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Autore: Cida    30/12/2016    11 recensioni
[Questa storia partecipa al contest natalizio "A very happy ending for a happy Christmas" del gruppo "EFP famiglia: recensioni, consigli e discussioni" - Prompt: Vivere in una favola il giorno di Natale]
Anche il cuore più puro di tutti può vacillare, pur in una notte di emozioni come a Natale.
Tuttavia non bisogna disperare, con gentilezza e coraggio ogni cosa si può superare.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I sogni sono i desideri del cuore
 
Quell’anno la vigilia di Natale aveva qualcosa di diverso: dall’Impero Germanico, confinante con il loro piccolo regno, si era diffusa un’usanza particolare. La sua nuova madre non si era lasciata sfuggire l’occasione per seguire quest’ultima moda costringendo il padre ad esaudire i suoi desideri. Per la prima volta in quella casa, a quell’ora, il salotto non era al buio come al solito ma scintillava di decine di graziose luci.
Il chiarore era dovuto a delle candele accuratamente posizionate sui rami di un modesto abete assieme a frutta secca, mele, focaccine e a qualche rosellina di carta colorata ovviamente adagiata il più lontano possibile dalle fiamme.
Certo che come idea era decisamente sciocca, si disse Cenerentola seduta ai piedi di quella novità: aveva senso tutta quella bellezza se in un attimo avrebbe potuto mettere in serio pericolo la casa e tutti i suoi abitanti?
Fortuna aveva voluto che ci fosse lei a controllare e, proprio per quel motivo, le era stato permesso di restare nel salone tutta la notte: secchio d’acqua a portata di mano, coperta rattoppata sulle spalle, avrebbe potuto godersi lo spettacolo a patto di non cedere al sonno per motivo alcuno.
Mosse appena le spalle per accomodarsi meglio mentre un brivido la percorse quando il freddo le salì su per la schiena, cercò di non pensarci e si passò le mani intirizzite sulle braccia. Purtroppo neanche il tepore della sua fidata cenere poteva venirle in soccorso: data la grande giornata che il Natale avrebbe portato il mattino dopo, era impossibile rischiare di sporcare tutto di fuliggine.
Batté un poco i piedi ricoperti da spesse calze di lana un po’ rosicchiate dalle tarme e il sangue ricominciò a scorrere facendoli formicolare. Lo fece ancora un paio di volte e poi cessò: svegliare il resto della famiglia sarebbe stato quanto mai sconveniente.
Dopo un leggero sospiro, riportò l’attenzione sull’albero che aveva di fronte e cominciò a fantasticare sulle prelibatezze che avrebbe preparato e servito il giorno seguente. Le focacce sarebbero state croccanti mentre noci, mandorle e fichi secchi avrebbero guarnito il grosso cappone che il padre aveva fatto uccidere per l’occasione. Sempre lui avrebbe fatto arrivare un ottimo pandolce dalla pasticceria del paese, tutto sarebbe stato presentato nel servizio buono di porcellana assieme ai calici di cristallo, ogni cosa sarebbe stata perfetta… ma lo sarebbe stata senza di lei. Cenerentola non avrebbe potuto partecipare al lauto pranzo, non avrebbe consumato succulente portate in piatti raffinati: al massimo avrebbe avuto qualche avanzo sul suo piatto di legno e dell’acqua nella tazza di coccio scheggiato. Per lei non ci sarebbe stata alcuna festa, solo duro lavoro come ogni giorno.
Possibile che non si meritasse alcun premio? La matrigna e le sorellastre avevano tutte le attenzioni del padre, eppure erano sempre vili e sgarbate. Era davvero finita tutta la giustizia del mondo?
Sentendosi avvampare le gote dal rancore, la ragazza tirò su il capo di scatto «Sono una sciocca» si rimproverò ad alta voce «Proprio in una sera come questa vado a fare pensieri così meschini?» ma, anziché calmarsi, lacrime di tristezza cominciarono a rigarle il volto.
Plick… una lacrima… plick, plick… due, tre e poi plick, plick, plick senza più freni. Goccia dopo goccia, ecco che qualcosa di strabiliante iniziò ad accadere: all’ennesimo singhiozzo, trattenuto per non far rumore, le lacrime si accesero di un magico bagliore e cominciarono a rimbalzare con delicatezza sul pavimento. Cenerentola soffiò con garbo il naso in un malridotto cencio, che stranezza era mai quella? Nuove stille si aggiunsero a quelle vecchie raggiungendo un’intensità tale da sembrare una piccola pioggia di scintille: le candele dell’albero erano nulla a confronto.
Così come misteriosamente aveva preso il via, il prodigio sparì scemando pian piano ma, proprio nel punto in cui l’ultima luce si spense, un topolino bianco apparve.
La giovane si asciugò il viso con una mano, facendo un pasticcio fra lacrime e cenere «Salve piccolo amico, cosa ti porta da questa parti? Hai fame?»
L’animaletto si alzò sulle zampette posteriori, la guardò con i suoi occhietti rossi e, muovendo un poco il muso, squittì in risposta.
«Ecco a te» disse porgendogli un pezzettino di pane raffermo recuperato da una delle tasche della gonna «Non è molto ma è tutto quello che ho»
Il roditore accettò, sgranocchiò un po’  e poi fuggì di corsa in un buco del muro lì vicino.
La ragazza sorrise e tornò a scrutare l’albero ma il topolino uscì nuovamente dalla sua tana ed emise il suo tipico verso stridulo, proprio come se volesse chiamarla.
«Vuoi che venga lì?» chiese lei capendo le sue intenzioni.
In risposta lui squittì ancora, attendendo con pazienza che gli si avvicinasse e, appena fu abbastanza vicina, si lanciò di nuovo nella tana esplodendo in un lampo di luce.
Stupita Cenerentola guardava con meraviglia quei pulviscoli che ancora scintillavano nella crepa del muro, non seppe dire perché ma un impulso improvviso la colse e d’istinto portò una mano all’interno della fessura: le sue dita incontrarono immediatamente la liscia superficie di una piccola rotondità, poi un’altra e un’altra ancora. Con delicatezza afferrò quell’oggetto misterioso e lo liberò dal suo nascondiglio: stretta fra le sue dita scoprì esserci una modesta fila di perle.
«Questa… questa è la collana perduta di mia madre» balbettò incredula mentre le lacrime riprendevano a cadere ma questa volta non erano di tristezza, bensì di commozione.
«Grazie, grazie» proferì tra i singhiozzi «Questo è il più bel regalo che potessi ricevere»
E fu così che, forse per l’emozione o semplicemente per il sonno e la stanchezza, il compito di vegliare sull’albero e le sue candele venne dimenticato, la fanciulla pian piano si assopì con le guance ancora umide, le perle strette fra le dita e un sorriso sulle labbra.
 
«Madre, madre» una voce cristallina la strappò dal sonno «Svegliatevi madre, è Natale!»
La regina aprì gli occhi, con grazia si strofinò le palpebre sulle quali scintillavano ancora alcune lacrime.
«Madre, perché piangete?» un visino preoccupato entrò nel suo campo visivo «E’ Natale, non dovete essere triste»
«Ma non lo sono, tesoro» lo rassicurò lei con una carezza sul capo «Ho solo fatto un sogno che mi ha portato bei ricordi, ho pianto perché sono felice»
Lui non capì e la sua espressione confusa le rubò un sorriso e gli disse «Ma cosa vedono i miei occhi? Qui, qualcuno è ancora in veste da camera. E’ necessario che si prepari se desidera partecipare alla grande festa di oggi a cui verranno anche i suoi cugini e cugine»
Al solo accenno all’evento il bimbo s’illuminò e con una risata gioiosa ripartì di corsa per le proprie stanze.
La donna lo seguì con lo sguardo fin quando le fu possibile, poi si alzò. La sua innata eleganza non era stata minimamente toccata dal riposo della notte, anzi, se possibile la sua genuina bellezza ne veniva ulteriormente esaltata. Con cura si rinfrescò e si ravvivò i capelli, poi si spostò senza fretta nella camera guardaroba dove la servitù le aveva messo a disposizione abiti, calzature e preziosi adatti alla maestosa festa di Natale che si sarebbe svolta a palazzo quel giorno.
Scelse un abito meraviglioso nella sua semplicità e un paio di scarpe graziose ma senza ostentazione. Ancora un attimo e avrebbe comunicato alle dame la sua scelta, cosicché avrebbero potuto aiutarla ad indossarla: mancava solo il gioiello e la sua mise sarebbe stata completa. Con una mano sfiorò smeraldi, zaffiri, rubini e diamanti: ogni pietra degna del suo status di regina. Erano per lo più regali ma non del suo re, che ben sapeva quali fossero i suoi reali desideri, bensì degli uomini e donne di corte o dignitari di altri paesi che così facendo speravano di omaggiarne la grazia, bellezza ed eleganza. Quel giorno, però, nessuno riusciva a convincerla a pieno per cui abbandonò la stanza e ritornò in camera da letto: con il cuore carico di emozione, aprì un mobiletto in posizione un po’ defilata e trovò le perle di sua madre lì ad aspettarla. Un paio di lacrime scivolarono sulle sue guance per il dolce ricordo che quella notte di Natale aveva saputo donarle. La scelta era ora completa, così come la sua vita da sempre e per sempre affrontata con gentilezza e coraggio.
 

Ciao a tutti, grazie per essere arrivati fin qui.
Spero che questa piccola one-shot natalizia vi sia piaciuta. Solo una piccola precisazione, per questa storia ho deciso di utilizzare la versione di Perrault la quale esalta particolarmente le carattestiche di bontà e bellezza di Cenerentola: qui lei ha ancora il padre (uomo dell'anno oserei dire) e alla fine decide di perdonare le sorellastre facendole sposare a dei gentiluomini. Con alcune ricerche ho trovato essere ambientata più o meno nella seconda metà del '600 e da lì mi sono basata per la geografia e le usanze natalizie dell'epoca, spero di non aver fatto troppi pasticci temporali.
Ovviamente non ho resistito a mettere alcune citazioni disneyane all'interno: per cui il titolo e il riferimento alla gentilezza e al coraggio si rifanno, rispettivamente, al classico d'animazione e al live action di un anno fa.
Anche al di fuori del concorso, se avrete piacere di lasciarmi un commento con le vostre opinioni ve ne sarei davvero grata.
Buone feste,
Cida




 
  
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