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Autore: Walpurgisnacht    11/12/2016    3 recensioni
Dunque, come riassumere questa storia?
Proviamo così: la Kibougamine, Junko che ha preoccupazioni molto meno folli del sommergere il mondo nella disperazione, un'antipatia fra protagonisti e un chilo di idiozia sparsa sulla testa di un po' tutti.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“I-Ikusaba-san… tu sei sicura di quanto stai facendo, vero?”.

La voce un poco atterrita di Ishimaru non fecero altro che aumentare la voglia di Mukuro di darsi da fare. Si era procurata delle corde da un sexy shop online, assicurandosi che fossero fatte appositamente per dei giochini erotici. Non si sentiva particolarmente maestra nel campo strettamente riservato alla camera da letto, ma in compenso vantava una quasi decennale esperienza nel legare persone come se fossero dei salami. Diciamo che rispetto a tanta gente partiva un po’ avvantaggiata.

“Suvvia, non dirmi che un uomo tutto d’un pezzo come te si fa spaventare per così poco” rispose maliziosa mentre maneggiava con la scatola. Era rimasta in un angolo della sua stanza, dove erano entrambi in quel momento, in attesa di essere utilizzata. E il momento era arrivato.

“Ok, però… insomma, ecco… non è un po’... anormale? Specie per essere la prima volta…”.

Mukuro alzò appena gli occhi al cielo. Era veramente un cioccolatino d’ingenuità, il suo ragazzo, ed era forse il lato di lui che preferiva. Quello e i pettorali. Aveva dei gran bei pettorali.

“Anormale? Solo perché ho il kink delle corde? Mi offendi, Ishimaru”.

“Non volevo offenderti, non volevo! Scusa!”.

“Senti, è uno sfizio che ho sempre voluto togliermi e avevo deciso da tempo che la mia prima volta avrebbe implicato legacci e nodi. L’unica variabile era il corpo su cui sarebbero stati applicati, ma il fato ha deciso che per stavolta tocca a te. Tranquillo, sono più che disposta a ricambiare il piacere”.

GLOMP.

Il sentirlo deglutire rumorosamente la eccitò ancora di più.

Non sapeva spiegarsi questa passione, non in maniera cosciente quantomeno. Sapeva solo che c’era e aveva la possibilità di sfogarla concretamente. Non se la sarebbe lasciata sfuggire, nossignore.

“Bene, il materiale sembra a posto. Ora, se volessi gentilmente stenderti sul letto…” disse a mò di invito, anche se era più inteso come un ordine.

E quando lo vide sdraiato di fronte a sé, tremante, ad attendere...

Mettiamola così: fece una gran fatica a trattenersi. D’altronde, come detto, sapeva molto bene come usare quel che reggeva per renderlo completamente immobile e alla sua mercé. Ma lui non era un prigioniero di guerra, era solo il suo fidanzato che stava assecondando i suoi feticci per farle piacere.

Non si sarebbe spinta oltre, men che meno in occasione del loro esordio nel magico mondo del sesso. Non se lo sarebbe perdonato.

In un attimo di divagazione si chiese se fosse cosa comune anche per Junko e Mondo, quella di usare oggetti esterni durante un rapporto. Poi decise che in realtà preferiva non saperlo neanche per sbaglio e tornò a dedicarsi a se stessa e al suo Prefetto.

Si avvicinò cauta e cominciò a lavorare.

Purtroppo, per lui e per lei, si rese conto di non avere le mani di fata come pensava. Anzi, in più di un’occasione dovette tirare il freno a mano per evitare di risultare troppo ruvida.

Di nuovo, tutta la sua esperienza pregressa era un’arma a doppio taglio in una situazione simile. Perché era capacissima di rendere inoffensivi i nemici della brigata Fenrir che andavano successivamente interrogati, ma il ragazzo di fronte a lui non era tale. E più proseguiva, più lui si lamentava per sfregature troppo violente contro la sua pelle o per tratti della corda che lo irritavano o lo costringevano a posizioni eccessivamente scomode.

Insomma, la magica prima volta di Mukuro Ikusaba fu un mezzo fiasco. Principalmente per colpa sua.

All’ennesimo “Ahia! Mi fai male!”... niente, ci rinunciò. Prese le corde, le gettò a terra con un moto di stizza e dichiarò ad alta voce che non se ne sarebbe fatto più nulla.

“Al diavolo!”.

“Ikusaba-san! Che ti prende?”.

“Che mi prende, Ishimaru?” si voltò verso di lui, rabbiosa “Mi prende che ho rovinato tutto. Forse Junko non ha tutti i torti quando mi dà della fallita…”.

Il suo pistolotto di autocommiserazione venne interrotto da un repentino contatto fra le loro labbra.

Al termine del bacio Ishimaru si staccò, ansimando leggermente, e guardandola negli occhi le disse: “Non ti azzardare mai più a dire simili scemenze, mi sono spiegato?”.

“...eh?”.

“D’accordo, forse non sarai un asso nel legare il tuo partner a scopo erotico. Ma da qui a darti della fallita ce ne passa di acqua sotto ai ponti. E poi, cosa ti costa fare un passo indietro e rinunciare almeno per ora a questa cosa? Possiamo anche farlo normalmente, sarà bellissimo lo stesso. Inoltre in questo modo il campo di battaglia si livella, perché come sei novellina tu lo sono anch’io. A parità di preparazione, sul confronto diretto sono sicuro che mi batterai e farai più bella figura”.

“Brutto scemo” rispose lei, un poco commossa dal suo essere comprensivo.

Si abbracciarono, cominciando in prima e scalando pian piano di marcia fino a quando sembrarono due piovre dedicate all’esplorazione di ogni centimetro del corpo dell’altro.

E fu così che la prima volta di Mukuro Ikusaba fu solo un mezzo fiasco e non un fiasco completo.


*


Studiando il suo riflesso nello specchio, Kyouko lanciò l’ennesima occhiata al completino intimo che indossava.

Kyouko Kirigiri non era mai stata una particolarmente attenta alla moda o dedita allo shopping compulsivo… non prima di perdere la testa per Makoto Naegi, s’intende.

A voler essere sinceri non è che fosse cambiata poi tanto, ma non le era sfuggito il fatto che, da quando stava con il Super Fortunello, aveva iniziato a prestare più attenzione al proprio abbigliamento, spesso lanciando un’occhiata furtiva a quello delle sue compagne più alla moda. Qualche giorno prima suo padre si era persino vendicato di tutto il sarcasmo gratuito subito dalla figlia, quando l’aveva trovata intenta a leggere una rivista di moda. “Stai bene, figlia mia? Vuoi sederti? So che fa male quando scopri di essere effettivamente una ragazza” era stata la frecciatina lanciatale da Jin, che si era defilato alla svelta cercando di evitare una scarpa diretta alla sua tempia.

Basta. Non è il momento della psicanalisi.

Finì di abbottonarsi la camicia e il resto della divisa, diede una veloce sistemata ai capelli e si rimirò un’ultima volta allo specchio. Perfetta.

Non le sfuggì il parallelo con la sera della festa, in cui si era tirata a lucido con il solo scopo di far cadere Makoto ai suoi piedi… per poi fuggire a gambe levate quando aveva ottenuto il suo scopo. Stavolta le cose andranno diversamente si disse. C’è in ballo qualcosa di molto più importante di una semplice dichiarazione.

Per me e Naegi-kun è ora di diventare più… intimi.

Kyouko Kirigiri si era di nuovo vestita per uccidere, e stavolta era più che decisa a non fallire. Si chiuse la porta della sua stanza alle spalle e si diresse verso quella di Makoto, ripassando mentalmente il suo piano: solo un’ora prima lo aveva avvisato che sarebbe andata da lui con la scusa di recuperare un quaderno (strategicamente lasciato lì il giorno prima), e avrebbe approfittato di quella situazione per… beh, per sedurlo.

Avvampò all’idea di ciò che stava per fare, ma era un’esperta nel nascondere le sue emozioni agli altri, quindi era più che sicura che la sua faccia non avesse lasciato trapelare nulla.

Eccoci qua.

Per qualche secondo rimase ferma davanti alla porta della camera di Makoto. Nonostante continuasse a dirsi calma il suo cervello continuava a distrarla con altro, tipo farle notare come il chibi affisso sulla targa somigliasse tanto al legittimo proprietario, soprattutto in altezza.

Tutto molto bello e adorabile, ma non siamo qui per questo.

SI decise a suonare il campanello, e due secondi dopo Naegi era lì ad aprirle la porta: “Kyouko-san! Ci hai messo un sacco, credevo ti fossi dimenticata del quaderno” le sorrise lui, facendosi da parte per farla entrare. “Scusa, è che non riuscivo a trovare il… il cellulare” mentì, sperando di farla franca. “Il cellulare, sì.”

“Prima il quaderno, ora il cellulare… ultimamente sei un po’ distratta eh?” fu la risposta del ragazzo, che si era avvicinato alla sua scrivania per cercare qualcosa. Decisamente Kyouko l’aveva fatta franca.

Bene, ora di dare il via all’operazione “Facciamo fiki fiki insieme”.

Svelta come solo lei sapeva essere, la Super Detective approfittò della momentanea distrazione di Makoto per slacciare il nastro della sua divisa, sbottonare un po’ la camicia, sedersi sul letto e accavallare le gambe in quella che sperava fosse una posa sensuale. Quella settimana di allenamento davanti allo specchio doveva pur essere servita a qualcosa, si augurò. Finì i preparativi appena in tempo per vedere il ragazzo voltarsi verso di lei con il quaderno in mano: “Ecco a te il tuo qua… oh, senti caldo? Forse ho alzato troppo il termostato, aspetta.”

Kyouko lo osservò allibita controllare la temperatura della stanza, ma decise di non demordere. Naegi-kun è adorabilmente ingenuo, si disse, devo solo essere un po’ più diretta. Ma senza esagerare.

Sorrise come non fosse successo nulla e proseguì col suo piano: “Sentì, Naegi-kun… avrei un’idea.”
“Che tipo di idea?” rispose lui, sedendosi alla sua scrivania.

“Ecco, pensavo che potremmo… studiare insieme” disse, calcando particolarmente sulle ultime due parole. Si ritrovò persino a sbattere le ciglia in maniera frivola come aveva visto fare spesso a Celestia. La risposta che ricevette non fu esattamente quella che sperava: “Oh, mi dispiace, io ho già finito di studiare” rispose lui, grattandosi la nuca. “Sai, speravo di passare il week-end con te e quindi mi sono portato avanti con i compiti” sorrise, e lei ricambiò. Era un pensiero adorabile, che tuttavia continuava ad ostacolare il suo piano. Ma Kyouko Kirigiri non era una che si lasciava abbattere dalle prime difficoltà, e quindi insistette: “Però potremmo… studiare un po’ ugualmente, che ne dici?” propose, il tono di voce praticamente un coro di fusa.

E tuttavia…

“Mi dispiace, ma ho davvero finito tutti i compiti che avevamo. Mi sono lasciato prendere la mano, ahah!”

Kyouko si morse il labbro inferiore per impedirsi di urlare.

“Oh ma… aspetta, volevi una mano a studiare?” chiese lui, con l’aria di chi aveva appena avuto un’illuminazione. “Credevo avessi già finito ma posso aiutarti se vuoi! Non credevo ne avessi bisogno, ma-”
“S-sì, sì, mi farebbe piacere se mi aiutassi” mentì lei, ormai decisa a proseguire con il suo piano, anche a costo di apportare modifiche dell’ultimo minuto.

Makoto sorrise: “Con molto piacere!” trillò, alzandosi per recuperare alcuni libri di testo.

Kyouko decise di agire. Ora o mai più.

Veloce come una faina si sbottonò ancora di più la camicia, augurandosi che il reggiseno ben evidente risvegliasse nel ragazzo qualche istinto sopito, e si stese sul letto in una posa sensuale vista su un sito di pin up. Certo la modella era sicuramente più attrezzata dal punto di vista fisico, ma non è che tutte nascono Asahina o Oowari. E comunque Makoto non si era mai lamentato.

“Makoto…” miagolò. Lui non si voltò nemmeno.

“Makoto…” ritentò. “Un secondo, non trovo il quaderno con i miei appunti” fu la sua disarmante risposta.

Kyouko inspirò e si sporse in avanti oltre il bordo del letto, accarezzando la gamba di lui con il piede: “Makoto… voltati un attimo.”

“Un attim-ehi, ehi cos’è questo solletico?”

Forse lui si girò di scatto, forse lei non aveva calcolato bene quanto si era sporta oltre il bordo del letto, fatto sta che cadde di faccia sul pavimento, in maniera decisamente poco aggraziata.

La tetta. Mi fa male la tetta.

Makoto si precipitò subito da lei: “Kyouko-san! Tutto ok?”
Lei rotolò di schiena, incurante della camicetta aperta. Tanto ormai…

“Come hai fatto a rotolare giù dal letto, e… perché la tua camicia è sbottonata?” arrossì il Fortunello, mentre la aiutava a mettersi seduta.

Kyouko lo guardò dritto negli occhi con la sua espressione stoica… che però venne meno: “Non ce la faccio, NON CE LA POSSO FARE!”

“Eh?”
“Io le ho provate tutte!” piagnucolò (Io! Piagnucolo!). “Ma a quanto pare sei insensibile a qualunque tentativo di seduzione, o io sono totalmente incapace a rendermi almeno vagamente sensuale! Sono un fallimento su tutta la linea!”
“Frena frena frena” la interruppe, “tu stavi… cercando di sedurmi?”
“Sì! Sì, dannazione sì!”

“E… perché?”
“...secondo te?” sbuffò esasperata. “Stiamo insieme da mesi e ho pensato che portare la nostra relazione al… livello successivo poteva essere una buona idea, e visto che tu sei quello che si è sempre fatto avanti mentre i miei precedenti tentativi di corteggiamento sono naufragati miseramente mi sono detta che era la volta buona per ritentare e dimostrarti che posso essere seducente e” inspirò “e invece non ne sono capace. Da questo punto di vista sono più tragica di Togami!”

Una risatina da parte del ragazzo la distolse dal suo momento di autocommiserazione.

“Fa così ridere?” ringhiò, e lui alzò subito le mani in segno di pace: “Ma no, ma no! È che sei… buffa.”
“Buffa?”

L’avevano definita in tanti modi, ma mai buffa.

“Davvero, non ti sto prendendo in giro, ho solo trovato i tuoi impacciati tentativi di seduzione… adorabili” sorrise lui, avvicinandosi. “E potrebbero aver funzionato.”
Kyouko arrossì di colpo: “Anche ora che hai capito che il quaderno era una scusa?”
“A-ah” Makoto annuì, abbracciandola.
“E dopo aver subito il più maldestro piedino nella storia dei piedini?”
“Assolutamente” sorrise sornione.

“E dopo avermi vista rotolare per terra come un insaccato?”
“Un insaccato molto carino” rispose, prima di zittirla con un bacio.

Mentre sentiva le mani di Makoto Naegi accarezzarla in zone che non aveva ancora mai mostrato a nessuno, Kyouko Kirigiri si disse che in fondo non era poi così fallita come seduttrice. E magari non era un caso disperato come Togami.


*


Il quale Togami aveva messo in atto il suo, di piano, qualche settimana dopo.

“Direi che la mia ricerca può considerarsi conclusa. Comincio anche a sentire un po’ di fame.”
Touko si limitò a sorridergli, alzando appena lo sguardo dai suoi libri.

Pomeriggi simili erano ormai la norma per loro, chiusi in camera di uno dei due a studiare fino a dimenticarsi di pranzi, cene e spuntini. Non che fosse un grave problema, visto che Touko mangiava come un uccellino (nonostante lo Scion stesse cercando di aiutarla a migliorare le sue abitudini), e Togami poteva andare avanti per ore solo bevendo caffé (il famoso caffé fatto di cacca di pipistrello che gli era valso più di una presa in giro).

“Magari potremmo fare uno spuntino” propose lei, “m-ma non ho particolarmente voglia di stare in caffetteria…”

Anche l’obiezione della ragazza non era inaspettata, visto che entrambi avevano spesso e volentieri consumato il loro pasti in solitudine (ma andava detto che, da quando la loro relazione era diventata ufficiale, entrambi si erano sforzati di passare più tempo con i loro compagni di classe ed essere più socievoli. Entro i loro limiti, chiaramente).

Togami annuì, trattenendo a stento un ghigno soddisfatto. Proprio la risposta che mi aspettavo.

“Potremmo cenare qui in camera mia allora” disse, stiracchiandosi. “Ti spiacerebbe andare a prendere la nostra cena in cucina?”

Touko inarcò un sopracciglio: “Da come lo dici sembra che tu abbia organizzato tutto in precedenza…”.

“Ho solo avvisato Hanamura via cellulare qualche ora fa, prevedendo che saremmo rimasti in camera come sempre. Niente di eclatante” mentì lui spudoratamente. “Ora vai, io intanto faccio spazio sul tavolo. E di’ a quell’animale di tenere le sue zampacce lontane da te se vuole essere pagato.”

“Hm, va bene” rispose lei, sorridendo per quell’ultima frase. Togami sapeva essere adorabilmente geloso, quando voleva.

Appena la Scrittrice si chiuse la porta alle spalle, il ragazzo si alzò di scatto.

Bene. Ho pochissimo tempo.

Sistemò libri e quaderni alla bell’e meglio, abbassò le luci e si spogliò del tutto. Dopo diverse settimane di riflessione (e provocazioni da parte della quota maschile della 78), Byakuya era giunto alla conclusione che era ora di portare la sua relazione con Touko ad un livello… superiore. O fare homerun, come più volte l’avevano beceramente definito Kuwata e altri elementi non esattamente brillanti della sua classe.

State per fare sesso come conigli, e dillo!

Non tu di nuovo. Sparisci!

Le visite del suo fastidioso omino del cervello erano ormai sporadiche, ma quando appariva lo faceva sempre nei momenti meno opportuni.

Delizioso come ti ricordavo, Byakky.

Decise di ignorarlo nella speranza lo lasciasse in pace, e tornò ai suoi preparativi. Una volta completamente nudo si stese sul suo letto, solo il lenzuolo a coprire le parti più scabrose.

Va bene voler essere diretti, ma sempre con classe.

Anche i preservativi erano al loro posto. Annuì, fiero del suo operato. Dopo le rocambolesche settimane in cui aveva cercato in ogni modo di farsi perdonare da Touko sentiva di aver fatto un enorme passo avanti nella sua carriera di… chiamiamolo seduttore. Byakuya si sentiva decisamente più sicuro di sé e del suo modo di fare: ormai gli sguardi tristi della ragazza erano solo un ricordo, così come i momenti in cui riusciva a farla arrabbiare o offenderla senza volerlo (in realtà c’erano ancora, ma rari. Asahina e le altre ragazze gli lanciavano sempre meno sguardi di disapprovazione, e ne aveva dedotto di star migliorando anche su quel fronte), quindi non aveva alcun dubbio sulla riuscita del suo piano.

Sedurre Touko sarebbe stato un gioco da ragazzi.

Ti sbava dietro da anni, sai che roba.

Non rispose alla provocazione, preferendo mettersi in una posa che valorizzasse il suo fisico statuario (a detta sua, quantomeno). Il fatto che quella fosse la sua prima relazione e, soprattutto, che quella sarebbe stata la sua prima volta in assoluto, sembrava non metterlo assolutamente in ansia. Byakuya Togami non gioca in borsa se non è sicuro di vincere sorrise tra sé e sé. Certo, aveva solo una vaga idea (derivata da basiche conoscenze di biologia, discorsi prettamente maschili e ricerche su internet) di dove mettere le mani… ma era sicuro sarebbe andato tutto a gonfie vele. Se persino un gorilla come Oowada riusciva a farlo, figurarsi se un Super Erede come lui non ne sarebbe stato capace!

“Rieccomi! Certo che di roba ne hai chiesta ad Hanamu… hey, perché hai abbassato la luce? Non vedo quasi nulla.”
“Volevo farti una sorpresa” rispose lui con voce suadente. “Chiudi la porta e raggiungimi.”

Touko fece quanto detto e fece appena in tempo a posare il vassoio sul tavolo prima di accorgersi del suo ragazzo steso sul letto. Nudo.

“B-B-Byakuya-kun… sei… sei nudo…” balbettò lei.

“Assolutamente sì.”
“E… hai solo un lenzuolo a coprirti…”
“Come puoi ben vedere.”
“E… sta su da solo…”

“Esatt- aspetta, cosa?”

Fammi capire, non ti eri accorto di avere l’alzabandiera? Ma sei vero?

Touko scoppiò a ridere, e Byakuya si sentì avvampare.

“Sai deridermi non è particolarmente afrodisiaco” borbottò, “e poi non dovrebbe farti piacere vedermi… beh, in forma?!”

“Scusa… scusa è che” balbettò a fatica lei, “n-non me l’aspettavo, tutto qui! Soprattutto quel… quel lenzuolo teso, sembra tu abbia una mini tenda da circo tra le gambe, ahahahah!”

“Io cerco di sedurti per passare la prima notte romantica della nostra relazione e tu mi prendi in giro, fantastico. No davvero, stupendo.”
“D-dai non essere così permaloso…”
“Ho tutte le ragioni di esserlo, almeno stavolta” rispose secco, incrociando le braccia e sbuffando. La risatina del suo omino del cervello non contribuì a migliorare l’umore.

“Quindi… volevi sedurmi?” chiese Touko a bassa voce. Lui non si voltò a guardarla ma annuì: “Era la mia idea, ma a quanto pare non è stata delle migliori.”
“Oh, non dire così… sono sicura che possiamo rimediare” miagolò lei, un tono di voce che mai le aveva sentito e che subito rinvigorì quella parte di lui che si era abbattuta. Sentì il materasso abbassarsi leggermente e le labbra della ragazza sfiorargli una guancia. “Sai non sono sicuro che un bacio sulla guancia possa cambiare le… cose…”

Quando si voltò a guardarla, notò un paio di cose. Un paio di cose che in genere erano coperte dalla divisa scolastica di Touko (sparita in due secondi), e che decisamente non le rendeva giustizia. Non era Asahina, ma non c’era nemmeno di che lamentarsi. Notò anche come, con i capelli sciolti, senza occhiali e con quello sguardo da gatta, la Scrittrice sembrava saperla molto più lunga di lui.

“Allora non vuoi proprio perdonarmi?” chiese la Scrittrice, e lui fece fatica a mettere insieme una frase sensata: “D-diciamo che se ne può parlare.”
“Bene.”

Tempo zero e si ritrovò steso sul letto sotto di lei.

Le sue doti da seduttore andavano affinate, ma tutto sommato si disse soddisfatto del risultato.

E di quello dopo.


*


“Per la miseria, Junko… basta, ti prego… sono a pezzi…”.

“Come sei a pezzi? Ma è solo la settima volta consecutiva che lo facciamo!”.

“Appunto! Ti sembrano poche?”.

“Avanti Mondo, non ti facevo così pappamolle”.

“Non è questione di essere pappamolle, è che… mi fa male, dannazione…”.

“Ti fa male? Questo adorabile cosino di venticinque centimetri?”.

“Ahio! E tieni le mani a posto, ti ho appena detto che mi fa male!”.

“Ma che uomo sei? Dov’è finito il tuo vigore animalesco da bestia del sesso?”.

“Me l’hai succhiato tipo vampiro col sangue, ecco dov’è finito. E al contrario del tuo appetito la mia resistenza non è infinita”.

“Chiamami 18, umano. E comunque non è stata l’unica cosa che ti ho succhiato”.

“...dopo la citazione a Dragon Ball basta, per oggi ho dato”.

“Ehi! Che stai facendo?”.

“Mi rivesto. Non si vede?”.

“Eeeeeeeeeeeeeeeeh? Ti rivesti?”.

“Junko, sarò chiaro: a me piace fare sesso con te, lo sai. Ho dimostrato di apprezzarlo in lungo e in largo…”.

“Oh sì, lo hai fatto eccome. Lo sai vero che ormai la mia amica V ha preso la forma del…”.

“PER FAVORE LE FRASI DA HENTAI NO. E lasciami finire. Dicevo, mi piace… ma dopo un po’ anch’io finisco la benzina. E come ogni buona moto, col serbatoio vuoto non si va da nessuna parte”.

“Non ti facevo così poco capiente”.

“È che tu sei un’idrovora e non mi concedi neanche il tempo per rifiatare. Sicura di non avercela dentata?”.

“La risposta la dovresti conoscere da solo, ragazzone. L’hai esplorata come neanche Indiana Jones nel tempio maledetto”.

“Ehm, sì… in effetti…”.

“No, comunque mi stai tirando un colpo basso. Io ne ho ancora voglia, ueeeeeeeeeeeeeeeeeeh!”.

“Ti prego, almeno secondo l’anagrafe non hai più sei anni. La frigna da bimbetta offesa no, ti scongiuro”.

“E allora vieni qui e soddisfami, stallone sgonfio”.

“Quando il mio uccello avrà smesso di raggrinzirsi per colpa tua. Chiedo solo una tregua… di qualche ora, ecco. Non di più”.

“Ma qualche ora è un sacco di tempo! Io che faccio nel frattempo? Mi annoio?”.

“Conta il pulviscolo, che ne so. Trovati un passatempo”.

“No no no no no no! Non te lo permetto!”.

“Non ti ho chiesto il permesso, difatti. Me lo prendo e basta. Davvero Junko, cerca di capirmi: se lo sottoponi ad altro sforzo, ora come ora, rischi di farmelo andare in cancrena per sempre”.

“E porca puttana, non sono mica una vedova nera!”.

“Potresti tingerti i capelli allora. Bene, non sono più nudo come un verme e questo significa che posso andare a farmi una passeggiata. Ti prometto che non appena ne sarò in grado tornerò subito da te”.

“Grunf. Questa cosa mi indispettisce molto, Mondo”.

“Pazienza. Vorrà dire che mi sdebiterò in qualche altro modo”.

“...”.

“A più tardi, Junko”.

“...”.

SBRAM SDENG KATABOOM.

“Eh uh cosa dove chi perché?”.

“Ho cambiato idea. Tu non vai da nessuna parte”.

“Mollami la collottola! Mollami!”.

“No. Se ti mollo sarà solo per gettarti sul letto”.

“Junko, per l’amor del cielo! Siamo in mezzo al corridoio, facciamo una figura di merda epocale!”.

“Capirai, come se non lo sapessero anche le tazze dei cessi che io e te scopiamo in allegria. Ti dice niente la festa di qualche mese fa?”.

“...point, set, match”.

“E adesso noi due ce ne torniamo in camera”.

“Aiuto! Qualcuno mi salvi da questa valchiria troppo arrapata!”.

   
 
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