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Autore: Stella94    31/10/2016    8 recensioni
Dal prologo:
"Ygritte.
Sansa aveva sentito parlare di lei, ma non era mai stata abbastanza coraggiosa di chiedere a Jon qualcosa di più sulla ragazza che un tempo aveva amato così follemente, così travolgentemente.
Sapeva quanto fosse stata importante per lui, e sapeva che aveva rappresentato un capitolo intenso della sua vita, quanto doloroso. [ ...... ] . Che desiderasse la donna dei bruti come moglie, invece di una ragazza rotta, fragile e piena di incertezze?"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark, Ygritte
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Storia ambientata dopo un finale ipotetico della serie. Jon domina il Nord come re. Daenerys per quello che conta ( e per quello che conta per me ) domina il sud con i suoi draghi. Jon è stato legittimato come un Targaryen. Ygritte non è mai morta. La barriera è caduta. Gli Estranei sono stati sconfitti.
 
                                                                           


                                                                     Baciata dal fuoco 










                                                                               Prologo           
 




Sansa stava leggendo lo stesso rigo da qualche minuto senza davvero capirne il senso. Eppure era un bel libro quello, scritto da un maestro illustre, che aveva messo nero su bianco gesta di grandi cavalieri del Nord ai tempi della lunga estate.
Era distratta. I suoi pensieri vagavano veloci ai giorni trascorsi, nel fascino di una quiete che non aveva mai ritenuto possibile. Poteva permettersi più spesso di fare lunghi respiri di sollievo, e di sorridere.
Sorrideva molto ultimamente, senza che qualcuno la costringesse a farlo o fosse suggerito dalla pacata gentilezza che ogni nobildonna doveva ostentare.
Non c’era più neve nei cortili di Grande Inverno, e le giornate lunghe erano riempite di canti, succosi banchetti, e danze sfrenate.
Era la pace del re, quella che c’era stata un tempo, che avevano perso e conquistato con il sangue e il dolore. Ma non c’era più motivo per rimuginare su quei tempi andati. Era stato come svegliarsi da un incubo, e sentirsi pronta per vivere un sogno.
Il sogno di Sansa Stark, regina del Nord, era diverso da come l’aveva immaginato. Ma pur sempre un sogno.
Si poteva dire che era riuscita a raggiungere tutto quello a cui un tempo affannosamente ambiva.
Aveva una corona, e un castello al suo servizio. Aveva un regno e un trono. Aveva una famiglia ed aveva l’affetto. Aveva un marito, gentile, nobile e temerario. Aveva un eroe. Aveva Jon.
Nella solitudine della sua stanza patronale, avvolta dalla calda morbidezza di lino e pellicce, Sansa si ritrovò a ripensare al giorno del suo matrimonio, tra sorrisi, strette di mano, inchini e benedizioni.
Era stato un giorno lucente di qualche luna addietro. C’era il sole, e nel parco degli dei l’albero del cuore faceva stillare dagli occhi lacrime invisibili. Tutto il nord era accorso a Grande Inverno per assistere al matrimonio del re Jon Targaryen, con l’erede della casata Stark, Sansa, figlia di Eddard Stark e cugina dello sposo, che alcuni osavano chiamare il principe del drago.
Alla scoperta delle vere origini di Jon, Ser Davos, primo cavaliere del re, aveva ritenuto giusta una simile unione, addirittura quasi indispensabile. Un Targaryen non aveva nessun diritto sul trono di Grande Inverno, ma se un Targaryen avrebbe sposato una Stark, le cose si mettevano tutte su un altro piano. Ciò che apparteneva alla sposa, apparteneva di diritto anche al suo sposo,  e per far si che Jon restasse nel luogo che chiama casa, accanto a coloro che nonostante tutto riteneva ancora la sua famiglia, Sansa di buon grado aveva accettato, sicura che sarebbe dovuta comunque andare in sposa a qualcuno che probabilmente non conosceva e che forse non sarebbe stato gentile. E che forse sarebbe stato meschino quanto Ramsay.
Jon era gentile. Oh si! Era fin troppo gentile.
Durante tutte le lunghe settimane che avevano trascorso insieme come marito e moglie, Jon non aveva osato neppure sfiorarla con un dito, ne preteso che lei, doverosamente, gli si concedesse.
L’unico contatto più intimo che avevano avuto, era stato nel parco degli dei quando il Septon aveva udito le loro promesse e aveva unito le loro mani. Dopodiché il sacerdote si era premurato di dare a Jon il permesso di baciarla, e lui l’aveva fatto. Si, l’aveva fatto.
Con un’espressione colpevole sul viso, rattristata e forse anche un po’ disgustata. Era stato un contatto breve, costretto e per nulla sentito. Tuttavia Sansa ricordava con chiarezza le sue labbra morbide e piene, il loro sapore agrodolce, intenso. Quel profumo stordente quando aveva chiuso gli occhi, facendole provare una fitta allo stomaco.
Anche quella sera, nella solitudine del letto che condividevano insieme, ripensare a quel bacio la faceva sentire come se tutto il suo corpo da dentro si muovesse, e ribolliva diventando caldo, il sangue che affluì alle guance facendola arrossire.
Decise che per quella notte aveva letto abbastanza. Non sarebbe stata comunque capace di andare oltre a quel rigo che si ostinava a non comprendere.
Posò il tomo sullo scaffale, poi si rimise a letto osservando le ombre delle candele proiettarsi sulle mura della stanza che un tempo era stata dei suoi genitori.
Forse era quello il problema. Jon non si sentiva di avere rapporti con lei nello stesso materasso in cui probabilmente, Ned, che era stato anche suo padre, l’aveva concepita. O nelle peggiori delle ipotesi, non suscitava nessun fascino su di lui, o l’idea di fare sesso con quella che per molto tempo aveva considerato sua sorella, lo disgustava a tal punto da rivolgerle appena un’occhiata obliqua, prima di mettersi a dormire accanto a lei, curandosi di darle sempre le spalle.
Sansa non era certa di cosa desiderasse per davvero. Se sperasse nei suoi baci e nelle sue mani, se volesse sentirlo dentro, o se fosse grata del suo rispettoso distacco.
Tuttavia c’erano cose e che andavano al di là dei suoi desideri e di quelli di Jon. Le sue servette avevano già cominciato a storcere il muso quando scorgevano le lenzuola macchiate del suo ciclo di luna invece di altri già noti fluidi corporei. Inoltre Sansa aveva cominciato a sospettare che molte di loro sapessero, senza alcun dubbio, che il loro matrimonio non era mai stato consumato, e si fossero già premurate a spifferarlo a mezza corte di Grande Inverno.
I pettegolezzi non le procuravano alcun fastidio. Era sempre stata abituata ai sussurri mal celati dietro alle sue spalle, alle occhiate bieche e alle insinuazioni fasulle, che avevano solo lo scopo di tormentarla sino allo sfinimento. Ma un matrimonio non consumato era un matrimonio vulnerabile, oppugnabile a chiunque desiderasse porne fine. E cosa più importante, il Nord aveva bisogno di un erede, di un principe che potesse illuminare le speranze di un popolino sempre più dubbioso e trepidante.
Jon sembrava avere tutt’altri pensieri per la testa, e la sua apparente noncuranza la gettava in un soffocante panico.
Forse doveva metterlo di fronte alle sue scelte, ma Sansa non era sicura neppure delle scelte che aveva fatto lei stessa.
Sentì la maniglia nella porta cigolare, e si mise dritta, seduta sul materasso. Non si meravigliò di vedere entrare Jon, con le labbra leggermente arrossate dal vino, e gli occhi lucidi, quasi esausti.
Come tutte le sere, prima di raggiungerla nel letto, Jon si fermava a discutere con i suoi alfieri accanto al maestoso focolare della sala grande. Non sempre parlavano di rapporti politici, alleanze e cospirazioni. Spesse volte li aveva sentiti ridere di vecchie avventure passate, di donne ormai dimenticate, di battaglie vinte e di quelle perse.
Per cui Sansa preferiva ritirarsi nelle sue stanze senza ascoltare troppo. Lasciava a Jon il suo spazio per godersi una buona compagnia, con persone che probabilmente potevano capirlo meglio di quanto lei ci riuscisse.
─Sei ancora sveglia?
Le chiese gentilmente chiudendosi la porta alle spalle.
─Stavo leggendo un libro ─ Rispose mentre lo guardava togliersi gli stivali e slacciarsi il farsetto ricamato ─E aspettavo te.
Jon le rivolse un mezzo sorriso affettuoso, di quelli che le concedeva spesso quando non sapeva come comportarsi o cosa fosse più giusto dirle. Quando si liberò anche della camicia, Jon rimase a dorso nudo, con i pantaloni scuri che gli pendevano sotto la vita.
Non era la prima volta che lo vedeva in quello stato. Non avevano mai fatto sesso, ma condividevano lo stesso letto, e Jon era un tipo abitudinario. Ogni sera trovava accanto al braciere, un bacile d’acqua tiepida, in cui immergeva le mani per pulirsi il viso e il resto del corpo.
E ogni sera Sansa rimaneva a fissarlo, in maniera sempre più intensa e bramosa. Jon era indubbiamente attraente, con i muscoli delle braccia ben definiti, le spalle dritte, gli addominali tesi. Era qualcosa di evidente, inoppugnabile. Qualcosa che a volte le faceva desiderare di essere guardata più spesso dai suoi occhi, e le faceva chiedere come fosse averlo nudo sopra di se, sentire il suo fiato infrangersi sulla pelle, percepirlo farsi largo dentro di lei, fino a riempirla di tutto ciò che fosse, di tutto quello che di buono poteva darle.
Sansa non conosceva quelle cose. Tutto ciò che fosse collegato al sesso, rimaneva circoscritto in un disgustoso ricordo. Faceva male, era orribile e opprimente, eppure nelle confessioni sussurrate dalle servette, tra un corridoio e un altro, Sansa aveva conosciuto ben altro. Piacere, desiderio, un’irrefrenabile voglia e un amore tanto travolgente da accecare.
Aveva pensato che fossero stupide, ma a volte quando guardava Jon si sentiva stupida tanto quanto loro.
─Tra un paio di giorno dovrò lasciare Grande Inverno.
Le disse mentre le dava le spalle. Si stava passando una pezzuola bagnata sul collo, sulle spalle già umide che la luce soffusa delle candele faceva riflettere d’oro. Jon non aveva idea dell’effetto, che inconsapevolmente stava avendo su Sansa. Si sfregò le gambe senza neppure capirne il motivo.
─E dove sei diretto?
Chiese con un tono che suonò un po’ contrariato. Lo era.
─Al Dono di Brandon─ Rispose guardandola sopra una spalla ─All’accampamento dei Bruti. Davos ritiene che sia doveroso che il re visiti quelle terre e che si accerti dei progressi che stanno facendo. Secondo le ultime missive hanno reso già i campi coltivabili, e ricostruito parzialmente la vecchia fortezza. Inoltre Val, sorella di Dalla, moglie di Mance Rayder, si sposa con un certo Testa di Falco. Tormund dice che è una specie di divinità tra i bruti. Val è ciò che più si avvicina ad una principessa nella loro cultura. E’ giusto che io ci sia.
I bruti. Da quando la Barriera era caduta, dopo la sconfitta degli Estraneri, a molti di loro era stato concesso il Dono di Brandon, con lo scopo di renderlo una zona nuovamente abitabile e viva.
I bruti avevano accettato, ma il prezzo di essere ospitati in dominio ben più vivibile del Pugno dei Primi Uomini, era inginocchiarsi alle leggi di Grande Inverno, e di conseguenza anche al suo re.
Molti avevano fatto ritorno nei luoghi più acerbi dell’estremo Nord, ma altri, si erano adoperati, mostrando tenacia e grande forza di volontà. Il Dono di Brandon era un luogo spettrale, prima dell’arrivo degli uomini liberi. Ma questi non si erano per nulla demoralizzati, riportandolo quasi al suo vecchio splendore.
Ser Davos aveva ragione, Jon doveva riconoscere ai bruti il merito che si erano guadagnati e doveva dimostrarsi interessato ai loro sforzi.
Eppure stava nascendo una sorta di fastidio nel suo stomaco, e mille voci nella testa che la stavano costringendo quasi ad opporsi ad una simile iniziativa. Era una sensazione appena percettibile, eppure presente, impossibile da ignorare. La mandava in paranoia, torturandola.
─E quanto starai via?
─Non molto ─ Jon posò la pezzuola nel bacile slacciandosi le braghe ─ Tre giorni o poco più.
Sansa cominciò a torturarsi le dita delle mani sul morbido copriletto di pelliccia. Che cosa le prendeva?
Il fastidio nello stomaco era diventato una specie di voragine vuota che stata risucchiando tutto il resto, e nella testa non c’erano più voci, ma un solo nome: Ygritte.
Sansa aveva sentito parlare di lei, ma non era mai stata abbastanza coraggiosa di chiedere a Jon qualcosa di più sulla ragazza che un tempo aveva amato così follemente, così travolgentemente.
Sapeva quanto fosse stata importante per lui, e sapeva che aveva rappresentato un capitolo intenso della sua vita, quanto doloroso. Si erano separati nel momento in cui Jon si era riunito con i suoi confratelli, a Castello Nero, ma Sansa sospettava che una parte di Jon era ancora rimasta con Ygritte, e che si nascondesse l’ombra di quel nome dietro la sua gentile freddezza. Che desiderasse la donna dei bruti come moglie, invece di una ragazza rotta, fragile e piena di incertezze?
─Capisco.
Disse soltanto, come in un sussurro. Con la testa abbassata, non vide Jon montare sul letto, con indosso solo la biancheria. Ne lui che la osservava stranito, le dita che le sfiorarono il mento, costringendola ad alzare lo sguardo per fissarlo.
Jon aveva ancora alcune ciocche di capelli legate dietro la testa, e gli occhi grandi erano intensamente lucenti sotto le luci delle candele. Il profumo del sapone che aveva usato per lavarsi, era dolcemente stordente, le labbra piene arricciate in un broncio preoccupato. Non le era proprio bastato quell’unico bacio.
─Che hai?
Andrai da lei, Jon? Quando la vedrai cosa proverai? La toccherai? Cercherai i suoi baci? Le sue carezze? Le donerai il tuo affetto? E quelle parole dolci che io non sentirò mai? Mi tradirai?
Mille domande le balzarono alla testa, ma Sansa Stark non ne pronunciò neppure una. Tutt’altro. Quell’inaspettato fastidio che provava al centro del petto e che scendeva giù verso lo stomaco, la spinse a desiderare cose che non aveva neppure immaginato e che erano diventate più forti, da quando Jon l’aveva spinta  guardarlo dritto negli occhi.
─Pensavo che potrei venire con te.
Come le era saltato in mente, Sansa non ne era del tutto sicura, e anche suo marito doveva avere le sue stesse perplessità, perché lo vide arretrare, corrucciare la fronte, le labbra strette, gli occhi profondissimi.
Si rese conto che non poteva sopportarlo. Non poteva sopportarlo e basta.
Non poteva sopportare l’idea di Jon lontano dal suo letto, probabilmente in compagnia di una donna che un tempo aveva amato e che forse aveva ancora tutto il suo cuore, anche quella parte che era destinata a lei.
Sembrava una bambina capricciosa e sciocca, ne era consapevole. Jon non aveva deciso di sposarla per amore, e non poteva pretendere da un uomo che neppure osava toccarla, fedeltà assoluta. Era pur sempre un uomo!
E per quanto le leggi degli dei e quelle degli uomini, li tenevano legati indissolubilmente e inequivocabilmente sotto qualsiasi umano aspetto, Sansa non aveva alcun diritto di intromettersi nelle scelte della sua vita o tentare addirittura di contrastarle.
Che avesse perso completamente il senno?
─Sansa, io…
─No, perdonami ─ Lo interruppe rossa di vergogna, lo sguardo nuovamente abbassato verso le sue dita che non smetteva di tormentare ─ Era un’idea stupida.
─Tutt’altro ─ La sorprese Jon, un sorriso tenero sul volto stupito ─Non credevo che fossi interessata a seguirmi.
Neppure io. Ma so che lo voglio. Voglio starti accanto come tua moglie. Perché sono tua moglie.
─Ser Davos ha ragione ─ Disse Sansa ritrovando improvvisamente il coraggio ─Sono sicura che a tutta quella gente farà piacere una tua visita, e sapranno apprezzarla. Ma in quanto regina, credo sia mia compito occuparmi del popolo, di tutte le persone che ne fanno parte e mostrare interesse per loro, stare in mezzo a loro. Mi renderebbe felice conoscerli meglio e dare onore ai loro sforzi. Ma… ─ Deglutì, come se la gola le fosse diventata improvvisamene arida ─ Se per te sono un peso…
─Non dirlo neppure! ─ Jon la interruppe provocandole un sorriso ─Mi farebbe piacere averti al mio fianco. Probabilmente ci sperava anche Davos.
Davos. Non tu.
Le venne da dire, ma tenne le labbra strette e annuì, con un senso di amarezza nello stomaco e intorno al cuore.
Era troppo difficile capire e venire a patti con se stessa. Sembrava che dentro di lei dominassero due Sansa diverse, con idee diverse e desideri diversi. Volevano primeggiare l’una sull’altra, scontrandosi interrottamente e facendole quasi male.
Ma quando Jon le diete la buonanotte, mettendosi come d’abitudine di spalle sotto il cumolo di morbide pellicce che gli arrivavano alla vita, Sansa sapeva quale parte aveva vinto quella sera.
Era la parte che l’aveva spinta a mentire, facendogli credere che fosse interessata a seguirlo solo ed esclusivamente per il bene della sua gente. Quella parte che a sentire il nome di Ygritte, le provocava dolore al centro dello stomaco, quella parte che ammirava il corpo di suo marito, fantasticando su i suoi baci e le sue mani. La parte che l’aveva spinta a tirare fuori le unghie e a digrignare i denti come un lupo, per qualcosa che era suo agli occhi della gente, ma non davanti agli unici occhi che per lei contavano.
Quella parte che la spinse ad avvicinarsi a Jon, sotto il confortevole calore delle lenzuola, e a dargli un piccolo bacio al centro della schiena lasciata scoperta.
Si addormentò così, lei dietro di lui, e una mano sul suo fianco per tenerlo stretto anche nei sogni.
 
 
CONTINUA…

 
 
Oh bene ragazzi! Vi ricordate della nuova storia Jonsa che avevo in mente? Be’ è questa. Avrà pochi capitoli, quindi ho deciso di scriverla, perché quando ho un’idea devo assolutamente lavorarci subito. Come inizio spero vi sia piaciuto. Ho letto parecchie fan fiction Jonsa con Ygritte, ed effettivamente mi sarebbe piaciuto vedere cosa sarebbe successo tra i tre in un contesto simile.
Ho cambiato alcune cose a mio vantaggio, quindi se trovate delle discordanze con la storia originale, sapete il perché. Come molti sapranno, Re Stannis, voleva effettivamente concedere il Dono di Brandon ai Bruti che avrebbero abbracciato le sue leggi, così mi sono servita di questo espediente per creare questa fan fiction.
Quindi… spero vi sia piaciuta, come inizio. Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate, ci conto davvero. Così saprò se continuarla o meno!
Un grande bacio e vi ringrazio per averla letta!
 
 

 
 
   
 
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