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Autore: Iria    03/11/2016    1 recensioni
[Personaggi: Kyosuke Munakata, Chisa Yukizome, Juzo Sakakura]
"Succede quasi ogni notte.
La prima cosa che intravede è Chisa. La ragazza è in un angolo della stanza bianca e luminosa, intonando una melodia che suona distorta, quasi macabra. La pezza che sta usando per pulire il muro è impregnata di rosso carminio, ma nell’onirica apatia di una simile visione, Kyosuke non pare badarvi."
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Playing the Devil’s Part
 
Succede quasi ogni notte.
La prima cosa che intravede è Chisa. La ragazza è in un angolo della stanza bianca e luminosa, intonando una melodia che suona distorta, quasi macabra. Lo straccio che sta usando per pulire il muro è impregnata di rosso carminio, ma nell’onirica apatia di una simile visione, Kyosuke non pare badarvi.
Non riesce a muoversi.
Sdraiato su una superfice dura e metallica, sente il gelo scuoterlo sin dentro le ossa. Il suo respiro è lento e l’aria condensata che danza davanti al suo occhio balugina nella luce accecante.
Quando si gira alla propria sinistra, vede Sakakura, ma la sicurezza surreale del sogno gli impedisce di provare un vero timore per le sembianze dell’amico.
Be’…
Il suo cuore si ferma.
Il corpo non risponde al minimo ordine.
Intrappolato.
Ma non c’è alcuna paura.
Non ancora, almeno.
Sakakura sta sorridendo, ricoperto nel denso cremisi del sangue. La pelle giallastra e incartapecorita, tendendosi, scava a fondo il profilo del suo viso, e nonostante tutto Munakata è lieto di rivederlo.
Di nuovo
Chisa ha smesso di pulire. Poggiando le mani sui fianchi, sospira a fondo e gode del suo meritato riposo. Quindi, soddisfatta del lavoro completo, mentre ammira la parete ora nuovamente luminosa, spreme via l’acqua che ha tinto il panno di rosso.
“Allora, signor preside, come procede tra i vivi?”
Kyosuke gela, quando la ragazza si volta a guardarlo: occhi vuoti e un sorriso distorto. Sembra quasi che abbia perso ogni coordinazione fra le emozioni, muovendosi alla cieca per vestire un’umanità dei gesti sconosciuta ai morti. 
Il pugile, invece, è ancora immobile. Prova a parlare, certo, ma Kyosuke non è davvero in grado di capirlo o… di sentirlo.
“Sakakura…”
Continua ad articolare parole mute. Divora l’aria, annaspa, soffoca nel rigurgito del sangue, e una rabbia isterica consuma il suo sguardo vacuo. Le chiazze rosse sui suoi abiti si allargano, mentre tenta di afferrare Munakata per il collo.
“Non riesco a sentirti.”
Ti ho ucciso.
Crack.
Percepisce il suono dei nervi e delle ossa schiacciati nella sua stretta ferrea, ma non arriva alcun dolore.
Non c’è nulla.
“Io… non…”
Ho scavato la tua fossa a mani nude.
“Per favore.”
Lo merito. Ho soppresso la tua voce.
“Perdonami.”
Lo merito.
Manovrando inconsapevolmente i loro cuori, si è appropriato della generosità e della lealtà dei due amici fino a vederli andare a pezzi. Quindi, nel folle tentativo di fare ammenda dei propri errori, ha tracannato quei resti con sete selvaggia ed egoista.
Ha giocato a fare il Diavolo con la loro vita, e ora i due compagni ricercano soltanto le sue ossa con cui saziarsi, per vendetta.
 
La paura riesce a mordere il suo animo, trascinandolo nell’orrore sublime dell’incubo e soffocandolo con un cappio sanguinante e marcio.
Tuttavia, prima che possa fare qualsiasi cosa, Sakakura si districa verso di lui, spingendogli la mano amputata fra le labbra.
Nausea.
Lacrime.
L’osso spezzato e tagliente batte contro i denti di Munakata, e il giovane succhia e ingoia tutto il sangue di Juzo – quel sangue che non cessa di gorgogliare e di riversarsi dritto nella sua gola.
“Non ora.”
Chisa abbraccia Sakakura, posandogli poi un bacio su una guancia putrida e sporca.
“Ha preso le medicine, e presto spariremo.”
La sua voce è dolce, ma lo sguardo brucia di una malvagità insana, mentre allontana Juzo dal corpo inerme di Kyosuke.
“No…”
 
Munakata riapre l’occhio lentamente, con una compostezza stonata ed artificiale, come se non si fosse mai davvero addormentato. Provando a recuperare ogni cognizione di ciò che lo circonda, si guarda attorno: è nel suo ufficio alla Gifted Inmates Academy e il fuoco nel camino scoppietta vivace ed animato. La sigaretta che ha fumato poco prima di addormentarsi si sta ancora consumando nel posacenere colmo fino all’orlo, e una bottiglia di whisky vuota riluce opaca contro il riflesso delle fiamme, nascondendo nell’ombra le pillole rovesciate sulla scrivania.
Ha la bocca secca.
Passa la lingua sulle labbra, deglutisce e lo coglie un conato di vomito, prima di ingoiare la bile acida: un dannato bicchiere d’acqua gli sarebbe piuttosto utile, giusto per provare a cancellare il sapore del sangue dal palato.
Si porta una mano tra i capelli e stringe, fino a farsi del male, mentre divora un lamento, e cerca di dimenticare il penetrante bruciore al torace che lo sconvolge.
Il cuore batte, batte, batte; e a pensarci bene quelle contrazioni involontarie sono un dispetto, un gioco ed una provocazione intinti di sadismo, poiché Kyosuke desidererebbe soltanto strapparselo dal petto e scioglierlo nel fuoco.
È ubriaco.
È drogato.
Di certo, il meglio che una scuola vorrebbe.
Ha iniziato a prendere quelle pillole per evitare di sognare, ma ora che il suo corpo riesce a metabolizzarle piuttosto in fretta, sono divenute decisamente inutili. Di conseguenza, ogni volta che chiude l’occhio, ritorna in quella stanza indefinita e sfocata, che Chisa apparentemente sta preparando per lui.
Le prime volte, non era mai stato in grado di distinguere la presenza di Yukizome e Sakakura. Erano ombre lontane, vapore impalpabile nell’immaginazione ovattata dalla droga, ma con l’abusare della sua terapia quei fantasmi hanno cominciato a farsi più vividi e pericolosi. Infine, dopo diverse visite in quella dimensione lontana dallo spazio e dal tempo, ha compreso come la camera non fosse altro che un obitorio; anche se quell’intuizione arriva sempre al risveglio, quando rielabora ogni singola immagine.
Kyosuke sa di star impazzendo, di camminare lungo la sottile linea fra follia e pura ragione; e le notti insonni non lo aiutano: il suo umore si è fatto più precario e lunatico, e sta trascorrendo la maggior parte del proprio tempo sigillato in ufficio, piuttosto che a badare alla scuola.
Preside indegno.
 
Alle volte, nei momenti di tormentata lucidità, ricorda le discussioni avute con Naegi sulla possibilità di riaprire la Hope’s Peak. Munakata si è sempre mostrato contro l’eventualità di ricreare un ambiente dove il talento avrebbe potuto esplodere, incontrollato. Per questa ragione, ha proceduto a testa bassa ed imperterrito nel proprio personale progetto di aprire, sì, una scuola per studenti straordinari, ma le parole d’ordine, nel suo caso, sarebbero state “Riabilitazione e Indottrinamento” – cos’altro, se non un lavaggio del cervello?
Adesso, però, la sola cosa che pulsa nella sua testa è il nonsenso e la delirante natura di ogni azione: fra i fumi dell’illusione e dell’arroganza, Kyosuke ha ridotto in cenere il dono prezioso che Sakakura… Juzo gli ha offerto – una seconda possibilità per una vita ingiustamente risparmiata dall’abnegazione dell’amore.
 
Non riesce a muoversi, né ad alzarsi, ma sa che sono loro ad essere lì, ora.
Chiude l’occhio, e lo riapre di nuovo sulla figura di Juzo che ricambia il suo sguardo, adagiato alla scrivania. La sua espressione è corrotta di malizia, una cattiveria che riluce negli occhi purpurei. Munakata evita di guardarlo, e la risata cristallina di Chisa arriva al suo orecchio. La giovane, invisibile all’orbita nera e vuota, è fuori dalla sua visuale, ma la mano piccola e tiepida si aggrappa alla sua, facendovi scivolare una pistola.
“Lascia che ti aiuti.”
Juzo è poco distante dal suo viso e lo sovrasta, intrappolandolo in un sorriso sfumato di rassegnata serenità.
“Puoi fidarti di me.”
I resti della sua anima dannata crollano, quando Juzo sfiora i bordi della fascia nera che porta all’occhio per rimuoverla, accarezzando la linea macabra della ferita.
“Puoi fidarti del mio cuore.”
Fa male.
Fino al punto che vorrebbe solo essere appeso per il collo, pur di evitare la sorpresa velenosa di un affetto che non merita.
“Per favore.”
 
Chisa lo tiene fermo, premendo le labbra umide e fresche contro la sua fronte, mentre Juzo gli solleva un braccio, posando la canna della pistola sulla sua tempia. Munakata sente Sakakura dominarlo e controllarlo e, quando questi lo bacia con vorace ferocia, è investito dalla sua gelosia depravata, un desiderio violento che non ha mai conosciuto o distinto.
“Non saremo noi ad ucciderti.”
Lo bisbiglia nel suo orecchio, un sorriso distorto a deformargli il viso.
“Lasciamo questo onore… a te.” Aggiunge, guidando con accortezza un dito di Munakata al grilletto.
Sotto il peso del corpo di Juzo, Kyosuke non si oppone. Lentamente, solleva la mano libera per toccare i capelli Chisa, provando, in quel gesto, a preservare la dolce memoria del suo profumo per l’ultima volta e riuscire a toccarla, a raggiungerla, almeno nei suoi istanti finali.
Infine, la presa scivola verso il moncherino insanguinato di Juzo.
Ricorda che quando ha ritrovato la sua mano, contorta e tesa in un dolore mostruoso, i frammenti di osso erano sparsi lì attorno. Kyosuke soltanto allora ha realizzato con orrore che Sakakura, dopo aver tagliato e tagliato fra vene e nervi neri, non ha potuto fare altro se non spezzarsi, frantumarsi il polso, prima di strappare via l’articolazione.
E Munakata non ha udito nulla, totalmente sordo al folle gesto di disperazione, alle sue grida, ai suoi lamenti o alle sue preghiere.
Amaramente, comprende che, nonostante tutto, sta persistendo nel fare ad entrambi il torto più grande: continuare a tardare con ottusa testardaggine, fermo lì, su una terra di macerie che non ha potuto ricostruire.
Sorride, adagiandosi contro la carezza di Juzo, solleticato dal dolce bacio di Chisa.
Era tempo di andare.
 
“Addio, allora. Fino al giorno in cui, risvegliandomi, sarò con voi.”
 
*Fine
   
 
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