farò del mio meglio per intervenire, allora”

 In questo, Miranda non poteva agire da sola: dovette ripiegare su una segnalazione ai servizi sociali, chiedendo di restare anonima, e sperare nel meglio. Questa volta, il meglio non arrivò: i servizi sociali in qualche modo non riscontrarono nulla di anomalo nella famiglia di Vincenzo, e lei dovette evitare di insistere per evitare una denuncia. Accidenti a loro, prendevano tante cantonate sulle famiglie perbene, e quando un vero caso di famiglia squilibrata si parava davanti a loro non sapevano riconoscerlo?

 L’unico lato positivo della vicenda, fu che al ragazzino furono effettivamente riconosciuti problemi comportamentali e relazionali, anche se a quanto capì dall’operatrice con cui aveva parlato, li avevano attribuiti  a un bullismo da lui subito. Vincenzo fu inviato a un doposcuola, parte di un progetto dedicato appositamente a bambini con problemi di quel tipo; forse lì qualcuno di più competente avrebbe compreso la vera natura dei suoi problemi.

 E invece no, nessuno si stava davvero prendendo la briga di correggerlo: il doposcuola finiva a un orario che le permetteva di controllare quotidianamente l’uscita dei bambini, e Vincenzo iniziò ad essere regolarmente accompagnato da una bambina bionda con spessi occhiali da vista, da cui si separava quando era il momento di tornare a casa con le rispettive madri.

 Una potenziale vittima? O poteva sperare che il trattamento stesse iniziando ad avere effetto così presto? Era meglio parlarne con la madre della bambina. Doveva sapere; poi, se Vincenzo stava effettivamente migliorando oppure riteneva opportuno separare la figlia da lui, sarebbe stata una sua decisione.

 “Chiedo scusa, signora? Ho visto che sua figlia frequenta Vincenzo Schietti”

 La donna si girò a guardarla. Aveva i capelli biondi come la figlia, e anche se non portava occhiali, il volto era precocemente sciupato e invecchiato da pesanti occhiaie. Gli occhi però erano freddi e penetranti; Miranda non poté che provarne una certa soggezione.

 “Sì. Lei è una parente?”

 “No, la mamma di Vincenzo è un’altra signora. Lei è la sua vecchia maestra” interloquì la bambina. Oltre le spesse lenti, gli occhi erano penetranti quanto quelli della madre, solo molto più arrabbiati. “E’ una vecchia pazza che gli ha rivolto tutti contro a scuola. E quando l’ha cambiata si è messa a seguirlo, la vedeva sempre all’uscita da scuola. Ed è un pezzo che io la vedo! Lei è una starker!”

 “Melissa: la parola è ‘stalker’. Signora: il concetto espresso da mia figlia mi pare alquanto appropriato” intervenne la madre.  “Sono diversi giorni che la vedo qui a osservare i bambini, ed è solo perché credevo fosse una parente che non ho chiamato la polizia. Ha intenzione di smettere di spiare mia figlia e i suoi amici, o devo rimediare al tempo perduto?”

 “Volevo solo avvertirla di alcuni problemi che ha avuto Vincenzo, signora” replicò Miranda, con il suo miglior sorriso conciliante – oddio, non si era mai trovata  minacciata di denuncia, cosa fare, come l’avrebbero presa alla sua scuola? “Quando era mio alunno, ha attuato diversi comportamenti violenti e antisociali. Mi è stato riferito che il suo atteggiamento è continuato anche nella nuova scuola, dove è stato coinvolto in diverse zuffe con altri bambini. Pensavo solo che lei avesse il diritto di esserne informata, prima di permettergli di continuare a frequentare sua figlia …”

 La bambina fece per parlare, ma la madre la prevenne. “Per quanto trovi impressionante il suo … sollecito interessamento, mi risulta che Vincenzo sia vittima di gravi problemi di bullismo. Ha picchiato altri bambini? Sicuramente, confido che ogni bambino con un minimo di istinto di autoconservazione risponda ai colpi quando aggredito, per difendersi. Ho fede che eventualmente lo sappia fare anche mia figlia, così come ho fede che abbia abbastanza buonsenso da tenersi lontana da Vincenzo se dovesse avere atteggiamenti aggressivi nei suoi confronti. Melissa?”

 “E’ simpatico” rispose subito la bambina. “A volte risponde come un cafone, ma basta insultarlo di rimando ed è chiusa lì. E non mi ha mai picchiata”

 “Benissimo. La ringrazio per la sua … sollecitudine, ma le sconsiglio di intervenire nuovamente nella vita relazionale di Vincenzo. Potrebbe fare più male che bene. Arrivederci”

 Miranda restò lì, impalata, a fissare madre e figlia che si allontanavano. La situazione stava di nuovo diventando preoccupante. Quella donna non le sembrava affatto incline a educare un bambino a uno stile di vita non violento e rispettoso del prossimo, bastava pensare alla nonchalance con cui trattava l’idea di vere e proprie risse tra bambini. Come avrebbe educato la figlia? Vincenzo avrebbe trovato una compagnia che ne incoraggiava gli atteggiamenti peggiori?

 Ma non poteva farci nulla, adesso meno di prima, dopo essere stata minacciata con l’intervento della polizia … che in una circostanza normale sarebbe stato giustificatissimo, lei sarebbe stata la prima a contattare le autorità se avesse visto un’estranea aggirarsi presso la scuola importunando le famiglie, ma questo era un caso sia eccezionale sia molto difficile da spiegare. Come stava ormai diventando abitudine, risolse con una telefonata allo sperimentatore che stava diventando il suo unico alleato in tutto questo disastro.

 “Purtroppo i servizi che si occupano di bambini non sono necessariamente … i più qualificati a intervenire in questo tipo di circostanza. Sapesse quanti casi ho visto in cui bambini malati sono stati lasciati a peggiorare perché nessuno voleva spendere il tempo e i soldi di curarli … comunque, tornando a Vincenzo. Da quel che mi ha raccontato, sta facendo amicizie in bambini dalle cerchie familiari difficili: riceverà solo incoraggiamento. Idealmente, dovrebbe essere allontanato sia dalla famiglia sia dal centro, ed essere rieducato privatamente finché non è adatto ad essere reinserito nella società. Certo, questo è possibile solo con un mandato ufficiale, e mi sembra improbabile ottenerlo …”

 “Non può fare qualcosa lei? E’ un esperto in disturbi dell’infanzia, giusto?” si permise di sperare Miranda.

 L’uomo all’altro capo del telefono sospirò. “Purtroppo mi è impossibile. Il mio team di ricerca si occupava solo di valutare l’insorgenza di disturbi della personalità nei bambini della scuola primaria: tutt’al più ci è stato possibile avvertire insegnanti e genitori quando si presentava un caso critico. Se le figure di autorità nella vita del bambino decidono di non prendere azione in proposito, non c’è nulla che noi possiamo fare”

 “Capisco. La ringrazio moltissimo per i consigli che mi ha dato”

 Dio mio, che disastro. Non c’era alcun modo possibile di intervenire, tutto perché i genitori di Vincenzo rifiutavano di fare qualcosa per aiutare il loro stesso figlio! Una cosa orribile, che ironicamente rendeva quel bambino la più grande vittima di tutti! E lei, lei che non era più la sua insegnante, poteva fare qualcosa?

 Ma no, se avesse personalmente recluso Vincenzo da qualche parte, sarebbe stata denunciata per rapimento! Sarebbe stata la fine della sua carriera, della sua vita come educatrice, il sogno che aveva avuto fin da bambina … se le figure di autorità nella vita del bambino decidono di non prendere azione in proposito … ma non era per quello che era stato il suo sogno fin da bambina? Per poter intervenire concretamente nelle vite dei piccoli, per educarli e instradarli a una vita felice in rispetto degli altri? Poteva davvero tirarsi indietro a questo caso, solo perché se fosse stata scoperta ci sarebbe andata di mezzo lei? Che ne sarebbe stato di Vincenzo, se l’avesse lasciato da solo?

 No, non importava quanto fosse problematico: era ancora un bambino, e non aveva colpa della sua situazione familiare e della sua educazione. Quelli erano compiti degli adulti. E se riusciva  a mandare avanti questa cosa abbastanza a lungo perché Vincenzo guarisse e diventasse un adulto sano … non importava quello che sarebbe successo a lei dopo.

 

Fu più facile del previsto avvicinare Vincenzo.

 Si era messo in una rissa con alcuni ragazzini, aveva ragione quel ricercatore a parlare di scarso controllo degli impulsi, mettersi ad attaccare briga da solo contro tre, tutti più grossi di lui.

 “Vincenzo! Cosa succede qui! Aspetta che chiamo la …” per quanto giovani, i tre teppistelli avevano probabilmente un’idea della polizia già abbastanza chiara da filarsela davanti a un’adulta che minacciasse di chiamarla, e Vincenzo rimase lì da solo, piuttosto malconcio, a guardarla male.

 “Che cosa vuole?”

 “Che tu mostri più educazione, visto che ti ho appena aiutato contro quei teppisti”

 “E perché crede che ce li abbia addosso? E’ stata lei ad andare a dire in giro che io sono una specie di psicopatico, vero?”

 Miranda scosse la testa. “Non hai ancora imparato ad assumerti le tue responsabilità. Hai mai pensato che se gli altri ti evitano, la colpa potrebbe benissimo essere tua?”

 Vincenzo sbuffò, evitando il suo sguardo. Miranda sospirò.

 “Senti, ti va se ti offro un passaggio in macchina? Se non sbaglio, devi prendere l’autobus per andare a casa tua, e quegli altri ragazzini potrebbero essere ancora qui in giro”

 Vincenzo parve considerare molto seriamente l’offerta a queste parole, nonostante l’occhiata sfiduciata che le lanciò; alla fine accetto con un grugnito. “Okay”

 “Grazie, si dice”

 “Grazie”

 Il bambino salì sul retro dell’auto. Era fatta.

 

“Buongiorno, dottore. Mi scusi, questa è l’ultima volta che la disturbo. Ma nel caso in cui Vincenzo dovesse riuscire ad essere isolato, quale sarebbe la terapia giusta per lui?”

 

La casa di Miranda era in una serie di villette a schiera. Un luogo davvero carino, case confortevoli se non esattamente opulente, ognuna con un piccolo giardino.

 L’inconveniente era che le pareti divisorie tra i vari edifici erano veramente sottili, e l’acustica aveva un trasporto davvero eccezionale tra le varie case. Fino a quel momento Miranda aveva condotto una vita davvero tranquilla e nessuno aveva mai avuto lamentarsi di troppo rumore da casa sua, semmai sarebbe stata lei che si sarebbe molto rallegrata della presenza di bambini nel vicinato senza prestare testimonianza uditiva al loro concepimento.

 Ma quando Vincenzo fu a casa sua, i problemi iniziarono già nel primissimo giorno: Miranda si ritrovò praticamente una fila di vicini che le chiedevano di abbassare il volume della televisione, se proprio ci teneva a guardare film horror pieni di gente che urlava.

 Poi, le domande furono ben più sospettose: perché da casa sua qualcuno continuava a gridare aiuto? Il figlio di mia sorella, un bambino con problemi mentali, sapete. I suoi genitori hanno dovuto prendersi un viaggio per lavoro, e mi sono offerta di tenerlo. Mi dispiace davvero per il disturbo.

 Si rivelò davvero una buona scusa: i vicini non solo smisero di fare domande, ma si rivelarono (quasi) tutti più comprensivi nei suoi confronti, e non ebbe ulteriori problemi. Per quelli bastava Vincenzo.

 I primi giorni dovette improvvisarsi una sorta di lottatrice, per evitarne le fughe dal guardaroba dove l’aveva chiuso quando entrava per riprendere la terapia. Poi, per fortuna, la riduzione del cibo suggerita dal ricercatore iniziò a fare effetto, e il bambino non ebbe più tante energie da impiegare in tentativi di fuga. Era quello il motivo dell’esigua quantità di cibo somministrata: non certo maltrattare il paziente o farlo morire di fame, ma impedire che fosse nel pieno delle sue energie nel molto probabile caso in cui avesse attaccato il terapeuta.

 Agire effettivamente la cura era stata una parte più complicata, che aveva richiesto una certa creatività per poter essere praticata a livello casalingo: Miranda era stata costretta a recarsi, con suo immenso imbarazzo, in un sexy shop, dove sapeva per sentito dire trovarsi delle manette. E malgrado lo scopo per cui erano intese, furono assolutamente utili al suo scopo: erano perfino piuttosto morbide, per evitare che Vincenzo si facesse più male del necessario. Il bambino stesso non era molto collaborativo a tal fine.

 “Lei è una vecchia pazza! Una vecchia pazza! Aiuto!”

 “Io sto cercando di curarti dai tuoi problemi, cosa che nemmeno i tuoi genitori hanno voluto fare …”

 “Aiuto!!! C’è qualcuno?! Ahia!”

 Stando a quel che le aveva detto il ricercatore, la terapia nei casi di sociopatia era l’elettroshock: una scarica di lieve entità, ben percepibile ma non abbastanza da causare danni gravi al paziente, ogni qualvolta il paziente metteva in atto comportamenti violenti o cercava di manipolare il terapeuta. Apprendimento pavloviano, l’aveva chiamato, ed effettivamente Miranda ricordava di aver studiato qualcosa del genere al liceo.

 Lei naturalmente non aveva in casa gli strumenti adatti a un elettroshock: aveva risolto svitando il coperchio di una abat-jour e mettendo la mano di Vincenzo sulla lampadina qualora il ragazzino cercava di scappare, aggredirla, o negava di avere problemi mentali. Non un contatto prolungato, non aveva nessuna intenzione di creargli danni permanenti, solo una piccola scottatura, per dargli l’idea che il comportamento antisociale non sarebbe stato tollerato.

 Vincenzo ci aveva messo quattro giorni a capire l’antifona, ma finalmente Miranda poté entrare nel guardaroba senza dover parare un bambino in fuga, e spiegare ogni volta che quel trattamento era necessario per la sua salute mentale.

 Poi era necessario far prendere coscienza al soggetto dei suoi problemi interazionali e comportamentali: elettroshock, o mano sulla lampadina, ogni qualvolta provasse a negare che i suoi comportamenti erano stati aggressivi e manipolatori. Entro la fine della prima settimana, Vincenzo dichiarava di essere stato pienamente responsabile di tutte le risse in cui era andato a ficcarsi, di aver fatto amicizia con altri ragazzini al solo scopo di approfittarsi di loro, e di aver mentito in molteplici occasioni, come quando aveva riferito alla madre di essere stato vittima di bullismo alla sua vecchia scuola. Riconosceva di non essere in grado di provare affetto sincero come tutti gli altri bambini, e di essere naturalmente portato a comportarsi in modo cattivo.

 Miranda fu sollevata dal progresso: la scomparsa di Vincenzo era stata denunciata e stava facendo decisamente scalpore nella loro città, e la vicenda stava perfino iniziando a raggiungere la televisione nazionale. Ormai Miranda non ne sarebbe più uscita pulita, l’importante era che Vincenzo guarisse prima che la prendessero.

 La settimana successiva fu dedicata al ‘gioco degli scenari’, come l’aveva definito il terapeuta: presentare al bambino una situazione immaginaria, in cui lui avrebbe potuto trovarsi, e mettere la mano sulla lampadina qualora la risposta avesse sottinteso atteggiamenti antisociali. Qui Vincenzo imparò ancora più in fretta: nel giro di pochi giorni, smise di dare risposte che implicavano un ricorso alla violenza in caso venisse aggredito, in favore di contattare le autorità; ora sperava solo che non stesse mentendo. Meglio, per sicurezza, continuare l’isolamento …

 

Quando qualcuno segnalò di aver visto Vincenzo salire sull’auto di una donna, e qualcuno dei vicini di Miranda udì la descrizione, la collegò alle grida di aiuto e contattò le autorità, la polizia poté fare irruzione in casa di Miranda Ramelli, due settimane dopo la scomparsa di Vincenzo Schietti, e liberare il bambino.

 Gli agenti rimasero contemporaneamente sollevati e disturbati da quel che trovarono.

 Il ragazzino era non solo vivo, ma ancora in un pezzo solo, malgrado un evidente stato di denutrizione e diversi segni di ustione sulle mani. Sarebbe stato necessario un controllo in ospedale per quello, ma non sembrava nulla da cui non ci si potesse riprendere.

 Il suo comportamento tuttavia … quel bambino era tranquillo, ma di una tranquillità quasi innaturale, fredda, priva di qualsiasi emozione. Non si era mostrato né felice né rattristato all’idea di essere libero dalla sua prigionia e poter tornare alla vita di tutti i giorni. Non si era mostrato turbato quando aveva riferito della tortura che aveva subito. Non aveva fatto i salti di gioia al riunirsi con i genitori. Era come se non fosse in grado di mostrare emozioni. Chissà cosa gli aveva fatto quella psicopatica, per ridurlo così …

 Seguendo il caso giudiziario contro la Ramelli, emersero ancora più stranezze. La donna aveva dichiarato di aver agito seguendo le direttive di un ricercatore in psicopatologie infantili, e se l’esistenza di una simile ricerca fu confermata dalle ex colleghe della donna, una breve indagine riscontrò che i nomi sui documenti per l’avvio della ricerca non corrispondevano ad alcuno studioso noto, e il timbro di un’importante università della regione era stato falsificato.

 Non solo: quando un vero esperto in psicopatologia dello sviluppo fu convocato come perito, questi mise subito in chiaro che era semplicemente assurdo che una diagnosi di personalità antisociale fosse stata effettuata in età così precoce: non si poteva iniziare a parlare di quel disturbo finché la persona non avesse davvero completato il suo sviluppo morale, cosa che di solito avveniva verso la fine dell’adolescenza. E la terapia per personalità antisociali era puramente cognitivo-comportamentale, semplici discussioni con lo psicologo, non certo isolamento, denutrizione ed elettroshock!

 Quanto a Vincenzo, continuava a non manifestare emozioni, neppure con i suoi familiari più stretti che lo ricoprivano di affetto e cure. Già da prima non riusciva a legare con gli altri bambini, ora aveva smesso di parlare anche con l’unica amica che era riuscito a trovare al doposcuola. Durante gli intervalli a scuola, stava seduto in disparte; non fu più disturbato dai bulli, che durante gli intervalli presero a soffrire di strani incidenti alle loro cose, ma senza che nessuno avesse visto Vincenzo commettere quei dispetti. Era come se la sua esperienza l’avesse svuotato da qualsiasi affettività, sia positiva che negativa.

 Interrogato su cosa provasse, come si sentisse riguardo alla sua traumatica esperienza, il bambino rispondeva semplicemente ‘Niente’.

 Del resto, lui non aveva emozioni vere. Lui era un bambino cattivo, da cui stare alla larga.

 Strano che gli altri adulti attorno a lui non se ne fossero accorti.

 

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

per la prima volta, ho revisionato e modificato una mia storia.

 Con questo, volevo fare due cose: primo, renderla un po’ più degna di essere definita un horror, aggiungendo le azioni più criminali di Miranda invece di fermarmi al momento in cui Vincenzo lascia la scuola; secondo, integrarla meglio con altre storie che verranno a seguire, il che è stato un’idea relativamente recente.

 Ho cercato comunque di mantenere una certa ambiguità sul personaggio di Vincenzo: era già un bambino problematico, o la ‘cura Miranda’ l’ha in qualche modo spinto ad esserlo, togliendogli la possibilità di instaurare legami positivi con gli altri o di essere sicuro della validità delle sue emozioni? O tutte e due le cose insieme?

 La decisione resta a voi; io vi ringrazio per aver letto, o riletto, questa storia!

 

  
Leggi le 12 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Vanya Imyarek