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Autore: Evola Who    28/11/2016    1 recensioni
Se vedi una cabina blu, nel blu più accesso nel mondo, Compare nel nulla, in un posto insolito… che cosa faresti?
La ignorate, o andate a vedere cos’è? Io, scelsi per fortuna (ho sfortuna) la seconda. Ed è stato uno degli incontri più belli della mia vita.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 11, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il primo incontro non si scorda mai




Se vedi una cabina blu, nel blu più accesso nel mondo,
Compare nel nulla, in un posto insolito… che cosa faresti?
La ignorate, o andate a vedere cos’è?
Io, scelsi per fortuna (ho sfortuna) la seconda.
Ed è stato uno degli incontri più belli della mia vita.
 

 Vergato, città in provincia di Bologna, Italia gennaio.

Era una fredda giornata di inverno, ed io ero uscita della biblioteca dopo aver studiato con la mia borsa di cotone verde e le mani dentro la tasca del cappotto.

Presi il cellulare per controllare l’ora, erano le 15:35.

“Perfetto! Ho ancora un po’ di tempo, ma non so cosa fare!” pensai.

Rimisi il cellulare nella tasca e continuai a camminare.

Se qualcuno è interessato a sapere chi sono, mi presento:
Mi chiamo Eva Facchi, ho 18 anni, frequento l’ultimo anno di liceo e mi sento stufa.
Stufa della mia scuola, stufa dei miei genitori, dei miei fratelli, dei mei problemi, delle mie decisioni, in pratica: sono stufa della mia vita.

E la cosa più brutta e che sono sola. È quando sono sola, divento patetica.

Insomma, sono una diciottenne, senza patente di guida, che non ha mai avuto un ragazzo in vita mia, non ha mai avuto degli amici e che la sua unica paura è di stare da sola per sempre.

Ora vi chiederete il perché non ho mai avuto degli amici.

Beh… un po’ perché da piccola ero un po’ chiusa e timida, un po’ perché mi sono sempre piaciute cose diverse dei i miei compagni e un po’ perché quando facevo amicizia ero talmente appiccicosa che tutti si stufavano di me. 

E per non parlare delle prese in giro. Così evito di fare amicizia per non soffrire, ma il problema e che sento molto la solitudine.

E in più, sono secondo genita di una famiglia di due fratelli e una sorella, che sono troppo diversi da me, coì non andiamo d’accordo e alla fine mi sento figlia unica.

Per non parlare dei miei genitori. Che non capiscono e non voglio capire le mie passioni per i fumetti, film e serie tv. 

Quindi, ancora più solitudine!

È tutto quello che voglio è solo un amico.

Un amico con cui parlare, discutere, condividere idee e passioni, viaggiare e vivere delle avventura e ricordi indimenticabili sulle piccole cose.

Ma quanto pare, è chiedere troppo per me.

Passai davanti a il piccolo supermercato e sentì un suono.

Un sono strano, complesso e non saprei come descrivere.

Mi fermai, mi girai in torno e vicino al supermercato c’era il parcheggio c’era una cabina blu.
Una cabina blu della polizia con tanto di lampadina sul tetto.  

Rimasi a bocca aperta, giuravo che prima non c’era e non c’è mai stata!

La cosa più strana e che è comparsa nel nulla!

La fisai per un paio di minuti, mi girai in torno per capire se c’era qualcuno che l’aveva portata lì, perché qualcuno deve averla portata li!

Ma non c’era nessuno. Così decisi di andare a vedere da più da vicino, camminai verso al parcheggio e mi fermai davanti alla cabina.

La cabina era alta e larga, due finestre bianche sulla porta e destra a sinistra, un piccolo sportello bianco con delle scritte, due maniglie e la serratura.

Non sapevo che cosa fare di preciso, ma poi mi sono domandata se c’era qualcuno dentro o no, così decisi di entrare.

Sospirai, presi la maniglia, la tirai e entrai.

Non ci potevo credere! Era…. Era più grande all’ interno! Di 40 o 50 volte più grande.

Ero a bocca aperta, gli occhi spalancanti e mi guardai introno.

La luce era di un arancione acceso, sulle parenti c’erano dei buchi, al centro c’era una specie di console rotonda piena di bottoni e tasti e sopra un lungo cilindro pieno di cavi e sopra c’erano anche degli schermi.  
In torno c’erano dei divanetti e della sapere.

“Non è possibile! Non può essere vero!” pensai incredula.

Mi guardai introno, poi sentii un tonfo, tipo un oggetto cadere, e poi una voce maschile diceva: “Andiamo! Perché ti sei fermata? Che ti succede adesso?” e da dietro al cilindro comparì un ragazzo:

Alto, sui 1,80, un ciuffo di castano chiaro improponibile, una grande maschiala, occhi piccoli e sopracciglia quasi invisibili.

Indossava una giacca di twin di colore marrone scuro, una camicia rosa, delle bretelle di rosso scuro, un papillon di rosso acceso. Dei pantaloni marroni scuri, delle calze dello stesso colore e le scarpe eleganti.

Rimasi perplessa, e tutto quello che pensai fu: “Chi è questo tizio? Cos’è questo cosa? Perché ha un papillon?”
Stava girando intorno alla console e non mi aveva ancora notato.

Finché non si girò e mi guardò: aveva l’aria sorpresa, ma probabilmente la mia lo era più della sua.
Si avvicinò a me, mi sorrise e si presentò, ma io non lo ascoltai.

Ero piena di domande: cos’è questo posto, chi è lui, che cosa ci fa qui, perché era vestito da insegnante stravagante.

Mi sorrise, io invece ero a bocca aperta, alzai il dito come in segno di attesa e dissi: “Puoi… scusarmi un momento?”

Senza aspettare la sua risposta, uscii da lì, mi fermai davanti alla cabina e non ci potevo credere.

Era sempre la stessa! Grande, non molto alta, larga ma che al massimo ci potevano stare si e no 3 o 5 persone.
Ci girai intorno, ma era sempre la stessa larghezza. Com’era possibile?

Lo fissai ancora, poi entrai e dentro c’era sempre quel tizio che sorrideva. 

“Non è possibile!” chiesi io con tono serio.

“Che cosa?” chiese lui con un sorriso soddisfatto, come se sapesse cosa avrei detto e che lo attendeva con gioia.

“Come è possibile che un oggetto possa essere più grande all’intento?” dissi io un po’ spazientita.
Insomma, volevo delle risposte e le volevo adesso!

“Secondo te?” mi rispose sorridendo.

Lo guardai stranito. Non sapevo cosa rispondere, così feci spallucce dicendo: “Non lo so… magia?” e pensai alla casa di Doctor Strange e alla valigia di Newt Scamander.

Lui mi guardò con la mia stessa aria perplessa: “Magia? No! È scienza” e andò dalla consolle.

“Scienza?” dissi io camminando verso di lui.

“Non è possibile! La scienza sa che è impossibile che un oggetto non può essere più grande nel suo interno.”  E lo guardai con aria paziente.

“La vostra! Non la mia.” Mi rispose mentre toccava pulsanti e leve.

“ ‘La vostra’? che vuol dire ‘la vostra’?” chiese confusa.

“La vostra umana.” Mi rispose senza guardami.

La vostra, umana, avevo mille domande. Ma ne feci solo una che forse era quella più importante: “Chi sei tu?”

Mi guardò dicendo: “Sono il Dottore.”

“Dottore…chi?” domandai.

Lui sorrise dicendo: “Dottore e basta.”

“Dottore in cosa?”

“In tutto.”

Okay, già era impossibile che in una cabina blu, comparisse nel nulla in mezzo a un parcheggio, che è anche più grande all’interno e dentro c’era un tizio strano che si faceva chiamare “Dottore”

Ero stufa, così dissi con tono serio: “Okay, ora mi spieghi chi sei veramente, il perché sei qui e cos’è questa…. Cosa”

Lui mi guardò perplesso, forse per il mio atteggiamento, ma era tutto così assurdo. E volevo solo una spiegazione.

“Io sono il Dottore ed è il mio vero nome, questo è il TARDIS la mia astronave e… non so il perché sono qui. Anzi, mi può dire dove sono?” mi rispose.

Io lo guardai con aria stranita. Lui era apparso nel nulla, senza sapere dove stava andando?

“Heeem…. Siamo a Vergato, in provincia di Bologna, Itala” risposi.

“In che secolo?” mi chiese.

“Ventunesimo”

Lui andò in uno dei monitor dicendo: “Strano, non me lo dice.”

Io ero a braccia conserte dicendo: “Quindi non sapevo dove stavi andando?”

“Esatto, avvolte mi capita.” E fece un sorriso nervoso. 

Okay, sospirai con aria paziente, mi misi una mano sugli occhi e avevo l’aria rassegnata: “Okay, tu ti chiami veramente Dottore, questa cosa si chiama Tardis ed è un’astronave e non sai il perché sei qui?” dissi io.

“Esatto.” mi rispose lui.

Feci un lungo sospiro, non volevo fare più domande. Avevo già troppi problemi prima di entrare qui e non volevo averne altri.

Così mi alzai gli occhiali, mi misi le mani in faccia dicendo: “Senti… posso sedermi?”

“Certo”

Così mi sedetti in uno di quei sedili, mi misi i gomiti sulle ginocchia e feci un lungo sospiro.

“Qualcosa non va?” mi chiese il Dottore sedendomi vicino a me.

“È solo che… è complicato” dissi io mettendomi gli occhiali e lo guadai.

“In che senso è ‘complicato’ .” mi chiese lui.

“Niente, è solo che ho un sacco di impegni, problemi, incertezze, dubbi…. E ora che sono qui. E credo di essere la persone con più domande del mondo! E sono un po’ stanca di avere dubbi e domande.” Dissi io guardando in basso.

“E allora perché sei entrata qui?” mi domandò lui.

Io rimasi sorpresa, lo guardai dicendo: “Cosa?”

“Se tu hai tutti questi problemi, perché hai deciso di entrare qui dentro e cercarti altre domande? Di solito la gente, quando vede una vecchia cabina blu la ignora.” Mi spiegò.

Ci pensai, rimase un po’ sorpresa e risposi un po’ incerta: “Beh… insomma, passo davanti a questo parcheggio tutti i giorni ed non è mai successo niente.” Dissi, ma la mia voce diventò più sicura e continuai: “Poi, un giorno vedi che compare questa cabina blu dal nulla e come poi andare avanti per la tua strana e far finta di niente. Volevo sapere che cos’è e ci sono entrata”

Lo guardai: lui mi fece un sorriso, un sorriso dolce e sincero.

“Quindi, se vedi una cosa strana, tu voi sapere che cos’è? Tranquilla, lo faccio anche io da una vita.” 
Sorrisi e rise un po’ e ci guardavamo.

“Posso farti una domanda?” mi chiese il Dottore e continuò: “Se non avessi tutti questi problemi… che cosa vorresti fare?”

Guardai in basso con un sorriso malinconico e risposi: “Rilassarmi”

“Rilassarmi davanti un buon libro, ho un fumetto, ho avvolta in una bella coperta, guardando una bella serie tv, bevendo una cioccolata calda. Ma anche viaggiare per il mondo senza pensare se posso permettermelo e se e per quanto tempo posso stare. E scoprire cose nuove”

E già mi immaginavo io avvolta in una coperta, in una casa in montagnina con Netflix attivo oppure in viaggio verso il mondo.

Ma sapevo che non era possibile.

“Allora, vieni con me.” Disse lui con tono convito.

Alzai la testa di scatto, lui si alzò ed era davanti a me in piedi, sorridendo con la mano tesa.

“Dove?” chiesi perplessa.

“Ovunque tu vorrai.” Mi rispose.

“Questa è una astronave-barra-macchina del tempo, e quindi possiamo vedere sia il tempo che lo spazio.”

“Può viaggiare nel tempo?!”  pensai, ma dissi: “Quindi… io sarei Bilbo Baggins e tu Gandalf che mi proponi un’ avventura indimenticabile?”

“Esatto! Ma nel tempo e dello spazio.” Mi disse con tono fiero.

Io risi dicendo con un tono sarcastico: “Scusa, ma lo dici sempre alla prima persona che entra qui dentro?” 
“Veramente, alla prima persona che incontro fuori.”  Mi rispose.

Io risi ancora, era davvero assurda questa situazione.

“E se fossero dei pazzi?” domandai sempre con tono sarcastico.

“Beh… sono vecchio pazzo che vive dentro una cabina. Quindi, ne dubito se saranno più pazzi di me.” Mi rispose con tono sicuro: “E poi, tu sei entrata qui dentro per sapere cos’è, e questo dice molto di te.”
“Beh… ha ragione” pensai.

“Quindi… vuoi venire con me?” mi chiese di nuovo.   

Feci un sorriso malinconico, sopirai dicendo: “Guarda, sono davvero tentata di dirti di sì, davvero, ma non posso.”

Il suo sorriso si spense e mi guardò con aria perplessa.

“Vedi, e che qui ho la mia vita: la mia casa, i miei genitori, la scuola e non posso abbandonare tutti per viaggiare.”  E guardai in basso con aria colpevole.

“Ma questa è una macchina del tempo!” mi rispose.

Lo guardai e aveva un sorriso sicuro.

“E lo sai che cosa significa?”

“E che poi sempre rintonare dello stesso giorno ogni volta che voi…” dissi io convita.

“Esatto!” mi disse: “Quindi, potremo vedere il mondo, ma possiamo rintonare in questo giorno in questo momento e sembrerà che non sei mai stata da nessuna parte.” E mi sorrise.  

“Quindi, ti va?”

Prima lo guardai, poi guardai la sua mano rivolta a me, sorrise e dissi: “Ci sto!”

Gli presi la mano, lui mi tirò facendomi alzare, dicendo: “Perfetto!”

Mi lasciò la mano, andò ai comandi dicendo: “E sei fortunata! Sta cominciando a funzionare!”

Tirò la leva e sentii lo stesso identico suono che avevo sentito prima.

“Allora? Dove vuoi andare?”

In pochi secondi pensai il mondo: pensai che potevo incontrare tutti i miei scrittori preferiti, che potevo assistere la famosa cena tra Oscar Wilde e Arthur Conan Doyle!

Potevo comprare il primo fumetto di Superman a 30 centesimi e i primi numeri dei supereroi più famosi!
Potevo vedere tutte le poche più importanti: la rivoluzione francese, la Londra vittoriana, la guerra civile in America e molto altro!

E potevo vedere i pianeti, le galassie e cose che pensavo di non poter mai vedere.

Ma quello che uscì dalla mia bocca fu: “Islanda!”  

Lui mi guardò con aria confusa: “Ti offro il tempo e lo spazio, e tu vuoi andare in Islanda?”

“E che non ci sono mai stata” risposi io facendo spallucce.

“E poi, mi sono sempre piaciuti i paesi nordici e ho sempre desiderato vedere l’aurora boreale” spiegai.
Lui sorrise e non mi disse nulla.

“E poi, dopo faremo viaggi più pazzi e improponibili tra alieni e epoche diverse! In fondo, abbiamo tempo, no?” dissi io sorridendo.

“Giusto!” tirò una leva dicendo: “E che Islanda sia!” e poi urlò: “GERONIMO!”

E questo fu il mio primo incontro con il Dottore e l’inizio di mille avventure. Diventò (ovviamente) il mio migliore amico.

Dimenticandomi la mia sensazione di solitudine e di tristezza che provavo.

Certo qualche volta ci imbattevamo in qualche guaio e problema, ma alla fine ci tiravamo sempre fuori con non pochi sacrifici.

E il periodo con il Dottore è stato il più bello della mia vita.

Ma il mio ricordo più quello era questo: il nostro primo incontro.



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Note:
La mia prima ff su Doctor Who! :D
In pratica, io se incotrase il Dottore. 
E mi è piacuta scriverla!
Spero che vi piaccia,
l'asciate recesioni e...
alla prosima!
Ciao! 

   
 
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