Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lady_Levi_Malfoy    08/12/2016    3 recensioni
Mancavano pochi giorni alla riconquista del Wall Maria. La missione in cui stavano per imbattersi era suicida e lo sapevano tutti, ma scoprire la verità era più importante di ogni cosa. Forse per gli altri, per Levi no: a lui importava solo una persona.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Erwin Smith, Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Il sole scaldava l'aria in modo non troppo prepotente e illuminava il cielo, rassicurante come la prima volta in cui l'aveva visto. Levi diede un'occhiata distratta alla finestra e si ritrovò a pensare che sarebbe stata una bella giornata fuori dalle mura, dimenticandosi per qualche secondo gli orrori e le morti che avrebbero trovato a Shiganshina. Si rese conto dell'ingenuità del suo pensiero e fece un movimento stizzito con il capo mentre si ricordava che cosa sarebbero andati a fare in quello splendido inferno che era il mondo. Sarebbero partiti due giorni dopo, ma lui aveva già finito i preparativi, perché nella sua vita non c'era mai stato molto da preparare; ora aveva soltanto più una cosa di cui prendersi cura. Entrò negli appartamenti di Erwin senza prendersi la briga di annunciare il suo arrivo. Non era la prima volta che andava là: già in altre occasioni, quando il peso da sopportare diveniva troppo grande, il comandante lo aveva invitato per dargli un pasto o un luogo in cui dormire lontano dai problemi che lo attendevano fuori, ma quella volta Levi non andava a chiedere aiuto per sé, ma a cercare un'ultima volta di dissuaderlo dai suoi piani. Capiva perché Erwin volesse andare con loro, ma non poteva accettare una follia simile, non da parte dell'unica persona che ancora significasse qualcosa per lui. Era fermamente intenzionato ad andare a cercarlo e urlargli contro tutto quello che pensava prima che lui riuscisse a prendere fiato per rispondergli. Aprì la porta della stanza con intenzioni bellicose, ma non appena vide il comandante tutta la sua rabbia gli morì in gola. Erwin non si era accorto di lui e stava seduto sul letto nel tentativo di indossare il sistema con una sola mano. Si piegava su se stesso tirando le cinghie e cercando rabbiosamente di allacciare le fibbie, ma era un lavoro impossibile da compiere in quello stato e dopo un po' rinunciò con un gemito di frustrazione. Levi si sentì la gola asciutta di fronte a quel gesto che compiva in continuazione e si accorse solo in quel momento di cosa stesse vivendo il suo comandante. Non sarebbe dovuto accadere a lui, avrebbe dovuto proteggerlo e non ne era stato in grado. Fece un passo avanti, silenzioso come sempre, e si sedette accanto a lui per aiutarlo al posto suo. Non appena Erwin si accorse di lui, si ritirò per l'imbarazzo di essere visto così in difficoltà, ma poi lo lasciò fare con uno sguardo indeciso tra la gratitudine e l'umiliazione. Levi accomodò il sistema con cura per non ferire il suo orgoglio, ma quando ebbe finito si decise a parlare. «Erwin, tu non puoi venire. Non ti rendi conto che è una fottuta pazzia?» si sentiva pieno di rabbia e la sua voce gelida tremò appena «Sei patetico! In questo stato non puoi usarlo il tuo maledetto sistema: è inutile, lo sai, e allora perché vuoi buttarti disarmato in mezzo ai giganti? Vuoi farti uccidere?» Lo aveva detto solo per smuoverlo, ma il comandante rimase in silenzio guardandolo fisso con i suoi occhi color del ghiaccio. Levi sentì un brivido e improvvisamente ebbe l'impressione che tutto crollasse, perché quel silenzio era una risposta. Scoppiò e gli urlò in faccia «Cazzo, Erwin, vuoi farti uccidere?». Sapeva già la verità, gliela aveva letta nello sguardo, ma quando l'altro parlò fu come se lo avessero trafitto. «Devo guidare le reclute perché facciano da esca mentre tu ucciderai il titano bestia» disse Erwin calmo «È necessario». Levi respirò a fondo e strinse i denti per non perdere il controllo, perché se fosse crollato allora non si sarebbe più rialzato. «Lo può fare un altro. Lo posso fare io» disse senza speranza. Erwin sorrise gentile e scosse il capo «Tu devi abbattere il titano bestia e lo puoi fare solo tu perché sei il migliore: accetto la tua offerta, ma non è realizzabile. Riguardo agli altri... chi potrei mandare a morire? Hanje? Lei sarebbe l'unica in grado di sostituirmi, ma è un elemento troppo valido per sacrificarlo» si guardò con disprezzo «Io ormai sono inutile. Mi resta soltanto la lealtà dei miei uomini e la userò un'ultima volta per massacrarli come ho sempre fatto». Sospirò amaro e si appoggiò al muro con le sue spalle ampie che reggevano sempre tutto. «Levi, lasciami morire. Sono troppo stanco... Liberatevi della mia ingombrante presenza. Ho già preteso troppo da voi per le mie illusioni» lo guardò negli occhi «Tu credi nel mio sogno?». Levi esitò un attimo prima di rispondere «No». Non ci credeva, ma per sopravvivere aveva bisogno che fosse lui a sperare. Erwin si alzò in piedi, come se quanto stava dicendo non fosse importante e continuò con un sorriso triste «Neanche io. O meglio, ci credo, ma sto iniziando a pensare che non ne valga la pena. Vi ho uccisi inutilmente» chinò la testa «Ora lascia che paghi il mio debito: non sentirai la mia mancanza». Era una condanna senza speranza e ferì Levi perché quella era l'unica persona di cui non poteva sopportare la sofferenza. Nel suo petto si agitava quel groviglio di emozioni che aveva trattenuto per anni, impedendosi ogni volta di ascoltarlo. Ora non poteva più tenerlo nascosto, perché era l'unico modo che forse gli permetteva ancora di salvarlo, così gli appoggiò una mano sul petto e disse duro «Non permetterti di insultare il mio comandante». Erwin lo scrutò per qualche secondo, poi chiese sorpreso «Perché mi difendi? Io ti ho rovinato la vita». Levi fece un gesto stizzito e ribatté «Come puoi essere così cieco?». Sapeva che avrebbe rovinato tutto, ma in quel momento l'unica cosa di cui aveva bisogno era di tenerlo costretto vicino a sé, di impedirgli di andarsene. Ora che rischiava di perderlo rimpiangeva tutto il tempo che aveva sprecato prima di compiere quel gesto che desiderava con tutto se stesso. Per la prima volta da tempo si sentì cadere in preda al panico e, strette le cinghie di Erwin tra le dita, lo attirò a sé e lo baciò sulle labbra. Era un bacio calmo, ma le sue mani gli stringevano la camicia con disperazione: aveva paura che se non lo avesse tenuto prigioniero se ne sarebbe andato via da lui. Restò così per diversi secondi, gustando sulle labbra quella sensazione che aveva solo osato immaginare, poi si costrinse a lasciare la presa e fece un passo indietro. Erwin non aveva reagito e rimase immobile a guardarlo con gli occhi spalancati mentre realizzava che cosa fosse successo. Levi sapeva che non lo avrebbe accettato e si ritrasse cupo come faceva sempre. «Scusa, non avrei dovuto farlo» si voltò dandogli le spalle «Non sono nessuno per te e non avevo nessun diritto di farlo. Tu mi rifiuterai e io non avrò ottenuto altro che farmi disprezzare, o peggio, farti morire tra i sensi di colpa». Si odiava per aver osato toccarlo e restò fermo in attesa che Erwin si arrabbiasse con lui. Strinse gli occhi e per diversi secondi non sentì nulla, poi il comandante si avvicinò dietro a lui e, con sua sorpresa, gli circondò la vita appoggiando le sue lunghe dita sul suo fianco. Gli si mozzò il fiato e provò un brivido di piacere e di felicità per quello che significava. Erwin si chinò sul suo collo e gli sussurrò piano «Non permetterti di accusare il mio caporale» lo sfiorò appena, scaldandolo con il proprio respiro «Cosa ti fa credere che tu non sia nessuno ai miei occhi?». Lo serrò forte contro il torace, come se volesse ascoltarne i battiti accelerati del cuore. Levi si abbandonò su quel petto e per la prima volta confessò «Erwin, ti amo. Ti amo da sempre». Lui iniziò a baciargli piano il collo. Levi si era dovuto trattenere per dieci anni e improvvisamente non ne poté più: si voltò di scatto e strinse il suo comandante, poi iniziò a baciarlo appassionatamente, quasi con furia. Lo spinse contro il muro mentre l'altro ricambiava con sempre più sicurezza e lo tenne fermo nonostante non accennasse a scostarsi. Erwin fece cenno di chinarsi per poterlo raggiungere meglio e lui lo trascinò giù facendolo sedere contro alla parete e inginocchiandosi a sua volta mentre gli scioglieva l'imbracatura. Senza mai separarsi da lui, Erwin si chinò costringendolo a sdraiarsi sul pavimento e gli slacciò i pantaloni mormorando sul suo viso «Sei mio». E Levi sentì che sì, era vero. Per quella notte erano uno dell'altro e questo gli avrebbe dato la forza di affrontare quello che sarebbe venuto dopo. Lasciò che Erwin lo guidasse perché era l'unico uomo di cui aveva mai accettato il comando e rabbrividì di piacere ogni volta che si chinò su di lui per serrarlo a sé, per prenderlo. Erwin lo amò con la disperazione della morte e una grande gioia insieme, in modo prepotente e dolce allo stesso tempo e quando alla fine si appoggiò al suo petto respirando piano, Levi desiderò poterlo stringere per sempre. Gli accarezzò i capelli biondi che tanto aveva sognato, spaventato dall'idea che avrebbe dovuto lasciarlo, e sentì di volere tutto di quell'uomo che amava. Sapeva a che cosa il comandante stesse per andare incontro, ma per una volta pretese per sé e, tiratosi su sui gomiti, chiese «Erwin, so che non è il momento adatto, ma... posso averti?». Si sarebbe aspettato esitazione, timore, ma Erwin per tutta risposta lo baciò su una spalla. Non riusciva a credere all'opportunità di avere quel corpo che esprimeva autorità e che aveva sempre agognato da lontano, ma si sollevò sopra di lui coprendolo con il suo peso, sentendolo fremere al suo tocco. Prese tutto, ebbe tutto dall'uomo che amava. Quando ebbe finito si rannicchiò sul suo petto e restò là a lungo ad ascoltare il suo respiro lento. Erwin gli accarezzò il fianco, passando con delicatezza il pollice sulla linea delle sue costole. «È stato magnifico» disse rompendo il silenzio. Levi sorrise, perché era ciò che voleva per entrambi, perché quella era la sua gioia ma voleva che lo fosse anche per lui. «Era quello che desideravo da sempre» ammise «Grazie». «Grazie a te» ribatté Erwin «Grazie per non avere paura di me. Per avermi scelto e voler restare al mio fianco». La luce era ormai completamente calata per cui non riusciva più a cogliere la sua espressione, ma era sicuro che stesse sorridendo. Levi chiuse gli occhi e per la prima volta dopo tanto tempo lasciò che i muscoli delle spalle si rilassassero. «Come fai a essere così fantastico?» mormorò. «Davvero lo sono stato?». «Davvero...Il modo in cui mi accarezzi, in cui mi hai parlato in quei momenti, la voce che usi mentre sussurri il mio nome... E poi quella dannata maniera di andare lento che mi snerva ed eccita al tempo stesso!». Erwin rise piano e lo morse delicatamente dietro l'orecchio. «Spero di essere stato all'altezza delle tue aspettative» si sistemò meglio contro di lui «Io non sapevo cosa aspettarmi, ma è stato magnifico ugualmente». Levi si voltò e lo abbracciò. «È stata la cosa più bella della mia vita» si accoccolò contro di lui sperando che il tempo smettesse di scorrere «Ti prego, non andare via da me. Non lasciarmi solo...». Erwin gli baciò i capelli e disse per tranquillizzarlo «Sono qui, sono qui...». Levi si strinse a lui e sentì la frustrazione di tutta la sua vita tornare a bruciargli nel petto. «Ma ora scomparirai. Mi lascerai indietro e questa volta sarà per sempre» sentiva le lacrime premere per uscire ma le trattenne «Ti amo, Erwin. Non posso sopportare di perderti». «Anche io, ora che ti ho trovato, non vorrei più separarmi da te». La sua voce era ferita, ma Levi non trovò traccia di esitazione e seppe che non voleva salvarsi. Erwin era disperato, ma sicuro come sempre. Si accasciò su di lui, nascondendo il volto contro il suo petto e sussurrò «Vuoi veramente morire, Erwin?». E in quel momento il comandante cedette; lo sentì tremare mentre esclamava con voce spezzata «No che non lo voglio! Io non voglio farmi ammazzare: vorrei poter mandare a morire tutti gli altri pur di salvarmi la pelle e la cosa esasperante è che ho il potere di farlo!» riprese a fatica il controllo «Ma non sarebbe giusto. Ho la possibilità di fare qualcosa di veramente utile per l'umanità: lo devo ai miei uomini». Levi restò un po' in silenzio, poi sibilò tra i denti «Vorrei poterti obbligare». «Ma non lo farai, vero?» gli chiese Erwin preoccupato. Gli prese il volto per costringerlo a guardarlo in volto. «Promettimi che non mi salverai se questo metterà in pericolo qualcun altro». Levi avrebbe voluto urlargli contro che non lo accettava, che nessun figlio di puttana là fuori lo meritava, ma il comandante sussurrò ancora «È un ordine. Il mio ultimo ordine» e lui crollò. Erwin gli baciò dolcemente la testa cercando di rassicurarlo e aggiunse «Però non disperare. Ora che ho te ti prometto con tutto me stesso che lotterò con ogni forza per tornare. Cercherò di fare in modo che il mio sacrificio non sia necessario: me la sono cavata in situazioni peggiori, non credi che io abbia una possibilità di salvarmi?». Lo guardò negli occhi con il suo sorriso sicuro che vedeva al di là dei loro tristi confini, quel sorriso che Levi aveva deciso di seguire per avere vita. Per un attimo, un solo disperato attimo, gli credette. Annuì. «Grazie Levi» disse Erwin improvvisamente più sereno «Ti prego, fidati di me».
   
 
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