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Autore: _Fedra_    19/12/2016    7 recensioni
Fugge, Anna.
Nei suoi occhi scuri si riflette la neve che cade lentamente sulla striscia scura dell’asfalto, intervallata dal movimento ritmico dei tergicristallo sul parabrezza. I fari sono due occhi ciechi che illuminano il cammino deserto e nero della notte.
Sono le 22:10 del 24 dicembre. Il termometro segna tre gradi; probabilmente, man mano che si allontaneranno dalla città verso le campagne la temperatura scenderà ancora.
Anna non può dormire. Gli occhi bruciano per la stanchezza e le lacrime che ancora continuano a uscirle, il corpo le duole per le percosse, il cuore sembra scoppiarle nel petto; ma non può fermarsi. Deve andare avanti, il più lontano possibile dalla città, dalla vita che si sono lasciate alle spalle. E da Mauro, soprattutto da Mauro.
La storia di una donna come tante altre, pronta a tentare l'impossibile pur di sfuggire da una vita di violenza e schiavitù per costruire un futuro migliore per sé e per sua figlia. Una fiaba di amore e di coraggio da leggere alla vigilia di Natale.
[partecipa al contest A Very Happy Ending for a Very Happy Christmas]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fugge, Anna.
Nei suoi occhi scuri si riflette la neve che cade lentamente sulla striscia scura dell’asfalto, intervallata dal movimento ritmico dei tergicristallo sul parabrezza. I fari sono due occhi ciechi che illuminano il cammino deserto e nero della notte.
Sono le 22:10 del 24 dicembre. Il termometro segna tre gradi; probabilmente, man mano che si allontaneranno dalla città verso le campagne la temperatura scenderà ancora.
Lara dorme sul seggiolino ancorato al sedile posteriore, la zazzera bionda che sfugge dal cappuccio rosso del cappotto, il ciuccio stretto dai denti.
Continua a dormire, piccola Lara. Continua a dormire…
Per fortuna, la bambina è stata buona per tutto il viaggio. Non ha pianto, non ha protestato, non ha nemmeno mostrato di avere fame. Come se anche lei, in qualche modo, fosse stanca.
Anna no, Anna non può dormire. Gli occhi bruciano per la stanchezza e le lacrime che ancora continuano a uscirle, il corpo le duole per le percosse, il cuore sembra scoppiarle nel petto; ma non può fermarsi. Deve andare avanti, il più lontano possibile dalla città, dalla vita che si sono lasciate alle spalle. E da Mauro, soprattutto da Mauro.
Un singhiozzo le toglie il fiato, seguito da una fitta alle costole.
Il riscaldamento messo al massimo non serve a calmare i brividi di freddo e allo stesso tempo la fa sentire ancora più stanca e intorpidita.
Cercando di tenersi sveglia dopo quella giornata massacrante (ma quanti chilometri ha fatto, di già?), Anna accende la radio, tenendo il volume al minimo per non svegliare Lara.
Subito, un motivetto allegro prende a gracchiare negli altoparlanti, quasi un sussurro malefico:
 
Last Christmas, I gave you my heart
But the very next day, you gave it away
This year to save me from tears
I’ll give it to someone special
 
Si porta una mano alla bocca, Anna, reprimendo nuovi singhiozzi. Come sempre, in momenti del genere, ogni canzone è quella sbagliata. Quanti ricordi, in una canzone. Ricordi che scavano nel Natale di tre anni prima dell’inferno.
Come era diversa, Anna, tre anni prima. Quante speranze, quanti desideri, quante promesse non mantenute.
Eccola, con una corona d’alloro in testa e la tesi sotto braccio. Centodieci e lode, una studentessa brillante di Giurisprudenza. Voleva diventare un avvocato e vivere felicemente dopo un’infanzia e un’adolescenza difficili, segregata in una squallida periferia.
Aveva lasciato tutto, Anna, ed era andata a vivere lontano, in una città diversa, migliore.
Aveva trovato gli amici, e aveva trovato lui.
Ancora se lo ricorda, nella foto ricordo: è lui, Mauro, capelli e occhi scuri e una bellezza tutta mediterranea. È in piedi accanto a lei, la tiene sotto braccio. Lui era sempre accanto a lei, sempre e comunque.
Si erano conosciuti il primo anno di Magistrale e si erano innamorati. Un amore intenso quanto folle. Lei era incredula di aver trovato una persona così unica e speciale. Bello, brillante, serio, di buona famiglia.
Avrebbero vissuto una vita felice, insieme, senza più preoccupazioni.
Si ricordava ancora, alla festa di laurea, quando lui l’aveva presa in disparte e si era inginocchiato di fronte a lei. Una proposta di matrimonio. Avrebbero vissuto insieme, avrebbero iniziato la loro vita da adulti.
Mauro aveva già trovato lavoro come avvocato; poco dopo è toccato anche ad Anna. Entrambi lavoravano, entrambi mandavano avanti la casa, la loro nuova, bellissima casa.
Ma poi era iniziato l’inferno. Poche settimane dopo il trasferimento, la madre di Mauro, vedova e con il settantacinque per cento di invalidità, era venuta a vivere da loro.
È sola, aveva spiegato Mauro, aveva bisogno di qualcuno che la curasse.
E quel qualcuno era proprio Anna.
Lei, la suocera, l’aveva vista relativamente poco. Si parlavano poco. Da giovane, prima di diventare un intrico di rughe e permanenti fiammanti, doveva essere una donna di una bellezza sfolgorante. Ora se ne stava lì, seduta sul sofà come una matrona d’altri tempi, le labbra sottili già ritoccate con il rossetto e le mani accavallate, un paio di occhiali scuri sempre a cavallo del naso nonostante si fosse dentro casa, in pieno giorno.
Non le sfuggiva mai niente, alla suocera. Per anni aveva amministrato la casa, il suo regno, ed educato un figlio sano e forte, ora uomo di successo. Nulla poteva permettere che quell’impero andasse in fumo.
“Ricorda,”, era stato il suo benvenuto “tu in questa casa sei arrivata solo per seconda”.
C’era sempre qualcosa, in quello che Anna faceva, che non andava bene. Un piatto non cucinato come andava. Un filo di polvere dove non doveva esserci. Una lavatrice non fatta al momento giusto.
Improvvisamente, Anna si era ritrovata a piangere senza motivo. Mauro l’aveva ritrovata lì, seduta in cucina, dopo una lunga giornata di lavoro. Le aveva detto di non prendersela, era lei ad essere troppo sensibile, purtroppo la mamma era fatta così, mica si poteva mettere sulla strada o ricoverarla in un ospizio solo perché aveva un brutto carattere.
Poi, Anna era rimasta incinta. Aveva preso la maternità al lavoro, giusto il tempo di mettere al mondo il bambino e poi avrebbe ripreso alla grande per poter mantenere la nuova famiglia allargata.
Per la prima volta, la suocera la trattava bene: era tutta contenta, perché presto avrebbe avuto un nipotino.
Poi era arrivata Lara e le condizioni di salute della neo nonna erano improvvisamente peggiorate. Un paio di ischemie l’avevano confinata a letto. E la bambina piangeva, piangeva e stava male, di quelle piccole e fastidiose malattie che hanno tutti i bambini piccoli.
Mauro lavorava, Anna stava dietro alla bambina e alla suocera.
Bisognava prendere qualcuno in casa, diceva, un aiuto.
Ma perché buttare altri soldi, quando già buona parte dello stipendio se ne va via in pannolini, omogeneizzati, spese mediche e tasse da pagare? E poi, la suocera mica voleva qualcuno di estraneo in casa, mica era rimbambita fino a questo punto! Ci avrebbe pensato Anna, a occuparsi di lei.
Così Anna aveva perso il lavoro. Si era licenziata di punto in bianco, lei che aveva lottato per tutta la vita per trovare il lavoro che aveva sempre sognato, per costruirsi un futuro; lei aveva rinunciato a tutto per fare da badante alla suocera.
Lara cresceva, ma era difficile occuparsi di entrambe. Lara aveva i suoi ritmi, la nonna altri. E Anna era una sola, con tutta la casa a cui badare e un marito lavoratore, che ormai si teneva tutta la famiglia sulle spalle, da accudire e sfamare. Tornava a casa stanco, Mauro, sempre più stanco. Sempre più cose da fare, per mantenere tutti in piena crisi economica, sempre più richieste dai suoi superiori. E poi lo studio, quello studio che rendeva tanti soldi ogni mese, ma che sembrava ogni giorno sempre più lontano, con tutto quel traffico, soprattutto l’inverno.
Più di una volta, Mauro era andato in escandescenza per la moglie che faceva troppe domande, la bambina che piangeva troppo.
Era sola, Anna, era sempre più sola. Sola per via di Mauro che tornava a casa, spesso saltando la cena, e si andava a chiudere in camera sua perché era troppo stanco per fare qualunque cosa. Sola in balia della suocera che aveva bisogno di cure sempre maggiori. Sola ad aspettare, aspettare qualcosa che non accadeva mai. E il tempo continuava a scorrere, la sua vita a scivolarle via dalle mani.
Fino a quando non l’aveva scoperto, il tradimento.
Mauro aveva un’altra. Prima erano stati dei semplici sospetti, dei piccoli e fastidiosi particolari.
“Sei pazza”, rispondeva Mauro. “Ti stai facendo prendere in giro dalla tua stessa immaginazione”.
Poi la scoperta, quella mattina: le foto, i messaggi, lei. Bionda, bella, ricca. Una collega di lavoro, un’avvenente segretaria tirocinante con lo sguardo furbo e l’arguzia di chi non vede l’ora di sistemarsi dopo facili avventure.
Gliel’aveva fatte trovare davanti, quelle foto. Per la prima volta, dopo tre anni, Anna aveva dato in escandescenza. Aveva dimostrato di non essere stupida, di sapersi ancora arrabbiare, come quando voleva fuggire dalla periferia e cercare un futuro migliore. Era stanca della suocera matrigna, era stanca del marito che ormai la trattava come un oggetto, lei e quella figlia che piangeva sempre perché le mancava un padre che le concedesse un minimo di attenzione.
In tutta risposta, lui l’aveva picchiata. Picchiata. Uno schiaffo in pieno viso. Pazza, sei pazza. E poi la consapevolezza, la condanna a restare per sempre lì. Tu sei una donna, questo è il tuo dovere: moglie e madre, prima di tutto. Laureata, brillante, determinata. Ma prima viene moglie e madre.
Era fuggita, Anna. Aveva preso le sue cose, agguantato Lara, ed era fuggita. Aveva lasciato alle spalle la casa addobbata per il Natale, la suocera incredula, il marito paonazzo. Si era fermata sul bordo di un canalone e vi aveva gettato dentro il cellulare. Via, via da quell’inferno durato tre anni.
 
Last Christmas, I gave you my heart
But the very next day, you gave it away
This year to save me from tears
I’ll give it to someone special
 
La canzone incalza crudele. Anna piange: quelle parole, canticchiate su quella base allegra che sembra quasi a volerla schernire, sembrano alludere proprio a lei, alla sua storia. Aveva sacrificato tutto, per lui che non l’amava. Aveva dato via la sua vita, il suo amore, i suoi anni migliori. E ora eccola qui, a piangere nell’abitacolo di una macchina.
Improvvisamente, Lara si sveglia. Mugugna, si guarda intorno, poi inizia a strillare. Ha fame, ha freddo, è stanca.
Anna deve fermarsi. Si guarda intorno. È nella piazza principale di un paese innevato. C’è la chiesa, poi un locale miracolosamente aperto, l’insegna che lampeggia in quell’atmosfera irreale, sospesa. Dietro i vetri delle finestre si vedono luci che lampeggiano, il calore delle famiglie riunite.
Anna parcheggia alla bell’e meglio, tira fuori Lara dall’abitacolo e insieme entrano nel locale.
Ci sono poche anime, sedute a tavola, ma ci sono.
Anna si fa avanti timidamente, la bambina stretta al petto e il berretto di lana spruzzato di neve.
“Un tavolo e un seggiolone, per favore”. Poi aggiunge: “Sono da sola”.
Il cameriere la guarda e sorride. Ha capito, senza che lei dicesse nulla. Lo vede dallo sguardo stravolto, il livido che ora campeggia sulla sua guancia, il labbro spaccato. È forte, Mauro, specie quando è arrabbiato. Talmente forte da spaccarle il labbro.
Anna si siede e sistema Lara sul seggiolone. La libera finalmente dal berretto e dalla sciarpa, inizia a imboccarla con l’omogeneizzato.
Davanti a lei, una famiglia sta mangiando un enorme tacchino arrosto con patate. Ci sono i genitori e tre ragazzi, un maschio e due femmine, di cui l’ultima di poco più grande rispetto a Lara. Nonostante siano separati da alcuni metri, Anna ne avverte tutto il calore e la gioia. Una famiglia unita, felice. Come quella che ha sempre desiderato.
Scoppia a piangere, Anna. Si sente sola, sola più che mai. Sola la notte di Natale, la più fredda e triste dall’anno.
Il padre famiglia se ne accorge, la guarda.
“Vieni a sederti con noi”, le dice.
Anna si guarda intorno, incredula. Sbatte gli occhi, si indica il petto.
“Dice a me?”.
Il più grande dei ragazzi le viene incontro, sorridendo. L’aiuta a spostare il seggiolone con Lara sopra, che incredibilmente scoppia a ridere (proprio lei che piange per ogni singola cosa!), chiede al cameriere di aggiungere un posto a tavola.
Sono la famiglia Costanzi, e quel Natale lo passano al ristorante. Hanno traslocato da poco, ma la casa non è ancora pronta; dormono nel motel al civico di fronte.
Anna arrossisce, ascolta le loro storie. Sguardi gentili e accoglienti di chi ha buon cuore e ha capito tutto.
 
This year to save me from tears
I’ll give it to someone special
 
E poi è il turno di Anna, che racconta la sua storia. I Costanzi ascoltano, restano colpiti da una cosa così terribile. Sì, perché quello che è accaduto è terribile, inconcepibile. Come ha fatto una persona come Anna ad accettare una cosa simile?
Amore, soltanto amore. Un’arma a doppio taglio. Un cuore ardente da una parte, uno di pietra dall’altra.
“È tutto finito”, la rassicura Andrea, il padre famiglia. “Puoi restare con noi, se vuoi. Domani andiamo dai carabinieri e denunciamo quel farabutto. E poi pensiamo a te, soprattutto a te. Devi ricominciare, devi riprenderti la tua vita. Sei una donna straordinaria e coraggiosa e hai una figlia bellissima, che merita il meglio. Puoi contare su di noi. Non ti abbandoneremo”.
Il cameriere porta il tacchino anche per lei. Andrea ordina un brindisi e tutti levano i calici. Anna si commuove, ma questa volta le sue lacrime sono di pura gioia.
Inizia una nuova vita. Lei, che ha combattuto da sempre per cercare l’amore.
 
 

 

 

*
Buon Natale a tutti i guerrieri.
A chi ogni giorno si trova a combattere per la propria vita, la propria libertà.
A chi cerca, disperatamente e con folle ardore, una vita migliore.
Non siete soli.
 
*



 

Buonasera a tutti! :) Come state? Spero che questa piccola one shot non vi abbia rattristati...in ogni caso mi scuso! Si tratta di una storia scritta per il contest efpiano A Very Happy Ending for a Very Happy Christmas, con il prompt numero 31: scrivi una storia ispirata alla canzone Last Christmas. All'inizio ho pensato di inventarmi qualcosa di inerente alla canzone degli Wham: un ex che ricompare davanti dopo molto tempo, quando lei è cambiata e lui rosica. Carino, ma sinceramente sapeva tanto di già letto e riletto. Ho provato a buttare giù varie trame, ma tutte finivano per lo scadere nello stucchevole...lo so, scrivere cose allegre non è mai stato il mio forte! Poi, sempre in questi giorni, sono rimasta molto colpita da alcune testimonianze, soprattutto di donne, vittime di atti di manipolazione affettiva, di narcisismo e di violenza. Lo so, sono partita da molto lontano, ma da lì ho pensato di raccontare una tematica così delicata ma che allo stesso tempo, purtroppo, sento molto vicina in quanto donna e lottatrice e per questo ho deciso di inventare questa specie di fiaba natalizia, un lieto fine dopo una vita di inferno. In fondo non è proprio questo, il vero spirito del Natale?
Sperando che apprezziate questo piccolo lavoro, colgo l'occasione per augurarvi ancora buone Feste e un felice Natale.
A presto, con nuove storie, nuovi sogni e nuove emozioni!

Vostra,

Fedra 

   
 
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