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Autore: Swamplie    05/11/2016    12 recensioni
School AU
Clarke Griffin è sul tetto del mondo, ammirata da tutta la scuola. Da tutti tranne che da Lexa Woods. L'indifferenza di Lexa nei suoi confronti è qualcosa che Clarke non sopporta, tanto che la sua prima missione è tormentare l'altra ragazza. Ma quando Clarke supera il limite, è costretta a lavorare insieme a lei per un progetto. Si rende subito conto di quanto poco conosce Lexa e se stessa, e capisce che ora tutto ciò che vuole è che Lexa la noti.
o
Clarke perde la testa per qualcuno che proprio non si aspettava.
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Finn Collins, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 13
La casa sull'albero

Per la prima volta dopo mesi, Clarke era seduta con Raven e Octavia sulle gradinate, guardando il campo da football. Era una sensazione strana, era cambiato tanto dall’ultima volta che erano state lì. Se non li avesse vissuti in prima persona, avrebbe pensato che quegli ultimi mesi fossero un sogno. L’unica prova evidente degli ultimi eventi era l’ancora strana tensione che c’era nel rapporto tra Clarke e Octavia, come se si stessero conoscendo di nuovo per la prima volta nonostante si conoscessero da tutta la vita.

Finn si schermò gli occhi dal sole e fece un cenno nella loro direzione, proprio come aveva fatto l’autunno scorso. Era tutto come prima, ma allo stesso tempo sapevano che era diverso. Lo scorso semestre, Finn avrebbe salutato Clarke. Questa volta la sua attenzione era rivolta a Raven.

“Quindi è scappata all’improvviso?” chiese Raven, ritornando all’argomento di cui stavano discutendo già da qualche minuto.

“Si” sospirò Clarke sconfitta. “Un secondo prima sembrava felice come mai l’avevo vista, quello dopo mi ha ridato il regalo ed è corsa via...”

“È strano” disse pensierosa Octavia. “Stava cominciando a aprirsi con te, no? Cosa l’ha fatta spaventare in quel modo? Non capisco.”

“Io ho capito” disse Clarke “so esattamente come si è sentita. Ha questa idea che deve trascorrere il resto della sua vita da sola. Crede che ‘l’amore è debolezza’. Deve
essere piuttosto difficile per lei sapere cosa provo nei suoi confronti.”

“Sai che potrebbe provare anche lei qualcosa per te, no?” chiese Raven, guadagnandosi da Clarke solo un’occhiata silenziosa. “Hai detto che hai visto qualcosa quando ti guardava.”

“Lo so, lo so” disse Clarke, suonando molto angosciata. “è solo che non voglio sperare tanto. Non posso essere sicura di ciò che ho visto. In fondo non ci sono molte
ragioni per cui io possa piacerle.”

“Ti sei scavata da sola una fossa profonda questa volta, devo ammettere.” Disse Raven.

“Raven! Dovremmo cercare di tirarle su il morale!” La rimproverò Raven.

“Va bene” la fermò Clarke “Raven ha totalmente ragione, come sempre” aggiunse con un occhiolino verso Raven. “Non sono mai stata così depressa per tutti questi
mesi per niente!”

“Lo sappiamo” disse Octavia e le accarezzò un braccio per confortarla. “Ma ora devi solo fare ciò che facevo io quando non mi parlavi: accetti che hai fatto qualcosa di sbagliato, la aspetti, lei può lasciarti entrare nella sua vita se è pronta o può non farlo. In questo caso, Rae e io ti aiuteremo a superare questo casino, capito?”

“E se non voglio superarlo?” sospirò Clarke. “Se lascio che mi spezzi il cuore per l’eternità invece che smettere di amarla?”

Sia Octavia che Raven la fissarono scettiche con le fronti corrugate.

“Qui c’è materiale profondo per Shakespeare.”

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E lo era davvero. Una di quelle storie d’amore sdolcinate che la gente conosce dall’inizio dei tempi. E Clarke non sapeva se ci sarebbe stato il lieto fine o no. Non aveva
visto molto Lexa nella settimana successive al suo tentativo fallito di darle il regalo. Era chiaramente una scelta intenzionale dell’altra ragazza, che si stava attivamente impegnando ad evitarla ogni volta che si avvicinavano.

Clarke stava cercando di seguire il consiglio di Octavia e aspettare che Lexa fosse pronta, ma era veramente difficile guardarla chiudersi in se stessa e non essere in grado di fare niente a riguardo. Perché Lexa non sembrava per niente felice. Non camminava più a testa alta, ma invece guardava il pavimento come se stesse cercando di bloccare fuori il resto del mondo. Si nascondeva in libreria per gran parte del giorno, e in classe era molto meno entusiasta del solito di imparare. Invece di ascoltare attentamente, prendendo appunti e facendo domande, Clarke la vedeva appoggiata allo schienale della sedia a guardare fuori dalla finestra per quasi tutto il tempo.

Era davvero orribile vederla così. Amarla con tutto il suo cuore e volere nient’altro che renderla felice, ma non essere abbastanza vicina a lei per farlo.

Finalmente un pomeriggio dopo le lezioni, quando mancavano solo poche settimane al diploma, Clarke non riuscì a trattenersi dal raggiungerla. Successe quando stava
raccogliendo dal suo armadietto le cose che le sarebbero servite durante il fine settimana. Invece di vederla, quasi percepì Lexa che camminava nel corridoio. Provò a non guardarla, ma neanche insultò se stessa tentando di convincersi che non lo stava facendo. Era mezza nascosta dietro il suo armadietto aperto, ma i suoi occhi seguirono Lexa mentre la ragazza attraversava il corridoio, le mani nelle tasche della sua grande felpa nera e gli occhi incollati al pavimento.

Per qualcuno che sembrava così sconfitto, a Clarke sembrava comunque una dea, e il battito del suo cuore ne era la prova. La vedeva in giro così raramente che si era quasi dimenticata l’effetto che Lexa aveva su di lei. Poteva trascorrere un giorno intero e non ricordarsi esattamente come le toglieva il respiro, e poi all’improvviso in momenti come quello avrebbe visto Lexa nel corridoio e tutto il suo mondo si sarebbe fermato.

Ma quello specifico pomeriggio, il mondo riprese a girare in un secondo quando un gruppo di ragazzi stava camminando nella direzione di Lexa e uno di loro volontariamente le colpì la spalla prima di continuare verso la direzione opposta. Lexa, che di solito avrebbe risposto con una risposta arguta o almeno con un’occhiata minacciosa, non sollevò neanche lo sguardo dal pavimento. Inciampò nei suoi piedi e continuò a camminare verso l’uscita. Clarke chiuse velocemente l’armadietto e seguì Lexa, raggiungendola fuori sul prato. Non voleva disturbarla fermandola, così cominciò a camminare al suo fianco.

“Lexa” disse dolcemente, non causando nessuna reazione visibile “quei ragazzi sono stati stronzi con te e tu li ha lasciati andare. Sei infelice e vorrei che ti lasciassi
aiutare. Ti prego, parla con me.”

La testa di Lexa finalmente scattò in alto, il suo sguardo lanciava pugnali a Clarke.

“Non ho bisogno del tuo aiuto!” sputò, ma quando il volto di Clarke si rattristò, la bionda poté vedere un lampo di dispiacere nei suoi occhi.

“Lo so che non ne hai bisogno” la rassicurò subito Clarke. “ma solo perché puoi fare tutto da sola per tutto il tempo non vuol dire che devi.”

Lexa finalmente si fermò e rimasero l’una di fronte all’altra sotto l’enorme platano tra la palestra e il parcheggio.

“Perché lo stai facendo?” Domandò Lexa.

“Perché m’importa di te!”

“Bè, devi smetterla!”

Clarke voleva urlare la sua risposta, ma un gruppo di studenti passò vicino a loro, così aspettò che si allontanassero per non farsi sentire. Poi mormorò la risposta.

“Non posso.” I suoi occhi stavano nuotando nei sentimenti. “Nessuno può scegliere se tenere o no a qualcuno. O t’importa o no, e a me importa. Tengo a te. Così tanto che mi sta uccidendo vederti lontana dal mondo in questo modo. Eri così aperta prima. Ti stavi divertendo, ti ho vista. Cosa è successo?”

“Mi sono ricordata perché non posso esserti amica.” Lexa rispose, la sua espressione ancora fredda e Clarke non potè nascondere quanto triste l’avevano resa quelle parole.

“So che non posso cancellare quello che ho fatto” disse quasi in un sussurro. “Non stavo cercando di fartelo dimenticare, volevo solo essere gentile con te.”

Lexa senza dubbio notò lo sconforto di Clarke, e nonostante cercasse di mantenere stoica la sua espressione, anche i suoi occhi erano pieni di dolore.

“Lo sai che odio essere dipendente dalle altre persone!” Urlò disperata.

“Lo so.”

“Quindi non voglio sentirmi cosi!” Continuò, e all’improvviso i singhiozzi che stava trattenendo ruppero la sua voce. Lacrime cominciarono a scendere dagli occhi, ma se le asciugò furiosamente prima di continuare. “Non voglio pensare a te per tutto il tempo! Non voglio che sia così difficile distogliere lo sguardo quanto tu entri in una stanza! Non voglio essere più felice quando ti vedo e delusa quando non ci sei. La vita è piena di fallimenti e permettermi di provare queste cose ne porterà solamente altri! Non posso stare vicino a te!”

Non era quello che Clarke si aspettava di sentire. In un certo senso era quello che sperava, ma non ci aveva mai creduto veramente. Una parte di lei stava scoppiando
di gioia alla scoperta che i suoi sentimenti erano ricambiati. L’altra metà stava piangendo con Lexa, devastata perché per la ragazza doveva essere così difficile, la faceva soffrire così tanto. Cercando di dare a tutto un senso, non sapeva da dove iniziare, cosa avrebbe dovuto dire per far sentire meglio Lexa.

“Tu... tu pensi a me?” Fu tutto quello che riuscì a dire alla fine.

Si rimproverò perchè in quel momento di sofferenza condivisa, riuscì comunque a trovare il tempo per pensare quanto voleva sentire Lexa ripetere quelle parole ancora e ancora.

Finalmente Lexa sembrò rendersi conto di quello che aveva detto e si agitò distogliendo lo sguardo. Rendere manifesti i suoi sentimenti apparentemente non era stato intenzionale, e ora era consapevole che era troppo tardi per rimangiarsi quelle parole. Clarke voleva dire qualcosa subito prima che Lexa si chiudesse di nuovo in se stessa.

“Non ti preoccupare” disse “se è vero, questo non deve cambiare niente. Non devi pensare che io voglia che noi... cioè, possiamo rimanere come siamo. Non lo userò contro di te.”

“Non è quello,” borbottò Lexa, le spalle le crollarono. “Stare vicino a te mi rende vulnerabile. Non posso permettermelo.”

“Perché?” Insistette Clarke. “Siamo tutti vulnerabili. Di cosa hai paura?”

“Potrei farmi male.”

Clarke riuscì a malapena a sentire le parole, erano così silenziose. Ma vide la ragazza ferita di fronte a lei, e capì benissimo come si sentiva. Fece un piccolo passo avanti. Era solo un centimetro, ma sapeva che era una cosa rischiosa da fare.

“Potrebbe succedere anche a me, Lexa.” Disse, aspettò fino a che la ragazza alzò lo sguardo per assicurarsi che le parole affondassero. “Dio, non hai idea di quanto potresti farmi male.”

Lexa sembrava un po’ confusa.

“Allora per quale assurda ragione vuoi rischiare?” Chiese.

Un altro passo avanti.

“Perché tu sei tu.” Rispose Clarke. “E sei incredibile. Considerando quanto meravigliosa penso che sia ogni cosa che fai, probabilmente mi piacerebbe anche farmi fare
male da te.”

“Sembra una pazzia.”

Clarke ridacchiò.

“Si bè, tu mi fai impazzire.”

D’un tratto l’atmosfera era più leggera. Lexa sembrava più rilassata, anche se ancora triste.

“È solo che non penso che sarò mai pronta ad essere vicina a qualcuno in quel modo.” Sussurrò.

“Va bene” la rassicurò Clarke. “Non è quello che ti sto chiedendo di fare, almeno non qui con me. Ma spero che un giorno arrivi qualcuno con cui ti senta a tuo agio abbastanza da aprirti un po’. Lo so che pensi che l’amore è debolezza, che la vita è troppo corta per rischiare di farsi male. Ma sinceramente, se trascorri tutta la tua vita spaventata di vivere, avrai vissuto veramente?”

Riusciva a vedere le rotelle girare nella mente di Lexa, le sue parole l’avevano colpita vicino e lo sapeva. Aveva paura di aver spinto troppo, ma allo stesso tempo
sapeva che Lexa aveva bisogno di sentire quelle parole. Niente la spaventava più del pensiero di Lexa che non provava a essere felice. Si meritava molto di più di
quello che pensava di meritare.

Un lungo silenzio seguì le sue parole. Nessuna delle due sapeva cosa dire. Alla fine, vennero interrotte da Diane che si avvicinò dal parcheggio guardandole confusa.

“Perché non vieni, Lexa?” chiese, lo stupore attraversò il suo volto quando vide le due ragazze insieme. “C’è qualche problema?”

Lexa scosse velocemente la testa, e tornò a guardare Clarke.

“Devo andare” si scusò, e prima che Clarke se ne rendesse conto, Lexa era andata via.

Sperò solamente che Lexa avrebbe ricordato le sue parole, e che in qualche modo le avrebbe ascoltate.

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Il primo giorno di scuola dopo il fine settimana, Clarke prese il pranzo prima delle sue amiche e si sistemò da sola ad un tavolo della caffetteria. Occupò un tavolo vuoto, in attesa delle sue amiche concentrandosi a cercare di aprire il suo piccolo pacco di cracker, quando qualcuno senza dire un parola si sedette di fianco a lei. Alzò lo sguardo e il pacco di cracker le scivolò via dalle mani sul pavimento quando vide vicino a lei Lexa. Clarke la fissò a bocca aperta mentre Lexa la guardava a sua volta con uno sguardo che, tra le righe, diceva:

Lo so, questo è strano. Ci sto provando e sto facendo un passo importante, per favore non parliamone.

“Ciao!” disse infine Clarke.

“Ciao” rispose Lexa, prima di piegarsi a prendere i cracker di Clarke. “Ti sono caduti questi.”

Clarke annuì solamente mentre prendeva il pacchetto dalla mano di Lexa. In quel momento si avvicinarono Raven e Octavia con i loro vassoi, fermandosi quando videro chi si era unita al loro tavolo. Octavia sembrava un pochino terrorizzata.

“Mi vado a sedere là.” Mormorò a Raven, puntando in una direzione a caso, dove in realtà non conosceva nessuno, e prima che prima che qualcuno potesse reagire, se ne era già andata.

Raven la guardò delusa, ma subito mascherò la sua delusione con un sorriso e si sedette, chiaramente provando a fare sentire Lexa benvenuta.

“Hey voi due” disse “Lexa, sei mancata a tutti. Sono felice che sei ritornata!”

Lexa sussurrò timidamente qualche tipo di risposta, prima di portare la sua attenzione al cibo. Clarke e Lexa si scambiarono uno sguardo, Clarke ancora sorpresa e
Raven felice per lei.

Nei giorni successive, Lexa continuò a provarci. Si sedeva con loro a pranzo, a volte camminava con Clarke quando andavano a lezione e le offriva un sorriso timido quando i loro occhi si incontravano nel corridoio. Si stava impegnando, e Clarke sapeva quanto era difficile per lei, ma sembrava di nuovo felice e questa era la cosa più importante.

C’era un problema però ed era la situazione di Lexa e Octavia. Octavia all’inizio era esitante anche a mostrare la faccia in presenza di Lexa.

“Non voglio farla scappare di nuovo ora che finalmente ha ripreso a parlare con te!” Diceva.

Ma alcuni giorni dopo che Lexa pranzava con loro, Octavia sembrò accettare il fatto che a Lexa andava bene se si sedeva anche lei, e provò ad unirsi a loro, mantenendo un profilo basso. Anche se aveva detto a Lexa che si era pentita delle sue azioni, non si aspettava di essere perdonata.

Un giorno Clarke arrivò in caffetteria e vide Lexa e Octavia da sole al solito tavolo, immerse in una conversazione. Quella vista la sconvolse, e più tardi ne parlò con Lexa.

“Ti sta bene stare insieme ad Octavia?” Disse.

Lexa scrollò le spalle e non sembrò disturbata dalla domanda come Clarke aveva pensato.

“Non è la mia persona preferita” ammise “ma è la tua migliore amica.”

“Ci stiamo lavorando” disse Clarke “è complicato.”

“Qualsiasi cosa siate, dovrò sicuramente abituarmi ad averla in giro. Non ha bisogno di essere la mia migliore amica, ma posso vivere con la sua presenza. In realtà se la conosci ci puoi fare belle conversazioni.”

In quel momento Clarke la ammirò tantissimo per saper affrontare la situazione così bene. Stava andando molto meglio di come si era immaginata.

C’era però una tristezza che le cresceva nel petto mentre si avvicinava il diploma. A parte la classica malinconia di lasciare parte della tua vita alle spalle, cosa che molti sembravano stessero provando, Clarke aveva a che fare anche con il non sapere come stavano le cose con Lexa. Era sicura di alcune cose:

1. Provava qualcosa per Lexa.

2. Lexa provava qualcosa per lei.

3. Lexa non era pronta per una relazione.

4. E neanche per essere amiche, forse.

Non aveva idea di dove erano rimaste, e questo le causava un sacco di notti senza sonno. Non aiutava il fatto che il diploma era dietro l’angolo, lasciandole quasi mai tempo per parlare, e la consapevolezza che presto sarebbero state lontane.

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“È arrivato il momento” disse Octavia, mentre le raggiungeva sulla gradinate.

Clarke era seduta con Raven, Maya, Harper, e, con suo grande piacere, con Lexa, che stava aspettando che sua madre la venisse a prendere e durante l’attesa non le
dava fastidio la compagnia.

“Oh si” rispose Raven sogghignando, mentre Maya e Harper sorridevano. Lexa era l’unica che sembrava confusa. Octavia lo notò e subito spiegò.  

“L’annuale festa di fine anno a casa dei Blake” spiegò. “La festa più grande e più epica, solo che quest’anno sarà ancora migliore. Io e mio fratello di solito organizziamo questa cosa insieme, ma dato che al momento non andiamo molto d’accordo l’ho buttato fuori e la sto organizzando da sola. Tutti sono invitati, come sempre, tranne gli
idioti. Visto che Bellamy non può dire niente sulla lista degli invitati potete aspettarvi una folla di persone più di buon senso. Quest’anno possono succhiarmelo.”

“Ben detto!” disse Raven e l’abbracciò presa dall’entusiasmo.

Anche Clarke era felice. Fino a quel momento non si era resa conto che le mancavano le feste. Si era lasciata alle spalle tante parti di lei, parti che non avrebbe mai valuto che ritornassero ad essere sue. Ma la regina delle feste Clarke Griffin era una persona che le mancava. Le mancava essere un po’ brilla, parlare con persone con cui non aveva mai parlato prima, sentire la sua canzone preferita e ballare come se non ci fosse un domani. La faceva sentire viva come nessun’altro riusciva. Ora che era più o meno felice, era sicura che si sarebbe divertita ancora di più. Soprattutto se Lexa avrebbe voluto andarci, cosa che dubitava ma che sperava fortemente.

“Puoi venire se vuoi” sussurrò a Lexa guardandola speranzosa.

Lexa d’un tratto sembrò timida.

“Non penso di essere invitata…” disse, ma Octavia, che l’aveva sentita, la rassicurò immediatamente.

“Certo che sei invitata!” Disse. “Chiunque sia dignitoso è invitato. Tu sei tipo la più dignitosa di tutti noi, e quindi vuol dire che sei più invitata di Clarke.”

Clarke finse un’espressione offesa. Lexa sorrise piano alle parole di Octavia.

“Almeno ci pensi?” chiese Clarke. “Ci diplomeremo presto, questa potrebbe essere la tua ultima occasione per andare ad una festa del liceo.”

Per sua sorpresa, Lexa sbuffò.

“Chi l’ha detto che non sono mai andata ad una festa di liceo?”

Tutte le altre ragazze la guardarono sorprese.

“Ci sei andata?” Chiese Clarke.

“Mmh” rispose Lexa come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Probabilmente molto prima di quando voi avete iniziato ad andarci. Ho una cugina più grande, ricordi?”

“Okay allora...” Disse Clarke, cercando di non sembrare così stupita. Non sapeva perché la sorprendeva così tanto. Forse in qualche modo pensava di essere andata ad
ogni tipo di festa che la città offriva e che, dato che non aveva mai visto Lexa a nessuno di questi, la ragazza semplicemente non partecipava alle feste.

“Ci penserò” disse Lexa, e colpì scherzosamente il fianco di Clarke per farla smettere di essere così imbarazzata.

Ci avrebbe pensato? A Clarke poteva andare decisamente bene.

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Qualche giorno dopo, venerdì pomeriggio, Clarke si stava preparando per la festa. Lei e Raven erano già a casa di Octavia, per riordinare e spostare i mobili per fare più spazio. In realtà Clarke e Octavia spostavano i mobili mentre Raven, la cui gamba non poteva sopportare il peso, gli urlava parole più o meno incoraggianti lanciandogli addosso patatine al formaggio.

Le feste a casa dei Blake erano sempre organizzate con poco preavviso. Non c’era bisogno di invitare la gente più di qualche giorno prima, la casa sarebbe stata comunque piena. Clarke si era preparata per molte di quelle feste, e si era sempre divertita a farlo. Ma non si era mai sentita così nervosa prima. Ed era chiaramente perché le altre volte prima Lexa non aveva mai promesso di venire.

Alla fine era venuto fuori che in realtà Lexa non era così contraria all’idea, e aveva accettato di venire, cosa che rendeva a Clarke scegliere un outfit cento volte più difficile. Aveva portato diverse alternative e ora se le stava provando una dietro l’altra.

“Cosa pensate che le piaccia?” chiese.

“Non parla molto, come pensi che possiamo saperlo?”

“Volevo dire che tipo di impressione vi dà?”

Entrambe la guardarono e ci pensarono per un momento.

“Lei ha sempre uno stile tipo rock chic” fece notare Raven. “Quindi magari i jeans neri e il top rosso?”

Clarke indossò il top rosso in un secondo. Era uno dei suoi preferiti quindi forse sarebbe piaciuto anche a Lexa.

“Farà un caldo assurdo qui” aggiunse Octavia “I jeans lunghi neri non sono i tuoi migliori amici oggi. Prova di nuovo i pantaloncini.”

Clarke sospiro.

“Non voglio mettere qualcosa di troppo esagerato. Non voglio che pensi che mi aspetto che debba succedere qualcosa...”

“Dio santo, Clarke!” Disse Raven. “Trattale bene e la scelta dei vestiti non importerà!”

Raven aveva ragione, di nuovo.

“Okay” borbottò Clarke, e poi sul suo volto apparve un sorriso. “Presto vedrò Lexa!”

“Lo sappiamo, lo sappiamo. Sei perdutamente innamorata e tutto il resto. Ora mettiti qualcosa addosso!”

Clarke non era l’unica che quella sera si stava vestendo per fare colpo. Ci sarebbe stato anche Finn, e a differenza di Clarke, Raven si aspettava decisamente che
sarebbe successo qualcosa. Aveva indossato il suo vestito estivo rosso, agghindandosi molto di più di come faceva di solito, e quando uscì dal bagno con il suo outfit facendo una giravolta, fece rimanere Octavia a bocca aperta.

“Come sto?” chiese.

Octavia le sorrise in adorazione.

“Bellissima” disse, e si voltò subito molto orgogliosa verso Clarke. “Non è bellissima? Guardala! È la nostra Raven!”

E prima che Raven potesse reagire venne quasi placcata quando le sue due amiche la schiacciarono in un abbraccio stretto ancora una volta, coprendole le guance di baci. Era qualcosa che era successa molte volte in quelle settimane.

“Cosa c’è che non vai in voi?” chiese imbronciata, ma non riuscì a nascondere un sorriso. “Da quando avete cambiato vita, vi comportate come se foste le mie mamme!”

“Ti vogliamo solo tanto bene!” Affermò Octavia, mentre Clarke sussurrava: “Tu sei importante.”

Sarebbe stato un lungo pomeriggio per Raven Reyes.

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Erano le 10.35 e la festa era iniziata già da quasi un’ora quando Lexa finalmente attraversò la porta. Clarke aveva guardato la porta non proprio discretamente da quando i primi ospiti avevano cominciato ad arrivare, non volendosi perdere l’arrivo di Lexa. Quando infine Lexa entrò in casa si rese conto di quanto non era sicura se sarebbe effettivamente venuta. Vederla lì fu per Clarke una sorpresa davvero piacevole.

Anche Lexa la vide, s’incontrarono al centro della stanza, e si salutarono timidamente. Lexa era stupenda, i suoi capelli mossi le ricadevano sulla schiena e i suoi occhi erano come sempre straordinariamente verdi. Indossava il suo solito paio di jeans neri, ma anche una canotta bianca molto carina, che a Clarke piacque molto. Non aveva mai visto Lexa indossare altri colori se non il nero. Ora poteva vedere le sue lunghe braccia e le sue clavicole affilate, e ogni cellula del suo corpo desiderava toccarla. Tuttavia, non poteva essere lei a fare la prima mossa. Avvicinarsi alle persone terrorizzava Lexa, e andare troppo veloce l’avrebbe solo fatta spaventare.

La loro interazione venne interrotta quando una ragazza della loro scuola si avvicinò e presentò uno studente appena arrivato per lo scambio francese, e chiese a Lexa di andare con loro e fare da traduttrice, dato che aveva studiato il francese per molti anni a scuola. Lexa sembrò eccitata dall’idea e Clarke le assicurò che andava bene che parlasse con altre persone. Un secondo dopo che Lexa si era allontanata, Raven portò Clarke dall’altra parte del salotto per farle vedere come batteva tutti i ragazzi a scacchi con liquore.

All’inizio, a Clarke non aveva dato fastidio essere lontana da Lexa. Era felice che la ragazza stesse conoscendo nuova gente e si stesse divertendo. Ma era passata un’ora e continuavano ad essere portate in direzioni diverse da diverse persone, troppo gentili per interrompere o rifiutare. I loro occhi però s’incontrarono più volte tra la folla, e ogni volta si scambiarono sorrisi. Sembrava come se ci fosse un filo che le collegasse l’una all’altra. Anche quando erano impegnate con altre persone sapevano sempre dove l’altra si trovasse.

Tranne un sorso del drink che Octavia aveva proclamato essere il suo nuovo capolavoro, Clarke non bevve altro quella sera. Voleva rimanere attenta, ricordare ogni secondo di quella notte. Neanche Lexa bevve, notò guardandola.

Qualcuno che invece bevve fu Niylah, una ragazza con cui Clarke aveva condiviso un sacco di risate durante le feste degli anni precedenti. Ad un certo punto della serata, le ricordò il fatto che Clarke le aveva promesso, tanto tanto tempo fa, che una giorno le avrebbe fatto un body shot, e che Clarke non aveva ancora mantenuto quella promessa. Clarke, che non se la sentiva per niente di fare body shot con qualsiasi ragazza (che non fosse Lexa), aveva bisogno di un piano di fuga. Sgattaiolò discretamente in cucina, dove beccò la ragazza a cui aveva pensato per tutta la sera, immersa in una conversazione. Sorrise mentre si avvicinava, e quando Lexa la vide le ricambiò il sorriso, non più tanto interessata alla persona con cui stava parlando.

Le due finalmente si spostarono per poter parlare da sole.

“È da tanto che non ci vediamo” sussurrò Clarke nell’orecchio di Lexa.

“Si” soffiò Lexa.

“Ti stai divertendo?” le domandò Clarke.

Lexa annuì allegra.

“Bene” disse Clarke sollevata “posso mostrarti una cosa?”

L’ultima parte suonò un po’ nervosa, ma il cenno del capo di Lexa e il suo sorriso rassicurante le fecero sentire leggera. Prese dolcemente la mano di Lexa nella sua, facendo trattenere il respiro dell’altra ragazza, e cominciò a guidarla attraverso la folla. Raggiunse la porta per la veranda sul reto e uscì nell’aria della notte, a malincuore lasciò andare la mano di Lexa ora che non aveva più un motivo per stringerla.

Attraversò tutta la veranda e il prato, fino a fermarsi sotto una grande quercia alla fine del giardino.

“Cosa volevi mostrarmi?” Chiese Lexa con curiosità.

Clarke alzò una mano e trovò una fune sottile che si nascondeva dietro al tronco.

“Fai un passo indietro” la avvisò, prima di tirare la fune e far cadere tra di loro una scala di corda.

Gli occhi di Lexa si spalancarono e piegò la testa all’indietro per guardare nella chioma dell’albero. La casa sull’albero era difficile da notare, specialmente di notte, e se
non sapevi dove guardare probabilmente non l’avresti vista.

“Wow” sospirò Lexa incantata “non l’avevo proprio vista.”

“Vuole fare un giro, signorina?” Chiese Clarke con esagerata cavalleria.

Lexa riportò lo sguardo su di lei.

“Sarebbe un onore.” Continuò a giocare.

Clarke le fece cenno di arrampicarsi per prima, e Lexa timidamente si avvicinò alla scale e cominciò a salire. Quando infine anche Clarke si arrampicò attraverso la botola, la trovò seduta vicino alla finestra, a guardare il cielo notturno. Clarke tirò su la scala così non sarebbero state disturbate.

“Hai imparato davvero alcune costellazioni?” Chiese Lexa quando Clarke la raggiunse vicino alla finestra.

“Si” rispose Clarke. “Me le ricordo ancora. Quelle dello zodiaco sono quelle che mi piacciono di più. Ognuno nel mondo può riconoscersi in una di loro, giusto? Quindi
possiamo tutti guardare al cielo e vedere una parte di noi.”

Lexa sembrò un po’ sorpresa dalla profondità di quelle parole, ma le piacquero comunque.

“Mi piace l’idea” disse “che segno sei?”

“Scorpione” rispose Clarke. “Tu?”

“Cancro” disse Lexa e un sorriso mosse le sue labbra. “I nostri segni sono molto compatibili, lo sapevi?”

Clarke scosse le testa, ma non era sorpresa. Lexa era tutto quello che desiderava, quindi dovevano avere almeno qualcosa che le avvicinava.

Rimasero in silenzio per qualche momento prima che Clarke affrontasse l’argomento di cui nessuna delle due voleva parlare.

“Quindi, presto partiremo entrambe.”

Lexa abbassò lo sguardo sul pavimento di legno consumato, dove Clarke aveva trascorso infiniti giorni della sua infanzia.

“Si.”

“Poi ti vedrò di nuovo?”

Lexa la osservò per un momento.

“Certo che mi vedrai.”

“Non credevo che fosse così ovvio” disse Clarke. “Non so nemmeno cosa sono per te…”

“Sei mia amica!” Rispose Lexa.

“Giusto” mormorò Clarke. “Amica.”

Lexa sospirò.

“Lo sai cosa provo per te.” Sussurrò pianissimo.

“Cosa provi per te?”

“Come se devo stare sempre vicino a te o impazzirei.”

“È come mi sento anch’io.” Mormorò Clarke.

“Non dovremmo andare oltre. Non funzionerebbe mai, perchè non lo capisci?”

Lexa era così decisa, eppure le sue parole la facevano sembrare così triste.

“Cosa credi che dovremmo fare allora?” Chiese Clarke. “Andremo ad università diverse, ci rivedremo di tanto in tanto e dovrò fare finta che non mi fai battere il cuore
fuori dal petto? Cominciamo ad incontrare altra gente? Altre persone che non mi fanno sentire come mi fai sentire tu.”

“Come se tu avessi problemi a trovare qualcuno.” Sbuffò Lexa, cercando di mandare via il fastidio. “Hai già un sacco di alternative!”.

“Tipo chi?” chiese Clarke divertita.

“Come quella ragazza Niylah che ti ha cercata prima” disse Lexa, distolse lo sguardo mentre parlava. Stava serrando la mascella e all’improvviso si era irrigidita.

Clarke vide quanto era difficile per lei parlarne, e capì che doveva essere come quando lei aveva visto Lexa e Anya e pensato che fossero una coppia.

“Lexa” disse dolcemente e appoggiò una mano sul braccio della ragazza. “Nessuno è speciale quanto te. Tu sei quella a cui tengo.”

Lexa sembrava così fragile, e a quella vista gli occhi di Clarke nuotarono nelle lacrime.

“Lo so” disse Lexa. “È solo che l’idea di chiamarti la mia... mia ragazza, è veramente spaventosa.”
 
“Non devi chiamarmi in nessuno modo!” Disse Clarke, mentre le lacrime cominciarono a scenderle sulle guance. “Ma io sarò per sempre tua quando lo vorrai.”

Solo pochi centimetri le separavano ora. Lexa aveva visto le sue lacrime e aveva alzato una mano per asciugarle piano una guancia. Quel tipo di contatto era il più intimo che avessero mai avuto, e il cuore di Clarke accelerò di colpo. Un’altra lacrima scese da un occhio di Clarke, e questa volta Lexa si avvicinò e premette le labbra sulla guancia, baciandole quella lacrima. Si bloccò lì davanti, le loro fronti quasi si toccavano, e quando si avvicinò di nuovo, poggiò le labbra su quelle di Clarke.

Baciare Lexa era qualcosa che Clarke non aveva mai provato con nessun altro. Sentiva come se stesse galleggiando, volando addirittura. Le loro labbra si completavano così bene insieme, quasi come magneti. Più a lungo si baciavano, più erano disperate di avvicinarsi quanto più possibile all’altra. Premevano i loro corpo quanto più potevano, la testa di Lexa era tra le mani di Clarke e Clarke era bloccata nell’abbraccio stretto delle sorprendenti braccia forti di Lexa. Forse erano le settimane e i mesi di attesa, forse era la consapevolezza che presto sarebbero state lontane. In ogni caso, non ne avevano mai abbastanza l’una dell’altra.

D’un tratto, Lexa acchiappò la stoffa del top che Clarke aveva scelto attentamente e lo tirò un poco. Si allontanò per un attimo per guardare Clarke negli occhi.

“Va bene?” Chiese.

Clarke in quel momento non aveva idea di come funzionassero le parole, quindi annuì solamente. Lexa riprese a togliere il top sfilandolo dalla testa di Clarke e poi
spostò le sue labbra sul suo collo e sulle clavicole. Clarke inclinò la testa all’indietro, mentre vedeva le stelle nell’interno delle sue palpebre. I suoi occhi si aprirono di
scatto e guardarono il soffitto della casa sull’albero e poi guardò in basso Lexa che stava ancora lasciando baci sul suo collo.

“Lexa, aspetta!”

La testa di Lexa si alzò di scatto e la guardò preoccupata.

“Cosa è successo?”

Clarke si morse il labbro inferiore.

“Non l’ho mai fatto prima…” disse “con un ragazza, voglio dire.”

Lexa le sorrise rassicurante.

“Non ti preoccupare, io sì.”

Gli occhi di Clarke si spalancarono sconvolti per la milionesima volta da quando aveva cominciato a conoscere bene Lexa.

“Davvero? Aspetta, chi era?”

Lexa la zittì.

“È una storia per un altro giorno. Ora, ti fidi di me?”

Clarke annuì solamente.

“Riprendiamo da dove ci eravamo fermate, allora.”
 
Vi riporto la nota che l'autrice ha scritto alla fine di questo capitolo su Ao3:
"Mi piaceva l'idea che nonostante Lexa non sia pronta per qualcosa di emotivo, è in realtà più esperta sul piano fisico, sessuale. Questo non cancella gli ostacoli dei sentimenti, spero che non sia troppo fuori dal personaggio."

Ed eccoci qua! Mai, mai perdere la fiducia in Clarke Griffin, ci sa fare con le parole eh? Che dite, siete soddisfatti?

Ora aspettiamo tutti insieme l'ultimo capitolo, non appena sarà pubblicato lo traduco e lo pubblico qui ;) Posso ufficialmente dirvi che un'altra autrice mi ha dato l'ok per tradurre e pubblicare la sua ff. Sara qualcosa di molto più leggero e fluff di questa ;) Su Ao3 è in corso, quindi aspetterò che vada un po' avanti lì prima di cominciare a pubblicarla qui. Se volete farmi domande, darmi risposte, parlare di qualsiasi cosa mi trovate anche su Twitter (@Ila_always) ;)
  
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