Quando
Harry spalanca la porta dell’unico vagone rimasto libero, sta ancora masticando
una serie di colorite imprecazioni ai danni di Malfoy e compagni. Più passa il
tempo, più il loro senso dello humor cala, e se in passato, visti da fuori, i
loro scherzi potevano sembrare anche divertenti, ora sono solo infantili e
stupidi.
Alle spalle di Harry, Hermione mormora parole di conforto al protagonista all’ultima
sparata da maschio alpha di Draco, il povero Grattastinchi, passato dall’avere
una pelliccia rosso fuoco, ad una meno virile rosa confetto.
L’unico che sembra divertirsi è Ron.
Da che Draco ha deciso di far diventare femmina il gatto di Hermione non smette
di ridacchiare sotto i baffi. Non sono servite occhiatacce e una gomitata ben
assestata a un fianco per farlo smettere. Da una parte, Harry può comprenderlo,
visto che, in quelle condizioni, Grattastinchi è ar dir poco ridicolo, dall’altra
si chiede come diavolo potrebbe fare a sedare una rissa, se Hermione dovesse
decidere di lavare l’onore del suo famiglio con il sangue.
-Ron, basta. Per favore.- prova a blandirlo Harry mentre entra nel vagone. Si
volta verso l’amico, poi di nuovo verso i sedili, ed è solo in quel momento
che si accorge dell’ombra accucciata accanto al finestrino. È chiaramente un
uomo molto alto, avvolto in un logoro mantello verde con il cappuccio alzato.
Sembra …
-Professor Lupin?- sussurra Harry preso in contropiede.
Si copre la bocca con una mano, e scrolla la testa. No, che non è Remus. Che
idiota!
Si siede, e ricambia l’occhiata perplessa di Ron con un alzata di spalla. È Hermione,
come al solito, a fugare ogni loro domanda.
Intanto che sfila la bacchetta dalla manica del maglione, accenna alla valigia
dell’uomo posata sulla retina per bagagli sopra ai sedili. Harry, che gli è
seduto accanto, ad un posto di distanza, deve piegarsi in avanti per leggere
le iniziali incise in oro sulla pelle rossa.
-Professor J. E. Colley.- legge muovendo solo le labbra.
-Il nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.- Ron spacchetta una cioccorana
e l’afferra al primo salto. Se la porta alla bocca e la spezza in due con un
solo morso.
Harry annuisce, non sarebbe una novità.
L’uomo bofonchia nel sonno, per poi stiracchiarsi gonfiando il petto, gira la
testa verso Harry e questo, per reazione, si addossa alla parete alle sue
spalle. Il lato destro del volto dell’uomo sembra il frutto di un incubo.
-Che diavolo?- sussurra Ron voltando la testa per non dover guardare.
-Sembrano…Ustioni.- gli fa eco Hermione socchiudendo gli occhi.
Il lato destro del viso di Colley è un ammasso di materiale cicatriziale che ha
completamente stravolto i lineamenti dell’uomo rendendoli simili ad un quadro
cubista. L’occhio sembra leggermente spostato verso il basso, così come l’angolo
della bocca, piegato in maniera innaturale, e leggermente aperto. La guancia
fin su l’orecchio è percorsa da un unica cicatrice che prende anche il collo.
Stessa cosa per la fronte fin su fra i capelli.
Harry non ha la minima idea perché diavolo stia fissando quello scempio di
carne ed ossa deformate con tanta attenzione. Sa solo che non riesce a
staccargli gli occhi di dosso.
L’uomo si gira di nuovo, probabilmente perché infastidito dalla posizione
oggettivamente scomoda, e accavallando le gambe, torna ad accucciarsi contro il
finestrino, il volto sparisce dietro una falda del cappuccio, e Harry batte le
palpebre mentre si riscuote.
-Che gli sarà successo?- commentano fra loro Ron e Hermione.
Che mi è successo? È invece il pensiero di Harry.
Silente
sembra piuttosto stanco quando annuncia i nuovi docenti alla scolaresca. Si
alza poggiando le mani al tavolo, e Harry, che lo osserva con attenzione quasi
maniacale, ha la sensazione che, passando per andare al leggio, non si sia
appoggiato casualmente alla spalla della McGranith.
- Prima di tutto, diamo il benvenuto ad Hogwarts alla Professoressa Dolores
Umbridge.-
Dolores Umbridge è una donna piccola di statura, in sovrappeso, e vestita di
rosa. Harry non può fare a meno di identificarla con una di quelle vecchie
zitelle dei film in bianco e nero, quelle che la mattina escono con il
capellino con la veletta e il manicotto di pelliccia e la sera rientrano in una
casa piena di gatti.
-Insegnante di Difesa delle Arti Oscure.-
Stiamo scherzando? Quella dovrebbe essere l’insegnante di Difesa contro le arti
oscure? Perché non aspettare piegati a novanta che Voldemort conquisti
Hogwarts e li cavalchi tutti uno dopo l’altro. Harry passa nervosamente una
mano sulla cicatrice coperta dai capelli, non può crederci maledizione!
La presentazione di Colley come insegnante di Cura delle Creature Magiche non è
meno imbarazzante, il suo aspetto grottesco suscita più di una battutaccia,
tanto che Harry ha la sensazione di essere l’unico ad aver prestato attenzione
alla serena bellezza della parte sinistra del volto del mago.
-Doveva essere un bell’uomo prima.-
Harry sussulta e si volta a guardare Ginny seduta qualche seggiola più giù
lungo la tavolata. La ragazzina ha un gomito appoggiato accanto al
piatto, ed è completamente voltata verso la tavolata dei Professori. Harry
sorride alla sua capigliatura fulva mentre Colley si siede con una smorfia di
dolore stampata sul viso.
-Sì, doveva essere un bell’uomo prima.- mormora Harry specchiandosi nel fondo
del piatto cupo che ha davanti.
Le lezioni di Cura delle Creature Magiche sono, da sempre, quelle prese più
sottogamba da tutta la scolaresca di Hogwarts, ma dopo un interminabile
lezione di Difesa contro le Arti Oscure, così noiosa da dare la sonnolenza
anche ad Hermione, Harry è disposto anche a prendere appunti pur di non
tornare subito in classe e dal tema che la Umbridge ha affidato alla classe per
rompere il ghiaccio in grande stile.
Colley cammina lentamente, appoggiandosi ad un semplice bastone di passeggio di
legno chiaro. Non è solo sfigurato, ma anche sciancato, e Harry sospetta che
abbia problemi anche al braccio e alla mano, visto che, ogni dieci passi, si
ferma per far sgranchire le dita.
-Si può sapere dove stiamo andando?- sbotta Malfoy fermandosi di botto lungo la
strada e costringendo Harry a deviare per non finirgli addosso. Stanno
scendendo lungo il sentiero che conduce alla capanna di Hagrid, ma Harry ha la
sensazione che non sia la casa del Custode la meta di Colley. Questo guarda
Draco da sopra una spalla, e dopo un momento di silenzio, mormora: -Lucius?-
Draco sgrana gli occhio sorpreso - Draco.- mormora - Mio padre è Lucius Malfoy.-
Sembra diventare più alto mentre alza il mento e punta gli slavati occhi grigi
su Colley. Harry sbuffa, ora non smetterà più di vantarsi del suo caro papà e
di quanto sia famoso anche fra i disgraziati e i derelitti come Colley.
Questo sospira, e accenna un sorriso: -Sei suo figlio.-
Nessuno ha idea di come reagire, persino Draco sembra troppo perplesso. Colley
riprende a camminare lungo la stradina che conduce alla capanna di Hagrid e
come previsto da Harry, devia all’ultimo verso il secondo verso la Foresta
Proibita. Si ferma al limitare della prima fila di alberi, e con la mano libera
fa cenno di sbrigarsi.
Nessuno ha il coraggio di fiatare mentre Colley spiega le caratteristiche dei
pipistrelli diurni che popolano la Foresta Proibita. Sono creature enormi,
terrificanti, ma buone come cuccioli di labrador. Se attirati con della frutta,
si appendono a testa in giù al braccio della persona che li ha nutriti, in
attesa di un ordine da eseguire.
Nonostante il primo momento di sconcerto, quando Colley ha chiesto se qualcuno
voleva provare a chiamare uno dei pipistrelli, Hermione ha alzato subito la
mano. Colley le ha dato una bella mela rossa, e le ha detto di alzarla sopra la
testa. Dal folto dello stormo che, per tutto il tempo, non ha fatto altro che
volare in circolo su di loro, si è staccato un esemplare albino, che subito si
è lanciato sulla mela di Hermione, Se n’è cibato, e quando Hermione ha steso il
braccio, si è appeso ad esso , pronto ad eseguire ogni sua richiesta.
-Non è pesante!- esclama la ragazza stupita.
Il pipistrello nasconde il muso sotto un ala e Hermione se la ride mentre con l’altra
mano lo accarezza. Visti da vicino, hanno un musetto da topino piuttosto
simpatico. Non fanno così paura. Un po’ come Colley che, dopo un primo momento
di disgusto dovuto dal suo aspetto, è una persona piacevole e divertente.
-Spero che la lezione vi sia piaciuta ragazzi, ora potete andare.-
Harry risale il sentiero con Ron e Hermione che scrive tutta eccitata le sue
impressioni sul rotolo di pergamena che , per lunedì, dovranno consegnare a
Colley. Harry si volta a guardare l’uomo che li osserva dal limitare della
foresta e quando lo vede deviare verso l’abitazione di Hagrid non può fare a
meno di stranirsi.
-Harry dove vai?- gli chiede Ron.
Harry non ha mai visto Thor tanto felice.
Il vecchio cane scodinzola, abbaia come un forsennato e saltella, saltella! mentre
Colley lo osserva sorridendo. Non appena ha messo piede nella capanna di
Hagrid, il cagnone ha alzato la testa, ma gli è bastato solo un secondo per
iniziare a fargli le feste.
Colley sorride mentre si asciuga furtivamente le lacrime dal viso.
-Thor…- mormora - …Se invecchiato, ma anche io del resto sono molto cambiato.-
Si siede poggiando una mano al tavolo, e il cane subito gli piazza la testa su
una gamba - Sono molto felice di vederti.-
La voce di Colley. All’esterno della capanna, con l’orecchio appoggiato sul
legno, Harry non può fare a meno di sentire il cuore sprofondare nelle scarpe.
La voce di John Colley, professore di Cura delle Creature Magiche non è naturalmente
roca come credeva. Anzi, è leggermente nasale. Quasi buffa.
Sembra quella di di…
-Non è possibile.- scatta all’indietro coprendosi la bocca con una mano.
È ufficiale, sta impazzendo.
In tre giorni, Harry avrà dormito si e no tre ore. Una per notte, praticamente.
Non ha mangiato molto, ha studiato ancora meno. Si sente l’incarnazione stessa
della Morte quando si siede di fronte ad Hermione in sala comune dei
Grifondoro.
La ragazza impiega qualche secondo dalla serie di Rune che sta ricopiando, alza
gli occhi, e quasi grida alla sua vista. Allora sembra davvero la Morte in vacanza.
-Si può sapere che ti succede?- sbotta allungando le braccia attraverso il
tavolo e prendendogli il viso fra le mani - Stai male? Che c’è?-
Harry non può trattenersi ancora e dopo un bel respiro, inizia a raccontare
quanto è successo. Hermione mordicchia distrattamente la piuma mentre lo
ascolta, spostandosi di lato per fare spazio a Ron e alla sedia che ha preso
dal tavolo vicino.
-Come fai a ricordare la voce di tuo padre?- gli chiede questo - Eri molto
piccolo quando…-
Harry si morde le labbra - Io l’ho ascoltata.-
Ron e Hermione si scambiano un occhiata sorpresa.
- Durante una lezioni anti-Dissennatore con Remus, io ho sentito la voce di mio
padre. Stava gridando a mia madre di prendere me e scappare.- Harry sospira
mentre infila le dita sotto le lenti degli occhiali e massaggia le palpebre
indolenzite - La sua voce è identica a quella di Colley. Bassa, leggermente
nasale.-
-Tipo la tua.- gli fa notare Hermione.
-Tipo la mia, sì.-
Hermione
e Ron sono stati chiari, rodersi e scervellarsi non porta a nulla. Harry così
prende il coraggio a due mani e si avvia verso l’ufficio di Colley. Non sa bene
cosa dirgli, magari potrebbe chiedergli aiuto per il compito da consegnare per
lunedì, e che lui non ha neanche iniziato o…
-Harry Potter.-
-Pro-Professore!-
Colley sorride e Harry sente il cuore sciogliersi. Se lo è trovato davanti di
colpo, girando l’angolo e quasi non si sono scontrati.
-Mi stavi cercando?- Harry balbetta la sua risposta in confusione, ma Colley
già non gli presta più attenzione, afferrandogli una manica del maglione lo
tira leggermente verso di sé, per poi farlo voltare. Harry lo asseconda, e
voltandosi, riesce a godersi per intero la Umbridge inseguita da una seggiola
demonizzata che vuole addentarle il posteriore.
Harry spalanca occhi e bocca mentre Colley butta fuori una risata divertita.
-È stato lei?- Harry non sa se questa domanda gli frutterà un anno di
sospensione, ma a giudicare dall’espressione furbetta che Colley gli rivolge
no, non c’è pericolo. Questo si indica il petto con un sorrisino, prima di
scoppiare a ridere in maniera sonora e sgraziata. Harry non può fare a meno di
ridere a sua volta.
-Perché?- chiede timidamente.
-Mi ha fatto troppe domande e troppo personali. Sono un tipo timido.-
Harry non gli crede neanche un po’, alza un sopracciglio.
-Ok, mi da’ fastidio che qualcuno mi chieda come mi sono fatto tutto questo.-
si indica il viso con la mano sana -Non penso che ci voglia un genio per capire
che qualcuno si è divertito con me, no?-
La voce di Colley alterna toni rauchi e toni nasali, come se l’uomo si stesso
sforzando di parlare con un tono di voce non suo. Harry si umetta le labbra
mentre lo guarda voltarsi verso una furibonda Umrbidge e il Professor Piton
che le ha appena salvato il fondoschiena.
-Chi è stato a farle questo?-
Colley aggrotta la fronte prima di voltarsi verso Harry che non crede di essere
stato così sfrontato - Secondo te?- ribatte.
- Vo-Voldemort?-
-Conosci qualcun altro capace di ridurre così qualcuno senza dargli la gioia di
crepare?- Harry abbassa lo sguardo, da quanto gli è stato detto, il cadavere
di suo padre era irriconoscibile, possibile che invece fosse ancora vivo. Che
Silente lo abbia aiutato a fingersi morto. A giudicare dagli sguardi che ogni
tanto i due si lanciano, Harry è quasi sicuro che si conoscano fin troppo bene.
-Colley vieni con me.-
Colley alza le spalle mentre si accinge a seguire il Professor Piton. Harry
allunga la mano per bloccarlo, e quando gli sfiora le dita strette attorno al
pomolo del bastone, una fitta di dolore gli riverbera in testa. Si copre la
cicatrice con la mano mentre Colley lo guarda fisso.
-Noi ci conosciamo, vero?- geme mentre massaggia furiosamente la parte che
sente pulsare per il dolore.
Colley accenna ad un espressione triste mentre lo guarda - Secondo te Harry, mi
conosci?-
Dopo
anni di attesa e decina di richieste da parte dei suoi lettori, finalmente Came
back to the hell è tornata. Questa storia seguirà l’andamento della storia
madre, ma a suo modo, inserendo scene eliminate dall’altra, scene che,nel
corso del tempo, mi furono suggerite per approfondire i personaggi, secondo il
mio stile di scrittura che, nel corso degli anni, è parecchio cambiato.
Spero che mi vorrete far sapere che ve ne pare di questo primo capitolo, se
vorrete insultarmi, mandarmi maledizioni cinesi, o altro, sappiate che me le
piglierò tutte senza lamentarmi.
Qui, la serie madre (clicca
qui con garbo e rispetto) che rimarrà comunque online, anche a
conclusione di questa storia, perché è come se fosse la mia primogenita, e le
voglio bene con tutti i suoi pregi e i suoi difetti.
Ino chan.