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Autore: La_Giullaressa    22/11/2016    2 recensioni
Will si appiattisce contro il muro, trattenendo il fiato, il respiro che gli brucia nella trachea.
Passo dopo passo, con lo spirito di Abigail sulla spalla, ha seguito le tracce di Hannibal fino a Firenze.
Vorrebbe godersi lo splendore intramontabile della città, chiudere gli occhi e sprofondare nel placido sciacquio dell'Arno. Vorrebbe sparire e portare il suo odio – e il suo amore – per Hannibal nel vuoto assieme a sé, fino ad eliminarne ogni brandello dalla faccia del pianeta.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'oscurità nel mio cuore cap5

(...)


La mattina seguente, un suadente profumo di caffé s'infila nella camera di Will.

Lui si agita, fra le lenzuola, mentre la coscienza bussa alle porte della sua mente.

Ci mette qualche minuto per ricomporsi – per ricordare dove si trovi, perché e, soprattutto, con chi – e quando alla fine ce la fa viene colpito da un altro pensiero. Chi diavolo sta preparando il caffé?, si domanda, sentendo un filo di panico stringersi ai suoi polmoni.

Balza in piedi ed esce dalla stanza. Ora al profumo si è unita una leggera musica, fischiata fra le labbra da qualcuno che evidentemente non si dà pena di nascondere la propria presenza.

Una volta arrivato alla cucina, Will si appiattisce contro il muro, in ascolto. Sventuratamente, oltre alla distratta melodia, non c'è un granché da origliare. Dopo il fischio della caffettiera c'è il lieve crepitare del fuoco, sotto la padella, e, oltre il rumore dell'acqua che bolle.

Will prende un respiro profondo e si sporge, per sbirciare oltre la porta. I suoi occhi incrociano una sagoma snella, dritta come un fuso, nera come un presentimento.

Oh.

-Giusto in tempo, signor Graham.- Corvina Marchesi nemmeno alza lo sguardo dalle tazze, dove sta versando il caffé, scuro e fumante – vuole del latte o lo preferisce nero?-

- Nero… grazie.-

Will sbatte le palpebre, confuso da quello che sta vedendo. Per un attimo, si domanda se l'encefalite non sia tornata, se non abbia perso di nuovo la cognizione del tempo e, con essa, anche qualche passaggio fondamentale. Eppure accetta la tazza fumante che Corvina gli mette fra le mani e beve un sorso di caffé.

Non si dicono altro e, dopo qualche minuto, Will accetta di analizzarla.

Decide di assecondare il desiderio di sondarla, di frugare fra i suoi pensieri, di cogliere le sfumature nascoste di quella donna che ieri aveva tanta fretta di giudicarlo. Della donna che ha condiviso con Hannibal qualcosa che lui non sa, qualcosa di contorto e morboso ma qualcosa nondimeno.

Socchiude appena gli occhi, mentre Corvina riempie d'acqua il bollitore e si sceglie una tazza dalla credenza.

Lentamente, la scompone in frammenti, in schegge. La riduce alla somma delle sue parti, permettendo ai suoi pensieri di riecheggiare nella propria scatola cranica.

Bambina taciturna ma non malinconica, introversa ma non solitaria. Cresciuta da un uomo che non è suo padre ma che ha comunque tentato di trasmetterle amore. Amore in una forma fredda, scostante, piena di tagli, di spigoli nascosti.

La guarda prendere una bustina di the ed immergerla nell'acqua bollente.

Poi, studentessa modello. Drasticamente pragmatica, asettica. Una giovane che non cerca amici, ma che accetta di buon grado di dover dividere la sua vita con altri esseri umani. L'uomo è scomparso dalla sua vita, ma le ha lasciato qualcosa. Un'idea distorta di cosa voglia dire amare ed essere amati.

E' con la scuola di medicina, che cambia tutto, che quel qualcosa viene alla luce. Troppa libertà, troppe potenzialità, troppa fatica a conciliare i fastidi e le restrizioni del passato con l'assenza di limiti del presente. L'ebbrezza di tenere un cuore umano fra le dita. La ricerca di un luogo quieto, dove nascondersi a sé stessa, dove poter ritrovare la lucidità per pensare.

Ed è nell'obitorio dell'ospedale che, inaspettatamente, come una folgore dal cielo, gli insegnamenti dell'uomo che non è suo padre acquisiscono improvvisamente senso.

L'amore e la morte dovrebbero stare ben separati.

- Sembra assorto, signor Graham. Qualcosa la turba?-

Corvina sorseggia lentamente il the; volute di fumo candido offuscano il suo sguardo.

- Non pensavo di rivederla così presto.- ammette Will, e non è una menzogna

- Il dottor Lecter tende a perdonare le mie intemperanze.- prende un altro sorso – e, ad ogni modo, ho un compito da portare a termine. Scomparire nel nulla non è facile come sembra. E noi non… non ci aspettavamo di riceverla così presto, signor Graham.-

- Però vi aspettavate che arrivassi?-

Corvina si stringe nelle spalle:- non è mio compito fare previsioni.- dice, picchettando con le dita sulla porcellana candida della tazza – né trinciare giudizi su cose che, evidentemente, sono più grandi di me.-

- Una discepola modello.- commenta Will, senza riuscire a trattenersi – quanti anni aveva, quando vi siete conosciuti?-

- Potrei darle una cifra, ma la verità è che mi sembra di conoscerlo da tutta la vita.-

- E tutto questo tempo non le ha lasciato nessuna cicatrice?-

Corvina inclina la testa, riflettendo. Will le fissa lo zigomo, restio a spingersi oltre, a guardarla in quegli occhi di vetro. Vetro che acceca alcuni e che è perfettamente trasparente per altri.

- Erano cicatrici leggere – intuisce, mentre lei ancora tace – si sono riassorbite in fretta. L'unica veramente profonda è stata la prima, ma, come dice lei, è passato troppo tempo perché sia ancora visibile.-

Corvina beve l'ultimo sorso di the, poi lascia la tazza nell'acquaio e si appoggia al bancone: -Come mai tanto interesse, signor Graham?-

- La conoscenza ci mantiene vivi.- risponde Will. E che sia dannato se c'è anche un'infinitesimale parte di lui che crede alla spudorata menzogna che è appena uscita dalle sue labbra.

Corvina sorride:- beva il suo caffé, signor Graham.-



I giorni successivi scorrono rapidi e monotoni.

Corvina appare e scompare, assorta e affaccendata. Fa la spesa, porta notizie del mondo, limita i commenti allo stretto necessario, e lo fa con una naturalezza che stupisce Will. E' il cane da salotto che un giorno ha morso il figlio del padrone. E Will sa che dovrebbe sentirsi offeso da quel paragone, però non riesce a trattenere uno strano sollievo, a pensare che Hannibal ha tirato un calcio al suo animale prediletto, per insegnarle a non mostrare i denti.

Non succede altro, fra loro. Will si sente bloccato in un equilibrio cristallizzato e precario. Non sa come procedere, se vuole che qualcosa cambi, e cosa, e in cosa. Non sa cosa vuole, quindi non fa niente, per mutare lo status quo, e aspetta che la realtà reclami il suo tributo e lo faccia al suo posto. E' saggezza o codardia? Prudenza o un'elaborata forma di fuga? Forse la risposta non ha poi così importanza.

A parte la prima notte, Will ha sempre dormito nella propria stanza, e ha finto.

Ha finto tante cose. Ha finto di ignorare la terza porta, in fondo al corridoio, la porta di una camera destinata a rimanere vuota. Ha finto di non sentire la mancanza del corpo di Hannibal contro il proprio, del suo tepore, del suo respiro. Ha finto di non saper interpretare il fatto che non ha mai dormito un sonno più profondo, quasi sereno.

Ad un tratto, il suo cellulare si mette a vibrare.

Will sta combattendo contro un'improbabile caffettiera ed esita un attimo, prima di riconoscere il suono.

Poi rimane fermo, le mani posate sul bancone, ed abbassa lo sguardo sullo schermo. Lo sa prima di leggere il numero. Sa che la realtà ha ritirato la sua tregua.

Il nome "Jack" pulsa sullo schermo.

Will lo osserva. Si aggrappa al bordo del mobile, per restare ancorato alla realtà mentre il flusso dei ricordi lo trascina indietro, alla sua stanza d'ospedale, a Jack che lo fissava dalla poltrona di plastica, con le mani raccolte in grembo e gli occhi vuoti, pieni di rabbia e di confusione.

"Gli hai promesso una resa dei conti" ha sussurrato, quando ancora Will era troppo debole per rispondergli "tu aiutami a trovarlo, ed io ti aiuterò ad abbatterlo"

Si lava la faccia, beve per placare l'improvviso fuoco che gli arde nella gola.

Il cellulare continua a vibrare e Will si sente soffocare. Per un attimo è di nuovo davanti alla grande scelta. Se chiude gli occhi si trova davanti a Jack. Jack pallido ma determinato, che lo studia, cercando cenni di cedimento. Jack che vuole accertarsi che lui sappia da che parte schierarsi. Jack che…

- Will? Qualcosa non va?-

Will trasale, si volta di scatto verso la soglia della porta e, d'istinto, nasconde il cellulare sotto la mano.

Hannibal lo fissa, la testa leggermente inclinata, lo sguardo di chi sa, ma chiederà lo stesso, per educazione. Per tentare di mettere a suo agio qualcuno che a suo agio non è mai stato.

Will prende seriamente in considerazione l'idea di mentirgli. O di sviare il discorso. Di lasciare Jack fuori dalla loro inattesa vacanza, fuori dallo strano equilibrio della loro riconciliazione.

Ma a che varrebbe? Non è che Hannibal non sappia, che Jack non abbandonerà mai la sua caccia.

- Jack mi ha chiamato.- risponde, sollevando il cellulare – non ho risposto.-

- Sarebbe stata una conversazione oltremodo interessante.-

Will incrocia le braccia sul petto, si appoggia al mobile per mascherare la tensione nei suoi muscoli:- pensi che ti consegnerei?-

- Penso che l'ultima volta che hai preferito l'FBI a me, hai finito per rimpiangere la tua scelta.-

Will deglutisce, si volta, ricomincia ad armeggiare con la macchinetta del caffé, per non incrociare lo sguardo di Hannibal. Odia che lui abbia ragione, che sappia con che terribile rimorso abbia dovuto combattere, mentre il suo corpo guariva, e la sua mente già inseguiva le sue tracce, smaniosa di raggiungerlo.

- Non lo farò.- dice, di scatto. Tanto vale giocare a carte scoperte.

Trasale, quando le mani di Hannibal si posano sui suoi fianchi.

- Preferisci che non lo faccia?- gli chiede lui, la sua voce bassa e roca che scivola come una carezza sulla sua pelle – che non ti tocchi?-

Will esita, poi si appoggia indietro, contro il petto di Hannibal.

- Non ti consegnerei mai all'FBI.- ripete. Non sa perché senta il bisogno di ribadire il concetto, di proseguire quella conversazione da cui, se l'esperienza insegna, non può venire nulla di buono.

Hannibal sposta le mani, fino ad incrociarle sullo stomaco di Will, stringendolo delicatamente a sé.

- Perché?- domanda, in un sussurro contro il suo collo.

- L'FBI non…- Will chiude gli occhi, sentendosi sommerso da alterne ondate di calore e di vergogna -… non ti merita. Se tutto questo terminerà, spetterà a me scrivere la parola fine.-

- Perché?-

- Perché mi appartieni. Perché apparteniamo uno all'altro e nessuno, nemmeno Jack, ha il diritto di mettersi in mezzo.-

Will s'irrigidisce. Dio, suona romantico. Suona romantico anche se è esattamente l'opposto, anche se è una promessa di mutua distruzione, una promessa d'inferno per quando la loro delicata alleanza avrà bruscamente termine. Perché Will sa, sa che non può durare.

- Se finirà, non finirà con l'FBI.- ripete, spingendo via quei pensieri invadenti.

- Mi sembra legittimo.- sussurra Hannibal, e poi gli posa le labbra sul collo e rimane fermo, in attesa.

- Sì.- mormora Will. Non è solo un cenno d'assenso, è un esplicito permesso. E' la risposta alla domanda sottointesa, è un altro muro che viene abbattuto.

Sente le labbra di Hannibal rilassarsi in un sorriso. Le sente sulla propria pelle e sente la lieve pressione dei suoi denti sul collo, quando Hannibal lo bacia. E' un bacio leggero – qualcuno direbbe insicuro -, un bacio che vuole offrirgli il tempo di riflettere e la possibilità di ritirarsi.

Will chiude gli occhi e Hannibal lo bacia di nuovo. Gli sfiora con le labbra le vertebre cervicali, una dopo l'altra, dalla schiena all'attaccatura dei capelli e, ad ogni tocco, Will si sente un po' più lontano dal mondo, un po' più accaldato ed intontito. Un po' meno colpevole del piacere che prova.

- Dillo di nuovo.- mormora Hannibal, parlando direttamente sulla sua pelle – per favore.-

Will non ha bisogno di chiedere cosa. Lascia cadere indietro la testa, offrendo ad Hannibal la gola. Lui gli posa un bacio sulla giugulare, socchiudendo gli occhi mentre assapora la sua carne, il ritmo del suo cuore.

- Tu mi appartieni. Noi ci apparteniamo.- ripete Will e uno sbuffo d'aria forza le labbra di Hannibal, e suona quasi come un gemito.



Prima di arrendersi, Jack tenta una seconda chiamata.

Will gl'invia un messaggio: "calma piatta e batteria scarica", poi spegne il cellulare.

Non può essere un agente dell'FBI, ora. Non sa se vorrà mai esserlo di nuovo.

Quando riesce a mettere a tacere i suoi pensieri, si rende conto di voler rimanere in quel limbo per sempre. Svegliarsi e preparare la colazione, passare la giornata lontano dal mondo reale – lontano da cadaveri, turbe psichiche, menzogne, deliri e carne in putrefazione – e poi…

- Mi aiuteresti a preparare il pranzo?-

Will alza di scatto lo sguardo: Hannibal è di fronte alla credenza, con in mano un tagliere di legno ed un lungo coltello e le maniche della camicia arrotolate fino al gomito.

- Sì.- risponde Will, prima di pensarci. Prima che il raziocinio possa rovinare tutto.

L'ultima volta che ha cucinato con Hannibal, si stava preparando a consegnarlo all'FBI. L'ultima volta che ha tagliato le verdure, l'ha fatto col cuore gonfio di qualcosa a cui non sapeva dare un nome.

Si lava le mani, fuggendo dai propri ricordi.

- Corvina dice che mi stavi aspettando.- dice, per rompere il silenzio.

Hannibal inclina la testa, posa le carote sul tagliere e tende il coltello a Will:- se puoi crederci, c'era una scommessa in ballo.-

Will trattiene una lieve risata:- suona così infantile.-

- Un modo come un altro per ingannare l'attesa.- Hannibal inarca un sopracciglio – più sottili, le carote.-

- Non sono in grado, di tagliarle più sottili di così.- protesta Will, mentre quella risata traditrice ancora gli rimbalza nella gola.

- Non sottovalutare le tue capacità.-

Will storce la bocca:- e tu non sopravvalutare le mie diottrie.- replica, e, in quell'attimo, la risata gli forza le labbra. Riecheggia per un attimo nel piccolo cucinino, e Hannibal socchiude gli occhi, come per imprimersi quel suono nella memoria.

- Se puoi crederci…- sussurra, posandogli una mano in mezzo alla schiena -… ho sentito la tua mancanza. Ogni giorno.-

Will molla il coltello e si volta. Hannibal si appoggia al mobile, le braccia che sfiorano i fianchi di Will.

- Non so se la nostalgia esiste, nel tuo mondo. Non so se ha lo stesso significato che ha nel mio. Non…- abbassa lo sguardo, irrigidendosi quando sente il respiro di Hannibal infrangersi contro la propria guancia -… per quanto mi sforzi, io non riesco a leggerti. Riesco a capirti come assassino, ma non come persona.-

Hannibal solleva una mano, per sfiorargli le labbra:- stai mentendo per omissione?- chiede, dolcemente.

Will annuisce.

La verità è che ha paura che non ci sia una persona, oltre l'assassino. Che non riesca a capirlo perché non c'è niente da capire, perché esiste solo lo Squartatore di Cheesapeak ed Hannibal non è altro che una menzogna. L'ombra di qualcuno che è esistito e che, a un certo punto della strada, è scomparso.

Hannibal allarga le dita sulla sua guancia, attirandolo delicatamente verso di sé:- imparerai.- promette

- E se… se non ci fosse nient'altro da imparare?-

Un'ombra fugace oscura i lineamenti di Hannibal:- quando verrà il momento, giudicherai.- sussurra, e Will lo bacia.

Prima che il suo cervello possa registrarlo, le sue labbra sono su quelle di lui, le sue dita s'infilano fra i suoi capelli. Respirano la stessa aria, i loro cuori battono allo stesso ritmo.

Will chiude gli occhi, prima di piegarsi in avanti, per pretendere un altro bacio.

Nel bene o nel male, così ha detto Abigail, sta a te la scelta.

Hannibal gli succhia dolcemente il labbra inferiore, per poi infliggergli un leggero morso. Will ingoia un gemito, mentre il senso d'appartenenza lo sommerge.

Gli torna alla mente la loro ultima cena. La notte in cui Hannibal ha servito l'agnello. Il modo in cui lo guardava, gli parlava, la reverenza con cui aveva sfiorato la sua mano. L'invisibile sorriso quando descriveva il loro futuro. Achille e Patroclo, dopo la morte di tutti gli Achei.

- Avrei voluto fuggire con te.- confessa.

Hannibal lo bacia con più forza e, per un attimo, Will pensa che non aggiungerà altro, che non commenterà, che la sua unica risposta sarà quel bacio, che brucia come fuoco.

Poi Hannibal appoggia la testa sulla sua spalla, respirando contro la sua pelle:- l'avrei voluto anch'io.- ansima

Will gli accarezza la schiena:- stavolta lo farò- sussurra – stavolta fuggirò assieme a te.-

Hannibal preme la fronte contro la sua scapola e rimane in silenzio.


Will sta lavando i piatti, quando Corvina gira le chiavi nella toppa ed entra.

La donna si ferma sulla soglia della cucina, poi appoggia sul tavolo una busta di carta.

- Hannibal sta riposando.- la informa Will, anche se non ha voglia di fare conversazione. Ha tante cose a cui pensare, tanti sentimenti da metabolizzare, considerazioni da ponderare, conclusioni da trarre. Un sapore sulle labbra che non vuole andare via.

- Meno male.- commenta Corvina, ed estrae dalla busta un involucro di plastica.

Per un attimo, la sorpresa scaccia ogni altra sensazione dalla mente di Will:- mangi da McDonald?- chiede, incredulo.

Corvina inarca un sopracciglio:- quando la situazione lo richiede.- risponde, senza rispondere.

Will ride, poi apre il frigorifero:- una birra?- chiede

Corvina si accomoda su una sedia dallo schienale alto:- a tutto c'è un limite, signor Graham.- declina, prima di pescare dal sacchetto un grosso bicchiere di carta

- Coca-cola batte birra artigianale?- scherza Will

Corvina lascia andare uno sbuffo, attraverso il naso leggermente aquilino:- è the.- replica

- Ok – si corregge lui, prendendo un apribottiglie dal cassetto – the industriale iperzuccherato batte birra artigianale?-

Corvina gli tende il sacchetto delle patatine fritte:- che rimanga fra noi.-

Mangia in silenzio, leccandosi le dita quando ha finito e Will l'osserva, e gli viene da ridere.






- I Quattro Campanelli della Giullaressa


Primo: con la dovuta calma, questa storia prosegue! Contro tutte le mie brave scalette, ho deciso di trasformarla in una long (e tanti cari saluti ai tre capitoli autoconclusivi), spero che la transizione non sarà troppo traumatica o, al contrario, troppo lunga e noiosa. Farò del mio meglio :P

Secondo: mi sono appena accorta che i campanelli dello scorso capitolo si sono persi nella mia maldestra formattazione, quindi, ops, scusatemi! In mia difesa, a parte una montagna di ringraziamenti a tutti coloro che sono giunti fin qui, non c'era nulla di davvero rilevante!

Terzo: buon compleanno a Mads Mikkelsen!

Quarto: oh caspita, sono in ritardo catastrofico, non arriverò mai a lezione in tempo!!


- - Baci!

- Vostra,

Giullaressa

   
 
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