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Autore: elerim    31/12/2016    15 recensioni
Rin doveva ammettere di aver investito una quantità di pazienza considerevole per conseguire quell'obiettivo. Quanti saluti ignorati, sospiri infastiditi, porte sbattute davanti al naso, occhiate arroganti aveva dovuto sopportare in risposta ai suoi tentativi – sempre allegri e garbati – di approccio? A palate.
Ma perché, poi? Eh. Qui si arriva al punto. Perché se lo fosse posto, l'obiettivo di andare d'accordo con Sesshomaru, era tanto semplice quanto sconcertante: Sesshomaru non era ignorabile.
Quando si chiude una porta si può aprire di nuovo
perché di solito è così che funzionano le porte.
Albert Einstein

PUBBLICATO EPILOGO A PARTE, RATING ROSSO!
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Slamming Doors'
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Slamming doors.
Capitolo uno ovvero Il ragazzo della porta accanto



Quando si chiude una porta, si può aprire di nuovo,
perché di solito è così che funzionano le porte.
Albert Einstein






Rin fermò la bici davanti al citofono, suonò e scaricò le borse della spesa a lato del portoncino di ingresso, poi si diresse svelta nel piccolo cortile adiacente al palazzo e legò il suo adorato quanto prezioso (si legga: unico) mezzo di trasporto al porta-bicilette.
Quando tornò all'ingresso lui stava già caricandosi tutte le borse in mano e le rivolse un cenno di saluto con la testa.
“Ciao Sesshomaru, grazie.” gli disse tenendogli aperta la porta. “Ce la fai?” gli chiese come tutte le volte, e come tutte le volte non ottenne risposta alcuna. Neanche ci badò, ormai era abituata al fatto che lui parlasse solo se avesse qualcosa di utile da dire.
“Scusa, questa volta sono pesantissime,” disse affrontando dietro di lui la prima delle cinque rampe di scale che li separavano dal loro pianerottolo “c'era un'offerta sulle birre in lattina, non ho resistito! Ne vuoi qualcuna anche tu?”
Le giunse un suo mugolio affermativo.
Erano a metà della seconda rampa e Rin si ricordò di tacere. Aveva già sperimentato che non riusciva a tenere il ritmo di salita del ragazzo e contemporaneamente a parlare senza palesare un indegno fiatone o, peggio ancora, rimanere indietro. Peggio perché Sesshomaru detestava aspettare, e un Sesshomaru irritato era un pericolo anche per il suo proverbiale buon umore.
E poi non le andava proprio di contrariarlo. Rin amava creare relazioni positive e mal sopportava gli screzi dovuti a incomprensioni, intolleranze e maldisposizioni. Non che fosse un'ingenua, sapeva benissimo che molte persone sono malevole di proposito, insidiose e invidiose, ma sapeva anche di avere un carattere gioviale e allegro e ne faceva un suo punto di forza. Cercava di tirare fuori il lato positivo – o perlomeno cortese – delle persone, a costo di spiazzarle fingendo di non cogliere la palese cattiveria di un'allusione o di un gesto.
Questa sua caratteristica le era stata particolarmente utile per instaurare una relazione con il suo inquietante vicino, nonché padrone, di casa.
Rin era giunta in quell'alloggio meno di un anno fa, all'inizio del secondo trimestre universitario. Aveva ottenuto la laurea di primo livello nella sua città di origine ma poi si era trasferita per seguire i corsi di un indirizzo specialistico presente solo nell'Università alla quale era iscritta ora. Anche Sesshomaru frequentava la stessa Università ma una facoltà completamente diversa, aveva tre anni più di lei ed era in procinto di laurearsi.
Mentre la famiglia di Rin faticava a mantenerle gli studi – tant'è che Rin si era cercata un lavoretto part-time per rendersi indipendente almeno nelle spese ordinarie – quella di Sesshomaru doveva essere decisamente benestante. Era infatti proprietaria di tutto lo stabile nel quale alloggiava ora Rin, che era andata ad occupare proprio l'appartamento accanto a quello di Sesshomaru.
Era stato lui a consegnarle le chiavi di casa quando vi si era insediata l'inverno precedente e ricordava benissimo che quando le aveva detto che 'L'alloggio era stato vuoto per tre anni' l'insoddisfazione del ragazzo era stata palpabile. Rin palesemente non era stata la benvenuta su quel pianerottolo.

Tuttavia le cose erano piano piano cambiate e, guardandosi indietro, Rin doveva ammettere di aver investito una quantità di pazienza considerevole per conseguire quell'obiettivo. Quanti saluti ignorati, sospiri infastiditi, porte sbattute davanti al naso, occhiate arroganti aveva dovuto sopportare in risposta ai suoi tentativi – sempre allegri e garbati – di approccio? A palate.
Ma a quale scopo poi? Perché cercare un contatto con uno che aveva mantenuto sempre con ostinazione le distanze? Eh, qui si arriva al punto. Perché se lo fosse posto, l'obiettivo di andare d'accordo con Sesshomaru, era tanto semplice quanto sconcertante: Sesshomaru non era ignorabile.
Sesshomaru era il ragazzo più bello e affascinante che Rin avesse mai visto.
Una gioia per i sensi. Tutto in lui era bello: il fisico alto e slanciato, i lunghi capelli argentati, gli occhi allungati con delle meravigliose iridi d'ambra, il viso dai lineamenti regolari e severi. La voce, bassa e posata. E il profumo, una fragranza naturale ed avvolgente.
E che dire delle movenze? Anche ora Rin lo ammirava salire le scale davanti a lei con ritmo sostenuto e costante nonostante il carico di borse e ogni movimento – come ogni suo gesto – era fluido ed elegante. Mai scomposto, mai alterato.
E mai felice.
Già, Rin non l'aveva mai visto sorridere e nemmeno mostrare soddisfazione. Sembrava perennemente infastidito da ciò che gli accadeva intorno, perennemente insoddisfatto dall'altrui comportamento e dall'altrui presenza.
Tuttavia, Rin si rifiutava di accettare che una persona divinamente bella come lui potesse essere davvero cattiva. Era un solitario, un metodico, un abitudinario e poteva (facilmente) diventare sgradevole, arrogante, scostante, ma Rin si era convinta che fosse più per misantropia che per cattiveria. Per questo si era messa d'impegno per far sì che il loro rapporto fosse rispettoso e magari anche amichevole, l'aveva presa quasi come una sfida personale. E poi, a dire il vero, non riusciva a comportarsi diversamente, era fatta così.
Le sue amiche la prendevano in giro, dicendole che si innamorava sempre di persone impossibili, ma la verità era che lei non aveva mire particolari nei confronti di Sesshomaru. Certamente subiva il suo fascino, e chi non l'avrebbe fatto, ma non pensava minimamente a lui come possibile partner. Lei era una ragazza normale, simpatica magari, ma sempre normale. Lui era su un altro livello, apparteneva ad un altro pianeta. E poi era... solitario, metodico, abitudinario, sgradevole, arrogante e scostante: non c'erano le premesse per alcun tipo di relazione! Le sarebbe bastato che fossero amici e per ora le bastava aver conquistato la sua considerazione e la sua cortesia.

Arrivati al pianerottolo compirono i soliti gesti, sempre nel medesimo ordine.
Metodico ed abitudinario: ogni lunedì sera le appendeva alla porta le sue personali borse per la spesa con la lista delle cose che gli servivano e ogni martedì Rin faceva la spesa per entrambi. In cambio era sicura che lui sarebbe stato presente al suo arrivo dal supermercato e l'avrebbe aiutata a portare su i pacchi. Anzi, avrebbe portato su tutto lui senza lasciarle toccare niente. Arrivati sul pianerottolo avrebbe messo le borse di Rin accanto alla sua porta e le sue accanto alla propria, per poi girarsi nuovamente verso di lei, tirare fuori il portafoglio dalla tasca dei pantaloni e chiederle con voce atona:
“Quanto ti d...”
“3500 yen” lo anticipò lei questa volta, godendosi la sue espressione stupita e spiazzandolo ulteriormente con un ampio sorriso.
“Hai fretta?” le chiese lui consegnandole la cifra esatta.
“No, gioco.” rispose lei.
“Giochi?” la guardò lui con evidente disappunto.
“Mi diverte trovare il modo per suscitare una tua reazione, una qualsiasi. Sei sempre così controllato!”
“Vuoi delle ripetizioni?” rispose lui con irritazione.
Lei rise di gusto, “Hai ragione, mi sarebbero utili, mi eviterei montagne di figure di m...” si fermò in tempo. Lui detestava il turpiloquio, difatti la squadrò con severità. Ma poi, voltandosi, le disse: “Grazie Rin. Buona serata.”
“Grazie a te! Ci vediamo!” rispose lei allegra.
Ecco, ecco come andava fra loro. Lei lo spiazzava, lui si irritava e la provocava con sarcasmo. Allora lei ci rideva sopra, scansava, si prestava allo scherno. E lui si ammorbidiva di nuovo.
Mentre ancora ripensava al dialogo appena avvenuto cercò di aprire la porta ma le caddero le chiavi di mano due volte prima che riuscisse ad infilarle nella toppa.
“Serve aiuto?” insinuò la voce di lui alle sue spalle.
“No, è che ho le mani gelate. Devo ricordarmi di comprare dei guanti, sta arrivando l'inverno!”
“Sarebbe anche ora. Ti ricordo che li hai persi a marzo.”
Si ricordava? “Lo so, sono un disastro!” gli disse voltandosi con la mano alzata per salutarlo, ma lui aveva già chiuso la porta.



***


Sesshomaru sistemò con cura nei pensili i diversi articoli che componevano la spesa, appoggiando invece sul tavolo quelli che avrebbe utilizzato per la cena. La preparava sempre prima, così alle undici, tornato dalla palestra, avrebbe dovuto solo più scaldarla.
Rin. Che personaggio. Si comportava come una ragazzina. Faceva la spesa tutte le settimane, possibile che non si ricordasse mai di comprarsi un paio di guanti? Come si fa ad essere così istintivi, così poco previdenti.
Eppure nella spesa era precisa e puntuale, aveva perfino memorizzato quali fossero le sue marche favorite. I primi tempi glielo indicava nella lista della spesa ma ben presto lei gli aveva detto che poteva evitarlo, poiché lo sapeva già. “Sei così prevedibile!” l'aveva provocato.
Fastidiosa, una compagnia fastidiosa ma non sgradevole, ecco cosa era Rin.

Beh, all'inizio era stato parecchio sgradevole. Si era arrabbiato non poco con sua madre quando gli aveva comunicato di aver affittato anche l'appartamento accanto al suo, ma quando suo padre aveva liquidato le sue lamentele come 'capricci' la sua furia si era come al solito trasformata in un gelido mutismo. Lo sapevano benissimo che non erano capricci. Semplicemente non gradiva avere gente intorno, gente che avrebbe potuto ficcanasare nella sua vita, gente con la quale sarebbe stato costretto ad avere relazioni magari quotidiane, gente che si sarebbe aspettata un saluto di cortesia alla mattina.
E poi si era trovato davanti quella ragazzetta. Vero, aveva solo qualche anno meno di lui ma obiettivamente sembrava una ragazzetta. Piccola, slanciata se non magra, una voce melodica e squillante, sempre sorridente. Sembrava appena uscita da uno di quei gruppetti di tredicenni che si guardava di evitare come la peste, poiché lo bersagliavano di un tripudio di occhiatine, sorrisetti, ammiccamenti e risatine soffocate. (Talvolta accadeva perfino che la più sfacciata del gruppo venisse mandata a chiedergli il nome o numero di telefono, e lì Sesshomaru si imponeva un autocontrollo che considerava degno come minimo della candidatura al Nobel per la Pace.)

Però con Rin era andata diversamente.
Certo, all'inzio gli era sembrata terribilmente invadente. L'aveva tempestato di domande, osservazioni inutili e squallidi tentativi di comunicazione, ma si era accorta abbastanza velocemente di quanto gli risultasse molesta. Tuttavia non si era né offesa né scoraggiata – cosa che accadeva invece di norma con le altre persone, anzi, a ben vedere era proprio il suo obiettivo – e aveva continuato ad essere cortese e sorridente, seppur con maggior discrezione.
E soprattutto persisteva nell'essere... amichevole. Quel volerlo salutare allegra a tutti i costi. Quel voler per forza instaurare una conversazione quando, incontrandosi per caso sotto casa, erano costretti a fare le scale insieme. Quei suoi gesti gentili ma non richiesti e non necessari: perché preoccuparsi di portare su e lasciargli davanti alla porta un pacco indirizzato a lui, che il corriere aveva abbandonato per incuria nell'androne, vicino alle cassette della posta? “Qualcuno avrebbe potuto rubarlo o danneggiarlo”, gli aveva detto. E allora? Avrebbe chiamato e se lo sarebbe fatto rimandare, giacché non aveva firmato la consegna.
E quella volta che si era preso un raffreddore – evento del decennio perché lui non si ammalava mai – perché lasciargli davanti alla porta dei medicinali? Se li sarebbe potuti comprare da solo, se l'avesse ritenuto necessario. Per di più erano intrugli di erbe: era pure una di quelle fissate con le cose naturali. Ovviamente li aveva lasciati lì sullo zerbino, ma la sfortuna aveva voluto che al suo rientro l'avesse incrociata proprio mentre usciva dal proprio appartamento.
“Prendili, sono molto efficaci.” gli aveva detto lei indicando con un sorriso genuino il pacchettino abbandonato. “Sono tre notti che ti sento tossire.”
Ah, era quello allora. “Ti disturbo?” le aveva chiesto allora, con una vena di irritazione.
Ma lei l'aveva guardato stupita. “Affatto. Io dormo come un sasso! Ma immagino disturbi te. Io quando tossisco così tanto di notte il giorno dopo sono a pezzi, mi sento tutta rotta.”
Non gli aveva lasciato il tempo di rispondere, aveva sorriso ancora arrossendo appena e gli aveva detto: “Scusa, devo proprio andare, faccio tardi al lavoro!”, scappando in fretta giù dalle scale.
L'aveva preso quel dannato pacchetto. Aveva stazionato due giorni in cucina, perché non aveva alcuna intenzione di usare quegli intrugli – e poi il raffreddore gli stava passando – ma non se l'era sentita di buttarlo. Infine, l'aveva sbattuto nel mobiletto dei medicinali in bagno.

E poi c'era stato quell'incontro al supermercato.
Lui frequentava il supermercato più vicino a casa tutti i sabati, regolarmente e sempre all'apertura per trovare meno gente possibile, ma il sabato mattina precedente il suo relatore di tesi aveva avuto la bella idea di convocarlo d'urgenza per presentargli un collega, un pezzo grosso dell'industria farmaceutica con il quale avrebbe potuto collaborare in seguito. Andare in un supermercato il sabato pomeriggio o la domenica sera neanche a parlarne, il lunedì mattina era chiuso e Sesshomaru s'era ritrovato a fare la spesa il lunedì sera. E lì l'aveva vista.
Vista, oddio, ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma gli era praticamente piombata addosso. Aveva svoltato l'angolo di una corsia spedita e fischiettante e lui aveva fatto appena in tempo a bloccare il carrello con la mano, inchiodandolo a cinque centimetri dal proprio stinco, prima che gli rovinasse addosso. Per il rinculo a momenti c'era finita lei dentro il carrello e invece di prostrarsi in scuse, aveva cominciato a ridere come una pazza.
“Ma ti sembra il modo di condurre un carrello? Non sei all'autodromo.” l'aveva rimproverata.
Il suo tono rigido aveva smorzato l'ilarità di lei che, rossa in viso, si era ricomposta ma aveva conservato sul volto un sorriso con il quale gli aveva detto:
“Scusami, sono proprio distratta. È che questa canzone mi piace moltissimo!”
Lui l'aveva guardata allibito prima di accorgersi della presenza della radio nel supermercato. Ah.
“E ti sembra un motivo valido per investire la gente?” ribattè secco.
“Non ti ho investito. Non ci sono riuscita.” Gli aveva risposto lei con un occhiolino. “Ehi, ma non hai un carrello? Puoi mettere nel mio.” gli aveva detto indicando le cose che lui aveva in mano.
“Non mi è necessario. Ho poche esigenze.” aveva risposto lui. In generale era vero. Ora però gli sarebbe servito perché si era scordato che avrebbe dovuto prendere anche una confezione di acqua.
“Puoi utilizzarlo lo stesso” aveva detto lei spostando la sua roba per fargli posto “e così potresti farmi anche un grandissimo favore, se posso approfittare...”, non aveva nemmeno atteso un assenso per continuare, “potresti prendermi quella confezione di acqua là in fondo?”
La confezione indicata era infilata in una posizione scomodissima, impossibile da estrarre per un fuscello come lei. Ed era anche l'acqua che prendeva solitamente lui. Ed era l'ultima confezione. Sesshomaru aveva posato con stizza la sua esigua spesa nel carrello di lei e aveva recuperato la dannata acqua.
La ragazza stava di nuovo cercando di fare posto nel carrello ma lui le aveva detto: “Lascia stare, te la lascio alla cassa, io ho finito.”
“Oh, ottimo, anche io! Andiamo!” aveva esclamato lei, precedendolo verso la cassa. Era rimasto un istante fermo in mezzo alla corsia, interdetto a qualsiasi movimento, ma poi l'aveva seguita, pensando ad un modo per liberarsi di quella seccante ragazzina, ladra di acqua.

Ma quando il Karma è negativo non c'è nulla da fare.
Come era andata a finire?
Come poteva mai essere andata a finire?
Gliel'aveva portata fin sul pianerottolo quell'acqua maledetta. E avevano fatto tutta la strada insieme, con le borse della spesa che sbatacchiavano allegramente appese ai manici della bici e il suo chiacchiericcio che gli trapanava il cervello.
Quando l'aveva sentita ansimare al termine delle scale non aveva resistito a chiederle: “Ma perché ti carichi così tanto se non ce la fai? Come avresti fatto con l'acqua, l'avresti lasciata al supermercato per poi fare un altro giro?”
Lei era arrossita leggermente e aveva guardato in basso. “No... ne avrei presa una sola.”
“Quindi hai approfittato di me?” aveva esclamato lui, a metà tra lo stupefatto e l'arrabbiato.
“Scusa”, aveva pigolato lei, “è che mi piace davvero tanto l'acqua minerale ma riesco sempre solo a prenderne una, così ho pensato...”
“La prossima volta chiedi invece di pensare.” l'aveva interrotta lui, secco, prendendo la borsa con la sua spesa ed avviandosi verso la propria porta. Poi aveva aggiunto: “Piace anche a me, quest'acqua. Ma non mi invento sciocchi stratagemmi per procurarmela.”
Ma se le azioni di lei in precedenza l'avevano stupito, quella che aveva fatto in seguito l'aveva proprio pietrificato. Preceduta da un rumore di plastica rotta se l'era trovata alle spalle, con tre bottiglie di acqua in braccio.
“Facciamo a metà.” aveva detto, e di fronte alla sua immobilità aveva continuato: “hai detto che piace anche a te, ma io ho preso l'ultima confezione. Facciamo a metà.” Sorrideva dicendolo, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.
“Non è necessario” aveva biascicato lui fra i denti.
“Insisto” aveva risposto la ragazza, lasciandogli le tre bottiglie ai piedi e tornando indietro. Portafogli in mano si era riscosso, inseguendola. Questo balletto sul pianerottolo cominciava ad essere irritante.
“Tieni” le aveva detto porgendole la metà esatta del costo della confezione.
“No, no, non è necessario” aveva risposto lei imbarazzata.
“Insisto” aveva detto lui con voce bassa condita con un pizzico di ironia. Lo sapeva bene, che riusciva ad ottenere qualsiasi cosa da una donna quando utilizzava quel tono.
Lei infatti si era bloccata a guardarlo con la bocca semiaperta e aveva sussurrato un “Ma come...?” appena udibile, per poi risvegliarsi un attimo dopo battendo le ciglia e rivestendosi del solito sorriso.
Lui l'aveva salutata con un cenno della mano e stava per varcare la soglia di casa, soddisfatto per aver centrato il bersaglio ancora una volta, quando un 'Senti..' della ragazza lo aveva costretto nuovamente a fermarsi.
Diamine, ora aveva davvero esagerato. Mugugnò un “Mh” senza nemmeno voltarsi, per palesare la sua insofferenza.
“Per farmi perdonare” ma di cosa? “se vuoi la prossima volta faccio io la spesa. Prendi così poche cose, non è un problema portartele.”
'Questa poi', aveva sogghignato Sesshomaru fra sè.
Sinceramente si era immaginato che lei avesse più spina dorsale, ma se ci teneva tanto ad assumere un atteggiamento servile come tutte le altre femmine con cui aveva a che fare, tanto meglio per lui. “Va bene” aveva detto senze neanche voltarsi. “Domenica ti faccio avere la lista della spesa.”
E si era chiuso il mondo e quella sciocca ragazzina alle spalle.

Erano passati molti mesi da allora, ripensò Sesshomaru riponendo l'ultimo pacchetto. Primavera, estate ed autunno, ed il rito si ripeteva ogni lunedì, sempre uguale e sempre diverso. Sovente non si scambiavano se non qualche battuta, come oggi, ma talvolta non si incrociavano per l'intera settimana e allora Rin coglieva l'occasione per chiacchierare un po' di più e immancabilmente chiedergli 'Come stai?' e altrettanto immancabilmente sentirsi rispondere “Mh.”
Aveva avuto più volte la tentazione di chiederle come mai si ostinasse a fargli quella stupida domanda ma poi aveva desistito, certo che la risposta l'avrebbe spiazzato, come al solito.
Già, perché con il passare del tempo la sua considerazione di lei era cambiata. Eccome se ce l'aveva la spina dorsale. Con quel suo atteggiamento spontaneo sembrava sciocca ed ingenua ma sapeva il fatto suo, era svelta ed attenta nei compiti pratici ed aveva entusiasmo ed energia da vendere.
Ma quello che l'aveva colpito di più, osservandola interagire con le altre persone, era che quel suo atteggiamento solare e disponibile fosse il suo modo normale di comportarsi. Rin non era per nulla servile, era davvero schifosamente allegra e gentile, con tutti.
E lui, che era abituato ad una riverenza se non ad uno spudorato corteggiamento da parte dell'universo femminile, era rimasto perfino un po' risentito nel constatare che le premure e le attenzioni di Rin non fossero riservate solo a lui.



***


Maledizione! Li aveva di nuovo persi? Ma questa era una congiura del fato. Li aveva finalmente comprati neanche un mese prima, era certa di averli indossati quella mattina... ed ora erano spariti. Volatilizzati. Si calò il cappello di lana fin quasi sugli occhi, inforcò la bicicletta carica di borse e si arrese all'evidenza: sarebbe approdata a casa con le mani rigide come la pietra.
In effetti faticò perfino a staccarle dalle maniglie. Suonare il citofono fu una tortura, per non parlare dello scaricare i sacchetti. Corse a mettere a posto la bici e rinunciò a legarla: hai voglia di alitarci sopra, aveva completamente perso la capacità di articolazione delle dita! Tornò indietro con la coda fra le gambe. E adesso chi lo sentiva quello, le avrebbe fatto il sedere a strisce. Affondò le mani nelle tasche del cappotto e sperò che lui non se ne accorgesse.
Ma quando fu costretta a tener aperto il portoncino con la spalla per non utilizzare le mani, lo sguardo di lui la fulminò all'istante.
“I guanti?”
“Ehm” disse lei abbassando la voce e la testa, “non so. Li avevo stamattina. Li avrò lasciati da qualche parte... Mi dispiace!”
“Patetica.” sentenziò lui voltandosi di scatto e cominciando a salire le scale.
Rin rimase interdetta. Patetica? Addirittura? Ma era così grave aver perso dei guanti?
“Ehi!” gli gridò risentita. “Non è vero! Non sono patetica! E poi sono solo degli stupidi guanti.”
“Appunto.” Gli rispose lui già a metà della rampa seguente. “Perché fare tutta quella scena?”
Lei strabuzzò gli occhi e si affrettò sulle scale per tenergli dietro.
“Guarda che sei tu che mi hai rimproverata!”
“Appunto. Chi sono io? Non sono nessuno. Sei patetica.”
“Cos..?” per una volta Rin si trovò senza parole. Ma aveva detto davvero quello che le pareva di aver sentito? Ma cosa gli era preso? Forse era già di cattivo umore per qualcos'altro, perché le pareva impossibile averlo fatto arrabbiato in quella maniera con una sola frase. E poi cosa voleva dire quel 'Non sono nessuno'? Rin non capiva proprio ma una strana tristezza le oppresse il petto. Lui non l'aveva mai offesa così.
Si accorse di essersi bloccata sulle scale e prese a salirle lentamente. Lui era di certo già arrivato ma non le importava. Tanto non avrebbe saputo cosa dirgli né sarebbe riuscita a sostenere la freddezza dei suoi occhi.
Come prevedibile, arrivata al pianerottolo di lui non c'era traccia. Le borse con la sua parte di spesa erano state posate di fianco alla porta, ben ordinate, e sullo zerbino giaceva una banconota, il contributo di Sesshomaru alla spesa. La prese e la cacciò nervosamente in borsa. Si sarebbe preoccupata di dargli il resto la prossima volta, non aveva nessuna voglia di rivederlo.
Con dita rigide e tremanti recuperò le chiavi dalla borsa, che immancabilmente le caddero per terra: sentiva freddo dappertutto, dentro e fuori, e rabbrividì vistosamente.
Un fruscio alle sue spalle la fece trasalire, si voltò di scatto e se lo trovò davanti, con le sue borse in mano ed un'espressione da angelo di pietra.
“Ce c'è ora?” lo apostrofò con un sospiro, anche se la risposta era evidente.
“Apri” ordinò lui accennando col mento alla porta.
“Posso fare da sola, sai?” rispose lei piazzandosi davanti alla porta con le braccia incrociate sul petto e assumendo la sua miglior espressione corrucciata.
Ma l'efficacia della mimica facciale di Sesshomaru era imbattibile seppur minimale: un leggero incurvarsi del sopracciglio, un angolo della bocca leggermente sollevato ed ecco un perfetta espressione di superbo sarcasmo.
“Apri, Rin”. Espresse l'ordine con evidente insofferenza ma nel pronunciare il suo nome abbassò il tono della voce, conferendo all'imperativo una sorta di dolcezza e Rin si trovò impossibilitata a non eseguire. Spalancò la porta e gliela tenne aperta.
Sesshomaru usava raramente quel tono di voce, pensò Rin facendogli strada verso la cucina, e per fortuna! Doveva proprio detestare le persone perché se solo avesse voluto avrebbe avuto tutti, uomini a donne, ai suoi piedi. Sesshomaru aveva fascino e carisma da vendere.
Lo guardò di sottecchi mentre entrava in casa e appoggiava le borse sul tavolo, scoprendolo intento a guardardarsi intorno. Sesshomaru non era mai più entrato in casa sua dal giorno in cui le aveva aperto la porta dell'appartamento e chissà come doveva sembrargli ora, pensò con imbarazzo. Non perché fosse una persona disordinata, tutt'altro; cercava sempre di chiudersi alle spalle una casa decente, perché detestava tornare stanca e trovare ad attenderla il caos cosmico. Ma non aveva dubbi che a lui sarebbe apparsa decisamente... originale. Per via dei fiori.
Lei amava i fiori, di qualsiasi tipo, forma e colore. Dato che sua mamma non ne aveva mai voluto sapere di assecondare questa sua mania, nei primi mesi di indipendenza si era comprata tutte le settimane un mazzo di fiori. Di quelli semplici, poco costosi, l'importante era che il mazzo fosse molto colorato. La fioraia l'aveva presa in simpatia e ad un certo punto le regalava i fiori avanzati a fine giornata.
Ma ben presto s'era resa conto che se c'era una cosa che le dava immensa tristezza era gettare i fiori appassiti nella spazzatura, lo trovava umiliante per i fiori stessi. Allora aveva smesso di comprarne e aveva deciso che i fiori stavano bene dove stavano, cioè attaccati alle piante, e se mai le fosse venuta voglia di raccoglierne nei prati li avrebbe lasciati lì prima di andare via, in modo che potessero ritornare alla terra.
Ma per sopperire a questa rinuncia – ed ecco giungere al motivo della stavaganza del suo appartamento – aveva imparato a modellare fiori di carta.
“Li hai fatti tu?” chiese la sua voce, atona.
“Sì, sono...”
“Tanti.” completò lui.
“Scommetto che volevi dire 'troppi'” disse Rin sorridendogli cauta ed estraendo dalle borse gli alimenti che dovevano essere messi i frigo.
“Mh” confermò lui, continuando a far vagare lo sguardo per la stanza. Fiori ornavano i pensili, fiori a centro tavola, fiori sul davanzale.
“Ormai non mi accorgo neanche più di farli. Se ho un pezzo di carta in mano lo piego, ecco.”
Piccoli fiori per terra, vicino al divano, davanti alla televisione.
“Beh c'è di peggio dai. Per fortuna non ho la mania dei quadri, se no andando via ti lascerei le pareti tutte bucherellate.”
“Vai via?” Le chiese lui un po' troppo repentinamente.
Che strana sfumatura la sua voce. C'era un sentimento sotto quella domanda, ma Rin non avrebbe saputo dire quale. Molto probabilmente sollievo.
“No, dicevo così per dire. Mi spiace per te ma rimarrò ancora un po'” ci ironizzò sopra per esorcizzare l'idea di essere ancora un'ospite indesiderata e si voltò bruscamente, urtando una delle borse. Parte del contenuto rovinò a terra e una confezione di ramen istantanei si fermò ai piedi di Sesshomaru. Lui la raccolse lentamente e quando Rin gli si avvicinò per prenderla lo scoprì stranamente intento a fissare la busta.
“Cosa c'è?” gli chiese.
“Niente” rispose lui restituendogliela.
“Li conosci?” chiese lei curiosa. Non ricevette risposta, anzi, il ragazzo girò lo sguardo, come disinteressato. Lei allora gli girò intorno per tornare nel suo campo visivo ed insistette: “Ti piacciono?”
“Sì, molto” ammise lui con fastidio.
“Strano però. Non li ho mai comprati per te.” osservò lei.
“Sono una confezione doppia” rispose lui con un tono che testimoniava quanto fosse esasperato e quanto fosse stupida la sua domanda. Già, Rin sapeva quanto lui detestasse lo spreco. E sapeva anche quanto lo irritava che lei lo incalzasse con continue domande, ma era l'unico modo per ricavare qualche informazione da Sesshomaru: prenderlo per sfinimento.
“Sì, hai ragione, e sono due porzioni abbondanti. Io li tengo per quando vengono le mie amiche.” Lui non disse nulla e Rin capì. Sesshomaru non aveva mai ospiti, quindi non aveva nessuno con cui mangiarli.
Ecco, quella che le era balenata in mente era proprio un'idea stupida, ma è noto che le idee stupide abbiano straordinarie capacità di trovare autonomamente la via della bocca.
“Ti va se li mangiamo insieme una sera?” si trovò a chiedergli.
La faccia stupita che Sesshomaru le rivolse valeva da sola il tentativo.
Lui non rispose, continuò a guardarla come ne volesse indagare le motivazioni, scoprire l'inganno nascosto. Ma non c'era nessuna motivazione, nessun inganno. Era solo un invito fra vicini di casa. Non c'era neanche motivo che le battesse il cuore così forte, mentre attendeva – invano – una risposta.
“Guarda che puoi fidarti. Modestamente mi vengono proprio bene!” scherzò, per allentare la tensione.
La sua espressione a quel punto mutò in scherno. “Sono precotti, Rin.”
Lo so.” rispose lei, trattenendosi a stento dal fargli una linguaccia. “Ma io in genere aggiungo qualcosa.” Ora l'aveva veramente scandalizzato. “Oh, insomma, quante storie! Vieni o no? Non è difficile: devi rispondere sì, no o fors... eh?”. Lui aveva detto qualcosa.
“Ho detto sì.”
“Ah, oh.” Rin ci mise qualche istante per riprendersi dalla sorpresa. Aveva davvero accettato?! Santi numi, questo sì che era un progresso inaspettato del rapporto!
Poi esclamò: “Fantastico. Aspetta, fammi guardare il calendario.” Bisognava cogliere la palla al balzo e fissare una data, prima che lui ci ripensasse.
Gli si avvicinò perché il calendario era appeso alla parete proprio dietro la schiena del ragazzo. Rin segnava i turni di lavoro sia sul cellulare che su carta perché lei e il telefono non avevano un buon rapporto. Come con i guanti insomma!
Lui si spostò dalla parete dello spazio appena necessario a liberare la visione del calendario, così per leggere lei gli si dovette accostare. Molto. Non era mai stata così vicina a lui perché Sesshomaru di solito si teneva a distanza anche fisicamente ed ora si sentiva di nuovo stranamente inquieta. Oltre che vergognosamente nana, perché lui era davvero imponente!
Si concentrò sul calendario. “Mmhhh, c'è poca scelta. Domani sera? Perché lavoro tutti gli altri giorni.” Alzò lo sguardo verso di lui per tentare di ottenere una risposta. “Ehi. Sei davvero altissimo.” Non era l'unico aggettivo che le era venuto in mente, ma gli altri si vergognava anche solo di averli pensati.
“Tu sei piccola” ribattè lui prevedibilmente. “Va bene.”
“Cosa?”. Che fosse piccola?
“Domani.”
“Ah, certo.” ma che stupida era, “Ottimo.” Si affrettò a spostarsi verso il lavandino per lavarsi inutilmente le mani, al solo scopo di mettere maggiore distanza fra loro, sperando che questo fosse sufficiente a riattivare le sue connessioni cerebrali.
Seguì un silenzio abbastanza imbarazzante. Rin si affrettò a cercare qualcosa da dire e si voltò per dirgli una frase di circostanza, tipo “Vuoi un the?” ma vide che lui era già presso la porta.
“A domani allora! Buona serata!” disse alla sua schiena.
“Mh.” Il suo mugugno di risposta le giunse appena prima che la porta fosse chiusa.
Rin sospirò. Che personaggio disarmante.
Avrebbe dovuto studiare una colonna sonora adeguata per la serata dell'indomani perché nonostante la sua proverbiale parlantina aveva idea che i momenti di silenzio sarebbero stati parecchi.



***


Beh, alla fine si stava rivelando una serata piacevole.
Certo, la partenza era stata disastrosa. Quando aveva aperto la porta e se l'era trovato davanti aveva avuto la tentazione di richiuderla immediatamente.
Sesshomaru si era presentato vestito completamente di nero. Camicia nera aderente, pantaloni neri a sigaretta, stivali bassi in pelle. I suoi capelli argentati risaltavano sull'abbigliamento scuro e cadevano sulle spalle come flessuosi serpenti incorniciando un volto che avrebbe incantato chiunque. Gli occhi brillavano di una luce così intensa che parevano truccati.
Sarebbe stata una visione da mozzare il fiato ma postura ed espressione del viso smorzavano ogni entusiasmo: le braccio erano incrociate rigidamente sul petto e il volto esprimeva la stessa soddisfazione di un ragazzino costretto ad andare a cena dai parenti.
“Non ti sarai dimenticata” aveva detto lui con voce bassa e tagliente.
Rin aveva scosso il capo con forza ed aveva sentito le guance imporporarsi indegnamente. Era arretrata lasciandogli lo spazio per entrare e si era maledetta per la prima – ma non ultima – volta in quella serata per aver avuto la balzana idea di invitarlo.

Poi piano piano la tensione – la sua tensione – si era allentata e anche lui sembrava essersi rilassato, complici anche le due birre che avevano già consumato e la terza in via di esaurimento. I ramen le erano venuti bene: il suo personale contributo non era in effetti niente di speciale, aggiungeva solo qualche verdura cruda tagliata fine e del prosciutto cotto in strisce, ma il piatto acquistava più sapore. E le sembrava anche che fossero stati apprezzati, Sesshomaru ne aveva presi due volte.
Aveva anche preparato dei dolcetti morbidi di riso ripieni di gelatina di frutta, per accompagnare la bottiglia di vino bianco frizzante che lui le aveva lasciato nel pomeriggio davanti alla porta. Quel tipo di dolci in genere le veniva bene ma Sesshomaru le metteva così soggezione che ora non era più sicura di volerglieli presentare.
La conversazione, come prevedibile, venne condotta essenzialmente da lei ma Sesshomaru non sembrava affatto infastidito. Anzi, quando Rin accennò al proprio lavoro sembrò interessato: come l'aveva scelto? La pagavano bene?
“Cercavo un lavoro qualsiasi che mi permettesse di sollevare un po' la mia famiglia ma mi lasciasse il tempo per seguire le lezioni e studiare. Consegnare pizze è perfetto: mi pagano settimanalmente, si lavora di sera ma non prima delle diciannove e a mezzanotte al massimo sono a casa.”
“Non consegnate dopo mezzanotte?” chiese lui.
“Sì, ma non ci mandano me.” sorrise lei “A volte essere una femmina ed essere piccola ha i suoi vantaggi!” continuò riferendosi palesemente al suo commento della sera prima.
Lui accennò un sorriso. “Non hai dei turni fissi, però.”
“Macchè, anzi. Me li comunicano da una settimana all'altra.” Sesshomaru sgranò lievemente gli occhi. Abitudinario com'era, questa cosa doveva sconvolgerlo parecchio! “Questa settimana ad esempio lavoro da domani fino a venerdì, la prossima solo il week-end.”
“Avevi detto che lavoravi tutti i giorni.” disse lui alzando un sopracciglio.
“Eh?” chiese confusa, poi capì che si stava riferendo alla sua affermazione del giorno precedente, 'lavoro tutti i giorni'. “Beh, ma sabato e domenica li ho esclusi, immagino tu abbia altro da fare che venire a mangiare ramen precotti qui!”
Lui la guardò interrogativo.
“Dovrai andare dai tuoi genitori, vedere la tua ragazza...” spiegò lei come se fosse ovvio.
“Ragazza?”
“Come, non hai una ragazza?” fece Rin spalancando gli occhi.
“Perchè dovrei?” chiese lui quasi seccato.
“Co-come perché? Ma insomma” disse lei arrossendo un poco “sei un ragazzo così carino...”
carino?? Questa sera riusciva a malapena a staccargli gli occhi di dosso. Forse era ora che se lo trovasse lei, un ragazzo. “...che mi sembra strano tu non sia interessato a...”
“A?”, adesso lui era incuriosito.
Lei non rispose e fece un gesto con le mani come per dirgli di lasciar perdere. Non era a suo agio a parlare di certe cose.
“Il fatto che non mi interessi avere una ragazza non vuol dire che non faccia sesso.” continuò allora lui, usando quel tono impossibile, quello basso e suadente. “E tu?”
Oh diamine, Rin sentì le guance imporporarsi. La stava mettendo volutamente in imbarazzo, la stava provocando!
“Io... No, no, neanche io.” disse concentrando gli occhi sul fiore di carta che modellava fra le mani con il tovagliolo di carta.
“Non hai un ragazzo o non fai sesso?” infierì lui con voce ancora più bassa, mandandole letteralmente a fuoco il viso. E non solo quello, dovette ammettere.
Alzò la testa di scatto e incontrò lo sguardo più deliziosamente canzonatorio del pianeta. Dei del cielo, che schianto. Quella serata prometteva solo guai per il suo equilibrio emotivo, accidenti a lei che l'aveva invitato!
Rin corse ai ripari.
“Ehi, smettila di usare quel tono con me!” gli disse imbronciata, lanciandogli addosso il fiore di carta.
Lui sollevò il sopracciglio, come a chiedere una – inutile – spiegazione.
“Quel tono da... fatalone, ecco.” cacciò fuori lei, d'istinto. Sesshomaru fece tanto d'occhi.
Fatalone? Ma che razza di parole le era venuta fuori?? Rin si sarebbe sotterrata per la vergogna, e ben a fondo. Un rumore sommesso provenne dal petto del ragazzo, e Rin avrebbe giurato fosse una risata soffocata. Cielo, che disastro era!!
Proprio in quel momento suonò un cellulare e Rin ringraziò gli dei che per pietà o decenza avevano interrotto quel penoso discorso.
Sesshomaru guardò lo schermo e l'espressione del suo viso tornò ad essere quella solita: fredda, indifferente, un po' più infastidita della norma.
“Pronto” disse con voce atona. Rin, pur non distinguendo le parole, sentì rispondergli dall'altra parte una voce di donna.
“Mh. Grazie.” continuò lui.
“Sì, l'ho aperto”, disse ancora, la voce sempre più fredda. Rin lo guardò incredula. Aveva detto meno di dieci parole e già mostrava insofferenza.
“No, non è necessario che lo cambi. Ho detto che mi va bene.” Anzi, irritazione.
“Mh.” Sesshomaru chiuse la telefonata senza nemmeno salutare e posò il telefono sul tavolo. E che telefono, pensò lei. Valeva almeno tre mesi di suo lavoro.
“Chi er..?” chiese lei senza pensarci, per poi pentirsi immediatamente fulminata dallo sguardo severo di lui. “Scusami, non sono fatti miei, lo so.” Servì della birra ad entrambi per aver qualcosa da fare e non sprofondare di nuovo nell'imbarazzo.
Il silenzio che piombò nella stanza non aiutò di certo ad alleggerire l'atmosfera, ma le permise di sentire il lievissimo sospiro di lui.
“Mia madre.” disse poi.
“Ah.” rispose lei, mentre il significato della telefonata le si componeva pian piano in testa. 'Mamma' più 'grazie' più 'l'ho aperto' più 'mi va bene' più 'non è necessario che lo cambi' uguale... “Sesshomaru, ma è il tuo compleanno?” esclamò con entusiasmo.
Sesshomaru la guardò con sincera meraviglia e Rin fu sicura di averci preso in pieno. La cosa la riempì di allegria e scattò in piedi senza neanche aspettare la risposta.
“Accidenti ma perché non me l'hai detto?” esclamò raccogliendo svelta le tazze e riponendole nel lavandino. Saltellò svelta fino alla credenza dove aveva appoggiato il piatto con i dolcetti e li portò in tavola.
“Non sono granché ma ti dovrai accontentare” continuò aprendo svelta il frigo dal quale recuperò la bottiglia di vino. Prese anche due bicchieri puliti per il vino ma mentre tornava verso il tavolo si bloccò con un'espressione allarmata: “Ma dovevi dirmelo! Tua madre magari ti aspettava per cen...” Lui, che aveva seguito con sguardo attonito quel suo balletto, la guardò con sufficienza, come se avesse detto la cosa più stupida del mondo.
“Figuriamoci” sputò fuori.
“Oh.” sussurrò lei, pensando ancora una volta a quanto fosse solo quel ragazzo, se non lasciava che sua madre si preoccupasse di lui neanche il giorno del suo compleanno. Beh, l'avrebbe fatto lei.
Si avvicinò al tavolo, aprì la bottiglia e versò il vino nei due bicchieri. Ne porse uno a Sesshomaru con un sorriso e lo guardò negli occhi, pronta ad esclamare un 'auguri!'... che le morì in gola quando lo sguardo severo di lui congelò il suo entusiasmo. Tanto che pensò di essersi competamente sbagliata.
“Non è il tuo compleanno?” sussurrò.
“Sì, lo è.” confermò lui.
Rin riprese pian piano a respirare e chiese cautamente: “E quanti anni sono?”
“Secondo te?” disse lui ammorbidendo appena lo sguardo e sollevando il bicchiere verso di lei, in un cenno di brindisi.
Lei rispose al gesto e bevve un sorso di vino, fresco e frizzante.
“Mhh, vediamo,” si riprese, poiché qualsiasi tipo di gioco la rendeva fremente come una bambina. Si sedette e appoggiò il mento sui palmi delle mani. “Dubito proprio che tu abbia perso anni scolastici”, lui alzò un sopracciglio, esaustivo, “ma magari sei in anticipo di uno, è possibile.” Lo guardò assottigliando lo sguardo e sporgendosi verso di lui per cercare di carpire qualche informazione ma era come interrogare un busto di marmo, che oltretutto si irrigidì contro lo schienale come a voler indietreggiare.
“Va bene, ci provo.” disse lei tirandosi di nuovo indietro, “Ventiquattro?”
“Mmh.” rispose lui.
“'Mmh' vuol dire sì, per te? Non sei proprio un asso della comunicazione!” sorrise lei.
“C'è chi compensa.” ribattè lui.
“Stai dicendo che parlo troppo?” disse lei fingandosi risentita. “Purtroppo non sei il primo che me lo dice. Non me ne rendo proprio conto, scusami!”
“Smettila di scusarti inutilmente.” la rimproverò lui.
“Oh, già” disse lei, spostando lo sguardo altrove e abbassando la voce, “Sono patetica.”
Lui tacque a lungo, forse un po' troppo a lungo. Poi disse “No. Ma non devi sminuirti.”
“Guarda che non è facile con te.” rispose lei, mesta. “Metti un po' in soggezione le persone, sai?”
Lui tacque e la fissò a lungo, lei lo vide con la coda dell'occhio ma non rispose allo sguardo.
Poi Sesshomaru si voltò verso il tavolo e chiese: “Si possono assaggiare?”, rivolto ai dolcetti.
“Ma certo!” esclamò lei “Non so come siano, non li faccio da tanto tempo. Mia mamma è più brava naturlamente, ma anche a me di solito vengono bene.” Rin era agitata. Quel ragazzo le causava dei cambiamenti di umore così repentini da scombussolarla. Si rese conto di aver parlato di nuovo troppo, ma non riuscì a frenarsi e continuò: “Se avessi saputo ti avrei preparato qualcosa di più adeguato, scu...”
Un'occhiata severa di lui la bloccò prima che potesse completare la parola e lei sorrise arrossendo, colta in flagrante! Affondò i denti nel dolce e spiò lui che faceva altrettanto. I dolci avevano la consistenza giusta, morbidi e setosi ed erano decorati con piccoli semi di sesamo in superficie, che ovviamente le si appicicarono intorno alla bocca. Si affrettò a toglierli passando velocemente la lingua sulle labbra e sorprese Sesshomaru a guardarla. Lui distolse immediatamente lo sguardo ma Rin si affrettò a pulirsi con il tovagliolo, nel timore che qualche semino fosse rimasto attaccato alle guance.
Lui naturalmente era riuscito a mangiare il suo dolce senza alcun danno o smottamento di sostanze e si accingeva a prenderne un secondo. Allora... “Allora ti sono piaciuti!” osservò lei, senza poter nascondere la sua soddisfazione.
Lui annuì e questa esagerata accondiscendenza evidentemente incrinò la sua abituale compostezza, tanto che un minuscolo semino gli cadde sul colletto della camicia.
Rin non sapeva se dirglielo o no. Da una parte quel piccolo puntino bianco le creava un disturbo estetico non da poco, come se deturpasse l'insieme perfetto della figura di lui, dall'altra la divertiva perché, proprio in virtù di quella minuscola imperfezione, lui acquistava umanità: 'Sesshomaru, uno di noi', sorrise fra sé.
“Mi domando come mai sorridi sempre.” sputò fuori lui. Beccata!
Il suo sorriso si allargò ancora di più ma questa volta fu lei a non rispondere. E in fondo, che avrebbe dovuto dire? Che era vergognosamente imbarazzata almeno tanto quanto era vergognosamente felice?
Prese il bicchiere e lo svuotò completamente buttando la testa all'indietro e quando riportò lo sguardo in avanti vide che lui si stava alzando.
“Vai?” (già?) gli chiese. Si alzò anche lei e lo accompagnò alla porta.
Sesshomaru aveva già una mano sulla maniglia della porta quando si girò e pronunciò un semplice quanto inaspettato “Grazie, Rin” che deflagrò nel suo cuore mandandole a fuoco il viso.
Sorrise tentando di esprimere tutta la felicità che stava provando ma non riuscì a sostenere l'impegno del suo sguardo e la sua attenzione irrimediabilmente cadde sul quella piccola imperfezione sul colletto di lui. Il minuscolo semino era ancora lì e lei non resistette: sporse la mano verso di lui per toglierglielo, ma lo vide irrigidirsi ed allontanarsi e si bloccò.
“Scusa” e ancora 'ste scuse! “È che hai un seme di sesamo sulla camicia.”
Lui inclinò la testa per guardare ma il semino era troppo vicino al collo perché lo potesse vedere. “Posso?”, gli chiese, con la mano a mezz'aria. Non rilevando alcun diniego si avvicinò lentamente e prelevò il piccolo oggetto dal sacro luogo che aveva osato violare.
Fu allora che successe l'incredibile.
Sesshomaru le afferrò il polso e la tirò verso di lui. Senza dire nulla, senza lasciarle il tempo di reagire, posò le labbra sulle sue con impeto.
E lei si disordinò competamente.
Tutto intorno divenne confuso, tutti i rumori ovattati, dominati dal battito feroce del suo cuore che la scuoteva come il rimbombo di una grancassa. Tutte le sensazione provenienti del resto del suo corpo furono azzerate: lei era tutta imprigionata lì, sulla punta di quelle labbra. Esposta e fragile. Si rese vagamente conto di aver appoggiato le mani sul petto di lui per non cadere e lui in risposta le toccò le labbra con la lingua. Le accarezzò e poi provò a spingere. Ma cosa...Voleva entrare? No! Kami! No, non poteva!
Rin si ritrasse sconvolta, lui le lasciò la mano e lei se la portò al petto, ansimando piano. Non ebbe il coraggio di alzare la testa, tenne lo sguardo fisso sulle scarpe di lui. Che lentamente si voltarono e scomparirono dietro la porta, lasciandosi dietro un “Buonanotte, Rin” detto con quel tono basso, modulato, avvolgente.

Solo quando sentì la serratura scattare osò alzare lo sguardo. Le girava la testa, portò le mani gelate alle guance per cercare refrigerio e si accorse che tremavano.
Ma perché, perché? Perché l'aveva fatto? Perché a lei? Non era giusto, non era necessario, non andava bene. Lei era Rin, solo Rin.
Aveva ancora il piccolo seme di sesamo pizzicato fra il pollice e l'indice, e quelli delle due dita erano evidentemente gli unici muscoli che riusciva ancora a contrarre, perché il resto del corpo si abbandonò alla gravità e si accasciò a terra, sulle ginocchia.
Perché le era piaciuto così tanto? Merda, merda, merda.



***


Sesshomaru entrò nel suo appartamento, leggero come non si sentiva da tempo.
L'aveva baciata. Aveva baciato quella sciocca ragazzina.
Perché? Per gratitudine, forse. O per vederla arrossire. Per soggiogarla al proprio fascino. Per catturare la luminosità del suo sorriso.
Perchè in quel momento, protesa verso di lui, così felice per il suo apprezzamento, era bella, bellissima. Era tutta per lui e lui l'aveva reclamata.
Aveva baciato quella ragazza. Ma gli era piaciuto quel bacio, eccome. Rin era come si aspettava, sapeva di buono, di genuino. Quando le aveva lasciate, le labbra di lei tremavano: come era inesperta, ed ingenua!
Un desiderio un po' malsano, di fare sua quella purezza, di fare in modo che quell'ingenuità si dedicasse a lui, a lui solo, lo pervase. Ma cacciò via velocemente l'idea, non aveva tempo da perdere in futilità da ragazzini.
Fatalone eh? Certo che poteva essere fatale. E quella piccola deliziosa sciocca non immaginava quanto.

Andò in bagno e si svestì per fare una doccia. Si guardò allo specchio e almeno con sé stesso dovette essere sincero: era stato il più bel compleanno degli ultimi cinquecento anni.






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Ta daaaaa. Cucù bella gente.
Storiella leggera, saranno pochi capitoli, due o tre. E incredibile a dirsi, NON diventerà un rating rosso, almeno in questa prima fase. Mi sto esercitando :)
I dolcetti che Rin prepara sono quelli che vengono chiamati 'mochi', e a me personalmente piacciono tantissimo. (Ringrazio Kuroi Tenshi che mi ha suggerito un ripieno diverso al posto del cioccolato della prima stesura... non l'ideale per un cane!)
Ditemi cose pensate dei personaggi, sono un esperimento. Non dico niente, lascio dire a voi, sempre se vi va.
La storia mi è venuta in mente guardando questa: http://www.zerochan.net/2039754
A chiunque passi di qua auguro di cuore un sereno anno 2017!
Besos
elerim


 
   
 
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