Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Chiisana19    09/12/2016    10 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
"Quella mattina avrebbe preso finalmente quel treno che poteva cambiarle la vita. Niente più routine. Certo, avrebbe continuato a vedere la sua famiglia e i suoi amici, ma non come prima. Era grande ormai e quel grande passo ne era la prova. "
Kagome è una ragazza piena di vita e, un giorno, decide si fare qualcosa che prima o poi dovremo fare tutti: andare via di casa. E come iniziare al meglio condividendo quel grande appartamento con quattro bellissimi ragazzi completamente diversi? Non sarà solo un'esperienza unica, ma anche l'inizio di una grande amicizia e forse.. di un nuovo amore.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Home Sweet Home


 
La casa è il luogo dove risiede l’amore,
vengono creati i ricordi, arrivano gli amici
e la famiglia è per sempre.
 
Anonimo
 
 

Capitolo 5 – Casa dolce Casa

 

Quella mattina Kagome si svegliò abbastanza presto. Il sole stava ancora sorgendo, ma non riusciva a prendere sonno, così, dopo essersi messa una felpa sopra la canottiera che usava come pigiama, uscì scalza dalla camera, raggiungendo silenziosamente la cucina.
Mise a posto tutti gli attrezzi che aveva utilizzato il giorno prima per preparare i pancake a Miroku. Sorrise intenerita, ripensando a quello che era successo tra lui e Sango. Era veramente felice per entrambi.
Iniziò a preparare il caffè, quella mattina non c’era Bankotsu, dato che era rimasto a dormire dalla sua famiglia, ma mise comunque i suoi biscotti preferiti sul tavolo, insieme alle tazze e le posate. Si mise a sedere, addentando uno di quei biscotti alla vaniglia, mentre aspettava che il caffè fosse pronto.
Diede un altro morso, quando ad un certo punto uno stanco Inuyasha sbucò dalla soglia della cucina, scompigliandosi ancora di più i suoi bellissimi capelli d’argento per poi bloccarsi non appena vide Kagome seduta. Si guardarono intensamente. Inuyasha non si aspettava di certo di trovare qualcuno sveglio a quell’ora, soprattutto lei. Quella notte non aveva chiuso occhio per colpa di quella ragazza.
«Buongiorno zuccherino» la salutò lui, versandosi un po’ di caffè dentro la tazza poggiata sul tavolo.
«Buongiorno anche a te» sorrise timida, riprendendo a mangiare il suo biscotto. Il ragazzo si sedette davanti a lei e un imbarazzante silenzio fece da padrone. Kagome teneva lo sguardo abbassato, mentre Inuyasha la osservava di sottecchi; la sera prima si erano separati in malo modo e lui non aveva intenzione di lasciare in sospeso quell’episodio. E poi, doveva parlarle..
«Senti Kagome, riguardo a ieri sera.. » iniziò con difficoltà il ragazzo, ma lei lo bloccò subito.
«Non devi dire niente, la colpa è solo mia. Ti ho giudicato senza neanche conoscere i fatti, contando anche che io non sono nessuno per valutare le tue scelte, perciò.. mi dispiace» riprese a respirare, ma non aveva il coraggio di guardarlo, col timore di vedere quei bellissimi occhi provare odio verso di lei.
Inuyasha, dal canto suo, era sorpreso. Quella ragazza era incredibile, ogni giorno lo stupiva sempre di più. Lui non voleva delle scuse, anzi, non capiva neanche perché gliele avesse fatte, ma non disse nulla. La guardò e basta.
«La mia famiglia e quella di Kikyo sono sempre stati in buoni rapporti, per questo hanno cercato di farci sposare» spiegò con un sospiro, mentre Kagome alzò di scattò il volto, osservandolo, mentre lui si portò una mano tra i lunghi capelli «Naturalmente non eravamo d’accordo, però, quando abbiamo iniziato a conoscerci, ci abbiamo provato. Siamo stati due anni insieme» a quelle parole il cuore di Kagome scoppiò.
«Devo dire che in quegli anni sono stato veramente felice, però..»
“Però?” pensò ansiosa la ragazza, senza staccare i suoi occhi scuri dalla sua bellissima figura.
«Il mio non era amore, ero semplicemente affezionato, così come lei del resto» spiegò, accennando un sorriso, guardandola timido «Così, dopo averne parlato ai nostri genitori ci siamo lasciati, ma in buoni rapporti. Kikyo la considero una cara amica e non voglio che tu mi consideri un approfittatore»
Kagome non sapeva che fare. No, lei non pensava affatto quello.
«Kikyo non ha mai tradito Naraku, né con me e né con nessun’altro, perché lo ama davvero. Credimi Kagome» mormorò Inuyasha, posando la sua mano sulla sua più piccola, stringendola lievemente. A quelle parole la ragazza gli regalò un sorriso dolce, ricambiando la presa.
«Ti credo» sussurrò contenta, facendo sorridere anche lui. Kagome era veramente una ragazza speciale.
«Buongiorno!» esclamò un euforico Koga, entrando in cucina, mentre Inuyasha, con uno scatto, lasciò la mano della mora, osservando confuso l’amico.
«Come mai così attivo? Ti ricordo che è lunedì» borbottò infastidito, mentre lui gli scompigliò allegramente i capelli, prendendo un biscotto.
«Si, si Inuyasha, lo so!» rispose. Inuyasha alzò un sopracciglio. Ok, era completamente andato e non capiva perché, mentre Kagome era più che convinta di saperlo. Ridacchiò divertita.
«Kagome, io e Inuyasha stasera abbiamo una partita e Ayame verrà a vederci, vuoi unirti a noi?»
Sia lei che il ragazzo di fronte sgranarono gli occhi per quella richiesta. Kagome a vedere una partita di basket? Inuyasha lo guardò impaurito, aggrottando la fronte «Koga, sei sicuro di stare bene?»
Il ragazzo dagli occhi azzurri annuì energicamente, prendendo un altro biscotto «Sicurissimo» rispose, uscendo dalla cucina sotto lo sguardo divertito di Kagome e quello confuso di Inuyasha, che la guardò preoccupato. Kagome gli sorrise, alzando le spalle.
«Credo sia l’amore»
 
 
 

Erano le 19.30 e la partita era iniziata da mezz’ora. Kagome aveva finito il suo turno al bar alle 17, mentre per Ayame era il suo giorno libero. Se ne stavano sedute sugli spalti della grande palestra coperta, osservando ogni tanto i ragazzi in campo, dato che per tutto il tempo non facevano che parlare. Infondo era normale: non ci capivano nulla di basket.
Ad un certo punto Koga le guardò, regalando un sorriso malizioso e sexy alla rossa, che gli sorrise a sua volta, salutandolo con la mano. Kagome ridacchiò, osservandola.
«Vedo che tra te e Koga procede bene»
Ayame continuò a schernire  il ragazzo, ma ascoltando l’amica, infatti annuì «Già, ieri sera è venuto da me, chiedendomi di accompagnarlo fuori e abbiamo parlato» spiegò con gli occhi che brillavano emozionati.
«Poi ci siamo baciati e stanotte, beh..» lasciò in sospeso la frase, arrossendo leggermente. Kagome la colpì lievemente con la sua spalla, per incoraggiarla. In realtà l’aveva già capito quella mattina per il modo in cui Koga si era svegliato in estati, alla fine non era difficile capire gli uomini. Rimasero a guardare i ragazzi rincorrere quella palla arancione, quando ad un tratto, Ayame si voltò a guardarla.
«Kagome, lui mi ha spiegato tutto» disse leggermente seria, allarmandola. Era arrabbiata?
«Io non so come ringraziarti, davvero» tirò un sospiro di sollievo, meno male!
«Non devi, sono molto felice per voi» ed era vero, loro due erano una coppia bellissima, nessuno poteva pensare il contrario.
«Sai, io credo di essermi presa subito una cotta per lui, nel momento in cui l’ho visto la prima volta allo Yagura» raccontò la rossa, ricordando quel giorno come se fosse ieri «E dopo quell’episodio non l’ho affatto odiato, anzi, sono stata io l’incosciente, perché sapevo che lui non era in sé, ma ho voluto comunque seguirlo»
Kagome annuì, senza dire nulla. Forse era meglio non parlare di quel tasto dolente, anche perché era acqua passata, contava il presente adesso. Senza neanche accorgersene il sul sguardo volò su Inuyasha, che in quel momento aveva lanciano la palla ad un suo compagno, per poi ricominciare a correre. La divisa nera gli stava divinamente, aderendo perfettamente al suo corpo allenato. La sua fronte era sudata, ma era comunque affascinante. I capelli legati in una coda alta.
«Tu invece?» continuò la amica, usando un tono malizioso, che la fece preoccupare. Staccò immediatamente gli occhi dalla figura del ragazzo.
«Cosa?»
«Quando hai intenzione di parlare con Inuyasha?» per poco non si strozzò con la sua stessa saliva, infatti iniziò leggermente a tossire, mentre la ragazza con le codine le tirò due pacche sulla schiena.
«M-ma.. che stai dicendo Ayame?» domandò turbata, con gli occhi umidi e il viso arrossito, sia per la tosse che per la vergogna.
Ayame incrociò le braccia, osservandola in modo serio «Guarda che non mi freghi, ho visto come lo guardi, proprio come hai fatto in questo momento» colta sul fatto Kagome sospirò, abbassando il capo.
Si portò una mano sulla fronte, scompigliandosi la frangia sbarazzina «Non potrà mai funzionare Ayame. Lui è il mio coinquilino e poi.. non sono il suo tipo, credimi» mormorò abbattuta.
«Secondo me sbagli» le sorrise, ma quelle tre semplici parole non le bastarono.
Ad un certo punto il fischio che segnalava l’inizio dell’ultimo tempo le risvegliò, mentre le due squadre si radunarono nelle rispettive panchine. Mancavano solo dieci minuti alla fine della partita e la squadra di Inuyasha e Koga era avanti di due punti.
Dopo aver parlato e tirato un urlo tutti insieme i cinque giocatori rientrarono in campo, mentre un gruppo di ragazzine, vicino alle due fanciulle, iniziarono a gridare come pazze.
«Galline» mormorò divertita Ayame, facendo ridere Kagome, non aspettandosi un’uscita simile dalla sua amica.
Cinque minuti dopo le due squadre erano in pareggio. Le grida di incitamento riempivano tutta la palestra, insieme ai cori dei tifosi. Molti di loro tenevano in mano striscioni, agitandoli energicamente. Sia gli allenatori che i giocatori in campo gridavano, per darsi indicazioni.
Inuyasha guardò per un attimo il pubblico intorno a sé, soffermandosi su Kagome, che guardava confusa la partita. Sicuramente non ci stava capendo nulla, lo sapeva che quella era stata una pessima idea, però non gli dispiaceva la sua presenza.
Ad un certo punto un suo compagno braccato gli passò la palla e lui, facendola  ribalzare tre volte a terra raggiunse il canestro avversario, ma due sfidanti si misero davanti a lui, non permettendogli così di provare a lanciare la palla; mancavano pochi secondi e non poteva rischiare. Con la coda dell’occhio vide Koga muovere le braccia, così, con una finta, si liberò di quei due, ma prima che fosse bloccato nuovamente passò la palla all’amico.
Koga osservò concentrato per un attimo quella piccola cesta, per poi spiccare un balzo e lanciare la palla in aria. Questa volò dritta in quella posizione togliendo il fiato a tutti. La palla entrò perfettamente dentro il canestro e l’arbitro soffiò il fischietto, segnando il punto valido. Forti grida partirono per tutta la palestra, quando la squadra di casa fece punto. Dopo neanche dieci secondi ci fu un secondo fischio, era finita e avevano vinto.
«Il mio Koga ha fatto canestro, ha fatto canestro!» gridò come una pazza Ayame, iniziando a saltare, toccandosi con i talloni il fondoschiena, mentre Kagome, rimasta seduta, ridacchiò.
«Chi è ora la gallina?» Ayame la incenerì con lo sguardo.
Dopo soli trenta minuti dalla fine della partita la squadra era andata a festeggiare la vittoria, recandosi come al solito allo Yagura. Ayame e Kagome si erano unite a loro, anche se quest’ultima non era molto entusiasta, ma non aveva avuto scelta, Ayame l’aveva praticamente minacciata.
«Che bello, questa è la mia prima volta come cliente e non come cameriera» esclamò felice la rossa, mentre Koga circondò le sue spalle con un braccio, posandole un lieve bacio sulla tempia. Kagome li guardava con un lieve sorriso, erano così dolci.
«Un brindisi a questa vittoria!» urlò uno dei ragazzi, alzando in aria la sua bevanda, seguito subito dopo da tutti gli altri. Anche Kagome alzò leggermente la sua coca. Quella sera non aveva tanta voglia di bere, anche perché non aveva intenzione di stare lì fino a tardi. Inuyasha, seduto davanti a lei, la guardò, avvertendo chiaramente il suo disagio.
«Vado un attimo in bagno» mormorò la corvina alla sua amica, che annuì soltanto. Una volta sparita dentro il bagno delle ragazze Inuyasha si alzò, aspettandola fuori e poggiandosi al muro.
Kagome uscì da dentro una cabina, iniziando a pulirsi le mani col sapone, per poi asciugarle con della carta. Si guardò allo specchio e tentò di sistemarsi un ciuffo ribelle. Sbuffò, perché non aveva intenzione di stare al suo posto. Uscì dal bagno, con l’intenzione di tornare al tavolo, ma una figura lì accanto la bloccò.
«Inuyasha» mormorò, osservandolo confusa «Non stai insieme alla tua squadra?»
Lui scosse il capo, staccandosi dalla parete, raggiungendola «Nah, alla fine usciamo quasi tutte le sere, quindi non credo che mi perderò molto e poi Koga è occupato in questo momento» indicò col capo il tavolo, mentre i due ragazzi continuavano ad abbracciarsi.
Kagome li osservò, mentre Inuyasha guardava il profilo di lei, incantato «Come ci sei riuscita?» sussurrò, attirando l’attenzione della ragazza, che non capì «Solo io sapevo il suo segreto. Non l’ha mai raccontato a nessuno» spiegò soltanto, facendo intendere a Kagome la storia dei due ragazzi.
«Beh, io non l’ho di certo costretto» disse con un sorriso e alzando le spalle innocentemente, ma lui continuava a fissarla serio.
«E so anche che Bankotsu ha fatto la pace con suo fratello» Kagome lo guardò, rimanendo ferma sul posto, dove voleva arrivare? «E mio padre ieri è venuto a parlarmi»
Il suo respirò le si mozzò per un instate, lui sapeva della chiacchierata tra lei e suo padre? Agitata iniziò a stuzzicarsi le mani in difficoltà, mentre Inuyasha si avvicinò di un passo «Me l’ha detto lui» disse soltanto.
«Kagome da quando tu sei qui con noi non hai fatto altro che aiutarci» continuò il ragazzo, senza staccare i suoi occhi da quelli di lei «Sei sempre così allegra, sincera e te ne vai per la tua strada fregandotene delle opinioni degli altri. Io ti ammiro..»
Era vero, l’ammirava, forse dal primo giorno che l’aveva conosciuta. Non era come le altre, era semplicemente se stessa, senza vergognarsi di fare scenate simili a quelle dei bambini o a mettere, anche in sua presenza, una grande quantità di zucchero dentro il caffè, nonostante fosse una cosa decisamente assurda.
«E in questo mese, stando accanto a te, mi sono sentito finalmente.. sereno» concluse, avvicinandosi ancora di più, permettendogli di percepire quel buonissimo profumo «Perciò, grazie» allungò una mano, sfiorando lievemente la pelle chiara e perfetta della sua guancia.
Kagome ebbe come l’istinto di chiudere gli occhi, per bearsi ancora di più di quel tocco, ma si trattenne. I soliti brividi si fecero sentire, ma questa volta non solo lunga la schiena, ma su tutto il corpo. Le dita del ragazzo erano così calde, aveva una voglia matta di stringere quella mano grande..
 «Inu..»
«Ragazzi venite?» urlò Koga. Li risvegliò, ma Inuyasha non tolse la mano come aveva fatto quella mattina, semplicemente le sorrise, per la prima volta dolcemente, per poi fare un gesto con la testa, indicando l’uscita.
«Andiamo»
 
 
 

I quattro ragazzi entrarono dentro l’appartamento che era vuoto. Sia Miroku che Bankotsu avevano lasciato un biglietto, con scritto che quella sera avrebbero dormito fuori, quindi casa libera per loro. Koga prese Ayame per mano, trascinandola via con sé.
«Buonanotte ragazzi!» li salutò Koga, mentre Ayame lanciò uno sguardo emozionato all’amica, sorridendo a trentadue denti, subito dopo sentirono una porta sbattere, rimanendo così soli. Kagome imboccò il corridoio, mentre Inuyasha spense le luci, ma grazie ai riflessi della luna ci vedevano comunque. La ragazza arrivò infondo, con la porta della soffitta chiusa, abbassò la maniglia per aprirla, non prima di essersi voltata verso il ragazzo.
«Buonanotte Inuyasha» mormorò timida, mentre lui si avvicinò a lei con le mani dentro le tasche e il solito sorriso altezzoso.
«Buonanotte»
Bene, ora doveva semplicemente aprire la porta e iniziare a salire le scale per raggiungere la sua camera, perfetto! Ma allora perché non lo faceva? Quel silenzio era troppo imbarazzante, iniziò a sudare freddo, mentre lui pareva tranquillo.
Dopo aver ingoiato un po’ di saliva Kagome si decise; si alzò sulle punte, posando un lieve bacio sulla guancia del ragazzo per poi sparire come un fulmine dentro, chiudendo la porta. Inuyasha rimase impalato, non aspettandosi quel gesto; sorrise come un ebete, posando una mano sulla parte appena sfiorata e si allontanò, entrando nella sua camera.
Intanto Kagome stava ancora appoggiata con la schiena sulla porta, mentre il cuore batteva a mille. Vi posò sopra la mano, cercando di calmarlo. Tirò un sospiro, per poi salire con la stessa velocità di un bradipo quelle poche scale, raggiungendo la soffitta, iniziando a spogliarsi per mettersi il pigiama.
2.46
Inuyasha si girò per l’ennesima volta sul letto, non riusciva a dormire e non era solo per quei versi che aveva sentito provenire dalla camera di Koga, anche se oramai si erano placati. No, era sempre per lei: Kagome. Quel semplice bacio l’aveva completante stordito. Ma che diamine, era un uomo! E si faceva abbattere da un semplice bacio sulla guancia?
Si mise con uno sbuffo a pancia in su, coprendosi gli occhi col braccio. La parte sfiorata da quelle soffici labbra bruciava ancora. Chissà se Kagome dormiva..
Con uno scatto si tolse le coperte di dosso, mettendosi a sedere. Stava pure morendo di caldo, togliersi la maglia non era bastato, aveva quasi l’intenzione di togliersi anche i pantaloni neri, ma un altro pensiero gli balenò in testa. Mordendosi le labbra si alzò, sapendo che quello che stava facendo era sbagliato.
Uscì dalla sua camera, raggiungendo la porta che portava su in soffitta. Poggiò la fronte, chiuse gli occhi e rimase in ascolto. Nulla, da lì dentro non proveniva neanche il rumore di una mosca. Ma che stava facendo, era naturale che Kagome stesse dormendo! Che idiota..
Sospirò appena, tornando abbattuto in camera.
Intanto anche Kagome era sveglia e non smetteva di osservare il soffitto. Si alzò di scatto, scese dal letto e uscì dalla sua camera, ma prima di poterlo fare del tutto si guardò attorno, sperando che non ci fosse nessuno. Con addosso la canottiera verde chiaro, i pantaloni del pigiama dello stesso colore, con riquadri bianchi e piedi scalzi, camminò in modo felpato, cercando di fare meno rumore possibile.
Raggiunse la porta della stanza di Inuyasha, mentre la sua testa continuava a ripetergli che quella era una pessima idea. Posò sopra l’orecchio, per capire se il ragazzo fosse sveglio. Poggiò pure le mani sulla porta, bussando lievemente con l’indice, ma era quasi impossibile sentirlo, però Inuyasha, che in quel momento stava guardando fuori dalla finestra lo percepì, girandosi improvvisamente verso l’uscio.
Kagome si staccò, abbassando la testa. Girò i tacchi e si allontanò, con l’intenzione di raggiungere la sua camera, ma ad un certo punto sentì lo scatto della maniglia, bloccandola sul posto. Inuyasha la guardava serio, mentre lei si voltò verso di lui, senza sapere cosa fare.
Rimasero a fissarsi. Kagome era talmente agitata che non si era neppure accorta che lui era col petto scoperto. Aprì la bocca per parlare, ma non uscì alcun suono. Inuyasha, stufo di quel gioco di sguardi la raggiunse e afferrò il suo polso, trascinandola dentro la sua camera, per poi chiuderla a chiave.
Kagome rimase in trappola, tra la porta e il corpo di Inuyasha, solo in quel momento si rese conto che era senza la maglietta. Iniziò a tremare lievemente e lui lo notò. Si avvicinò ancora, posando come qualche ora prima, la mano sulla sua guancia, ma questa volta accarezzandola.
Kagome era al settimo cielo, quel tocco era così bello, surreale. Inuyasha invece continuava ad osservarla, senza battere ciglio. La stanza era buia, ma la lieve luce che filtrava dalla finestra permetteva ai due ragazzi di vedersi comunque in viso. Per Inuyasha quella fisionomia era angelica, bellissima.
Con quei pensieri non ci pensò e lentamente si avvicinò al suo volto, percependone il respiro agitato sulle labbra e dopo un attimo di esitazione annullò la distanza. Era un bacio dolce, sincero, semplice. Inuyasha chiuse gli occhi, ma senza togliere la mano sulla guancia, mentre l’altra strinse la piccola vita della ragazza.
Kagome invece ebbe una reazione contraria. Gli occhi erano aperti, sgranati. Il corpo teso e rigido, come le sue mani lungo vita, strette in un pugno. Quando Inuyasha mosse leggermente le sue labbra per chiedere un contatto più intimo però chiuse anche lei gli occhi, rilassandosi a quelle carezze.
Le loro lingue si sfiorarono timide e subito dopo con più foga. Kagome abbracciò il collo dl ragazzo, mentre lui fece scendere la mano dalla guancia sul collo, mentre l’altra si insinuò dentro la canottiera, accarezzando la pelle liscia della pancia piatta.
Continuarono a baciarsi a lungo quando Inuyasha, senza staccarsi un attimo, la prese in braccio senza difficoltà, sdraiandola poi delicatamente su quel letto dove l’aveva vista la prima volta. Si mise sopra di lei, senza smettere di baciarla, alzando lievemente la sua canottiera fin sopra l’ombelico.
Kagome aveva il cuore a mille; nessuno l’aveva mai trattata così dolcemente, nessuno l’aveva mai accarezzata così rispettosamente, nessuno l’aveva baciata così passionalmente; nessuno, tranne Inuyasha. Portò le mani sulle sue spalle muscolose, mentre lui si incastrava tra le sue gambe, stando attento a non schiacciarla col suo peso. Kagome alzò lievemente una gamba e finalmente il ragazzo ebbe l’emozione di accarezzarla, anche se avrebbe preferito farlo senza i pantaloni che la coprivano.
Sentì una lieve pressione sul basso ventre, diventato improvvisamente troppo stretto; si avvicinò istintivamente ancora di più a lei e quando Kagome sentì la sua erezione si bloccò di colpo, agitata. Il loro respiri erano affannati e le labbra rosse e gonfie.
«Inu..» mormorò, ma lui la zittì con un bacio a fior di labbra. Sapeva cosa stava per dirgli, ma la bloccò lo stesso.  La voleva. Voleva farla sua, voleva sentire la sua pelle sotto le sue mani, sotto le sue labbra, voleva dimostrarle che quello che provava, era estremamente vero.
«Tranquilla» sussurrò al suo orecchio «Fidati di me»
Le sue parole la incantarono del tutto. Si lasciò completamente andare, permettendo al ragazzo di toglierle la canottiera, mostrandogli quelle piccole rotondità che per diverse volte aveva preso in giro. Voleva credergli. Voleva fidarsi di lui. Iniziò a giocare con i suoi capezzoli, mentre delle nuove sensazioni la pervasero. Istintivamente portò le sue piccole mani sull’orlo dei pantaloni neri, abbassandoli. Inuyasha l’aiutò, dato che era molto più alto, rimanendo con i boxer.
Iniziò a togliere anche a lei la parte inferiore, permettendogli finalmente di accarezzare quelle gambe perfette. Kagome lo baciò sul collo, facendogli scappare un piccolo gemito. Strinse con forza la sua coscia, mentre il basso ventre bruciava terribilmente. Solo il loro intimo li separava.
«Se vuoi fermarmi, fallo ora» mormorò al suo orecchio. Kagome lo guardò, lievemente rossa in viso e gli sorrise con sicurezza; Inuyasha liberò entrambi dagli ultimi tessuti rimasti e la osservò in tutto il suo splendore. Kagome, imbarazzata, distolse lo sguardo facendolo sorridere. Baciò la sua guancia con dolcezza, per poi posarle di nuovo sulle sue labbra.
«Sei stupenda»
Quella notte si amarono. Nessuno dei due lo aveva ammesso, perché ormai lo sapevano entrambi e per la prima volta nella loro vita si sentirono completi, provando un piacere mai sperimentato. Per tutta la notte non si lasciarono neanche per un istante, perché stavano bene. Finalmente, si sentirono veramente a casa, l’uno tra le braccia dell’altra. 
 
 
 

La stanza era poco illuminata dai lievi raggi che filtravano dalla finestra, chiusa dalle tapparelle.
Kagome, con la pancia rivolta verso il basso e le braccia aperte, si mosse un poco, scoprendo di avere il volto nascosto nel cuscino. Strinse gli occhi e istintivamente allungò la mano sinistra, che toccò il freddo e vuoto materasso. Alzò di poco il capo, constatando di essere sola.
Si girò, ma rimanendo sdraiata, mentre il lenzuolo bianco le copriva il corpo nudo. Sorrise. Quella notte lei e Inuyasha avevano fatto l’amore. Si portò emozionata le mani al petto, mentre i piedi si muovevano agitati sotto le coperte, come una bambina. Richiuse gli occhi, beandosi delle immagini di quei momenti che aveva condiviso con il ragazzo, ma proprio in quel momento la porta si aprì e istintivamente si portò fino al naso il lenzuolo, cercando di coprirsi il più possibile.
Un sorridente Inuyasha entrò nella stanza, con in mano un vassoio e con addosso solo dei pantaloncini. Quando vide la ragazza in quella posizione ridacchiò, accese la luce e chiuse con un calcio la porta, per poi avvicinarsi al letto, non prima di aver posato il vassoio pieno sulla scrivania accanto. Si sedette sul materasso, mentre questo, per colpa del suo peso, affondò appena, mentre Kagome lo guardava abbastanza imbarazzata.
«Buongiorno» sussurrò Inuyasha, scompigliando ancora di più la frangia di lei, che non si mosse, disse semplicemente un qualcosa di incomprensibile.
Inuyasha sorrise divertito, notando che la ragazza era a disagio «Che fai, ti vergogni?» domandò, sdraiandosi di fianco a lei, ma sopra le coperte. Abbracciò la sua vita, avvicinandola così a lui, mentre Kagome scosse il capo energicamente.
«No che non mi vergogno!» sbraitò, cercando di non alzare troppo la voce, ma a Inuyasha non bastò, perché non smetteva di ridere sotto i baffi.
«A me sembra il contrario» commentò, indicando col mento quel tessuto bianco che li divideva. Kagome  si liberò fino al collo, girando il capo da un’altra parte.
«E’ che.. devo ancora abituarmi. E poi ieri sera era buio» tentò di giustificarsi. In effetti era vero, era così presa dalla passione che la vergogna era del tutto scomparsa. Arrossì ancora, ricordando nuovamente quello che era successo.
Inuyasha sorrise, avvicinando le sue labbra al suo collo, annusandolo «Ieri sera è stato bellissimo» sussurrò, stringendo istintivamente la sua presa intorno al suo corpo. La voglia di riaverla si accese improvvisamente dentro di lui, mentre il suo profumo lo drogava completamente. Vi posò un lieve bacio, semplice, mentre Kagome rabbrividì e per sua sfortuna il ragazzo si ritirò.
«Hai fame? Ti ho portato la colazione. Mi sembrava il minimo dato che l’hai sempre preparata tu» disse contento, afferrando il vassoio rosso e posandolo sotto il naso della corvina, che lo guardò stupida, ma anche emozionata. Gli occhi le brillavano; nessuno, tranne sua madre quando stava male, le aveva portato la colazione a letto.
«Hai cucinato?» domandò sorpresa, con un grosso sorriso, ma lui scosse la testa.
«Certo che no, ho solo rubato tutto quello che c’era» ammise con un sorriso, alzando le spalle. In effetti non gli sembrava il tipo che si metteva alle sei di mattina a preparare qualcosa tra i fornelli, anche se a Kagome quelle immagini non dispiacevano.
Si mise a sedere, per riuscire a mangiare meglio. Addentò un biscotto, ma solo in quel momento si rese conte che il lenzuolo bianco era lievemente calato, mostrando quasi del tutto le due piccole rotondità. Kagome se le coprì immediatamente, mentre Inuyasha, che era rimasto incantato da quella visione, sbuffò.
«Smettila di coprirti zuccherino» mormorò, avvicinandosi pericolosamente a lei. Strinse il suo polso, che teneva con forza il tessuto, mentre l’altra accarezzò il fianco «Sei così bella..»
Senza neanche darle il tempo il ragazzo si mise sopra di lei, rischiando di far cadere per terra il vassoio. Iniziò a baciare il suo collo, mentre il suo amico lì sotto si risvegliò. Kagome rimase ferma, ma poi si rilassò del tutto a quei baci, poggiando le mani sulle sue spalle muscolose.
«Però non è giusto» sussurrò divertita, obbligando il ragazzo a staccarsi da lei, per vederla in viso.
«Cosa?» domandò curioso, per poi ricominciare a torturarle quel collo da cigno, lasciando lungo la scia qualche lieve morso, mentre scendeva sempre di più.
«Io sono tutta nuda e te no» Kagome arrossì immediatamente, quando si rese conto di quello che aveva appena detto, mentre Inuyasha non smetteva quel suo giochino, anche se una lieve risata sfuggì dalle sue labbra.
«Beh, per questo possiamo rimediare..» disse di rimando, prendendo il lembo del lenzuolo, iniziando ad abbassarlo lentamente.
«Scemo!»
 Inuyasha si sistemò meglio tra le sue gambe, mentre la liberava del tutto da quel maledetto tessuto bianco e allo stesso tempo si spogliava «Kagome..» sussurrò, non appena avvertì il disagio della ragazza. Le accarezzò le gambe nude, avvicinandola ancora di più al suo corpo eccitato «Per me tu sei, la persona più bella e speciale che abbia mai incontrato.. perciò, non vergognarti» disse con gli occhi chiusi, ormai ipnotizzato da quella situazione.
A quelle parole Kagome sorrise intenerita, mentre i suoi occhi si inumidirono, forse emozionati da quelle parole che non si aspettava di ascoltare. Inuyasha aprì le sue palpebre color oro, specchiandosi nelle sue.
«Fidati ancora di me» mormorò, baciando con una dolcezza surreale un suo occhio umettato, provocando alla ragazza ancora più piacere e felicità.
Sorrise «Non ho mai smesso di farlo»
Anche quella mattina fecero di nuovo l’amore, mentre fuori dalla stanza un Koga curioso e mezzo nudo teneva poggiato l’orecchio sulla porta.
«Dai Koga lasciali stare!» mormorò Ayame, osservando il ragazzo che aveva portato un dito sulle labbra, per intimarle di fare silenzio. La sera prima aveva sentito che l’amico era entrato nella sua stanza, sbattendo forte la porta e chiudendola a chiave, perciò c’era un’unica ipotesi: quei due stavano combinando qualcosa! E come se non bastasse, quando era andato in bagno quella mattina, lo aveva beccato a preparare la colazione, per di più fischiettando! 
«Non sento più nulla» sussurrò il ragazzo, guardando di sottecchi la rossa, che scosse sconsolata il capo. Indossava una sua maglietta nera e le stava talmente grande da coprirla fino a metà coscia. Oh Kami quanto lo eccitava quella visuale..
«Credo abbiano finito..» continuò, ma senza smettere di guardarla, mentre Ayame si avvicinò a lui, trascinandolo via imperterrita.
«Su avanti impiccione, vieni!» esclamò divertita, raggiungendo il salotto, con l’intenzione di andare in cucina e fare colazione, ma ad un certo punto la porta si aprì improvvisamente, seguita da un grido euforico.
«Jakotsu! Ridammi le chiavi» sbraitò Bankotsu, tentando di acciuffare quel mazzetto che teneva in mano il ragazzo, che rise divertito; tanto ormai era entrato.
«Perdonami fratellone, ma odio le entrate professionali!» disse divertito, sotto lo sguardo scioccato dei due fidanzatini. Jakotsu li guardò tranquillamente, ma quando vide il coinquilino del fratello impazzì «Koga!» gridò come una ragazzina, alzando le braccia in aria e facendo volare le chiavi, che Bankotsu, fortunatamente, prese al volo.
Koga rabbrividì, afferrando terrorizzato la mano della rossa, che non capiva. In effetti il nuovo arrivato era un po’ troppo.. effeminato? Il suo stile era di un total black, compresi gli anfibi, l’unico colore che indossava era un leggero rosso sulle labbra.
«Certo che così mi provochi» continuò lui, regalando un occhiolino alla sua vittima. Si guardò, in effetti era senza maglietta; forse doveva iniziare ad ascoltare Kagome che, quando era lì con loro, aveva sempre detto che andare in giro in quel modo era esagerato.
Intanto Bankotsu si portò sconsolato la mano sulla fronte. Suo fratello era sempre il solito.
«Salve a tutti, siamo tornati!» un pimpante Miroku entrò in casa, dato che la porta era rimasta aperta, seguito da Sango. Si ritrovarono tutti in salotto, sembrava un ritrovo di qualche club da strapazzo.
«Dato che Jakotsu non aveva avuto modo di salutarvi alla festa mi ha praticamente obbligato a farlo venire qui» sbuffò il ragazzo con la treccia, mentre l’interessato alzò un indice, seguito da un brillante sorriso.
«Esatto! Mi mancava la presenza di voi bei maschioni, soprattutto di..»
«Ehi, ma che succede qui?»
Inuyasha e Kagome, completamente vestiti, erano appena sbucati dal corridoio, osservando tutti i presenti confusi. 
«Inuyasha!» gridò euforico Jakotsu, alzando per la seconda volta le braccia al cielo, spaventando tutti i presenti. Il ragazzo, dal canto suo, sbiancò, sgranando terrorizzato gli occhi.
«Ja-Jakotsu?» mormorò, mentre il moro si avvicinò velocemente a lui, fermandosi a pochi centimetri e guardandolo incantato. I suoi occhi sembravano piccoli diamanti.
«Mio bel sogno, da quanto non ti vedevo, sei sempre più affascinante!» Tutti i presenti ridacchiarono, compresa Kagome, che tentò di nasconderlo con una mano e attirando l’attenzione di Jakotsu.
«Kagome! Speravo di vedere anche te» continuò ancora con lo stesso tono di voce, afferrando felice le sue mani. Inuyasha spalancò la bocca scioccato.
«Da quando Jakotsu è contento di vedere una femmina?» sussurrò scandalizzato Koga al suo amico d’infanzia, che divertito, alzò le spalle.
«E’ una lunga storia..» rispose divertito. Anche se lui e Jakotsu durante la festa si erano completamente ubriacati si ricordavano perfettamente la seria chiacchierata, soprattutto di quando gli aveva raccontato di come Kagome gli avesse fatto aprire gli occhi. Quando quella sera erano tornati a casa non smetteva di ripetere il nome della ragazza.
Intanto Jakotsu non aveva lasciato le mani di Kagome, che iniziò a guardare attentamente, poi osservò il ragazzo di fianco a lei per poi piegare il capo da un lato «Ma.. avete fatto sesso?»
A quelle parole Inuyasha e Kagome arrossirono immediatamente, bloccandoli sul posto. Inuyasha agitò le mani nel panico, cercando di rimediare «Cos.. No! Noi..»
«Non mi fregate!» lo bloccò Jakotsu divertito, facendogli la linguaccia. Intanto anche gli altri ragazzi si fecero attenti e quando videro la reazione dei due ragazzi ridacchiarono tra di loro.
«Io l’avevo già sospettato!» ammise Bankotsu, incrociando le braccia.
«Inuyasha, mi meraviglio di te!» affermò Miroku, che continuava a stringere con un braccio Sango, che sorrideva felice alla mora.
«Volete piantarla? Siete insopportabili!» esclamò Inuyasha. La cosa cominciava ad essere troppo imbarazzante, così si allontanò, sedendosi sul divano e accendendo la televisione, tanto era ancora presto per andare a lavoro, così come per tutti.
Koga, Bankotsu e Miroku lo seguirono, mentre le ragazze, compreso Jakotsu raggiunsero la cucina, iniziando a chiacchierare. Naturalmente l’unico uomo non perse l’occasione per raccontare loro come aveva conosciuto i coinquilini di suo fratello.
«.. e quindi quando l’ho visto non ho fatto a meno di dirgli quanto era fico!»
Le ragazze iniziarono a ridere, soprattutto Kagome, immaginandosi la faccia di Inuyasha quando Jakotsu gli disse quelle parole.
«Kagome cerca di capirmi: era in mutande!» si giustificò con un sospiro il ragazzo, che si portò una mano sul cuore. Ripensare a certe immagini lo emoziona«E comunque ho tentato di costringere mio fratello a farmi venire a vivere qui, ma quei mascalzoni hanno avuto da ridire!»
Loro ridacchiarono ancora «Lasciali stare Jakotsu, gli uomini sono ignoranti» commentò come al solito acida Sango, facendogli l’occhiolino. Ayame intanto aveva finito di bere il tè, così posò la tazza sul tavolo.
«Stasera vi va di fare un’uscita tutti insieme?» propose all’improvviso la rossa, guardando dall’arco della cucina i ragazzi che guardavano scocciati la tv. Odiavano essere messi da parte, mentre quel maledetto di un Jakotsu riceveva tutte le attenzioni che voleva. Brutta bestia la gelosia.
«A me va bene» rispose Koga.
«Anche a me! Un po’ di sano alcool» aggiunse Miroku, alzando contento una mano, mentre Sango assottigliò gli occhi.
«Occhio alla cresta Miroku» lo minacciò, mentre lui come un fulmine raggiunse la cucina, afferrando le sue mani e accarezzandole con la sua guancia.
«Stai tranquilla mia Sanguccia, non hai niente di cui preoccuparti»
Intanto anche gli altri entrarono in cucina «E invece mi preoccupo!» esclamò ancora Sango rossa di vergogna, non era abituata a mostrare certe scene in pubblico.
Kagome sorrise divertita e allo stesso tempo intenerita da quella scena. Il gruppo che col tempo si era formato era veramente unico, speciale. Sembravano proprio una grandissima famiglia felice. Intanto Inuyasha la guadava di sottecchi, con un leggero sorriso sulle labbra.
Ad un certo punto, mentre Jakotsu riprese a raccontare qualche altro inedito legato ai ragazzi, un cellulare iniziò a squillare. Kagome, dopo averlo tirato fuori si mise in piedi e raggiungense il salotto, scoprendo con piacere che era sua madre. Strano, di solito la chiamava la sera.
Con un sorriso accettò la chiamata «Pronto?»
Rimase in ascolto, prestando attenzione alla voce di sua madre, ma lentamente il suo sorriso mutò, mentre uno sguardo di terrore e panico si impossessò completamente di lei. In quel momento solo Inuyasha se ne accorse, che si avvicinò preoccupato di un passo.
«Che c’è Kagome?»
Lei alzò gli occhi umidi verso di lui.
 

 
 
Correva trafelata lungo quell’infinito corridoio. Le pareti erano bianche, mentre il fastidioso odore di disinfettante le colpiva le narici. Intanto, dietro di lei, i suoi amici la seguivano con difficoltà. Girò l’angolo, rischiando di scivolare per terra, ma quando vide il cartello che indicava il reparto di pediatria riprese comunque a correre. Aprì con forza la porta, simile a quella dell’antincendio, trovando a pochi metri sua madre seduta su una sedia e suo nonno che camminava avanti e indietro, con le mani dietro la schiena.
«Mamma!» la donna, sentendosi chiamare, si mise in piedi, guardando la figlia con gli occhi lucidi.
«Kagome..» sussurrò, spostando subito dopo la sguardo, dato che diversi ragazzi si erano fermati dietro la figlia col fiatone. Kagome, si voltò a guardarli, per poi riportare la sua attenzione sulla donna.
«Sono miei amici.. che è successo?» disse in fretta, portando entrambe le mani sulle sue braccia, scuotendola un poco. Sua madre abbassò il capo, mentre una silenziosa lacrima rigò la sua guancia pallida.
«Sota ecco, stava andando a scuola e una macchina.. oddio» non riuscì a terminare la frase, ma a Kagome quelle parole bastarono. Senza volerlo cominciò a ripetere nella sua mente di essere forte, ma i suoi occhi si inumidirono lo stesso.
«Come sta ora?» chiederlo le faceva dannatamente male.
«Non lo sappiamo» rispose suo nonno, che tra tutti, era quello più agitato «Quando siamo arrivati il medico ci ha detto che lo stavano già controllando» aggiunse, per poi tornare a camminare nervosamente.
Intanto i suoi amici non sapevano cosa fare o dire. Quando Kagome aveva rivelato loro che una persona a lei cara si trovava in ospedale non ci avevano pensato due volte. Sango aveva chiamato subito due dei suoi autisti personali, portando tutto il gruppo al Kuritsutaitō Hospital, che si trovava vicino al quartiere Asakusa, la zona in cui prima viveva Kagome con la sua famiglia.
Ayame aveva subito avvertito Byakuya, mentre Bankotsu, Jakotsu e Koga avevano decisero di entrare più tardi a lavoro.  
Inuyasha si morse il labbro. Forse non era stata una buona idea andare lì tutti, infondo loro che cosa centravano? In quel momento si sentì così in colpa, un peso..
Si voltò serio verso i suoi amici, facendo capire loro che era meglio lasciare sola Kagome con la sua famiglia. Il gruppo annuì, per poi sedersi poco distante, occupando tutti i posti, solo Inuyasha era rimasto a guardare un’ultima volta la schiena di Kagome, che continuava a parlare con sua madre, poi raggiunse gli altri.
Jakotsu si abbandonò completamente su quella scomodissima sedia di plastica con uno sbuffo. Povera Kagome, chissà in quel momento come si sentiva. Intanto un’anziana, che si trovava di fianco a lui, lo osservò abbastanza scandalizzata, sicuramente per il suo abbigliamento poco raccomandabile. Il ragazzo, sentendosi scrutare, girò lo guardo, studiando quegli occhi piccoli e scuri. Sorrise a trentadue denti.
«Salve. Giornataccia anche a lei vero?» domandò, utilizzando il suo solito tono allegro ed esuberante. La signora annuì soltanto, mentre Jakotsu gli diede una pacca dietro la spalla, rischiando di farla cadere.
«Non si preoccupi nonna! Tutto si aggiusterà» esclamò facendole un occhiolino, ma questa, aprì scioccata la bocca, per poi alzarsi e andarsene, sotto lo sguardo confuso di Jakotsu.
«Ma che ho detto?» si domandò, mentre sue fratello, che sedeva vicino a lui, scosse il capo, schiaffeggiandosi la fronte.
«Lascia perdere..» commentò.
 
 «Inuyasha smettila di agitarti»
La voce di Miroku lo colse alla sprovvista, risvegliandolo dai suoi pensieri, dal momento in cui si era seduto.
Scostò lo sguardo dal muro bianco  e si voltò alla sua sinistra, verso il suo amico, il quale lo osservava con la fronte corrugata, mentre Sango, teneva poggiata la testa sulla sua spalla e gli stringeva la mano.
«Cosa?» domandò confuso Inuyasha. Dal tono si capiva che era abbastanza smarrito.
«Continui a muovere la gamba come uno psicopatico» spiegò il moro, provando ad utilizzare un tono ironico, ma fallì miseramente, infatti Inuyasha sollevò un sopracciglio.
«Per caso è proibito?» borbottò, tornando ad osservare quel dannatissimo muro.
Gli ospedali non gli erano mai piaciuti; l’odore, l’ambiente.. qualsiasi cosa fosse gli faceva nascere dentro quel lieve senso di vertigine che gli attanagliava lo stomaco, rendendolo piuttosto vulnerabile. Ma quella volta non ci aveva pensato, non avrebbe mai abbandonato Kagome in una situazione simile.
«So cosa ti rende così nervoso, ma così non aiuti Kagome»
Quella frase l'aveva preso in contro piede. Dannazione, era così facile capire cosa in quel momento provava? Irrigidì la mandibola, trattenendo la rabbia.
«Non sono nervoso Miroku » rispose il ragazzo, cercando di apparire abbastanza convinto di ciò che aveva appena detto.
«Sì che lo sei, e anche preoccupato.. vero?» chiese convinto l’amico, con un sorriso triste in volto, piegando lievemente il capo. Inuyasha lo fulminò con lo sguardo, mostrando una smorfia contrariata, e successivamente sbuffò, segno che si era arreso. Miroku aveva ragione, cavolo.
«D'accordo lo sono perché io..» disse con difficoltà Inuyasha «Non sopporto di vederla così» ammise infine in un sussurro, guardando abbattuto le sue scarpe.
Miroku lo osservava con una tangibile comprensione sul volto. Annuì pensieroso, per poi tornare a guardarlo tristemente, ma sempre con un lieve sorriso.
«Ti sei innamorato di Kagome, vero?»
Quelle parole lo irrigidirono sul posto, facendolo tremare appena. Ormai aveva capito perfettamente che si era affezionato alla loro coinquilina, per non parlare dell’attrazione fisica, ma sinceramente a quello non ci aveva mai pensato. Lui si era.. innamorato?
Strinse gli occhi più confuso di prima, per poi scuotere il capo. Non era il momento di pensare a quelle cose «Può essere..» concluse con una lieve alzata di spalle, poggiandosi poi contro lo schienale di quella sedia e tornando a guardare distratto davanti a sé.
Kagome in questo momento stava male e lui non poteva abbandonarla, questo era la cosa più importante.
Qualche secondo più tardi, percepì la mano del suo amico posarsi sulla sua gamba con un tocco gentile, ma allo stesso tempo forte, con l'intento non solo di tenergliela ferma, ma anche di fargli capire che per qualsiasi cosa lui c’era. Sorrise riconoscente.
 
Kagome trattenne l’ennesima lacrima. Quanto tempo era passato? Un’ora? Forse anche di più.. l’unica cosa certa era che non ne poteva più di aspettare. Alla fine suo nonno, forse a causa dei dolori alle gambe, si era finalmente messo a sedere, mentre lei e sua madre continuavano a stringersi e ad accarezzarsi le mani, per darsi forza.
Perché Sota? Perché tra tutte le persone a cui poteva capitare doveva essere proprio suo fratello? Se avesse avuto la possibilità di scegliere avrebbe preferito essere lei al suo posto. Alzò gli occhi stanchi alla sua sinistra, osservando i suoi amici poco distanti seduti. Sorrise triste. Erano stati così carini ad accompagnarla, avevano addirittura saltato il lavoro per lei.
Staccò la schiena dalla sedia con l’intenzione di raggiungerli e ringraziarli a dovere, ma ad un certo punto una porta si aprì, seguita da un uomo con addosso un camice bianco. Sua madre e suo nonno si alzarono improvvisamente costringendo sia lei che i suoi amici a farlo. Il medico, abbastanza confuso, guardò i presenti.
«Chi sono i familiari?» domandò.
«Noi!» esclamarono all’unisono la famiglia Higurashi «Come sta il mio bambino?» domandò preoccupata la donna, con le lacrime agli occhi.
«Ho diverse notizie, sia buone che cattive» disse, mantenendo un tono piatto.
«La buona notizia è che attraverso l’anamnesi fatta, il bambino è fuori pericolo da contusioni celebrali, nonostante l’incidente sia stato molto grave ed abbia battuto la testa sull’asfalto» spiegò brevemente, facendo tirare un sospiro di sollievo a tutti presenti «In più durante la visita si è svegliato, ma abbiamo dovuto sedarlo perché il dolore della botta era insopportabile. Ha la gamba destra fratturata, ma il vero problema è un altro..»
Kagome tremò appena, stringendo istintivamente la mano di sua madre, senza staccare gli occhi dal dottore «Abbiamo paura che il bambino abbia un collasso al polmone destro. Questo si chiama pneumotorace, che solitamente è dovuta ad una contusione»
Il nonno di Kagome fece un passo verso di lui, timoroso «E.. che cosa significa?»
Lui lo guardò dispiaciuto «È praticamente una patologia, dove il polmone perde la capacità di distendersi e collassa a causa dell’entrata di un gas nella cavità pleurica. Perciò dobbiamo fargli una tac, sperando che la nostra teoria sia sbagliata»
Kagome a quelle parole chiuse terrorizzata gli occhi, permettendo così a due lacrime di scappare al suo controllo, mentre la donna al suo fianco traballò appena. Il medico riprese subito parola.
«Ci metteremo pochissimi minuti, ma sfortunatamente le macchine sono occupate da altri pazienti, quindi dovrete aspettare ancora un po’» posò una mano sulla spalla della madre, che era rimasta ferma, con gli occhi sbarrati «Mi dispiace » detto questo si allontanò, lasciando tutto il gruppo in silenzio. In quel momento nessuno sapeva cosa dire.
 
Era passata un’altra ora e ancora non sapevano niente. Diverso tempo dopo i ragazzi se ne erano andati, perché alla fine avevano i loro impegni e a Kagome andava bene così, per lei era già tanto se loro l’avevano accompagnata e addirittura perso un’intera mattinata.
L’unico che era rimasto era Inuyasha, che era sparito pochi minuti prima. Kagome invece, sicuramente per la pressione, si era addormentata sdraiata in posizione fetale su due sedie, mentre sua madre le accarezzava amorevolmente i capelli lunghi e scuri.
Inuyasha, quando tornò con in mano un bicchiere di plastica fumante sorrise lievemente a quella scena. Si vedeva che tra loro c’era un rapporto speciale. Indeciso raggiunse le due, mentre il nonno sedeva poco distante, anche lui addormentato con le braccia incrociate.
Il ragazzo si mise al fianco di quella donna simile a Kagome, fatta eccezione per i capelli, per poi allungare timidamente la mano.
«Questo è per lei signora» mormorò trepidamente «Un po’ di tè fa sempre bene» sorrise appena, mentre la donna accettò volentieri quel piccolo pensiero.
«Ti ringrazio caro» disse con voce dolce e riconoscente, smettendo di accarezzare i lunghi filamenti della figlia, iniziando a sorseggiare quella bevanda calda che piano, piano la rilassarono un pochino. Poi si voltò verso di lui.
«Sei uno dei coinquilini di Kagome?» in quel momento Inuyasha rivide nel suo volto quello di Kagome, erano veramente affini. Annuì, guardando distratto da un’altra parte «Inuyasha, giusto?»
A quella domanda si irrigidì come una corda di violino. Lei lo conosceva? Impacciato acconsentì, muovendosi continuamente sulla sedia, mentre lei ridacchiò, percependo il suo imbarazzo.
«Ti ho riconosciuto dal colore dei tuoi capelli. Mia figlia mi ha molto parlato di voi e sono felice che si sia integrata bene» ammise, finalmente con un sincero sorriso «Comunque non c’era bisogno che tu rimanessi»
Inuyasha la guardò serio per poi spostare lo sguardo sul corpo addormentato della ragazza «Non volevo lasciare sola Kagome» disse, senza smettere di guardarla.
«Grazie» seguita da quella parola una mano si posò su quella di lui, costringendolo ad osservare la signora accanto a lui. Era così diversa da sua madre. Così timida, riconoscente, amorevole. Kagome era veramente fortunata, anche se alla fine Izayoi non gli dispiaceva.
«Non si preoccupi. Sono sicuro che Sota si riprenderà» disse, anche se per un attimo si morse la lingua, dato che lo sguardo della signora Higurashi tornò nuovamente triste. Maledetto lui e la sua bocca.
«Si, però non è solo quello che mi preoccupa» Inuyasha smise immediatamente di offendere la sua persona, osservando curioso la donna.
«E cos’è? Se posso saperlo..»
Lei sospirò, poggiando la schiena sulla sedia e osservando la bevanda fumante dentro il bicchiere «La persona che ha investito Sota ci ha fatto causa» ammise. Inuyasha sgranò gli occhi «Dice che è entrato improvvisamente in mezzo alla strada e lui, cercando di evitarlo, oltre a distruggersi la macchina si è pure rotto il naso, ma.. io non ci credo» spiegò ancora.
«Ma è assurdo!» esclamò infuriato, alzando leggermente la voce. Cioè, questo tizio, oltre ad aver investito un bambino che ora sta lottando e soffrendo, li aveva pure denunciati?
“Che testa di cazzo” pensò con rabbia.
La madre di Kagome annuì, capendo perfettamente la reazione del ragazzo «Il problema è che noi non abbiamo i soldi per permetterci un avvocato» si portò affranta la mano libera sul volto, coprendolo. Inuyasha, a quella visione, si calmò del tutto. Indeciso alzò la mano, per poi posarla sulla schiena della donna.
Ad un certo punto un pensiero balenò nella sua testa. Ma certo..
«Non si deve preoccupare» disse deciso, attirando l’attenzione della donna, che tornò a guardarlo. Gli occhi color ambra di Inuyasha erano duri e decisi «Mio padre e mio fratello sono avvocati. Basterà chiamarli e sicuramente sarebbero più che felici di aiutarvi, mi creda»
A quelle parole un lume di speranza riempì il petto della donna, però allo stesso tempo, non voleva essere un’approfittatrice «Io non so se..» iniziò a dire, ma Inuyasha la bloccò.
«Si fidi di me»
Quello sguardo. Quelle parole. Ora capiva perché Kagome si era affezionata a lui.
E poi c’è Inuyasha.. mamma credimi all’inizio pensavo fosse un buzzurro arrogante e forse lo è davvero, ma in realtà è pure buono, timido e determinato.. e forse anche un po’ testone, ma c’è qualcosa nel suo guardo che mi trasmette protezione e sicurezza. Secondo te è strano?
Quelle furono le parole di sua figlia al telefono qualche giorno dopo che se ne andata.. e aveva ragione. In quel momento lo sguardo magnetico di Inuyasha la rassicurò all’istante. Posò la mano su quella di lui, stringendola appena.
«Grazie»
 
19.03
Ormai erano passate diverse ore da quando Kagome era svegliata. Pochi minuti dopo aver riaperto gli occhi il medico era tornato con un grosso sorriso, rivelando loro che la tac aveva confermato che i polmoni stavano bene, compreso il bambino. Alla fine aveva solo riportato una ferita alla testa e una frattura alla gamba destra.
Cinque minuti dopo lo avevano portando in una stanza permettendo così alla famiglia di stargli accanto, ma sfortunatamente era ancora sotto anestesia.
Quando si sveglierà dategli un po’ di tempo, sarà sicuramente molto confuso aveva detto il medico, per poi lasciarli da soli. Kagome continuava a stringere quella piccola manina con la sua, accarezzandola col pollice. Suo nonno e sua madre stavano seduti dietro di lei.
«Ti somiglia molto, sai?» Kagome guardò Inuyasha, che se ne stava seduto vicino a lei, e guardava attentamente il ragazzino addormentato. Lei sorrise, senza lasciare la mano del fratello.
«Non sei il primo che lo dice» sussurrò con un sorriso, per poi portare l’altra su quella di lui e guardandolo dritto negli occhi «Grazie per essermi rimasto accanto Inuyasha» a quelle parole lui arrossì leggermente, posandole un lieve bacio sulla fronte e abbracciando le sue spalle minute con un braccio.
Intanto, dietro di loro la donna sorrise, dando una leggera gomitata alla persona mezza addormentata di fianco a lei «Ehi papà» questo saltò sul posto.
«Mh..» biascicò
«Guarda» lui seguì lo sguardo di lei, trovando, vicino a letto di Sota, i due ragazzi che si abbracciavano  amorevolmente. A quella visione scattò sul posto e aprì la bocca per urlare, ma la signora Higurashi lo incenerì con lo sguardo, costringendolo a farlo rimanere in silenzio, per non rompere quel momento.
Tornò a guardare Kagome e un lieve sorriso spuntò sulle sue labbra «La mia nipotina è davvero cresciuta» ammise con i luccichii agli occhi, che scomparirono quasi subito «Ma i capelli di quel tipo non mi piacciono» borbottò, incrociando le braccia e facendo ridacchiare la figlia.
«Sorellona..?» a quel sussurro tutti i presenti si voltarono velocemente.
Sota si era svegliato. Tutti si misero in piedi, avvicinandosi al letto.
«Ciao Sota» sussurrò Kagome, trattenendo le lacrime di gioia, così come il resto della sua famiglia. Inuyasha decise di allontanarsi, per lasciare loro quel momento emozionante.
«Ci hai fatto spaventare sai? Piccola peste» scherzò Kagome, scompigliandogli lievemente i capelli e facendolo sorridere appena.
«Mi dispiace, ma io prima di attraversare avevo guardato. Proprio come mi hai insegnato tu» si giustificò il moro, facendo ancora di più sorridere i presenti. Senza pensarci la famiglia si abbracciò, esattamente come quando Kagome se ne era andata. Il peggio era passato ormai.
A quella visione Inuyasha sorrise, ma ad un certo punto un’infermiera entrò dentro la stanza, interrompendo dispiaciuta quel momento.
«Mi dispiace, ma l’orario delle visite è finito» disse, stringendosi nelle spalle «Ma dato che il paziente è minorenne un membro della famiglia deve comunque restare durante la notte» continuò, mentre la famiglia Higurashi si scambiò sguardi indecisi.
«Ci resto io» disse subito la madre risoluta, ma l’anziano posò la sua mano piena di rughe sul suo braccio.
«Cosa dici cara? Sia te che Kagome dovete lavorare domani. Resterò io con Sota» si propose lui. In effetti non aveva tutti i torti, non potevano permettersi di saltare un altro giorno.
«Grazie nonno» disse Kagome, abbracciandolo, per poi spostare l’ attenzione su suo fratello.
«Non ti preoccupare Sota, domani tornerò, promesso»
«Tranquilla sorellona» mormorò con difficoltà suo fratello, dato che era ancora intontito per colpa dell’anestesia.
Cinque minuti dopo Inuyasha, Kagome e sua madre uscirono dal grande edificio grigio. Ormai il sole era calato, scomparendo dietro gli alti edifici, permettendo così alla luna di prendere il suo posto in compagnia delle stelle. I lampioni erano accesi e illuminavano l’enorme parcheggio e le strade.
«Ehi ragazzi!» al quel richiamo tutti e tre si voltarono, mentre Koga continuava a tenere un braccio alzato, per poi raggiungerli «Dato che a lavoro ho finito prima sono venuto a prendervi» disse.
«Grazie Koga» sorrise Kagome, regalandogli un lieve bacio sulla guancia facendolo arrossire. Tossì imbarazzato, tornando a guardarla.
«Come sta tuo fratello?» domandò.
«Molto meglio di quanto si pensasse» spiegò con un sorriso, per poi voltarsi verso sua madre.
«Sei sicura ti voler tornare da sola a casa?» chiese a sua madre, che annuì dolcemente.
«Certo, non ti preoccupare» dopo essersi abbracciate le due si separarono, andando rispettivamente nella direzione opposta. Per tornare a Ikebukuro avrebbero dovuto prendere la metro, che per fortuna stava a pochi metri. Inuyasha però era rimasto fermo, infatti Kagome e Koga si voltarono a guardarlo confusi.
«Inuyasha vieni?» urlò Koga all’amico. Questo si risvegliò, per poi grattarsi imbarazzato la nuca.
«Emh.. scusate ragazzi, ma mi sono dimenticato di una cosa. Andate senza di me!» e senza dar loro risposta prese a correre. Girò velocemente l’angolo, giusto in tempo di vedere la signora Higurashi salire sull’autobus.
«Aspetti!» gridò. Lei, che aveva appena messo un piede dentro si sbloccò, osservando Inuyasha che aveva il fiatone.
«Che ci fai qui Inuyasha?» domandò confusa la donna, mentre il ragazzo la incitò a salire sul mezzo, seguita subito dopo da lui, che gli sorrise.
«La voglio accompagnare a casa»
 
In meno di un’ora Inuyasha si ritrovò in una zona che non aveva mai visto. Stava leggermente fuori dalla città e in un punto abbastanza alto da permettergli di vedere quasi tutta Tokyo, che di notte regalava un magnifico gioco di colori. Una volta accompagnata la donna lo aveva praticamente obbligato ad entrare in casa e così eccolo lì, che finalmente aveva raggiunto la cima di quelle numerose e dannate scale.
Mentre la mamma di Kagome apriva la porta, Inuyasha guardò quasi ipnotizzato il grande albero che abbelliva il giardino, era così bello e maestoso.
«Entra pure» la voce della donna lo richiamò, seguendola timidamente «Fai come se fossi a casa tua caro. Intanto preparo un po’ di tè, ne vuoi?» disse, accendendo le luci, permettendo così al ragazzo di osservare quel piccolo salotto semplice, ma accogliente.
«Si, grazie» annuì timido, mentre lei sparì dietro una porta, che sicuramente portava alla cucina.
Iniziò a guardarsi attorno curioso;  il divano ospitava massimo tre persone e davanti a questo era posta una piccola televisione sopra un tavolino di vetro, mentre per terra il pavimento era abbellito da un delizioso tappeto; infondo alla stanza si trovava una porta e una rampa di scale che portava sicuramente al piano superiore dove si trovavano le camere da letto.
Inuyasha rimase in piedi in mezzo alla stanza, senza sapere cosa fare, poi la sua attenzione fu attirata da una credenza bianca con diverse fotografie incorniciate. Si avvicinò cauto per poi osservarle con attenzione. Tutte quante rappresentavano i membri della famiglia Higurashi.
Ad Inuyasha scappò un sorriso quando vide una piccola Kagome osservare verso l’obbiettivo con un’espressione sorpresa, come colta sul fatto, infatti una sua mano era dentro un barattolo, mentre l’altra portava alla bocca un biscotto al cioccolato. Scosse il capo, pensando a quanto fosse assurda la sua mania per i dolci.
Spostò i suoi occhi color miele sulle altre cornici, trovandone una molto graziosa, dove Kagome, molto più grande rispetto a quella di prima, teneva in braccio un piccolo fagottino, coperto da una coperta blu, sicuramente era Sota, ma quella che veramente lo colpì fu di una Kagome che spegneva con allegria le candeline con in testa un cappellino, mentre un uomo, vicino a lei, sorrideva e batteva le mani. I capelli erano scuri e leggermente mossi, mentre la pelle era quasi olivastra.
«Ecco il tè»
Inuyasha saltò sul posto, allontanandosi istintivamente di un passo dalla credenza, mentre la madre di Kagome gli sorrideva e teneva in mano due tazze rosse e fumanti.
Inuyasha, ancora imbarazzato, accettò la bevanda «Grazie mille»
La donna come risposta piegò lievemente il capo, per poi osservare malinconica dietro le spalle del ragazzo «Stavi guardando le fotografie?» domandò con un sorriso, avvicinandosi di un passo.
«Mi dispiace, non volevo essere impiccione» si scusò Inuyasha, ma la donna scosse il capo, accarezzando il vetro della fotografia che prima stava studiando con attenzione.
«Qui Kagome compieva 14 anni e l’uomo accanto a lei è suo padre» spiegò tristemente «E’ stato l’ultimo compleanno che ha festeggiato con lui» sospirò, mentre Inuyasha, impacciato, si morse le labbra.
«Mi dispiace» lei si voltò verso di lui, bevendo lievemente quella piacevole bevanda calda e profumata.
«Kagome ha sofferto molto, ma fortunatamente col tempo si è ripresa. E’ sempre stata una persona forte» continuò ancora, raggiungendo il divano e sedendosi lentamente «Sai fra due giorni è il suo compleanno»
A quelle parole Inuyasha si risvegliò di colpo, osservandola confuso «Non ce l’ha detto» sussurrò.
La signora Higurashi ridacchiò, forse perché si aspettava una reazione del genere «Beh perché dopo quel giorno non ha più voluto festeggiarlo. L’hanno obbligata a farlo solo quando ha raggiunto la maggiore età, ma da quello che ho capito non era andata molto bene»
Sospirò appena, finendo con un sorso l’intero bicchiere di porcellana «E poi, dopo quello che è successo a Sota, non credo sia il suo primo pensiero»
Inuyasha annuì distratto. Aveva ragione, Kagome era una ragazza che non amava attirare l’attenzione, in più odiava stare in mezzo alle folle, lo aveva capito nel modo impacciato con cui si era mossa la sera in cui erano andati allo Yagura.
Con gli ultimi due sorsi finì anche lui il tè «Mi scusi signora, potrei sapere dove si trova il bagno?» domandò impacciato, mentre la donna con un caloroso sorriso indicò alla sua destra.
«Certo. Sali le scale, la seconda porta a destra» spiegò, per poi sparire nuovamente dentro la cucina.
«Grazie» Inuyasha fece come spiegato, trovando davanti a lui un corridoio non troppo lungo, ma spazioso. C’erano cinque porte marroni, due a destra e due a sinistra. Iniziò a camminare e allungò la mano abbassando verso il basso la maniglia per poi entrare in bagno e sedersi sopra il gabinetto chiuso, non prima di aver tirato fuori il cellulare dalla tasca.
Dopo aver trovato il numero che cercava in rubrica esitò un attimo, poi con un sospiro, pigiò sul tasto verde, dando il via alla telefonata. Solo dopo tre squilli il proprietario dall’altra parte accettò la chiamata, ma senza dire nulla, così prese parola Inuyasha.
«Ehi Sesshomaru» mormorò impacciato, mentre questo rimase come al solito in silenzio. Già immaginava lo sguardo freddo e scocciato di suo fratello.
«Hai sbattuto la testa?» disse improvvisamente, facendogli corrugare la fronte confuso.
«No. Perché?» domandò.
«Da quando chiami così all’improvviso tuo fratello?» Inuyasha alzò gli occhi al cielo, alla fine si aspettava un’uscita simile da parte di quel ghiacciolo, anche se alla fine non aveva tutti i torti, era già tanto se aveva il suo numero salvato.
«Piantala di rompere, ho bisogno di un favore» tagliò corto il ragazzo, osservando con poco interesse fuori dalla finestra il cielo notturno.
«Dipende dal favore» come al solito il suo tono era glaciale e distaccato. Inuyasha strinse gli occhi, per farsi coraggio, quello che stava per fare non l’avrebbe mai creduto, ma alla fine non aveva scelta. In quel momento era l’unico sul quale poteva contare.
«Puoi venirmi a prendere? Mi trovo ad Asakusa, verso le campagne» spiegò velocemente, sperando che il fratello non gli facesse troppe domandò, ma si sbagliò.
«Che diavolo ci fai laggiù?» tuonò, sicuramente si aspettava tutto tranne quello.
«Sono a casa di Kagome» mormorò il minore, abbassando il capo. Per diversi secondi nessun suono uscì dall’altra parte del telefono, facendolo preoccupare: era morto per caso? Inuyasha giurò di aver addirittura sentito qualcosa rompersi.
«Inuyasha, quando ti ho detto di non fartela scappare non intendevo ‘vai dalla famiglia per chiederle la mano’»
A quelle parole Inuyasha diventò paonazzo, mettendosi in piedi con rabbia. Ma proprio quella sera doveva essere così ironico? Che cavolo, quando faceva così era fastidioso «Ma la pianti? Sei insopportabile!» sbottò adirato, tenendo chiusa la mano libera in un pugno «Se proprio lo vuoi sapere suo fratello stamattina è stato investito e sono stato tutto il giorno in ospedale insieme a lei» spiegò con rabbia, ma stando ben attento a non alzare la voce.
Per la seconda volta il silenzio fece di nuovo da padrone, permettendo così ad Inuyasha di calmarsi «..e ora come sta?» il tono di suo fratello era tornato serio e freddo.
«Chi?» domandò scocciato Inuyasha, scompigliandosi nervosamente i capelli.
«Suo fratello,idiota!» esplose Sesshomaru, obbligandolo ad allontanare il telefono dal suo orecchio.
«Bene! Per fortuna ha solo una gamba rotta. Comunque, vieni a prendermi o no?» domandò ancora, aveva una voglia matta di riattaccargli in faccia.
«Si, dammi quindici minuti» rispose infine il maggiore.
«Perfetto, a tra poco»
Senza attendere risposta Inuyasha chiuse la chiamata, per poi tirare un sospiro. Bene, la parte più facile era passata, ora gli toccava solo sopportare in uno spazio ristretto quel dannato iceberg umano. Uscì dal bagno, con l’intenzione di tornare al piano terra, ma una porta di legno scuro leggermente socchiusa attirò la sua attenzione.
Sapeva che era sbagliato, ma fu più forte di lui. Con passi felpati raggiunse l’uscio, aprendo lentamente la porta, senza fare il minimo rumore, per poi entrare. La stanza naturalmente era buia, solo la lieve luce della luna illuminava una piccola parte. Il ragazzo pigiò l’interruttore della luce scoprendo che quella era una camera da letto. Quella di Kagome.
La scrutò attentamente; aveva proprio il tocco di Kagome: il letto singolo era ricoperto di una federa di un tenue color panna con il disegno di un gatto tigrato, che dormiva accovacciato.
La scrivania era piccola ed ordinata, con sopra diversi pupazzi e libri. Era dannatamente accogliente quel piccolo spazio, così caldo ed in ordine che Inuyasha provò l'improvviso impulso di sdraiarsi sul quel letto, anche solamente per sentire quel buon profumo che diverse volte lo aveva ammaliato.
Sorrise appena a quei pensieri, rendendosi conto di quanto quella ragazza l'avesse cambiato in così poco tempo. Fino a pochi mesi prima non avrebbe mai fatto tali ragionamenti su una donna. Ora era un qualcosa di automatico, di piacevolmente naturale.
Voltò lo sguardo e notò che accanto al letto vi era un comodino di legno, con sopra una lampada semplice e una foto che ritraeva la famiglia di Kagome, con ancora suo padre. Erano seduti sopra un telo azzurro, mentre dietro di loro, come paesaggio, stava un bellissimo lago. La signora Higurashi, teneva in braccio un piccolo Sota in fasce e sorrideva al marito, che scherzoso, faceva il solletico alla figlia maggiore, con la bocca aperta e gli occhi chiusi per il troppo ridere. Sicuramente la foto era stata scattata dal nonno, infatti nell’angolo sinistro della fotografia c’era un’ombra, sicuramente il dito dell’anziano, quindi, bene o male, ritraeva tutti.
Senza smettere di sorridere Inuyasha uscì dalla stanza, ripensando al compleanno della ragazza che sicuramente non avrebbe festeggiato. Ad un certo punto una piccola idea prese forma dentro la sua testa. Ci pensò a lungo, fino a quando la vibrazione del suo cellulare non lo richiamò. Suo fratello era arrivato.
Dopo aver salutato e ringraziato la madre di Kagome, uscì da quella piccola casa, scendendo poi da quella lunga scalinata in fretta e furia, rischiando più volte di cadere e sbattere il sedere. Vide la macchina sportiva di Sesshomaru poco distante ed entrò velocemente.
«Che sia chiaro. Questa sarà la mia prima e unica volta» borbottò Sesshomaru, per poi partire. Inuyasha annuì distratto, continuando a pensare, poi improvvisamente si ricordò di un qualcosa di importante.
«Mi dispiace Sesshomaru, ma ho da chiederti un altro favore» disse convinto, mettendosi la cintura di sicurezza e guardando il profilo di suo fratello, che indurì immediatamente la mandibola.
«Scordatelo» tuonò col solito tono autoritario.
Ma questa volta Inuyasha non si arrabbiò, perché aveva già in mente un modo per attirare l’attenzione «Bene, vorrà dire che chiederò a nostro padre..» lasciò in sospeso la frase. Se c’era una cosa che sapeva bene era che Sesshomaru amava mettersi in competizione con Inu No Taisho. Infatti il maggiore sospirò.
«Di cosa si tratta?» domandò stanco, senza staccare gli occhi dalla strada. Inuyasha esultò mentalmente, era stato troppo facile. 1 a 0 per Inuyasha!
«La madre di Kagome mi ha detto che il tizio che ha investito Sota gli ha fatto causa» spiegò velocemente.
«Che coglione..» commentò in un sussurro Sesshomaru.
«Quindi volevo chiederti se tu, o papà, ecco..» continuò, questa volta in modo impacciato, ma suo fratello lo interruppe prima di poter anche solo dire cosa stava in quel momento pensando.
«Non hai da aggiungere altro fratellino» per fortuna suo fratello era sempre stato un tipo sveglio e sicuramente gli faceva piacere aiutare Kagome, anche se non l’avrebbe mai ammesso.
Bene, fase uno fatta, ora toccava alla fase due. Velocemente tirò fuori dalla tasca il cellulare compilando il numero telefonico di Miroku, tanto lo sapeva a memoria. Dopo neanche uno squillo questo rispose trafelato.
«Inuyasha! Ma si può sapere dove sei? Per un attimo ci siamo preoccupati» la voce assordante di Miroku obbligò il ragazzo ad allontanare il telefono, per la seconda volta, dal suo orecchio; a fine giornata avrebbe sicuramente perso l’udito.
«Tranquillo sto bene e sto tornando a casa» sbuffò, alcune volte sembrava sua madre «Piuttosto, Kagome è lì?» domandò subito dopo seriamente.
Miroku intanto, guardò la ragazza che stava iniziando a sparecchiare la tavola «Si perché?»
«Bene, allora chiuditi in bagno» disse sbrigativo, facendo strabuzzare gli occhi a Miroku; anche suo fratello, che ascoltava curioso la conversazione, alzò un sopracciglio. Inuyasha si era sicuramente ammattito.
«Cosa?» domandò confuso il ragazzo col codino, facendo sbuffare ancora di più Inuyasha.
«Tu zitto e fallo!»
Guardando un’ultima volta la ragazza, Miroku uscì dalla cucina, trovando Bankotsu che, incazzato, colpiva con un cuscino Koga, facendo cadere per terra tutte le carte da gioco. Non era mai stato un tipo sportivo, sicuramente Koga gli aveva fatto il culo, come al solito. Raggiunse il bagno, per poi chiudersi dietro le spalle la porta.
«Va bene, fatto. Ho pure chiuso a chiave, contento?» lo prese in giro, iniziando a guardarsi allo specchio; mamma, quanto era bello «Cosa devi dirmi?» domandò distratto, sistemandosi una ciocca ribelle.
Inuyasha sorrise «Ho in mente un’idea, ma ho bisogno del vostro aiuto..»
Miroku smise di specchiarsi e si fece attento.
 
 

 
Due giorni dopo

Kagome puliva distratta con uno straccio il tavolo che si era appena svuotato. Erano passati due giorni da quando Sota aveva avuto l’incidente. Il giorno prima, quando aveva finito di lavorare, aveva preso la metro e raggiunto l’ospedale, trovando suo nonno, che aveva fatto la notte, e sua madre, riferendole che il dottore aveva dato altri tre giorni a Sota, quindi aveva deciso: fino a quando suo fratello si trovava in ospedale lei sarebbe andata sempre a trovarlo quando staccava da lavoro.
Quel giorno, tanto per rendere le cose più semplici, Ayame non c’era. Byakuya quella mattina le aveva detto che era malata, perciò si era ritrovata a fare il doppio del lavoro. Che stanchezza.
“Buon compleanno Kagome” pensò, mentre con un sospiro tornò al bancone per pulire i piatti usati. Non aveva intenzione di festeggiare i suoi ventisei anni, per questo non aveva detto niente ai suoi coinquilini. In realtà non lo celebrava da anni, ma a lei bastava vedere semplicemente quella peste di suo fratello con la gamba ingessata e un grosso sorriso che le urlava ‘auguri sorellona’. Per lei quello era il regalo più bello del mondo.
Con un lieve sorriso mise due bicchieri al suo posto, per poi guardare l’orologio. Finalmente il suo turno era finito. Non vedeva l’ora di stare in compagnia di Sota. Si tolse il grembiule, posandolo dentro l’armadietto del personale, ma prima di raggiungere le cucine per salutare gli altri Byakuya fece la sua comparsa.
«Stai andando via Kagome?» domandò. La ragazza annuì, sorridendogli.
«Oggi sei stata bravissima, nonostante l’assenza di Ayame» si congratulò il ragazzo, facendo arrossire la fanciulla, che si strinse le spalle imbarazzata.
«Ho solo fatto il mio lavoro» mormorò, mentre lui ridacchiò, aprendo con una mano la porta da cui era entrato.
«La solita modesta» commentò, ma prima di sparire, le fece l’occhiolino «Divertiti stasera»
Kagome rimase impalata, corrugando la fronte confusa. Divertirsi? Scosse il capo, forse aveva sbagliato persona. Velocemente prese il cappotto pesante che le arrivava fino alle cosce e la sciarpa, ormai era Novembre e il freddo cominciava a farsi sentire, ma non aveva tempo di cambiarsi, così decise di tenersi la divisa da lavoro, un vestito rosso e nero. Per fortuna aveva messo le calze e le scarpe comode, chissà come faceva Ayame a lavorare con i tacchi.
Cercando di farsi calore alle mani con l’alito aspettava il semaforo verde e nel momento in cui questo scattò il suo cellulare prese a squillare. Lo prese tra le mani, leggendo il nome dell’interlocutore: Miroku.
Con un sorriso e senza smettere di camminare accettò la chiamata, mentre il cartello che indicava la metro era poco distante.
«Pronto?»
«Ciao Kagome! Per caso sei uscita da lavoro?» chiese pimpante il ragazzo dall’altra parte della cornetta.
«Giusto cinque minuti fa, hai bisogno di qualcosa?» domandò cordiale, iniziando a scendere le scale per prendere il mezzo, mentre una folla trafelata la investì, sicuramente era appena arrivato un treno.
«Emh, in verità si» disse impacciato, facendo sorridere la ragazza. Miroku era veramente un tipo assurdo, non provava la minima vergogna nel parlare di argomenti intimi e invece, se si trattava di sciocchezze come queste, lo mettevano in difficoltà.
«Dimmi tutto» rispose, pronta a salire sul treno che in pochi secondi avrebbe chiuso le porte.
«Ecco sono bloccato a lavoro e stasera avevo promesso a Sango che sarei andato da lei per vedere un film e mi ha chiesto di comprare degli snack, ma non ho tempo. Potresti prenderli tu per me?»
A quella richiesta Kagome si bloccò. Allontanò l’apparecchio dal suo telefono, controllando l’ora «Certo, nessun problema!» disse, mentre il mezzo partì.
«Grazie mille! Scusa, ma devo andare, a dopo» senza aspettare risposta riattaccò, mentre Kagome riprese nuovamente le scale, tornando in superficie.
Per fortuna c’era un piccolo market lì vicino, gestito da una deliziosa vecchietta che stava dietro la cassa. Ora che ci pensava Miroku non le aveva detto cosa prendere di preciso, così decise di comprare delle semplici patatine e rape secche. Una volta, lui e Inuyasha, avevano finito un sacchetto intero in pochissimi minuti; avevano addirittura litigato.
Mentre pensava divertita a quel ricordo, riprese nuovamente la strada di prima, con in mano il sacchetto di plastica. Il vento gelido le scompigliò i capelli e la sciarpa bordeaux, provocandole fastidiosi brividi lungo le gambe che erano a malapena coperte. Non vedeva l’ora di mettersi al riparo, ma ad un certo punto il telefono suonò nuovamente. Alzò gli occhi al cielo, immaginando che era nuovamente Miroku perché si era dimenticato qualcosa, conoscendolo.. ma questa volta si sbagliò: era Bankotsu. Sorrise.
«Ciao Ban» disse, dando la precedenza a una vecchietta con in mano diverse buste della spesa, che stava attraversare la strada.
«Ehi Kagome. Tutto bene?» domandò il ragazzo, da come parlava sembrava distratto e impacciato, ma non vi badò.
«Si certo, te?»
«Diciamo di si. Senti avrei un favore da chiederti, se per te è possibile naturalmente» anche lui? Scosse il capo divertita, i suoi coinquilini non smettevano mai di stupirla.
«Tranquillo, di cosa hai bisogno?» chiese con tono gentile, fermandosi in mezzo al marciapiede, mentre diverse persone camminavano avanti e dietro in fretta e furia. Ormai il sole stava iniziando a tramontare e di conseguenza il freddo stava aumentando. La mano di Kagome, che teneva il cellulare cominciava ad essere bianca e gelida.
«Potresti fermarti alla lavanderia del viale principale?» Kagome sbatté diverse volte gli occhi, scombussolata. Perché parlava così velocemente, ma soprattutto meccanicamente? Non era di certo da lui.. forse perché si vergognava. Leggermente preoccupata guardò dietro di lei il vialone poco distante, poi sospirò.
«Tranquillo, tanto era di strada» bugia. Si perché in realtà le toccava tornare indietro, dato che si trovava vicino allo Yagura, ma non le piaceva rifiutare una piccola richiesta d’aiuto da parte di un amico, era più forte di lei.
«Grazie. Dille il mio nome. Sono tutte mutande. Non puoi sbagliare. Ho già pagato»
Kagome corrugò la fonte «Bankotsu.. sicuro di stare bene? Hai rotto cinque volte una frase» dopo aver formulato la domanda sentì un borbottio dall’altra parte del telefono, subito dopo seguito da un lamento da parte del ragazzo. Ma che stava combinando?
«Benissimo!.. eh, eh. Ci vediamo dopo!» tagliò corto, sperando che Kagome non aggiungesse altro, anche perché non le diede il tempo. Infatti riattaccò rapidamente.
«Ma..» guardò sbalordita lo schermo nero di quel maledetto marchingegno elettronico. Le aveva chiuso la chiamata in faccia? Alzò le spalle; chissà cosa gli era preso.. forse era ancora a lavoro.
Si portò la mano in tasca, sperando di scaldarla nel miglior modo possibile, per poi iniziare a camminare velocemente. Ci mise una quindicina di minuti per arrivare, dato che le strade erano terribilmente affollate. Entrò velocemente dentro la lavanderia, trovando come sempre, la solita signora con in bocca una gomma da masticare.
La squadrò, mantenendo come sempre il volto freddo ed annoiato. Kagome si avvicinò con un sorriso, poggiando una mano sul ripiano bianco «Salve, sono qui per..»
Ma la donna alzò la mano, facendola chetare. Senza dire nulla se ne andò sul retro per poi ricomparire subito dopo con una busta bianca con attaccato sopra un bigliettino, con su scritto sopra in una calligrafia frettolosa e disordinata ‘pazzo trecciato’.
«Tieni» mai una volta un sorriso, ma come faceva a vivere?
Kagome, che era rimasta un pochino interdetta, prese la busta, ma prima di uscire lei parlò ancora.
«Divertiti stasera» Kagome si voltò, tenendo la porta aperta, dando così la possibilità al freddo di entrare in quella piccola stanza riscaldata.
«Emh, si.. grazie» disse confusa, ma abbellendo le labbra con un sorriso forzato. Uscì fuori, scuotendo il capo. Ma cosa prendeva a tutti? Con la mano libera si grattò la fronte, ma ad un certo punto il suo sguardo cadde su un grosso orologio. Cavolo era in ritardo!
Senza pensarci iniziò a correre, anche se il cappotto e le buste la intralciavano parecchio. Attraversò in tempo le strisce pedonali, prima che il colore del semaforo diventasse rosso. Scese le scale della metro, rischiando più volte di cadere e scontrarsi con qualcuno,  ma proprio in quel momento il lungo mezzo, pieno di gente, chiuse le porte e partì. Tirò un sospiro, sia si frustrazione che stanchezza. Nonostante sentisse caldo, il naso e le orecchie erano congelate, mentre le guance tinte di rosso.
Si guardò attorno affranta, notando un posto libero su una sedia d’attesa. Si mise subito a sedere, dandole così la possibilità di riprendere fiato e riposare le gambE; fortunatamente il treno passava ogni due minuti.
Chiuse gli occhi, cercando di far calmare il respiro e i battiti del cuore, era veramente fuori forma. Ad un certo punto aprì di scatto gli occhi, terrorizzata. Il telefono.. quel maledetto aggeggio stava suonando per la terza volta. Incerta, lo prese tra le mani: Koga.
Si morse le labbra. Cosa doveva fare? Non poteva di certo evitare la sua chiamata. Forse stava cercando qualcosa in casa perché non la trovava, e in effetti ci stava. Ieri sera aveva dato una leggera sistemata e non era la prima volta che il ragazzo la chiamava perché aveva smarrito qualcosa per colpa delle pulizie; e poi Koga non è uno di quelli che chiede agli altri di fare qualcosa al suo posto.
Il suo viso si illuminò da un radioso sorriso. Sicura poggiò l’indice sul disegno del telefono verde, accettando la chiamata «Ehi Koga!» esclamò, cercando di nascondere il fiatone.
«Kagome!» gridò, facendola immediatamente allarmare «Meno male che hai risposto, ho bisogno di te!»
Kagome si pentì immediatamente di aver risposto anche a lui «Ho già provato a chiamare gli altri, ma nessuno mi risponde, sei la mia unica speranza!»
Rizzò la schiena allarmata, cosa era successo? In casa era scoppiato un incendio? Si era allagata perché Bankotsu aveva nuovamente dimenticato di chiudere il rubinetto? O peggio, Koga aveva avuto un incidente mentre tornava a casa? Questo ultimo pensiero la fece tremare appena.
«E’ successo qualcosa di grave?» domandò allarmata.
«Si cavolo! Sono uscito prima da lavoro per fare compagnia ad Ayame dato che sta male, ma mi sono accordo di aver dimenticato dei test importarti!» Kagome, per un secondo, rimase impalata, trattenendo una parola poco consona, ma soprattutto trattenendosi dal mandarlo a quel paese «Se non li finisco entro stasera domani sarò nei guai. Avevo intenzione di andare subito, ma Ayame è peggiorata perciò devo fermarmi prima in farmacia, ma così non ce la farò mai a tornare alla palestra perché chiude fra mezz’ora!»
Cioè, aveva quasi rischiato un infarto perché si era immaginata le cose peggiori che potessero esistere per poi scoprire che Koga aveva semplicemente dimenticato dei dannatissimi fogli? Il problema, però, era un altro.. se lui non ce la faceva ad andare e aveva cercato disperatamente qualcuno, questo significava..
«Quindi, mi stai chiedendo..» iniziò incerta, sperando di sbagliarsi.
«Ti prego Kagome! So che è lontano, me ne rendo conto, ma è molto importante!» se era lontano? Ci volevano almeno venti minuti di autobus e poi era da tutt’altra parte rispetto all’ospedale. Così avrebbe perso più di mezz’ora e lei.. ci teneva a vedere suo fratello.
«Ecco, io..»
“Forza Kagome diglielo, puoi farcela: ‘Koga, mi dispiace, ma ho un impegno importante anch’io’. Su avanti fallo!”.
«Ti prego! Potrebbero anche licenziarmi» sospirò, chiudendo gli occhi. No, non ce la faceva.
«.. va bene» sussurrò abbattuta, mentre dall’altra parte Koga risposte con un tono decisamente opposto.
«Grazie Kagome! Mi stai salvando la vita, giuro che mi sdebiterò, promesso!» gridò entusiasta, mentre lei sorrise triste e senza dire altro lo salutò, chiudendo la chiamata.
Portò la testa all’indietro, proprio mentre in quel momento la folla si radunò per salire sul treno, che lei non avrebbe più preso. Guardò nuovamente la schermata del cellulare scoprendo che le diciotto erano già passate. Ormai era tardi.
Iniziò a scrivere il numero di sua madre, che sapeva a memoria, e dopo pochi squilli accettò la chiamata.
«Ehi mamma» sussurrò, poggiando abbattuta la schiena sulla sedia, osservando distratta il pavimento grigio sporco.
«Ciao tesoro, dove sei? Tra meno di un’ora finirà l’orario delle visite» domandò subito la donna allegra.
Kagome chiuse istintivamente gli occhi, nel momento in cui li sentì inumidirsi, se lì coprì anche con la mano, cercando di mantenere comunque una voce piatta e decisa «Non ce la faccio ad arrivare» tremò appena, mentre la gola bruciò, dato che trattenne un singhiozzo «Pu-puoi dire a Sota che mi dispiace?»
La signora Higurashi rimase un attimo in silenzio e Kagome immaginò nella sua mente il suo sguardo triste e deluso, nascondendolo subito dopo da un sorriso, infatti quando riprese a parlare, il tono era dolce e amorevole «Stai tranquilla, capirà»
In quel momento Kagome sentì dei rumori in sottofondo. Assottigliò gli occhi sospettosa «C’è qualcuno lì con te?» domandò seria.
«Si, emh.. il nonno. E’ sempre il solito bisbetico» disse impacciata. Kagome ridacchiò appena, quel vecchio brontolone! Sicuramente non aveva gradito molto la notizia della sua assenza, soprattutto il giorno del suo compleanno, ma alla fine non era colpa sua.. anzi in realtà si, perché non aveva avuto il coraggio di dire a nessuno un dannatissimo ‘no’ secco.
Il senso di colpa tornò nuovamente a galla, facendola agitare sul posto. Si scompigliò i capelli e abbassò la testa dispiaciuta «Sul serio mamma, non volevo..» sussurrò, rischiando per la seconda volta, si far scappare le lacrime.
«Su Kagome non abbatterti, può capitare»
Kagome tirò su col naso, annuendo, anche se lei non poteva vederla «Ci vediamo domani allora»
«Si.. ah tesoro, buon compleanno» disse con dolcezza la donna, facendola sorridere appena.
«Grazie» mormorò.
Mise il cellulare in borsa, ma prima di portelo fare lo spense. Non aveva voglia di sentire nessun’altro e poi i suoi coinquilini erano quattro e ne mancava uno all’appello. Non voleva rischiare di fare da fattorino anche ad Inuyasha, però doveva ammettere che in quel momento le sarebbe piaciuto ascoltare, anche solo per un istante, la sua calda voce. Avrebbe avuto sicuramente il potere di calmarla in quel momento.
Dopo essere uscita dalla metro con in mano le buste prese l’autobus, che fortunatamente era passato subito e in venticinque minuti, per colpa del traffico, arrivò alla palestra dove lavorava Koga. Il sole era quasi del tutto scomparso, lasciando comunque in cielo delle lievi sfumature arancioni e rossastre, che si mischiavano con il tenue colore della notte, dando vita ad un’infinità di gradazioni.
Entrò dentro il grande edificio che aveva ancora le luci accese. Nessuno stava usando gli attrezzi e Kagome non trovò neanche il personale. Un odore di spogliatoi, sudore e cloro, dato che c’era anche la piscina, colpì le sue narici, non molto abituate a questo tipo di ambiente.
«Mi dispiace, ma stiamo chiudendo» una voce femminile la fece voltare improvvisamente. Una ragazza bionda la guardò con un lieve sorriso mentre in mano teneva un cappotto, pronta a metterselo e coprire così le braccia nude, dato che indossava la t-shirt rossa e blu del personale.
«Salve, emh.. sono un’amica di Koga. Ha lasciato dei test importanti, così sono venuta a prenderli» spiegò Kagome imbarazzata, mentre lei, poco più alta, piegò di lato il capo, portandosi pensierosa un dito sul mento.
«Parli dei risultati ottenuti dalle visite mediche?» domandò. Ecco, e adesso? Koga non le aveva detto cosa fossero di preciso e poi non ci capiva niente con tutta quella roba sportiva.
«Ecco.. credo di si» mormorò, mordendosi il labbro inferiore indecisa
La bionda sorrise allegra, indicando una porta di legno chiaro con l’indice alla loro destra «Allora li troverai dentro il suo ufficio sulla scrivania. Si trova dietro quella porta lì» spiegò, per poi arricciare il naso «Che strano, non capisco a cosa gli possano servire..» disse più a se stessa che a Kagome, che naturalmente la sentì.
Confusa, raggiunse la piccola stanza, trovando gli innumerevoli fogli messi in ordine e legati stretti da un nastro bianco. Forse quella tipa si sbagliava; Koga al telefono era veramente agitato e preoccupato e poi si trattava di roba sua perciò, chi meglio di lui poteva sapere se servivano o meno?
Dopo aver ringraziato la ragazza uscì dalla palestra, raggiungendo, piena di roba in mano, la fermata del bus. Non c’era neanche una panchina dove sedersi, mentre i lampioni si accesero dato che del sole non c’era più traccia, mentre il vento e di conseguenza il freddo, aumentarono, facendola terribilmente tremare. Sospirò, quella sera le sarebbe venuto un bel raffreddore.
 
 
 
Ormai non sentiva più le gambe, le mani e il viso.
“Che giornataccia” pensò affranta la ragazza, iniziando a cercare con le mani tremanti le chiavi del portone dentro la borsa. Sbuffò, dato che non le trovava; i Kami ce l’avevano proprio con lei quel giorno.. con un gesto secco suonò il campanello del suo appartamento sperando che almeno uno dei suoi coinquilini fosse in casa. Erano le otto di sera passate, doveva esserci per forza qualcuno!
Nel momento in cui sentì lo scatto della porta aprirsi portò la testa all’indietro, tirando un sospiro di sollievo. Non vedeva l’ora di farsi una doccia calda e mettersi il pigiama per una bella dormita.
Raggiunto il famoso interno 24C trovò l’uscio socchiuso così, con una leggera spinta con la mano l’aprì, entrando nel salotto completamente circondato dall’oscurità. Confusa aggrottò le sopracciglia.
«C’è qualcuno?» domandò, iniziando a tastare il muro per cercare l’interruttore della luce «Ragazzi sono tornata..»
Quando finalmente le sue dita riconobbero il pulsate non ci pensò due volte. Nel momento in cui la luce l’accecò per quel millesimo di secondo il suo cuore fece non uno, non due, ma tre rimbalzi.
Davanti a lei il salotto era completamente ornato di colori accesi e brillanti. Una serie di coriandoli da carnevale colpirono il suo viso ancora freddo e bianco, mentre l’urlo dei suoi coinquilini, compreso quello di altre persone ricoprì l’aria.
«Auguri!»
Ancora scombussolata Kagome sentì diverse braccia circondarla, riconoscendo immediatamente i capelli di Ayame, la forte stretta di Sango, le morbide labbra di Kikyo posate sulla testa e una carezza sulla sua guancia da.. sua madre. Con la bocca spalancata guardò tutti i presenti.
«Ma.. che sta succedendo?»
«E’ il tuo compleanno sciocchina! Tanti auguri!» gridò euforica Ayame, abbracciando con forza il suo collo, rischiando di farle cadere entrambe.
«Ma voi come..» fate a saperlo? Voleva chiedere, ma le sue parole morirono ancora prima di finirle nel momento in cui vide una piccola figura sorridente vicino a lei, che non smetteva di muoversi con movimenti scoordinati.
«Sota!» esclamò sorpresa, buttandosi letteralmente sul fratello, che si reggeva con due vecchie stampelle, mentre la gamba era completamente gessata fino al ginocchio. Senza pensarci si mise in ginocchio abbracciandolo, mentre gli occhi cominciarono a bruciare per colpa del liquido salato pronto ad uscire.
«Buon compleanno sorellona!» strepitò il bambino, ricambiando con difficoltà l’abbraccio, mentre i presenti osservavano emozionati la scena. Cercando di ingoiare il nodo formatosi sulla gola Kagome si rimise in piedi osservando tutti.
«Ci dispiace Kagome, ma dovevamo trovare un modo per farti arrivare tardi, ma soprattutto per non farti raggiungere l’ospedale» disse Koga, grattandosi imbarazzato la nuca, mentre con l’altro abbracciò le spalle di Ayame «In realtà tuo fratello è stato dimesso ieri, ma volevamo farti una sorpresa» continuò il ragazzo.
Kagome lo guardò sbalordita, percependo subito dopo un tocco gentile.
«Mi dispiace tesoro, ma anch’io faccio parte dell’inganno» disse sua madre colpevole, mentre un dolce sorriso decorava il suo volto. Kagome si voltò stupita verso di lei, per poi iniziare a ridere, così come tutti gli altri.
«E come sapevate che io..» iniziò la ragazza, che fu subito interrotta da Bankotsu, che poggiò spavaldo il suo gomito sulla spalla.
«Ormai ti conosciamo Kagome. Sapevamo che ad ogni nostro aiuto e richiesta non ti saresti rifiutata» spiegò allietato, mentre gli altri annuirono convinti. Kagome, divertita e allo stesso tempo imbarazzata, si portò una mano sul volto.
«Quindi significa che i test di Koga, la biancheria di Bankotsu e gli snack per Miroku erano tutti finti?»
«No, questa è vera!» schiamazzò Jakotsu, strappandole di mano il sacchetto «Ci sono anche le mie mutande lì dentro!»
Kagome ridacchiò.
«E comunque, dopo oggi, abbiamo scoperto che Bankotsu fa schifo come attore!» ammise Miroku, avvicinandosi ai due ragazzi. A quell’affermazione Kagome ripesò alla telefonata avuta con il ragazzo con la treccia, ricordando perfettamente il suo strano comportamento. Ora si spiegava tutto.
«Non è vero!» borbottò l’interessato, incrociando le braccia, mentre il viso diventò rosso, sia dalla rabbia che dalla vergogna.
«Abbiamo dovuto scriverti la battuta su un foglio e hai fatto comunque pena!» continuò Miroku, scuotendo il capo «Per un attimo avevamo paura che ci sgamasse»
«E’ troppo ingenua per rendersene conto» a quelle parole Kagome si voltò alla sua destra, trovando un Inuyasha divertito, con le braccia incrociate e il suo solito ghigno sulle labbra. Per la prima volta Kagome non si arrabbiò, anzi sorrise, perché doveva ammettere che aveva ragione.
«Ehi sbaglio o è una festa? Devi aprire i regali» esclamò entusiasta Kikyo, raggiungendo il divano dove erano posti una serie di pacchetti di diverse dimensioni e colori. La ragazza ne afferrò uno rettangolare, di un rosa pastello e con un fiocco fucsia. Senza pensarci lo porse alla mora, che, imbarazzata, lo accettò.
«Ma.. non ce n’era bisogno ragazzi» mormorò imbarazzata la festeggiata. Si mise a sedere sulla poltrona, seguita da suo fratello che osservava curioso la scatola incartata, mentre tutti gli altri se ne stavano in piedi, a differenza di Bankotsu, seduto per terra a gambe incrociate, Jakotsu sul bracciolo e suo nonno sulla poltrona.
Kagome iniziò a strappare con calma la carta, per poi scoprire che si trattava di una confezione di scarpe. Curiosa l’aprì, tirando fuori un bellissimo tacco a spillo color argento, guarnito da tantissimi brillantini, mentre l’interno era rosso. Non era proprio il suo stile, però doveva ammettere che erano bellissime, e poi cavolo.. erano di Louis Vuitton!
«Kikyo.. sono bellissime!» esclamò affascinata, così come Ayame e Sango del resto, infatti quest’ultima afferrò l'altra scarpa ancora nella confezione per osservarla meglio.
«Una sciocchezza. Se poi non ti sta o vuoi cambiare colore vieni tranquillamente a trovami al Sunshine» disse la ragazza, facendole l’occhiolino. Kagome annuì grata, per poi poggiare la scatola per terra.
«Sta a me!» gridò Bankotsu, lanciando con semplice pacchetto, che Kagome afferrò al volo per miracolo. L’aprì curiosa e quando vide di cosa si trattava iniziò a ridere: una scatola di biscotti alla vaniglia
«Dato che anche a te piacciono i miei biscotti preferiti ne ho comprato una confezione tutta per te» spiegò soddisfatto il ragazzo, mentre Kagome, senza attendere oltre, lo aprì, addentandone uno.
«Grazie Ban» lo ringraziò. Nello stesso istante la confezione di quelle pietanze poggiata sulle sue gambe fu sostituita da un piccolo sacchetto rosso sberluccicante.
«Mettiti da parte fratellone! Kagome butta nell’immondizia questa roba e apri il mio regalo!» esclamò Jakotsu, dondolando ,con la mano, sdegnato il regalo del fratello. Questo lo incenerì con lo sguardo.
Kagome, dopo aver ingoiato l’ultimo boccone, lo aprì con facilità e senza pensarci tirò fuori quello che conteneva. Si ritrovò tra le mani un tessuto rosso e nero. Kagome, confusa, aggrottò le sopracciglia, aprendolo con entrambe le mani, ma quando capì di cosa si trattava, arrossì immediatamente.
«Oh, emh.. grazie Jakotsu» lo ringraziò in difficoltà, rimettendo il tanga al suo posto, nel momento in cui vide gli occhi di suo nonno dilatarsi. Oh, cavolo.
«Sapevo che ti sarebbero piaciute, soprattutto ad Inu.. mpf!» l’interessato, sudando freddo, tappò con la mano la bocca del ragazzo, che lo guardò confuso. Bankotsu scosse il capo.
Tossendo leggermente posò il piccolo pensiero insieme agli altri, mentre Sango si  avvicinò con il suo regalo, che era incartato in maniera abbastanza confusa e disordinata.
«Miroku ha fatto questa schifezza, non guardare me» spiegò la castana, facendo sorridere la festeggiata, che accettò contenta. Quando lo prese tra le mani constatò che, nonostante fosse di media grandezza, era molto pesante; chissà che cos’era..
Con difficoltà tolse tutti i pezzi di scotch messi a caso per poi scoprire che era un libro. Curiosa lesse il titolo.
Ricette americane in giapponese
Sconvolta sbarrò gli occhi, osservando i due ragazzi, che sorridevano, sicuramente soddisfatti per la sua reazione.
«Ma.. dove lo avete trovato?» strillò fuori di sé. Quel libro era introvabile. Anche sua madre si era avvicinata con gli occhi fuori dalle orbite, osservando quasi incantata quell’insieme di pagine.
«L’idea è stata mia, però devi ringraziare Sango. E’ lei quella ricca e raccomandata» spiegò il moro con un sorriso, mentre Sango gli diede un leggero pugno sulla spalla.
«Grazie è bellissimo! Da domani proverò qualcosa»  Kagome poggiò il libro sul tavolino di vetro di fronte a lei, mentre una saltellante Ayame si avvicinò a lei.
«Tieni Kagome! Questo è da parte mia e di Koga» enfatizzò, porgendole un foglio bianco e piegato. Kagome, dopo averle regalato un sorriso gratificante, lo accettò, per poi aprirlo, trovando un annuncio dove veniva confermata una prenotazione per due persone in un ristorante.. e che ristorante!
«Dato che continui a preparare la cena a questi sfacciati e a lavorare in un luogo dove non fai altro che stare dietro un bancone e servire ragazzi ubriachi e vecchi arrapati, ho pensato ad un regalo dove finalmente qualcuno serve te» spiegò la rossa, facendo sorridere Kagome.
Senza pensarci la ragazza si mise in piedi, abbracciandola.
«Grazie Ayame, anche se non dovevi» sussurrò al suo orecchio, per poi allontanarsi «Deve essere costato una fortuna» disse dispiaciuta.
Ayame tagliò l’aria con un colpo secco della mano, sbuffando spazientita.
«Per un attimo non pensare agli altri Kagome» disse Koga «E’ la tua festa. Goditela» continuò, rimproverandola con un sorriso.
La ragazza, dopo essere rimasta un attimo sorpresa, annuì. Jakotsu, improvvisamente si mise in piedi, pestando euforico il pavimento con i suoi anfibi neri.
«Forza ragazzi, è il momento di scatenarsi!» senza attendere risposta si avvicinò al suo stereo, portato personalmente da lui, dove collegò il suo iphone, facendo partire a tutto volume una canzone a tutti agli altri sconosciuta, ma molto incalzante.
Senza attendere oltre tutti iniziarono a ballare, o meglio saltare, mentre un preoccupato Koga continuava ad intimare a tutti di fare più piano. Sicuramente il giorno dopo avrebbero ricevuto una bella strillata da parte della signora Hayashi, che abitava nell’appartamento sotto di loro.
Kagome guardò divertita Ayame prendere Koga per le mani, senza smettere di saltare. Miroku invece posò una mano sul fondoschiena di Sango, che si bloccò sul posto e senza pensarci la sua mano si posò tutt’altro che leggiadra sulla sua sguancia, che diventò subito rossa. La mora scosse il capo divertita, mentre Bankotsu alzò in aria una lattina di birra facendole l’occhiolino.
«Kagome» la ragazza si voltò, trovando sua madre e suo nonno sorridenti «Questo è per te» continuò la donna, porgendole una busta bianca, con sopra scritto con una elegante e precisa calligrafia ‘Per Kagome’.
La ragazza, sorpresa, la prese tra le mani e dopo averla attentamente studiata l’aprì, sbirciando quello che c’era al suo interno. Quando vide il numero elevato delle banconote sbarrò sconvolta gli occhi, osservando la signora Higurashi e suo nonno a disagio.
«Mamma.. io no-non posso accettare» balbettò. Le mani tremarono appena, ma furono subito fermate da quelle calde e rassicuranti della madre.
«Vai tranquilla. E poi, dobbiamo festeggiare, non solo per il tuo compleanno, ma anche per la causa vinta» ammise con un sorriso, mentre suo nonno annuì. Kagome la guardò accigliata, per poi dimenticare del tutto i soldi eccessivi che le avevano regalato.
«Che cosa?»
La donna annuì, mentre i suoi occhi diventarono lucidi «E’ stato il fratello di Inuyasha ad aiutarci»
A quelle parole Kagome alzò in aria le sopracciglia. Sesshomaru, quell’uomo freddo e distaccato così simile, ma allo stesso tempo diverso da Inuyasha li aveva difesi? Aprì la bocca per parlare e saperne di più di questo avvenimento assurdo, ma qualcuno la precedette.
«Tieni sorellona!» la ragazza guardò suo fratello avvicinarsi con difficoltà per colpa delle stampelle per poi porgerle un foglio disegnato a mano «Mi dispiace, ma è l’unica cosa che sono riuscito a farti» confessò imbarazzato.
Kagome guardò il disegno che raffigurava lui sul letto d’ospedale, con il resto della famiglia in compagnia. In alto stava scritto la data dei giorni in cui era stato in cura, mentre nella parte bassa c’era una frase: La nostra prima esperienza. Buon compleanno sorellona. Kagome non poté fare a meno di sorridere intenerita «E’ bellissimo Sota» disse.
Poggiò le ginocchia per terra per riuscire così ad abbracciare quella piccola peste, che ricambiò felice «La festa è stata un’idea del fratellone Inuyasha, però non dirgli che te l’ho detto» sussurrò al suo orecchio. Kagome sbarrò gli occhi sorpresa e si allontanò, per guardarlo negli occhi color cioccolato.
«L’ha chiesto a tutti. Forse perché è timido» ipotizzò lui, mantenendo sempre un tono basso, forse con la paura che qualcuno lo sentisse, nonostante la musica continuasse a rimbombare nella stanza. Kagome guardò alle spalle di Sota, trovando il protagonista dei loro discorsi poco distante con un bicchiere in mano e l’altra dentro la tasca dei jeans strappati, mentre parlava animatamente con Kikyo.
In quel momento il ragazzo tirò fuori dalla tasca il cellulare, osservando annoiato l’oggetto, per poi poggiarlo sul ripiano poco distante. Kagome ridacchiò e dopo aver spettinato i capelli del fratello si rimise in piedi.
Senza farsi vedere afferrò il telefono appena posto, per poi uscire in terrazza e socchiudendo la porta scorrevole a vetri, mentre la musica diventò un flebile brusio. Senza pensarci cliccò sull’elenco telefonico del ragazzo e quando vide il nome interessato fece partire la chiamata. Dopo neanche due squilli la persona risposte.
«Finalmente ti degni di rispondere, fratello idiota» a quelle parole Kagome ridacchiò appena.
«Mi dispiace Sesshomaru, ma non sono Inuyasha, ma Kagome» disse. Dall’altra parte della cornetta Sesshomaru rimase in silenzio, forse sorpreso e sperò con tutto il cuore che la ragazza non lo percepì «Scusa l’orario e spero di non disturbarti, ma ho rubato il cellulare di tuo fratello perché ci tenevo a ringraziarti» continuò la mora, guardando distratta il cielo notturno, dove le stelle erano difficili da individuare per colpa dell’eccessiva luce della metropoli.
«Non ce n’è bisogno. Ho solo fatto il mio lavoro» la sua voce era come al solito fredda e seria. Kagome sorrise comunque.
«E invece si. Io non ho fatto nulla e invece tu..»
«Ti sbagli. Tu hai aiutato mio padre e quello stolto» la interruppe lui bruscamente, stupendola non poco. Cos’era quello che aveva appena sentito, una punta di dolcezza? Scosse il capo, forse se l’era immaginata.
«Comunque grazie, davvero» disse, poggiando un gomito sulla ringhiera, mentre il leggero vento fresco le scompigliò i suoi filamenti scuri «Senti, potresti..»
Voleva chiedergli di salutare Rin, Izayoi e in particolar modo il signor No Taisho, ma improvvisamente sentì il telefono che le veniva strappato di mano. Indignata si voltò, ma quando vide Inuyasha sbiancò. Il ragazzo, con un sorriso divertito si portò l’oggetto all’orecchio.
«Scusami fratello, ma lo stolto ti deve riattaccare in faccia. Ciao!» poco prima di chiudere la chiamata, Kagome percepì quello che sembrava un insulto, ma Inuyasha rimase comunque tranquillo. Si mise il cellulare in tasca e guardò curioso la ragazza.
«Non l’avrei mai detto che tu fossi una ladra, zuccherino» disse spavaldo. Una mano stava dentro la tasca, mentre l’altra dietro la schiena. Kagome iniziò a torturarsi in difficoltà le mani, guardando con un certo interesse il pavimento.
«Mi dispiace. Volevo solo ringraziare Sesshomaru» mormorò. Inuyasha rimase ad osservarla, senza smettere di sorridere. Kagome, mantenendo lo sguardo basso, vide le scarpe sportive del ragazzo avvicinarsi a lei.
«Guarda che non sono arrabbiato, eh» ridacchiò e finalmente la fanciulla alzò lo sguardo, permettendo così ad Inuyasha di osservare il suo volto bello e angelico.
Dal giorno in cui avevano fatto l’amore non avevano più trovato modo di stare insieme, di parlare, di baciarsi.. erano passati solo tre giorni, ma per Inuyasha sembravano anni.  Gli mancavano terribilmente quelle labbra e il tocco gentile delle sue mani sulla sua pelle. Kagome le mancava. Ma per colpa di sfortunati eventi che avevano colpito l’ animo della ragazza aveva preferito mettersi da parte, per darle spazio; alla fine non era mai stato una persona egoista.
Senza staccare i suoi occhi da quelli belli e luccicanti di lei, mosse il braccio, mostrando così la mano dietro la schiena, scoprendo che questa teneva in mano un pacchettino quadrato, avvolto con della carta verde e un fiocco blu.
«Anch’io ho un regalo per te» sussurrò imbarazzato, spostando da un’altra parte lo sguardo. Kagome lo guardò sorpresa. Pensava che il suo regalo fosse la festa, ma decise di non dire nulla.. infondo l’aveva promesso a Sota. Sorridente ed emozionata accettò quel piccolo pensiero.
Strappò con lentezza la carta, anche se se in realtà aveva una voglia matta di distruggerla in mille pezzi, dato che stava morendo dalla curiosità. Una volta liberato l’oggetto, sbarrò gli occhi.
Tra le mani aveva una fotografia a lei molto famigliare. La cornice era d'argento, con semplici decorazioni. Le sue labbra tremarono appena, mentre i suoi occhi studiavano quell’immagine che ormai conosceva a memoria.
«Il giorno dell’incidente ho accompagnato tua mamma a casa e..» iniziò in difficoltà, senza smettere di guardare alla sua destra, mentre le gote diventarono fredde, e non era colpa del freddo «Lo ammetto ho spiato nella tua camera. E quando ho visto questa foto ho capito solo in quel momento quanto la tua famiglia ti mancasse e dato che ho avuto l’onore di conoscerla, ti posso capire..»
Kagome accarezzò col pollice il vetro, volutamente proprio sull’immagine di sue padre. Ricordava perfettamente quel giorno; uno dei suoi momenti più belli. Amava quel lago e proprio per quel motivo suo padre aveva deciso di festeggiare la nascita di Sota dopo pochi giorni lì e, come al solito, suo nonno aveva mostrato la sua poca dote di fotografo, ma per lei era speciale.
«Così le ho fatto una fotocopia e l’ho incorniciata» finì Inuyasha. Non aveva il coraggio di guardala; aveva una paura matta di una sua reazione. Si morse ancora più nel panico l’interno guancia, dato che Kagome non accennava a parlare, ma nel momento in cui decise di guardarla sentì due fragili braccia cingergli il collo con difficoltà, data la sua elevata altezza.
La ragazza, stando in punta di piedi, teneva il volto nascosto nell’incavo del suo collo, stringendo con forza la piccola cornice. Inuyasha, che non aveva ancora realizzato la cosa, rimase fermo, con le braccia leggermente alzate.
Kagome strinse ancora di più la presa, mentre le lacrime venivano assorbite dalla sua felpa rossa «Grazie» sussurrò. A quelle parole il cuore di Inuyasha fece una capriola e istintivamente ricambiò l’abbraccio, circondando con le sue braccia muscolose quell’esile corpicino che all’inizio aveva disprezzato.
Si staccò lievemente da lei e Kagome si asciugò frettolosamente la lacrime con la mano libera, scoprendo che aveva bagnato tutta la spalla del ragazzo.
«Scusa» mormorò con un sorriso. Inuyasha scosse il capo, per poi guardare intensamente i suoi occhi.
Spinto forse dall’istinto, dalla voglia di sfiorare di nuovo quelle labbra profumate, posò una mano sul suo collo, per poi spingerla con dolcezza verso di lui. Nel momento in cui Inuyasha percepì di nuovo le sue gustose e morbide labbra tirò un sospiro di sollievo. Cavolo, quanto le erano mancate.
Kagome posò la mano sul suo petto, forse per sorreggersi. Troppe emozioni in quel momento. Era un bacio semplice, casto, affettuoso, ma allo stesso tempo ricco di sentimenti che solo loro conoscevamo. Rimasero altri secondi attaccati fino a quando non percepirono entrambi che la musica all’interno del lotto era cessata. Entrambi aprirono gli occhi, per poi voltarsi verso la porta scorrevole.
Tutti i presenti osservavano divertiti la scena. Kagome e Inuyasha arrossirono immediatamente, per poi staccarsi imbarazzati.
Sota, che teneva la bocca spalancata, fece un gesto di disgusto «Che schifo, sorellona!»
 
 

 
Un anno dopo

Kagome, dopo un lungo e rumoroso sbadiglio, raggiunse la porta d’ingresso, per poi aprirla. Ai piedi dell’uscio trovò una serie di giornali pubblicitari e buste. Annoiata iniziò a guardarli fino a quando i suoi occhi non si illuminarono.
«Inuyasha!» gridò contenta. Buttò per terra tutte le cartacce inutili, alzando in aria quella che sembrava una cartolina.
Correndo, raggiunse il corridoio, per poi entrare trafelata nella camera da letto semibuia «Inuyasha guarda! Ci hanno inviato una cartolina» esclamò, saltando sul letto, mettendosi in ginocchio e leggendo le parole scritte a mano «A quanto pare si stanno divertendo» ipotizzò.
Da quasi una settimana la sua famiglia e i genitori di Inuyasha avevano deciso di passare una vacanza nella casa di quest’ultimi dell’isola di Okinawa , uno dei sogni proibiti di sua madre. Si erano conosciuti pochi mesi prima e per fortuna andavano d’accordo, in particolar modo Izayoi e la signora Higurashi.
«Mh, mh..» la voce di Inuyasha, oltre ad essere impastata dal sonno, era pure coperta dal grosso piumone invernale. Kagome incrociò indignata le braccia, iniziando a spostare quelle pesanti coperte, cercando di liberare il ragazzo dalla sua tana.
«Inuyasha sei ancora a dormire? Fra meno di tre ore ci sarà il matrimonio di Kikyo!» lo apostrofò.
«Sta zitta e vieni qui» non ebbe il tempo di dire nulla che la presa ferrea del ragazzo circondò il suo polso, costringendola a cadere come un salame sul letto, mentre lui la sovrastò con il suo corpo e la sua.. nudità. Senza volerlo arrossì, mentre lui iniziò a baciarle sensualmente il collo. Oh, no.. aveva capito perfettamente cosa voleva fare quel furbo.
Ormai erano quattro mesi che convivevano insieme. Dopo il giorno del suo compleanno il loro rapporto si era sempre di più rafforzato, come quello degli altri del resto. Un mese dopo Koga aveva annunciato che lui e Ayame avevano messo i soldi da parte per comprarsi un appartamento e dopo neanche due mesi anche Miroku lì abbandonò, rivelando loro che sarebbe andato a vivere nella grande abitazione di Sango.
Erano rimasti solo in tre e da una parte gli dispiaceva, ma non potevano farci nulla; com’è che si dice.. La vita va avanti!
Quando il signor No Taisho scoprì la relazione dei due ragazzi, naturalmente per colpa di Sesshomaru, aveva proposto loro un nuovo appartamento che già possedeva. Dopo lunghe riflessioni alla fine avevano deciso di provarci e con dispiacere, Bankotsu era rimasto da solo, ma per fortuna si era consolato in fretta perché lì con lui andarono a vivere suo fratello e altri cinque cugini, uno più pazzo dell’altro. Che famiglia stramba..
Ed ora eccoli lì, nella loro piccola casa sempre ad Ikebukuro.
Kagome posò le mani sulle spalle possenti del ragazzo tentando inutilmente di allontanarlo «Inuyasha.. faremo tardi» mormorò, assottigliando lievemente gli occhi.
«Tanto non se ne accorgerà» disse spavaldo, allontanandosi appena per guardarla dritta negli occhi «Sei troppo ansiosa zuccherino»
Senza pensarci Kagome prese il cuscino, colpendolo dritto in faccia e costringendolo a spostarsi. Veloce come un’anguilla Kagome scappò dalla sua presa, prendendo i suoi boxer e buttandoglieli in testa.
«Muoviti a vestirti buzzurro» a quelle parole Inuyasha, dopo essersi coperto le parti intime, la guardò truce.
«Buzzurro a chi, ragazzina?» con un movimento veloce scese dal letto, caricandosela sulla spalla come un sacco di patate. Nonostante la ragazza urlasse e sbraitasse, rischiando di rompergli il naso con una pedata, Inuyasha raggiunse il salotto, buttando la ragazza malamente sul divano.
«Ehi!» gridò indignata, mentre lui incrociò soddisfatto le braccia.
«Questo è per aver disturbato il mio sonno» disse divertito, per poi guardarla intensamente «E questo perché ti perdono» lentamente si avvicinò a lei, posando un lieve bacio sulla sua fronte. A quelle parole Kagome sorrise intenerita, chiudendo istintivamente gli occhi.
«Non ho voglia di sentire le noiose lamentele di Kikyo» ammise lui, tenendo comunque il viso vicino a quello d lei. Il profumo dei suoi capelli colpì piacevolmente le sue narici, facendolo sospirare. Allungò la mano, invitando la ragazza ad afferrarla, cosa che fece immediatamente. Senza fatica la rimise in piedi.
«Andiamo?» domandò. Kagome, con uno smagliante sorriso annuì, per poi abbracciare con entrambe le braccia la sua vita, come se fosse una bambina. Inuyasha sorrise intenerito, accarezzando con amore i suoi capelli.
Ogni volta che quella ragazza lo abbracciava, l’emozioni che provava erano indescrivibili. Il suo cuore non smetteva mai di battere forte e le sue mani si muovevano sempre da sole, vogliose di accarezzare quel piccolo corpo.
Grazie a Kagome aveva scoperto una nuova emozione. Grazie a lei aveva veramente capito il vero significato di sentirsi a casa.





Angolo autrice:

Cof cof.. emh, salve!
Lo so cosa state pensando: “ma perché questa ci ha messo così tanto a postare l’ultimo capitolo se aveva già scritto metà?”
Eh, eh.. cari miei lettori, mi dispiace, ma questa volta è stata davvero dura! E se volete sapere tutta la verità in realtà il capitolo era pronto tipo da più di un mese! Solo che dopo averlo finito non avevo neanche il tempo di accendere il pc per fare la solita revisione sia da me che dalla mia beta, che anche questa volta non è mancata.
Comunque ragazzi, so che è stata dura, ma alla fine ce l’ho fatta e come avrete notato il capitolo è venuto bello lunghetto rispetto ai precedenti e spero con tutto il cuore che abbia rispecchiato appieno le vostre aspettative o almeno non vi abbia deluso, che è il mio timore più grande. Mi scuso anche se non ho risposto a nessun commento, ma il tempo che ho è davvero pochissimo, non a caso ho postato il capitolo alle 2 di notte xD
Bene, dopo aver sbraitato ai quattro venti le mie inutili e ridicole scuse vorrei cominciare con i ringraziamenti più doverosi:
1. Primo tra tutti il gruppo facebook Takahashi Fanfiction Forum e tutte le persone che vi fanno parte. Senza di loro non avrei mai fatto questo grande balzo che sognavo da anni, certo, la paura e l’insicurezza non è del tutto scemata, ma si può sempre migliorare.
2. La mia magnifica Beta che ormai conoscete molto bene: Miyu87 alias Manu! Senza di lei quelle mie poche sperante si sarebbero del tutto sgretolate come polvere; costruire una statua in suo onore non basterebbe per dimostrarle quanto sia grata e felice di averla conosciuta. Vi informo anche che ha postato recentemente una piccola OS che vi consiglio di leggere, è troppo bella♥
3. Tutte le persone che hanno commentato la storia, anche solo un capitolo. Cioè ragazzi, non so voi, ma siete tantissimi e sinceramente non me l’ero minimamente sognato! Grazie, mille grazie, davvero.
4. Tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le preferite, seguite e ricordate. Anche qui ragazzi avete nettamente superato il numero che mi ero immaginata o.o
5. Il mio ragazzo e il mio migliore amico, anche se sono all’insaputa di tutto (non leggeranno MAI le mie storie!! xD ), ma senza di loro questa piccola storiella non sarebbe mai nata♥
Bene, credo di aver finito, vi ho annoiato anche troppo. Vi dico soltanto che è stata una bellissima esperienza e spero di tornare in futuro ancora più carica e motivata di prima, ma soprattutto migliorata!
Un bacione grosso a tutti quanti e a presto!
Marty♥
  
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