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Autore: AliceMiller    13/12/2016    1 recensioni
Emma ha dieci minuti di tempo per salutare suo figlio.
"Dieci minuti in cui dire a quel bambino, a suo figlio, tutto quello che le altre madri dicevano in una vita intera. Una lettera, un monologo, sotto i neon della nursery, a un bambino di poco più di ventiquattro ore, in dieci minuti. Emma Swan, seduta vicino alla culla, cominciò a parlare."
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Goodbye. For now.


“Signorina, ha dieci minuti, non di più!”
Dopo nove mesi di attesa, ventisette ore di travaglio, una foto e la firma di alcuni documenti ad Emma Swan restavano dieciminutienondipiù. Dieci minuti in cui dire a quel bambino, a suo figlio, tutto quello che le altre madri dicevano in una vita intera. Una lettera, un monologo, sotto i neon della nursery, a un bambino di poco più di ventiquattro ore, in dieci minuti. Emma Swan, seduta vicino alla culla, cominciò a parlare.

Ciao, forse addio, bambino. Amore mio, ti auguro di ricevere tutta la bontà che il mondo può dare anche dopo il mio arrivederci, il mio addio. Devo andare. Come sei bello, piccolo mio, così perfetto mentre ti aggrappi al mio dito con la fiducia estrema e totale che solo tu puoi avere. Devo andare. Ricorderò per sempre questo momento, le nostre vite intrecciate ancora per poco eppure per sempre. Il tuo respiro tranquillo. Il battito del tuo cuore sopra al mio. Ti lascio solo, ma non solo al mondo, non preoccuparti! Solo senza di me! Sono troppo incasinata, la mia vita è fatta di crolli, macerie da spostare. Ho appena finito un anno di prigione e forse ci tornerò di nuovo, non voglio tornarci, è che non riesco mai a combinare nulla di buono, tranne te. Sei la prima cosa buona che capita nella mia vita e per questo meriti di meglio. Meriti di avere una madre vera, di quelle che sanno cucinare le lasagne e magari anche la torta di mele, che ti sappia seguire nei compiti e la sera ti rimbocchi le coperte raccontandoti una storia, come sto facendo io ora. Con lo stesso amore. Amore mio, meriti il meglio e io decisamente non lo sono. Sappi sempre che ti amo immensamente. Addio bambino dagli occhi marroni, addio per adesso, io devo andare, ma ti prego ricordati anche tu di questo momento e del bene che ti voglio. Ogni ninna nanna mi farà pensare a te, al nostro primo saluto e al nostro addio. Questa notte come farò a dormire? E le prossime? Non riesco a immaginare la mia vita senza di te, eppure immagino la vita che desidero per te. Credi che abbia senso? Ora vado, le infermiere non mi lasceranno stare ancora per molto. Ciao piccolo, ti voglio bene.

Emma non riusciva a nascondere le lacrime che rigavano il suo viso sempre più numerose. Singhiozzando staccò la sua mano da quella del bambino. Lo accarezzò, gli diede un ultimo bacio sulla fronte.

Non aveva mai provato tanto dolore in tutta la sua vita, ed Emma Swan era una che di dolore credeva di intendersene, aveva perso il conto delle volte in cui le persone che avevano promesso di occuparsi di lei l’avevano lasciata in balia del suo destino delusa, ferita e sola, ma nulla era paragonabile a quello che sentiva in quel momento. Si stava strappando un pezzo di cuore, una parte di anima. Sotto lo sguardo impietosito del personale dell’ospedale lasciò la nursery, prese l’ascensore e arrivò al parcheggio.

Il maggiolino giallo era lì ad aspettarla, l’unico baluardo che ancora difendeva la memoria dei suoi ricordi felici con Neal. Alla fine anche Neal se ne era andato, era scappato con gli orologi, l’aveva fatta arrestare. Il maggiolino era per chiederle scusa, se solo avesse potuto dirgli a cosa, a chi, aveva dovuto rinunciare per colpa sua. Ma Neal non c’era, e suo figlio dormiva a un centinaio di metri da lei, così vicino e così lontano.

Sola.

Si buttò sul sedile del passeggero stringendo la polaroid che le avevano scattato e un calzino bianco, minuscolo che aveva rubato. Profumava di buono. Li stringeva come se fossero amuleti, come se non ci fosse nulla di più prezioso al mondo. Pianse tutte le sue lacrime fino a che non perse completamente le forze e si addormentò. Gli occhi marroni di suo figlio si riflettevano ancora nel verdeazzurro dei suoi. Dopo quella, di notte in notte, continuò a sognarli.

Dieci anni dopo.

“Sono Henry! Tuo figlio!”                                                                                                                                  

Emma lo guardò e nell’istante in cui incrociò gli occhi marroni del ragazzino capì che era lui.

Era vivo, era reale.

La notte del suo ventottesimo compleanno, proprio mentre esprimeva il desiderio di sognare quegli occhi fino a che non avesse potuto rivederli, di non essere sola… Eccoli lì, gli occhi. Eccolo lì, il suo bambino.
Henry, che bel nome! È da principe! Non avrei potuto sperare di meglio! E lui è bellissimo! Questi erano i pensieri che si susseguivano nella mente di Emma mentre attonita osservava il ragazzino raggiungere il frigorifero e bere del succo di frutta dal cartone.

 “Addio. Per adesso.” Mormorò tra sé e sorrise. Quella nenia che ripeteva tutte le sere prima di addormentarsi, come un mantra che la trasportava in un mondo di fantasia dove lei abbracciava finalmente il suo bambino. Averlo lì, in quel momento, andava oltre ogni cosa avesse mai osato sperare e immaginare.

Lo aveva immaginato uomo adulto con dei figli che la ritrovava decrepita in una casa di riposo e la raggiungeva appena in tempo per un ultimo abbraccio. Una lacrima le arrivò alle labbra, per un momento pensò di scappare con lui, lontano da Boston, magari dagli Stati Uniti. Ma il ragazzino menzionò una casa, a Storybrooke nel Maine.

Emma prese le chiavi del maggiolino e riempì una borsa con le sue cose. Non poteva fare questo, non alla famiglia che si era presa cura di suo figlio.

Durante il viaggio Henry parlò di un libro di fiabe e streghe cattive, ma quando gli occhi di Emma Swan incrociarono quelli della madre di Henry e videro il sollievo nell’abbracciare il ragazzino e il dolore alle parole di Henry “L’ho trovata. Ho trovato la mia vera madre”, Emma capì che quella donna amava veramente suo figlio, come lei e forse anche un po’ di più. Dopo un timido cenno di saluto, Regina Mills la invitò ad entrare. Emma Swan sentiva che quello era solo l’inizio, anche se non sapeva bene di cosa.
 

 
 
NdA Ho scritto questa fanfiction pensando alla canzone Goodbye di Avril Lavigne.                                                                                                   Grazie a te, per aver letto. Grazie a Alu, spero che tu riesca a trovare il tempo per leggerla. Grazie alla mia #Shipmate, che mi sostiene sempre. Grazie a Mara (Trixie), che si è sorbita di nuovo tutte le mie paranoie e che trova sempre le soluzioni più logiche. A presto! 
  
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