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Autore: Maiko_chan    04/12/2016    9 recensioni
[Estratto]
Non ha mai prestato grande attenzione agli altri pattinatori, solo il necessario per mantenere l'immagine del suo personaggio, soprattutto coloro che non conseguivano buoni risultati.
Yuuri Katsuki non l'aveva mai neanche preso in considerazione e se mesi fa gli avessero chiesto che faccia avesse non avrebbe avuto un risposta. Poi c'era stato il video.
E aveva cambiato
tutto.
{Victuuri} Post episodio 9. Revisionata!
Storia partecipante al contest "The first time we Slashed" indetto da Soul_Shine sul forum di EFP.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Mari Katsuki, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Solo per due giorni






L'inverno è freddo e pungente in Russia, così come i suoi abitanti, che indossano abiti scuri e pelli bianche. Victor non fa eccezione, con i suoi capelli argentei, le iridi celesti e l'epidermide chiara. Ormai ha smesso di sorprendere già da tempo sia sul ghiaccio, sia in pubblico. L'apogeo della sua carriera non accenna a concludersi, tuttavia l'insoddisfazione cresce di pari passo. Le vittorie continuano ad arrivare, puntuali e ormai scontate, e Victor, medaglia d'oro al collo, in mezzo ad altri due pattinatori, al boato della folla e ai flash dei giornalisti, non riesce a non chiedersi quale sia il senso di tutto quel lavoro se la sua vita alla fine si sintetizzi in quei minuti di effimera gloria passeggera. Ha smesso di stupire – di stupirsi – e in qualche modo ha perso un po' se stesso, in quelle note danzanti sul ghiaccio che non percepisce più.


Non ha instaurato dei veri legami, mai in tutta la sua vita, e se qualcuno dovesse chiederglielo probabilmente asserirebbe che è il suo Makkachin l'unico vero amico che possiede. Yakov è stato un po' coach, un po' padre, un po' burbero e un po' impacciato, ma sa bene che se dovesse staccarsi da lui non ne uscirebbe devastato. In lui ripone un'immensa fiducia, una roccia solida a cui aggrapparsi in caso di pericolo, e rimproveri che servono a scrollargli l'apatia che si porta dietro come un manto. Non ha mai prestato grande attenzione agli altri pattinatori, solo il necessario per mantenere l'immagine del suo personaggio, soprattutto coloro che non conseguivano buoni risultati.


Yuuri Katsuki non l'aveva mai neanche preso in considerazione e se mesi fa gli avessero chiesto che faccia avesse non avrebbe avuto un risposta. Poi c'era stato il video.


E aveva cambiato tutto.

 
*  *  *


All'inizio, fra i calori della terme e la bizzarra euforia che si sentiva in corpo, Victor più che interessarsi ad allenare Yuuri desiderava conoscerlo. Quel ragazzo era un puzzle incompleto e sempre in movimento, con i pezzi che si muovevano impazziti senza riuscire a trovare un incastro solido, un senso preciso, una figura definita. Era così che appariva a lui, sfuocato e non inquadrabile, pieno di silenzi in cui si perdeva da solo e da cui riemergeva occasionalmente quando Victor si spingeva oltre e invadeva il suo spazio personale. Yuuri era caldo, le guance perennemente rosse, gli occhi nocciola liquidi e bollenti, le mani che non si fermavano un secondo e si rincorrevano fra loro. Victor gli si avvicinava per potergli rubare un po' di quel calore; sottrarglielo riscaldava il suo cuore congelato.


Iniziando ad allenarlo Victor comprese che oltre a tutto questo c'era qualcos'altro che rimaneva sotterrato dentro Yuuri, intrappolato e soppresso da strati di insicurezze e ansie. L'ombra del talento aleggiava sopra di lui, un momento appariva e l'altro non si vedeva più, ma Victor aveva ormai un occhio ben allenato e scoprirlo non era stato molto difficile. Quando infine Yuuri lo aveva mostrato a tutti, quel suo mix di talento e Eros, lui si era sentito un po' geloso, come se volesse tenerselo tutto per sé e non lasciarlo a nessuno, il porcellino che aveva aiutato a trasformare in un principe un po' insicuro – perché erano stati ciechi e lui invece lo aveva visto, anche se con troppo ritardo. Per Yurio si era dispiaciuto, ma era stato completamente intrappolato fra le spire di un katsudon bollente e avvolgente e di certo non se ne sarebbe cavato fuori di sua scelta.


Anche Yuuri piano piano si faceva meno timido, grattando la maschera di idolo che aveva posto sul viso di Victor e scoprendo a poco a poco l'uomo sotto le moine e le idolatrie del pubblico. Ogni giorno che passava, ogni contatto in più, ogni passo che Yuuri faceva verso di lui, rendevano Victor così felice da fargli pensare di essersi fuso il cervello con tutto quel calore – ma non se ne pentiva e anzi ne cercava di più, ne voleva di più, lo anelava, lo desiderava, lo amava.


Innamorarsi di Yuuri era stato semplice come respirare.


Tuttavia poteva dire lo stesso di lui? Certo, avevano fatto passi da gigante dal suo arrivo a Hasetsu, ma l'altro pattinatore sentiva lo stesso? Poteva amare lui, Victor Nikiforov, con la Russia che ancora lo stringeva in una morsa fatta di gelo e legge? 


Aveva sondato il terreno in ogni modo possibile e poi... poi Yuuri si trasformò di nuovo in modi e forme che lui non avrebbe mai previsto, da calore divenne vulcano, da assuefatto a intraprendente e Victor si lasciò avvolgere, si lasciò andare – occasionalmente con l'aiuto di un po' di alcool – e si spinse ancora oltre. E Yuuri lo accolse a braccia aperte, suscitandogli un tale groppo alla gola che avrebbe solo voluto piangere e piangere sul suo petto per la benedizione che gli era capitata fra capo e collo, ma non poteva: erano ancora nel mezzo del Grand Prix e toccava a lui come coach rassicurare Yuuri e non il contrario, per cui strinse i denti e andò avanti.


Nessuno dei due in ogni caso si era spinto ad una dichiarazione vera e propria – Yuuri aveva fatto quell'annuncio alla tv, ma Victor dubitava che intendesse amore romantico in quel momento – e, a parte qualche sfioramento involontario e non, abbracci e qualche carezza, non avevano fatto mai nulla di così definitivo, nessun bacio o qualsivoglia contatto da innamorati. Victor puntava sul suo carattere un po' frivolo e fin troppo consapevole per stuzzicare Yuuri con qualche carezza più spinta, certo che il ragazzo non ci avrebbe fatto poi tanto caso. In Cina però il loro rapporto era cambiato ancora, più e più volte, e l'arrivo dei baci era stato naturale quanto camminare. Yuuri ancora si chiudeva in qualche piccolo antro buio di ritrosia, ma bastava una buona dose di incoraggiamenti e di baci ed ecco che il suo gustoso katsudon alzava il capo e lo guardava, incatenando i suoi occhi gelidi nel calore spropositato dei propri al cioccolato fuso. Victor avrebbe tanto voluto immergervisi e sparirci dentro, avrebbe voluto toccarlo sempre, baciarlo dappertutto, unirvisi in tutti i modi possibili e rinascere da lui ancora e ancora, e voleva che Yuuri facesse altrettanto, che lo desiderasse nello stesso modo in cui lo bramava lui – carne, anima, cuore e mente.


La Rostelecom Cup aveva riportato Victor nel luogo pieno di freddo da cui era scappato, ma Yuuri era al suo fianco con le guance rosse per la bassa temperatura esterna e per qualcos'altro – probabilmente per la mano che di tanto in tanto si aggrappava alla sua – e Victor avrebbe tanto voluto baciarlo in mezzo alla strada come soleva fare di tanto in tanto solo per il gusto di osservare l'imbarazzo strisciante del suo porcellino in pubblico, ma erano in Russia e il gelo non permetteva loro di riscaldarsi abbastanza.


L'esibizione di Yuuri era andata talmente bene che Victor avrebbe solo voluto chiudersi in camera con lui e buttare la chiave, e l'euforia lo aveva portato a fare gesti eclatanti che avrebbe evitato se fosse stato in sé – davvero, cosa gli era passato per la testa mentre baciava il suo pattino? Sentiva solo un gran caldo dappertutto, dimentico di tutti e tutto e di nuovo c'era solo Yuuri.


Makkachin aveva spazzato via ogni cosa nel peggior modo possibile, e Victor per un attimo si era sentito talmente smarrito che solo l'improvvisa e totalizzante determinazione del suo compagno era riuscita a farlo ragionare. Lasciarlo a Yakov era stato come strapparsi un pezzo di cuore, ma quella era un'emergenza e non poteva certo permettersi di fare l'idiota in un momento come quello. L'ansia lo aveva torturato per tutto il volo: il suo cagnolino lo aveva accompagnato nei momenti più bui della sua vita e non era ancora pronto a lasciarlo andare. L'eventualità di perderlo lo lasciava in una terrificante agonia e, quando finalmente scese da quel fottuto veivolo, si catapultò in clinica. Victor tirò un sospiro di sollievo così grande che gli pareva di non aver più respirato dalla Russia fino in Giappone quando vide Makkachin fuori pericolo che lo guardava un po' mesto, come a scusarsi del guaio che aveva causato. Andava ancora tutto bene.


Seguì la diretta tv assieme alla famiglia di Yuuri, un po' anche la sua ormai, e tra quel calore che permaneva in quella casa – quello stesso fuoco che alimentava anche il suo allievo, con un intensità però totalmente diversa – Victor pensò, tanto e a lungo, anche mentre Yuuri si esibiva e riusciva a qualificarsi per la finale del Grand Prix senza di lui, ma con un espressione talmente delusa che gli si incrinò un po' il cuore. Avrebbe dovuto essere lì con lui e per riparare a questo suo torto lo avrebbe abbracciato e baciato, tante e tante volte, per non lasciarlo più, mai più.


La disperazione con cui si corsero incontro all'aereoporto lasciò basito persino lui, ma questo pensiero sfumò veloce come si era formato, appena Yuuri si incastrò fra le sue braccia. Se fosse stato per lui non lo avrebbe mollato fino a casa, ma il ragazzo era di tutt'altra opinione e Victor, appena Yuuri lo staccò da lui con forza, sentì distintamente una voragine che lo faceva precipitare in fondo in fondo, sempre più giù, e dovette farsi violenza per seguire con lucidità quello che gli stata dicendo Yuuri finché, appena appreso il significato delle sue parole, venne catapultato in orbita così velocemente che gli sembrava si essersi imbarcato su un ottovolante spaziale, verso l'infinito e oltre.


Il bacio lasciato sull'anulare aveva sottinteso ben più di quello che Victor avrebbe voluto dirgli a voce, ma appena si era ritrovato di nuovo fra le sue braccia quella frase gli era uscita senza che potesse fermarla in qualche modo, sia per rassicurare Yuuri di aver capito, sia per ribadire tutto ciò che ancora dovevano dirsi e che avrebbero fatto una volta soli. Sentì Yuuri tremare un po' fra le sue braccia – l'umidità sul suo collo aveva la consistenza delle lacrime – e seppe che se non si fosse calmato sarebbe scoppiato a piangere anche lui come un bambino. Yuuri si staccò di nuovo solo per baciarlo piano, con delicatezza, gli occhi un po' arrossati ma asciutti e Victor spalancò le iridi per lo stupore di quel gesto che mai prima d'ora il ragazzo aveva improvvisato per primo, sentendo il cuore riempirsi di una curiosa combinazione d'orgoglio e amore. 


«Torniamo a casa, Victor.»


Mai parole più invitanti erano state pronunciate in tutta la sua vita.


 
*  *  *


Yuuri registrava ben poco di quello che stava accadendo intorno a lui, seduto in mezzo alla grande sala insieme alla sua famiglia e ai suoi amici che festeggiavano la sua qualificazione alle finali con la solita euforia gorgogliante. Victor rideva spensierato con la sua bocca a cuore spalancata, dimentico delle ansie delle giornate precedenti e di quella disperazione strisciante che li aveva colpiti poco prima. Yuuri lasciò tutto alle spalle, come se fosse un'altra vita, e si fece coccolare delle attenzioni che gli elargivano le persone vicine a lui e al contempo ricopriva di carezze Makkachin, spalmatoglisi addosso con tutta la sua mole.


Mangiò e bevve in abbondanza, mentre Victor ingurgitò anche troppo sake, che già colorava le sue guance di un rosa screziato e lo portava di tanto in tanto a sfiorargli la gamba con leggerezza, convincendo così Yuuri a restituirgli qualche tocco in qua e là. Anche lui si sentiva la testa più leggera e quando tutti si augurarono la buonanotte lui lanciò un'occhiata di sottecchi al suo coach – al suo compagno? – trovandolo pressoché spiaggiato sul tavolo, con Makkachin al fianco addormentato sul tatami. Con uno sbuffo a metà fra il divertito e il rassegnato Yuuri si accomiatò dagli altri e prese Victor sotto braccio, trasportandolo verso i loro appartamenti. C'era solo la lunghezza di un corridoio che separava la sua camera da quella del russo e a Yuuri in quel momento sembrò una voragine. Si puntellò sui talloni, rafforzando la presa sulla vita di Victor, prendendo un bel respiro e apprestandosi ad aprire il fusuma quando l'altro pattinatore si risvegliò dall'ottundimento e con tutta la determinazione data dall'alcool che aveva in corpo, spinse indietro il ragazzo e il suo capo verso il basso facendolo scontrare con la propria fronte dove lo tenne premuto, occhi negli occhi.


Victor prese un lungo respiro, come a voler sottrarre il suo, e Yuuri si sentì come se qualcuno gli stesse ballando sulle pareti del cuore tale era il rimbombo che sentiva, certo che lo percepisse anche l'altro. Si avvicinarono lentamente e le labbra impattarono con forza questa volta e tutta l'angoscia che sembrava dissolta tornò prepotente fra loro, rendendo quel bacio una sinfonia di singulti, denti e labbra. Ben presto si trovarono ad ansimare e Victor si raddrizzò all'improvviso per agevolare i suoi movimenti, rendendo il bacio più profondo e così intenso che Yuuri avrebbe voluto ridere e piangere insieme. Victor lo guidò dolcemente all'indietro fino a fargli appoggiare la schiena alla porta della sua camera e mentre lui si dedicava con impegno ad aprirla, le labbra dell'altro andavano a lambirgli il collo, strappandogli qualche lungo sospiro.


La porta si aprì con un fruscio pieno d'aspettative e una volta dentro, al sicuro da sguardi indiscreti e illuminati dalla luce della luna che rischiarava il buio pesto della stanza abbastanza per fargli vedere dove stavano andando, fu Yuuri a riappropriarsi per primo delle labbra dell'altro e a guidarlo verso il letto, facendolo stendere con una tale sicurezza che Victor sentì la morsa che gli attorcigliava le membra farsi più forte. Continuarono a baciarsi con foga crescente, iniziando a sfiorarsi dappertutto e quando Yuuri si staccò per un attimo per posare i suoi occhiali sul comodino, a Victor parve mancare l'aria tanto che si puntellò con i gomiti per arrivare più rapido alla bocca, intrappolandogli un labbro fra i suoi e mordicchiandolo piano, facendo sì che Yuuri mugolasse in un modo che scatenò in lui una tale voglia che quasi si spaventò per l'intensità con cui lo desiderava – di nuovo, carne, anima, cuore e mente.


Si spogliarono con frenesia, liberandosi dalle gabbie scomode costituite dai vestiti e solo quando entrambi rimasero in boxer si fermarono, guardandosi negli occhi, domandandosi reciprocamente se tutto andava bene, se quello andava bene. Victor alzò una mano, lentamente, accarezzando con le nocche la guancia bollente di Yuuri che lui accolse con un sospiro muovendo la sua e andando a toccargli il petto, con uno sfioramento che gli lasciò dei brividi in tutto il corpo tanto era impalpabile e leggero.


Tornarono a baciarsi, questa volta con calma, assaporandosi piano, pelle contro pelle e Victor pensò che la sua vita era stata solo un'infinita preparazione a ciò che stava per accadere perché Katsuki Yuuri non era quello che aveva sognato per sé, no, Katsuki Yuuri è molto di più di qualche sogno sgangherato senza capo nè coda, più di tutto quello che sarebbe riuscito a immaginare, era il più del suo più – era l'amore che non aveva mai sperato per sé, quello totale e totalizzante che non aveva mai pensato di poter provare.


«Yuuri...» sospirò, fra un sfregamento e l'altro, «Yuuri...» e Yuuri assecondò i suoi sospiri facendosi ardito, lasciando che quell'Eros uscisse ancora una volta e prendesse la forma delle carezze sicure ma gentili che gli sconquassavano le membra, che misuravano il suo corpo, andando a contargli le costole e passando fra i solchi dei muscoli definiti, lasciandolo tremante e adorante.


Victor abbandonò le sue labbra per baciargli la guancia con tanti piccoli tocchi umidi, tracciando il profilo della mascella e scivolando con inerzia verso il lobo, mordicchiandolo piano, per poi scendere sul collo dove rimase, per baciare succhiare leccare ogni centimetro di pelle che gli si presentava sotto la bocca. Appena trovò un punto di suo gradimento rimase lì fermo e si applicò per lasciargli un bel segno, un po' per quella sottile possessività che lo caratterizzava e un po' perché era il suo Yuuri e di nessun altro e tutti dovevano saperlo.


Alla fine anche i boxer caddero sul pavimento e il contatto fra i loro corpi nudi fu una scarica che attraversò entrambi e che fece scappare dei gemiti insoddisfatti.


«Victor» lo chiamò Yuuri, ancora boccheggiante, e l'antica insicurezza si fece spazio nella sua mente andando a stuzzicare quelle domande che voleva fare ma per cui non aveva trovato il coraggio. Tuttavia la bocca di Victor era ancora sul suo collo e scendeva sfiorandogli l'epidermide per dirigersi verso il petto e Yuuri ora aveva bisogno di quelle dannate risposte, maledicendosi mentalmente per quale cavolo di motivo non ci aveva pensato prima? e alla fine «Victor... Victor cosa siamo noi?»


Gli rispose il gorgoglio esasperato di Victor che risaliva piano e tornava sulla bocca, strappandogli un bacio appassionato.

«Yuuri... davvero ancora non lo sai? Mi sembrava fosse chiaro» mormorò lanciandogli un'occhiata gongolante, soffiandogli voluttuosamente sulle labbra e facendo emergere il seduttore che sino ad ora era rimasto seppellito dalle attenzioni che lui gli stava dedicando.


Yuuri strinse le lenzuola sotto di sé, le guance rosse, facendogli luccicare di più gli occhi velati dal desiderio, lo stesso che poteva leggere in quelli di Victor. Però scosse la testa, perché certe volte e certe questioni bisogna metterle in chiaro a parole e di questo Yuuri era convinto e non avrebbe fatto più alcunché – facendosi violenza – se Victor non avesse risposto.


Non si era però preparato al riso leggero di Victor che si trasformò in risata, un po' roca e un po' sciocca, velata di voglia e leggera come una carezza, come quella che gli elargì proprio e Yuuri gemette sia per la sorpresa che per la frustrazione.


«Yuuri» lo chiamò, con la voce intrisa di una serietà che poche volte prima aveva sentito. «Io sono il tuo coach,» si sentì morire ma poi quel suono che aveva imparato ad amare e che era Victor tornò e «sono il tuo coach, il tuo migliore amico, il tuo amante e il tuo compagno e ti amo» un bacio sulla fronte «ti amo,» uno sul naso «ti amo» un bacio sulle labbra.


Yuuri non rispose, così Victor continuò, un po' tremante, come a dirgli "ehi io ti sto lanciando me stesso vedi di prenderlo!" «E ti amerò finché tu mi permetterai di farlo e anche oltre, perché sei parte di me e la mia vita non avrebbe più senso senza il mio amato katsudon.»


Victor ridacchiò di nuovo, stavolta con un po' di preoccupazione chiedendosi se non lo avesse ammazzato sul colpo: il suo cuore non faceva altro che battere furioso e se Yuuri non si muoveva a rispondere questa volta sì che non sarebbe riuscito a trattenersi e-


«Vitya» soffiò l'altro, con quel buffo accento che amava quando pronunciava il suo nomignolo, e Victor sentì delle gocce di pianto atterrargli sul viso e i singulti mal trattenuti di Yuuri. Poi arrivò il «Koishiteru» che andò a fracassargli ogni parte del corpo perché sì, loro due comunicavano in inglese, ma lui qualche parola di giapponese la conosceva così come Yuuri sapeva un po' di russo e il significato di quel termine era stata una delle prime cose che aveva appreso per cui, si disse fra sé e sé, anche lui poteva piangere un po' adesso.


Tornò la frenesia che sembrava scomparsa e li portò a baciarsi a bocche aperte, con il sapore delle loro lacrime sulle labbra e i capelli dell'altro fra le dita, tirando scompigliando accarezzando così come le loro lingue danzavano impazzite nella nuova urgenza non piena di disperazione ma d'amore, stringendosi fino a farsi male e a lasciare il segno delle dita sulla pelle dell'altro.


Si unirono in tanti e tanti modi in quelle ore fatte di sospiri e gemiti, carnalmente e spiritualmente, nella prima notte della loro vita insieme, suggellando la promessa che prendeva forma dai loro nomi sussurrati tra il piacere.


 
*  *  *


Le prime luci del giorno si infiltrarono fra le tapparelle della finestra, andando a posarsi sulle palpebre chiuse di Yuuri e facendole tremare, pronte a schiudersi. La prima cosa che vide fu il profilo addormentato del viso di Victor che nel sonno gli aveva racchiuso le gambe fra una delle sue e aveva appoggiato il capo sul suo braccio, l'espressione così rilassata e felice che Yuuri non riuscì a trattenere il sorriso enorme che gli illuminò gli occhi.


Nella spossatezza che li aveva colti prima di addormentarsi non si erano neanche coperti ed ora Yuuri, nudo così come il suo compagno – compagno, compagno, compagno si ripeté e le labbra gli si piegarono così all'insù da fargli male e bene contemporaneamente – iniziava ad avvertire il freddo che impregnava la stanza. Districandosi con una punta di dispiacere da quella dolce morsa, si alzò in piedi e gli occhi saettarono senza volerlo verso il basso andando a posarsi dove Victor deteneva la sua virilità, lasciandolo per un attimo inebetito. Scosse la testa con forza e con le guance arrossate si girò per recuperare gli occhiali e i propri vestiti, ma prima di indossarli coprì Victor con il piumone che era scivolato sul pavimento.


Doveva decisamente darsi un contegno, altrimenti Victor – quell'adorabile bastardo – lo avrebbe preso in giro in tutti i modi possibili ed immaginabili. Vestitosi in fretta si diresse verso la porta per poi ripensarci e andare a posare con tutta la delicatezza possibile un bacio sulla guancia del russo e defilandosi alla velocità della luce, lo stomaco che reclamava a gran voce di essere riempito.


«Yuuri!» Sua sorella era davvero l'ultima cosa che avrebbe voluto vedersi davanti in quel momento, mentre chiudeva la porta con ancora i postumi della notte appena passata sul viso ma, ehi, la sfiga era sempre stata un suo punto forte per cui adesso sperava solo che non gli facesse qualche domanda imbarazzante o qualche richiesta ancor più fuori luogo perché adesso, con Victor nudo e bellamente disteso nel letto, lui non era ancora in possesso di tutte le sue facoltà mentali dopo la loro prima volta e- «Spostati, sto per fare il bucato fammi prendere le lenzuola del tuo letto.»


Yuuri ormai pensava che l'universo dovesse avercela con lui, ma si ricredette appena la porta si aprì con un sinistro cigolio e, rifletté, i Kami doveva proprio odiarlo quando vide Victor, completamente come mamma l'aveva fatto, apparire sulla soglia della camera e buttarsi sul suo collo con un mugolio insoddisfatto e seducente. Sua sorella sgranò gli occhi talmente tanto che, pensò, fra poco li avrebbe dovuti raccattare dal tatami.


«Yuuri~» mormorò l'altro, squadrandolo dal basso e strusciandosi contro le sue gambe «perchè te ne sei andato così presto? Volevo iniziare un'altro round~» e una mano birichina scivolò pericolosamente verso la patta dei suoi pantaloni e questo era qualcosa che non poteva proprio permettere, almeno non davanti a Mari-neechan, perché quella bocca a cuore costituiva una terribile tentazione e kami-sama, doveva darsi un contegno.


Così si voltò di nuovo verso di lei trovandola con la medesima espressione sconvolta, soltanto che adesso i suoi occhi puntavano un luogo di Victor che avrebbe dovuto essere ben coperto e Yuuri maledisse tutto quello che gli veniva in mente, le guance che scottavano. Diede due o tre colpetti di tosse che attirarono l'attenzione della sorella, cogliendo il messaggio dei suoi occhi che le suggerivano di andarsene e per la prima volta nella sua vita vide Mari arrossire come un pomodoro, annuire e scattare via.


Non sarebbe più riuscito a guardarla in faccia.


Poi Victor lo distolse da quei pensieri mesti infilandogli una mano dentro le mutande e stringendo con fermezza tutto quello che poteva toccare, trascinandolo dentro la loro camera.

 
*  *  *


«Vic... Vi-Vi-Victor!» Yuuri quando era notte si faceva molto più disinibito, decise Victor con la mente un po' annebbiata mentre si dedicava a vezzeggiare ogni porzione di pelle che riusciva a scoprirgli con difficoltà, data l'estenuante resistenza del giapponese e davvero non capiva tutta questa ritrosia, insomma Yuuri lo aveva cavalcato tutta la notte adesso perchè non voleva?


«Rilassati porcellino mio! Non ci vedrà nessuno...»


«Infatti ci hanno già visti, Victor!» sbottò, esasperato. «Dovremmo almeno non dare adito ad altri pettegolezzi richiudendoci tutta la mattina in camera!»


Victor si scostò, sbuffando e borbottando come una locomotiva che stava per partire, e andò a raccattare i proprio vestiti con l'espressione mogia di un cane bastonato. Yuuri si pentì un poco di essere stato talmente duro, così prese il coraggio a due mani e gli si accostò, alzandosi quello che gli serviva per lasciargli un bacio umido sulle labbra, condito dalla lingua che andava a tracciare il contorno della sua bocca, un dolce sfioramento che prometteva tutto e nulla, almeno in quel frangente.


«Stasera mi farò perdonare, Vitya...» soffiò, le guance imporporate da quel calore che Victor amava e che lo faceva impazzire. Victor annuì, felice, e ricambiò il bacio con lascivìa, per poi staccarsi e guardare Yuuri che usciva dalla stanza e gli diceva che lo avrebbe aspettato per fare colazione insieme.


Avevano ancora tante cose da raccontarsi dei due giorni in cui erano stati separati e Victor non vedeva l'ora di potersi sedere accanto a lui e appoggiarsi mollemente alla sua spalla per sentirlo parlare con quella voce che amava e da cui non voleva più allontanarsi.


Aprì la porta – stavolta vestito – e seguì il suo compagno, mentre Makkachin gli correva incontro con un gran abbaiare.











 
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Konnichiwa/Konbanwa, minna-san! 

Torno su questi lidi dopo un periodo di tempo vergognosamente lungo, in una veste nuova e trasformata e non mi pento di nulla signori miei, anche se ancora non riesco a credere di averlo fatto XD Ho scritto questa OS in due pomeriggi e spero che il risultato non sia così terribile come temo, ma questi due mi hanno conquistat il cuore  e mi hanno fatta tornare a scrivere e non posso che essergliene grata *__* 

Ma quanto potranno essere belli? <3 

Vi lascio e non vi prometto nulla, ma potrei continuare a scrivere e chissà... insomma forse scriverò altro su questi due, mi sono divertita troppo! XD Spero di non averli resi OOC e che questa lettura possa avervi lasciato qualcosa :D

Una piccola nota: Koishiteru è il "Ti amo" che i giapponesi 
dicono alla persona con la quale si desidera trascorrere il resto della vita insieme e la trovo una cosa troooppo romantica *occhi a cuore*


 
Chiunque voglia lasciare un segno del suo passaggio è ben accetto! 
Maiko

 





 
   
 
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