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Autore: Sognatrice_2000    22/12/2016    0 recensioni
Ispirata al finale del manga
Kaoru Orihara è al settimo cielo, adesso che ha coronato il suo sogno d'amore, ma la malattia è una subdola minaccia che non intende abbandonarla, e una volta in Germania con suo marito, è costretta ad affrontare la più triste delle realtà...
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaoru Orihara, Takehiko Henmi
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Kaoru strinse con forza la mano di Takehiko, come aveva fatto quella mattina, la mattina del loro matrimonio, pronunciando il giuramento davanti al prete. Quella era stata la giornata più felice della sua vita: aveva coronato il suo sogno d'amore, e si sentiva raggiante e piena di energie più del solito. Doveva ammettere, però, che quella sera le stava venendo un po' di malinconia. Era accanto all'uomo che amava, e stava per cominciare una nuova vita insieme a lui. Ma per farlo, aveva dovuto dire addio a quella vecchia. Aveva lasciato la sua città, la sua scuola, i suoi amici. In aeroporto aveva salutato Mariko e Nanako, e sebbene fosse felice di partire con Takehiko, quel momento si era rivelato più commovente del previsto. Mariko, che la considerava una sorella maggiore e che a un certo punto si era addirittura presa una bella cotta per lei, era scoppiata in lacrime tra le sue braccia, augurandole di essere felice, mentre Nanako, accompagnata dalla sua migliore amica Tomoko, l'aveva sorpresa. Non aveva pianto, la sua piccola, dolce, fragile cognata, ma l'aveva salutata con un sorriso carico di affetto e di speranza, gli occhi lucidi ma colmi di sincero affetto e gioia.
Adesso, seduta sull'aereo diretto per la lontana Germania, osservando la pioggia dal finestrino, avvertiva un profondo senso di vuoto. Stava lasciando il Giappone, e non sapeva se sarebbe potuta ritornare nella sua patria, in futuro, nè se avrebbe rivisto Nanako e gli altri. Si sentì improvvisamente stanca, priva di forze, e si abbandonò contro lo schienale, appoggiandovi il capo e chiudendo gli occhi con un sospiro. Odiava quella sensazione: per quanto fosse forte o si sforzasse di esserlo, c'era sempre qualcosa, quella paura, quell'incertezza, che le apriva gli occhi alla crudele realtà, ricordandole quanto il suo futuro fosse precario e appeso costantemente ad un filo.
"Tesoro, va tutto bene?" Takehiko, dolce e premuroso come sempre, si era subito allarmato vedendola così stanca, e le aveva stretto più forte la mano. Suo marito era un uomo meraviglioso, non avrebbe dovuto innamorarsi di una donna come lei. Meritava una donna che potesse garantirgli la felicità, che potesse garantirgli una vita serena e gioiosa, non quella di dubbi e sofferenze che gli stava affibbiando lei. Per quanto fosse speranzosa e desiderosa di vivere, purtroppo sapeva bene che quella di invecchiare insieme era solo un'utopia.
Kaoru provò a sorridere, riaprendo gli occhi. "Sì, certo, sto benissimo."
"Non avrai paura di volare?" Il tono di Takehiko era scherzoso, e il suo sorriso gioviale contagiò Kaoru, che con una piccola risata gli diede un colpetto sul braccio.
"Cosa dici? Sono una ragazza coraggiosa, non si vede?" Fintamente offesa, fece un piccolo broncio, ma i suoi occhi ridevano.
Per entrambi fu come fare un salto nel passato, a quando erano due giovani felici e innamorati senza nubi che potessero turbare la loro armonia.
"Stavo scherzando, Kaoru. Sei una ragazza coraggiosa, generosa e bellissima." Takehiko la fissava sorridendo, ammirato: era vero, quel giorno Kaoru era più bella che mai, più femminile del solito, truccata e affascinante, ma forse era prorpio quell'aria raggiante che la rendeva diversa da solito.
Kaoru, da parte sua, rimase momentaneamente senza parole, ma subito sorrise, sfiorando le sue labbra con un dolce bacio. "Allora dovresti considerarti l'uomo più fortunato del mondo!" Gli disse ridendo, ottenendo una buffa smorfia da parte sua.
"Non esageriamo." Ridendo e scherzando, per un attimo la malattia di Kaoru e il loro futuro incerto si dissolsero, lasciando spazio solo al loro profondo, intenso, infinito amore.
Kaoru, bella e con gli occhi ridenti, gli aveva parlato con gioia dei suoi progetti futuri, di un avvenire che immaginava sempre al suo fianco, con uno o più bambini da accudire, e di una brillante carriera sportiva, finchè, esausta, non si addormentò con la testa sulla spalla di Takehiko.
Lui sorrise, continuando a stringerle la mano, e provando un'immensa tenerezza nel vederla così abbandonata, così fragile. La strinse nel suo abbraccio, quella piccola grande donna, sentendo un dolce calore invadergli il cuore. Non aveva importanza quali prove avrebbero dovuto affrontare in futuro, se fossero state particolarmente dure o dolorose. Sarebbe stato tutto più semplice e più bello, se fossero rimasti insieme. L'uno per l'altra, vicini nel bene e nel male. Fino all'ultimo respiro.
 

**
 

Era passato un anno e mezzo circa dal loro trasferimento in Germania, e quel periodo era stato come un sogno per i giovani sposi. Avevano visitato la città come una qualunque coppia di turisti felici, ed era stata una sorta di luna di miele per entrambi. Per un po' di tempo, Kaoru aveva addirittura creduto di farcela e di poter condurre una vita normale. Ma adesso le cose avevano preso una piega diversa: il peggiore incubo di Kaoru era ritornato, sotto forma di acuti dolori al petto, e quando era stata costretta a presentarsi in ospedale per la solita visita di controllo, il dottore gliel'aveva confermato: non le rimaneva molto da vivere, ora che il tumore era tornato. Cinque, sei mesi di vita al massimo, se fosse stata fortunata. Come se quella potesse essere definita fortuna, aveva pensato sorridendo amaramente.
Takehiko sembrava aver capito, e le era più vicino e più dolce del solito. Kaoru non gli aveva detto niente sulle sue previsioni di vita, e l'aveva impedito anche ai dottori. Non voleva rovinargli ulteriormente la vita, non voleva che la bellezza del loro ultimo tempo insieme fosse offuscata da quei tristi pensieri.
Una sera, Takehiko era andato a cena con dei suoi colleghi dell'università, non senza infinite esitazioni. Era preoccupato per lei, ma Kaoru l'aveva spronato con praticità, proponendogli con un sorriso se per caso non preferisse mangiare a casa un bel piatto cucinato da lei. Takehiko si era arreso ridendo, ben sapendo che sua moglie era un disastro come casalinga e soprattutto come cuoca, ma le promise che sarebbe tornato prima del previsto.
Non appena Takehiko fu uscito, sul viso di Kaoru scomparve il coraggio e l'allegria, lasciando spazio ad un'infinita malinconia. Sola nel loro grande appartamento, sentì improvvisamente il gelo abbattersi su di lei. Se avesse posseduto un pizzico di sano egoismo, avrebbe chiesto a Takehiko di restare con lei, ma non era quel tipo di persona. Non era una damigella piangente e bisognosa di costante sostegno: dopotutto, aveva affrontato la malattia da sola per anni, poteva benissimo sopportare una sera in solitudine.
Era felice che suo marito potesse distrarsi un po', senza passare costantemente il suo tempo ad accudire una donna ormai perennemente a letto, ma adesso si sentiva sola.
Rinunciò presto all'idea di alzarsi, si sentiva troppo debole persino per restare in piedi, quindi si rassegnò e infilatasi una leggera camicia da notte bianca, si rannicchiò meglio sotto le coperte. In quella terra straniera, solo la presenza di suo marito la spronava ad andare avanti. Si ritrovò a pensare alla sua amata patria, il Giappone, dove era nata e cresciuta, e agli amici che aveva lasciato. Chissà se sarebbe mai potuta tornare laggiù. Ne dubitava fortemente, ormai. Era certa che non avrebbe mai più rivisto la sua città, che aveva detto addio per sempre ai suoi amici.
Ripensò alla scuola che aveva frequentato, e sebbene non avesse mai trovato piacevole quell'ambiente così ostile e pieno di rivalità, la nostalgia si accese nel suo animo. Non aveva molte amiche, tranne Nanako e Mariko. Molto tempo prima, c'era stata anche un'altra ragazza, Rei Asaka, ma lei non sarebbe più tornata. Le mancava, doveva ammetterlo, e sebbene non fosse mai stata premurosa o cordiale, era stata la sua migliore amica e sapeva tutto di lei, dei suoi tormenti, delle sue sofferenze. Era l'unica a condividere con lei il peso del suo terribile segreto, e quando se n'era andata si era sentita persa. Forse, era stata proprio la sua morte a spingerla tra le braccia di Takehiko, a farle capire finalmente che non avrebbe mai potuto affrontare la morte da sola. Anche adesso, se ripensava a Rei, il dolore la invadeva. Ricordava ancora quando le aveva parlato al telefono l'ultima volta, poi la notizia della sua morte, il funerale. Tutto così orribilmente lento, e doloroso, soprattutto per i cari e gli amici della ragazza. Si chiese se sarebbe stato così anche per lei, in un futuro ormai sempre più vicino e tangibile. Chissà se suo marito avrebbe pianto, o avesse mantenuto intatto il suo coraggio e si fosse sforzato di sorridere. Chissà se avrebbe avuto l'angoscia e un grande vuoto nel cuore, chissà se avrebbe sofferto talmente tanto da non riuscire nemmeno a parlare o ad uscire di casa e andare al lavoro nei giorni successivi. E come avrebbero reagito i suoi genitori, rimasti in Giappone, che non vedeva da quasi due anni? Anche loro si sarebbero disperati, oppure erano già preparati ad un eventualità del genere, per quanto terribile?
Quando si rese conto che la tristezza si stava facendo insostenibile, accese la televsione. Doveva distrarsi, pensare ad altro. Saltò diversi canali, finchè finì su un canale che trasmetteva un film d'amore. Non decisamente il suo genere, avrebbe preferito guardare una bella partita di basket o pallavolo, e certamente non l'avrebbe mai guardato e sarebbe passata oltre senza pensarci su, se la trama non avesse attirato la sua attenzione. Parlava di una giovane donna, innamorata di un uomo molto più grande di lei. Era malata gravemente da tempo e non le restava più di un anno di vita, ma l'uomo volle sposarla e vivere ugualmente con lei, perchè l'amava davvero.
Kaoru si ritrovò incollata allo schermo, colpita da quella stroria così simile alla sua, e si ritrovò inconsciamente a tifare per la protagonista, sperando che riuscisse a vivere felice con il suo innamorato. Naturalmente, dopo mesi di sofferenze, lei era morta, e suo marito perse completamente la voglia di vivere, finchè un giorno, disperato, decise di suicidarsi e di raggiungerla. Nell'ultima scena, i due innamorati si incontravano nel Paradiso, dove avrebbe potuto vivere finalmente sereni il loro amore.
Anche dopo la sigla, Kaoru rimase scioccata a fissare lo schermo, il telecomando stretto convulsamente tra le mani. Spense il televisore premendo il pulsante rosso con rabbia. Era solo uno stupido film, perchè prendersela tanto? Eppure, mentre si srdraiava, girata su un fianco, e avvertì una fitta particolarmente intensa al petto, dovette ricredersi: quella storia avrebbe potuto avvicinarsi pericolosamente alla realtà. E se Takehiko l'avesse amata a tal punto da perdere interesse per la vita, non appena lei se ne fosse andata, e se avesse addirittura rinunciato ad essa, solo per lei? Non avrebbe mai potuto perdonarselo. Strinse i pugni sul cuscino, angosciata e triste allo stesso tempo.
"Tesoro, sono tornato!" La voce di suo marito la colse di sorpresa, ma Kaoru si affrettò a girarsi, stampandosi sul volto un sorriso fintamente sicuro e allegro. Takehiko stava entrando in quel momento, allentandosi il nodo della cravatta.
"Bentornato, amore." Kaoru provò ad alzarsi, ma era troppo debole e finì per ricadere malamente sul letto.
"Non sforzarti, tesoro." Due occhi dolci e preoccupati la stavano fissando, e due mani calde e gentili le sollevarono le coperte, sistemandola meglio sul letto. "Non è necessario che tu ti alzi." Kaoru si sentì arrabbiata con se stessa per non essere riuscita a compiere un movimento così banale, e anche... sì, anche con suo marito. Perchè doveva essere così premuoroso, perchè si preoccupava così tanto per lei, quando lei gli stava soltanto rovinando il futuro e la felicità? Perchè era contento di essere al fianco di una donna mutilata e sofferente, perchè ogni tanto non la trattava più duramente?
Kaoru si sarebbe sentita meglio, se lui si fosse arrabbiato almeno una volta con lei. Almeno sarebbe stata sicura che non avesse sofferto in silenzio, tenendosi tutto dentro.
"Scusami se sono arrivato tardi, ma c'era traffico." Disse lui, iniziando a togliersi la camicia, con uno sguardo e un tono afflitto. Kaoru sorrise, dicendogli che non aveva importanza, e intanto sentiva la rabbia crescere. Non erano nemmeno le dieci, doveva essere stato il primo ad andarsene, e tutto per passare un po' di tempo in più con una donna morente, rinunciando ad un'allegra serata in compagnia.
"Tesoro, c'è qualcosa che non va?"Le chiese Takehiko, sdraiandosi in pigiama accanto a lei. Kaoru scosse la testa, forse con troppa enfasi. "No, è tutto a posto. Perchè me lo chiedi?"
"Mi sembri triste. Non avrei dovuto lasciarti da sola, perdonami."
"Tu sei libero di uscire quando vuoi. Del resto, non puoi passare tutto il tuo tempo al capezzale di una donna morente."Kaoru si rese conto troppo tardi delle parole acide e sprezzanti che aveva pronunciato, e dello sguardo mortificato di Takehiko. Si affrettò a posargli la mano sulla guancia in una lieve carezza, questa volta con un sorriso vero. "Scusami, non volevo. Vorrei soltanto che non ti privassi di alcune meravigliose esperienze solo per me. Non voglio rovinarti ulteriormente la vita. Forse hai sbagliato a sposarmi..."Aggiunse poi, amaramente.
"Ma che cosa dici, sei impazzita? La mia vita non avrebbe avuto senso, senza di te. Non devi neanche pensare certe cose."Takehiko le sorrise, stringendola al suo petto. Era raro che sua moglie si sconfortasse così tanto, ma trovava logico che avesse paura, lei che amava così tanto la vita e che si ritrovava ad affrontare prove sempre più dure e difficile.
"Tesoro."La voce di Kaoru era bassa e seria, quasi rotta sotto il peso delle emozioni. "Posso chiederti una cosa?"Si staccò dall'abbraccio, guardandolo intensamente negli occhi.
"Ma certo, amore. Cosa c'è?"
"Quando... quando io non ci sarò più, tu che cosa farai?"
"Come... cosa vuoi dire?"Takehiko la fissò, stupito da quella domanda a bruciapelo così improvvisa.
"Lo sai perfettamente."Questa volta Kaoru non aveva la forza di sostenere il suo sguardo, e si voltò di lato, per non fargli vedere i suoi occhi lucidi. Tornò a guardarlo solo quando sentì le dolci mani di suo marito afferrarle delicatamente le spalle, guidandola verso di lui. Era piccola, era fragile, la sua Kaoru, nonostante sembrasse tanto forte.
"Amore mio, io non riesco neanche a concepire un mondo senza di te. La mia vita non avrebbe alcun significato senza il tuo amore, te l'ho già detto."
"E' proprio di questo che ho paura!"La voce di Kaoru era rotta dal pianto, e disperata, quasi rabbiosa, mentre si divincolava dalle braccia di suo marito, mostrandogli senza vergogna le lacrime che ora rigavano copiose le sue guance. "Quando io morirò, tu non avrai più una vita tua. Anche adesso, non vuoi accettare il fatto che io stia per morire. Ma è così, io sto morendo, e non sarò accanto a te ancora a lungo..."
"Basta, Kaoru, basta..."La voce di Takehiko era debole e triste, mentre ogni parola della moglie era per lui come una pugnalata in pieno petto. Dov'era finita quella ragazza allegra che pianificava sognante e felice un futuro limipido e sereno? Dov'era quella ragazza piena di vita e di speranze per il domani?
"Per questo..."Continuò Kaoru, mentre le lacrime cotinuavano a scendere silenziose. "Per questo, dovrai promettermi che, quando io non ci sarò più, continuerai ad essere felice e ad amare la vita come prima, anzi, più di prima. Promettimelo, ti prego!"
Takehiko la fissava, sbalordito, ma anche commosso. Era incredibile che, invece di preoccuparsi per la sua salute, pensasse soltanto a lui. Era incredibile, quanto fosse generosa, e quanto lo amasse.
"Anche se adesso mi è impossibile solo pensarlo, per te farei qualunque cosa. Te lo prometto, amore."Le strinse la mani tra le sue, piangendo, ma sulle sue labbra si disegnò il solito, dolce sorriso. Kaoru scoppiò in singhiozzi, stringendosi al suo petto, mormorandogli insieme scuse e ringraziamenti. Si sentiva sempre più angosciata, ora che la fine era vicina. Non era preoccupata, perchè ormai sapeva da tempo che cosa l'aspettava, non stava soffrendo eccessivamente per il dolore fisico e per quella malattia che ogni giorno si portava via un pezzo di lei, con lentezza, sadismo e crudeltà.
Quello che proprio non sopportava era di aver inflitto un dolore talmente grande alla persona che amava di più al mondo. Quello che proprio non sopportava era non poter fare niente contro quella morte ormai inevitabile, che la stava portando via contro la sua volontà. Già, la vita era proprio strana: spesso, chi aveva la possibilità di vivere sereno e in salute, rinunciava a questa possibilità, esattamente come aveva fatto Rei, mentre chi, come lei, aveva sofferto ed era malato, desiderava ancora di più quella vita che, probabilmente, non avrebbe mai potuto vivere.
Ma insieme a Takehiko l'avrebbe affrontato la morte serenamente, senza paura. Era stata felice, aveva amato ed era stata amata. Con quella dolce e terribile promessa ancora sulle labbra, si baciarono, sigillando definitivamente il loro patto, mentre le lacrime amare e salate di entrambi continuavano a scorrere e a fondersi insieme.
Kaoru sorrise tra le lacrime, sentendosi improvvisamente più serena, e abbandonandosi completamente tra le braccia di Takehiko, gli sussurrò una timida e tenera promessa all'orecchio, con infinita dolcezza. "Ti amerò fino al mio ultimo respiro."
 

**
 

Quel momento tanto temuto ma di certo non inaspettato era giunto. Kaoru era lì, distesa su quel letto d'ospedale, il corpo privo di forza, il viso sfinito ma sereno. Takehiko piangeva, mentre le teneva stretta la mano. La stringeva sempre più forte, come se potesse afferrare sua moglie e tirarla a se, strappandola dalle braccia della morte. Ma purtroppo, sapeva bene che questo non era possibile. Kaoru sorrideva debolmente, cercando di infondere a lui e a se stessa il coraggio per superare anche quella difficile prova. Quando girò lo sguardo verso suo marito, stringendogli a sua volta la mano, lui le sorrise tra le lacrime, che scendevano bagnando le loro dita intrecciate. Le sussurrò che l'amava, che era accanto a lei, che sarebbe andato tutto bene. Sapevano entrambi che era una bugia, ma vollero aggrapparsi a quell'ultima, assurda speranza, anche quando Kaoru chiuse gli occhi per sempre, stringendo ancora la sua mano, dopo avergli sussurrato il suo ultimo dolce "ti amo".
 

**
 

Quel triste giorno, pioveva a dirotto, proprio come quando si erano sposati. Takehiko stringeva nervosamente le mani tra loro, forse per avere l'illusione di sentire ancora il calore di Kaoru, fissando in silenzio, l'espressione colma di amara tristezza e gli occhi velati di lacrime, la bara in cui giaceva sua moglie. Sarebbe stata chiusa solo alla fine del funerale, e adesso poteva ancora vederla.
Durante la funzione, aveva accettato le condoglianze di tutti, mostrandosi calmo e gentile, nonostante morisse dalla voglia di urlare e di scoppiare in disperati singhiozzi, lì, davanti a tutti. C'erano tutti i suoi amici e parenti a confortarlo. Takashi, il suo migliore amico, che lo stava consolando, accompagnato dalla sua fidanzata Mariko, che piangeva a dirotto stretta al suo braccio. C'era persino Fukiko, con un'espressione seriamente addolorata. Suo padre, e quella che ormai considerava sua madre, e poi c'era anche... la sua sorellina. Nanako, ormai diciannovenne, vestita con un lungo abito nero e un nastro del medesimo colore intorno al collo. Più alta, più magra, con l'espressione più seria di come la ricordava, e i capelli ricci e castani ora lunghi fino alle spalle. Anche lei aveva pianto tra le sue braccia, nonostante non fosse più una ragazzina, ma aveva dimostrato una maturità e una forza tale che lui ne rimase impressionato. Gli ricordava molto Kaoru: forte e fragile allo stesso tempo, capace di grande dolcezza e generosità ma anche orgogliosa e determinata.
Lui fu l'ultimo a passare davanti alla sua bara, quando tutti erano già usciti dalla chiesa, per lasciarlo solo con il suo dolore, per fare sì che lui potesse darle il suo ultimo addio. Takehiko sentì una fitta al cuore, vedendo il volto di sua moglie con gli occhi chiusi, sereno e rilassato come se stesse solo dormendo, l'espressione infinitamente dolce, i corti e scuri riccioli ribelli che le sfioravano le guance, e le labbra colorate di rossetto rosa distese in un sorriso brillante. Era bella, più bella di come la ricordasse, una bellezza e un sorriso che avrebbe portato nel cuore, per sempre. Nonostante avesse sofferto tanto, Kaoru aveva sorriso molto di più di quanto avesse pianto. Di lei ricordava solo i sorrisi, ampi e smaglianti, gentili e dolci, comprensivi e teneri, scherzosi e divertiti, rilassati e felici. Il suo volto raggiante e pieno di vita e il corpo scattante come la ricordava nei suoi giorni migliori, le fantasie sognanti e impossibili, la sua voce profonda ma anche così piena di dolcezza e bontà.
Pianse sfogando tutto il suo dolore, pianse fino a sentire dolore alle spalle scosse dai singhiozzi, la testa pulsare, gli occhi bruciare e le guance incredbilmente secche. Le lacrime caddero sul viso di Kaoru, e anche sui fiori freschi depositati attorno al suo corpo. Quando si rialzò, Takehiko le sfiorò le labbra con un ultimo, dolce bacio, e con l'angoscia nel cuore si staccò da lei, sapendo che non l'avrebbe rivista mai più.
Non si girò, uscendo dalla chiesa. Non si voltò, dopo averle detto addio. Strinse i denti per non piangere, la gola serrata da un nodo di dolore, il cuore in mille pezzi, sanguinante. Quel giorno di pioggia, sarebbe cominciata la sua vita senza Kaoru.
 

**
 

Erano passati vent'anni, vent'anni in cui aveva lavorato guadagnandosi un'ottima fama come professore, ma in cui non aveva più amato. Non aveva più avuto un'altra donna, non aveva più nemmeno guardato una donna, perchè in tutte continuava a rivedere Kaoru. Non si era sposato, non era diventato padre, perchè quella era una cosa che avrebbe voluto fare solo con Kaoru al suo fianco. Sarebbe invecchiato solo, cosa che non gli pesava affatto. Si era accontentato di una vita di sogni impossibili, perchè ormai l'unica persona con cui avrebbe voluto condividerli non sarebbe più tornata.
E mentre qualche anno dopo, disteso a letto, attendeva serenamente la morte, sorrise. Sorrise perchè l'avrebbe rivista. Allora, avrebbe finalmente potuto chiederle perdono, per quella promessa che le aveva fatto e che non era mai riuscito a mantenere.
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