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Autore: ToscaSam    11/11/2016    1 recensioni
Queste sono le pagine scritte da Sama di Suna
nella sua ora più disperata.
Ore di una vita che pareva infinita,
oppure no?
Jashin l'ha abbandonata
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(dal testo)
"Lavorava così, il Kazekage. Si sbarazzava degli scomodi. E io decisi di diventare scomodissima.
La notte è fonda ormai. Sto finendo la candela.
La foresta di Kusa fruscia docilmente sotto le carezze del vento.
Sono stanca di pensare."
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"< Sama> mi disse.
< Prendi la falce e seguimi. Oggi andiamo molto più lontano>.
< Perché?> chiesi io, forse falsamente innocente.
< Perché è quello che cazzo ho deciso> Hidan è sempre stato famoso per la sua finezza d'espressione."
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Sama è stato il mio primo, primissimo original character. Volevo scrivere la sua storia, dall'inizio alla fine e mi è piaciuta l'idea di farlo attraverso pagine di una specie di diario. La storia sarà quindi apprezzabile nella sua interezza solo alla fine, grazie al puzzle completo che ne uscirà.
Genere: Guerra, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Hidan, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Naruto Shippuuden, Più contesti
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Queste sono le pagine scritte da Sama di Suna
nella sua ora più disperata.
Ore di una vita che pareva infinita,
oppure no?
Jashin l'ha abbandonata
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premesse
 
Sama è stato il mio primo, primissimo original character. Nonostante io non sia più una grande fan di anime/manga in generale (e soprattutto, nonostante per me Naruto finisca qualitativamente con la morte di Pain) proverò sempre per questo personaggio un affetto profondo.
Volevo scrivere la sua storia, dall'inizio alla fine e mi è piaciuta l'idea di farlo attraverso pagine di una specie di diario. La storia sarà quindi apprezzabile nella sua interezza solo alla fine, grazie al puzzle completo che ne uscirà.
 
Cosa dobbiamo sapere su Sama?
Che è un personaggio creato ben otto/nove anni fa. Che la sua storia è nata e si è sviluppata all'interno di un vecchissimo GDR in un forum.
Per lo stesso motivo, Sama non è l'unico nuovo personaggio nella storia. Ci sarà anche un'altra signorina, chiamata Ryoko. Si tratta del personaggio di una mia carissima amica, che conobbi molti anni fa in quel forum. Diciamo che siamo diventate amiche, mano a mano che Sama e Ryoko facevano amicizia nel GDR. è stato molto bello.
Nessun personaggio nuovo, tuttavia, sarà troppo incisivo con la trama originale del manga.
La storia parte da un evento reale del manga, ma prende le distanze molto alla svelta :)
Vi chiedo solo di voler bene a Sama, se vi capiterà di leggere questa storia. Perché le voglio bene come a una sorella ^_^
 
Qualche avvertenza prima di iniziare?
Beh, certo :)
- Se vi infastidisce la lettura di un original character, allora questa storia non fa per voi.
Di solito io in prima persona sono molto scettica riguardo i personaggi inventati dai fan, in generale. Però per politica personale tendo ad odiare le “Mary Sue” (ossia i personaggi dotati di poteri esagerati, gnocchezza infinita, e un forte ascendente sui personaggi canonici e la trama).
Quindi vi capisco!
- Spero non siano troppo incisivi i cambiamenti (lievi) che ho apportato alla trama originaria di Naruto.
BUONA LETTURA! :*
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I
 
Foresta di Kusa,
circa le 3 di notte
Ho perso tutto, nella mia vita.
Se c'era anche solo un barlume di speranza, anche solo un briciolo di sentimento di redenzione dal male che ho causato, adesso tutto è vanificato.
Ho perso tutto, qualsiasi cosa che potesse chiamarsi “la mia vita”.
Dunque sono adesso qui, nell'alcova naturale di un albero, rifugio freddo e ruvido. Scrivo con mani tremanti quello che so della mia storia, così quando morirò qualcuno avrà testimonianza della mia effettiva esistenza.
Non avevo mai pensato di rifarmi daccapo, di guardarmi indietro per ripercorrere quel sentiero travagliato e sconnesso che è stata la mia vita, dall'inizio fino ad ora.
Ho carta e penna in abbondanza, mi serviranno per non impazzire, per non morire dentro.
Non so se posso morire anche di fuori. Non credevo, ma a quanto pare è possibile. Oppure no, e si muore comunque sempre solo di testa, anche se il proprio corpo è stato fatto a pezzettini e sotterrato.
Questa domanda mi assilla la testa e le tempie pulsano, risuonano, delle stesse parole.
“è morto”, mi hanno detto. Ma io non ci credo. Non posso, non posso.
Non sono lucida, adesso.
Non so se già riuscirò ad immedesimarmi nella piccola me, di tanti anni fa.
L'importante è che abbia fissato l'intenzione di scrivere tutto quello che mi riguarda. Dall'inizio alla fine.
Per stanotte basta, mi bruciano gli occhi, ho freddo, forse sonno. Il mozzicone di candela è piccolo e tremolante. L'ho acceso io, con un piccolo jutsu di fuoco.
Che ridicola …. mi torna in mente quella volta che chiesi ad Itachi di insegnarmi a fare la Palla di Fuoco Suprema. Che idiota. E lui più di me! Si mise lì, paziente, ad insegnarmi la posizione delle mani e la tecnica da usare, facendomi credere che avrei potuto farcela. E poi, quanto abbiamo riso … i miei tentativi falliti miseramente …. la sua voce calma che mi diceva: “sai, Sama, questa è una tecnica famigliare. Solo chi ha sangue Uchiha può utilizzarla”.
Che risate. Altri tempi.
Ero lontana da lui, adesso.
Gli volevo bene a Itachi. Possiede una nobiltà d'animo più di tutti gli altri. Un'indole dolce e casalinga. Sarebbe stato un'ottima persona normale.
E invece, come me, gli ètoccata l'altra vita, quella del ricercato, del reietto.
Non che io abbia particolari rimpianti, a dirla tutta. Nei miei ventisette anni di vita, di cui quindici passati a fare la criminale, non ho nulla da rimproverarmi particolarmente.
Adesso che l'ho scritto mi sembrano così pochi, gli anni della mia vita vera. Solo quindici? Eppure avevo dodici anni, quando quelli di Suna mi hanno cacciata …
ma no, basta. Sto solo facendo confusione. Sto scrivendo cose a caso e non è il caso che continui, per stanotte.
Mi pare quasi di scrivere una lettera. Mi verrebbe da salutare qualcuno, adesso. Ma chi? A chi sto indirizzando tutto questo sfogo di follia … o magari di razionalità?
Immagino solo a me stessa, a conti fatti.
Dunque alla prossima, Sama di Suna. Spero di trovare presto un altro momento tranquillo in cui dedicarmi alla scrittura e magari anche più tranquillità mentale.
 
*
 
Foresta di Kusa,
mezzanotte
 
Ho stranamente mantenuto la promessa di ritrovarmi con la mia carta bianca, questa sera.
Mi trovo in un nascondiglio di fortuna. Mi piace Kusa, è un luogo molto erboso e le foreste sono piuttosto aspre. Un viaggiatore ignaro potrebbe perdercisi facilmente.
Io per fortuna non ho mai avuto paura di perdermi, dato che l'ignoto era per me un nascondiglio perfetto, rispetto al noto.
Credo di stare un po' mentendo a me stessa, in realtà: sto indugiando perché non voglio allontanarmi troppo da casa.
Ho costeggiato le montagne di Ishi e sono arrivata a Kusa … ogni tanto mi ero allontanata fin qui, con l'Akatsuki. Mi sento stringere il cuore in una morsa, se penso che ho lasciato la mia casacca in camera … la mia camera, che non rivedrò mai più.
Non sono più un membro dell'Akatsuki, mi sto ripetendo da giorni. Eppure non ci credo.
Sto forse sperando di risolvere questa situazione velocemente … e di poter presto tornare ad indossare la mia casacca a nuvole rosse.
Anche se immagino che ormai sarà impossibile. Il Leader sicuramente mi considera già una traditrice … non avrei dovuto scappare in questo modo, secondo lui.
E Ryoko? Oh, la mia Ryoko.
Quale sarà stata la sua faccia, una volta scoperto che non sarei mai più stata con lei?
Ma non potevo, non potevo più restare.
 
Accidenti, avevo sperato di essere meno sentimentale, meno coinvolta, oggi.
Eppure non ci riesco. Sono circa due settimane che cammino da sola, con solo i pensieri a farmi compagnia.
Prima di iniziare la mia storia dall'inizio, vediamo se riesco a scrivere quello che sta accadendo ora. Giusto per darmi un attimo di ordine e pace. Ho paura di poter morire, come non l'ho mai avuta. Devo lasciare queste parole scritte.
Mi trovo nella foresta di Kusa, un luogo non remoto dalla mia direzione: Konoha. La schifosissima e stramaledetta Konoha. Sia maledetta per sempre, quella città. Sia maledetta la regione del fuoco, e siano maledetti tutti quei pezzenti con il simbolo della foglia sul proprio coprifronte.
Sono diretta alla foresta di Nara. Là sotto, nelle sue viscere, un rappresentante della famiglia Nara ha sepolto il mio compagno di vita. Colui che ho chiamato “sensei” per molti anni, che ho poi sostituito con il più ampio significato di “amore”. L'uomo che amo, l'uomo della mia vita. È sepolto sotto terra, terribilmente ferito.
Mi rifiuto di credere alla sua morte.
Quello stupido e ripugnante Zetsu … “ è morto” ha detto. Non sa di cosa parla.
Lui ed io apparteniamo all'antico culto di Jashin, il dio dell'immortalità. Egli ci concede la vita eterna, l'impossibilità di morire fisicamente, a patto che noi gli concediamo incessanti preghiere e sacrifici.
Mi sento tremendamente fredda e didascalica, mentre scrivo queste parole. È un patto tremendo, quello di cercare di conciliare le emozioni con la razionalità.
Ma sento la penna fluire comoda sotto il flusso dello sfogo. Le mie dita danzano con la tristezza e cercano di scacciarla, mentre traccio questi simboli sul foglio bianco.
Dunque dicevo di Jashin. La nostra fede, per quanto terribile a raccontarsi, è una fonte di salvezza e di garanzia. Io che ho dedicato la mia vita a fare la fuorilegge, a fare la giustiziera di un mondo che mi ha tagliata fuori, non posso che dichiararmi contenta.
È orribile, lo so. Ma ormai la mia anima è perduta, corrotta. E certo non la chiedo indietro.
Ho qui con me la mia catenina: un cerchio con un triangolo inscritto. È il simbolo dei seguaci di Jashin. Ne ho visti solo due in vita mia: il mio e quello di Hidan, il mio sensei.
Ho detto che temo la morte, in questi momenti …. ecco, Hidan una volta mi disse, sotto le incessanti domande che gli ponevo, che Jashin era piuttosto permaloso; se i sacrifici non gli venivano offerti entro un tempo limite, lui si stufava, e cominciava a mandare delle punizioni per ricordare ai suoi fedeli la loro missione.
Temo che si tratti proprio della punizione divina, il dolore che mi affligge. Il mio petto è coperto di piaghe, che sanguinano ogni tanto. Non è a caso che si trovino sul petto. Quando avrò raccontato la mia storia, sarà tutto molto più chiaro.
Non posso permettermi di compiere sacrifici a Jashin, comunque. Sono in incognito, nessuno sa che sono per conto mio. A parte i miei amici dell'Akatsuki, ovviamente.
 
Dunque è questa la mia situazione attuale: ho abbandonato la mia casa, il mio paradiso, la mia famiglia. L'Akatsuki è ora una bruciante fotografia che devo decidermi ad incollare nell'album del passato. Ma due settimane sono troppo poche.
Non posso ancora pensarlo, non è vero, non … non credo di voler continuare a scrivere oltre di questo argomento. Ho gli occhi gonfi di lacrime e lo ammetto solo perché sono sola con me stessa e questo stupido foglio di carta.
E ora smetto di scrivere. Se il sonno non mi avrà ancora mangiata viva entro un paio d'ore, tornerò a scrivere.
 
*
 
Mi ricordo come se fosse ieri quel giorno. Terribile, come un fulmine: un lampo, un botto, una voragine. Il mio lampo furono quei passettini incessanti, quei piccoli toc toc alla porta di legno. Il botto fu la voce di quella vecchia signora che lavorava al palazzo del Kazekage che mi annunciava la morte dei miei genitori. La voragine, invece, fu quello che mi rimase dentro, per moltissimo tempo.
Forse nemmeno ora l'ho rimarginata del tutto. Forse è ancora per quella voragine che combatto, che spero di riuscire nel mio intento. Oh, Hidan, amore mio … forse è stata quella voragine a condurmi da te e quindi non tutti i mali vengono per nuocere.
In ogni caso ero una bambina di quattro anni, abbastanza vispa da aver capito cosa stesse succedendo: i miei genitori me li ricordo molto poco, da un punto di vista fisionomico. Però erano molto buoni, forse più buoni di qualsiasi abitante medio di Suna.
Nonostante fossi molto piccola, mi avevano detto alcune cose: che c'era un bambino, il figlio del Kazekage, che era assai sfortunato. Suo padre non gli voleva bene, dicevano. Suo padre voleva che tutti lo odiassero. Gli aveva fatto qualcosa, mi dicevano. Io non lo capivo, allora, ma si riferivano al Demone Monocoda.
Questo bimbo assillava sempre i loro discorsi. “Quando andrai a scuola, non trattarlo mai male!” “non indicarlo mai per strada! È un bambino come te!” “non mi interessa cosa dicono gli altri bambini! Tanto meno i loro genitori. Devi volergli bene come a tutti gli altri! E guai a te se mai riderai di lui!”.
Ahh … anche prima di vederlo, ne ero già innamorata! Fare certi discorsi a una bambina produce il suo effetto. E io sapevo già di avere una cotta tremenda per questo piccolo reietto.
Mi ricordo i molti sforzi di mia mamma e mio papà, affinché quel bambino venisse accolto e amato dalla comunità; ma venivano sempre soffocati dall'autorità del Kazekage.
Ho sempre avuto un'immagine realisticamente negativa di quell'uomo a capo di Suna. Terribile, spietato ed egoista.
I miei genitori lavoravano per lui. Furono mandati in missione.
Mi ricordo l'ultimo abbraccio di mio padre e l'ultimo bacio di mia madre. Una cosa veloce. Ci vediamo stasera, dissero.
Credo che siano passati dei giorni, in realtà. Mi ricordo che avevo fame e che era scesa la notte. Però pensavo che fosse sempre lo stesso giorno. “ci vediamo stasera” voleva dire che di sicuro sarebbero tornati la sera esatta di quel giorno.
E non sarebbe mai finito, per me, se non fosse arrivata quella donnina anziana … nemmeno ricordo chi fosse …. che con il fiatone e le lacrime agli occhi mi diceva: “piccola Sama, che notizia terribile. Il tuo papà, la tua mamma … non ci sono più”.
Oh, io lo capii subito che era stato lui.
Non so bene come funzioni la mente di una bimba di quattro anni e forse mi stupirei, oggi, se vedessi una creaturina tale capace di certi ragionamenti. Fatto sta che capii subito che si trattava del Kazekage.
Oggi lo vedo chiaramente. Non so ben dire come l'idea abbia raggiunto la sua completezza e la sua oggettività così come lo è ora nel mio cervello. Quello che so per certo è che l Kazekage si sbarazzò di quei due rompiscatole dei miei genitori, che si impegnavano attivamente nella missione di far star bene suo figlio.
Lavorava così, il Kazekage. Si sbarazzava degli scomodi. E io decisi di diventare scomodissima.
La notte è fonda ormai. Sto finendo la candela.
La foresta di Kusa fruscia docilmente sotto le carezze del vento.
Sono stanca di pensare.

 

  
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