Film > Big Hero 6
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Autore: LittleBloodyGirl    02/01/2017    4 recensioni
"Hiro distolse per un attimo lo sguardo dalle nuvole davanti a lui per osservare il suo riflesso in quegli specchi. Guardò il suo viso, i suoi occhi che brillavano di eccitazione e felicità. E sorrise, lasciando che un dolce ricordo ritornasse a illuminare la sua mente che era rimasta all'oscuro troppo a lungo in quei giorni di tempesta interiore.
Aveva volato da piccolo sulle spalle di suo fratello. Era sempre riuscito a volare grazie a lui.
E ora era lì, sospeso nell'aria a giocare con le nuvole mentre osservava il ricordo di quei momenti nel riflesso di uno dei grattacieli più alti della città.
Ed era felice, come se Tadashi fosse sempre stato lì con lui. Come se Baymax fosse sempre stato lì con lui."
In occasione della serie tv che andrà in onda quest'anno, una versione scritta di uno dei film più belli che siano mai stati creati. Un'analisi oggettiva delle emozioni e dei momenti più importanti che Big Hero 6 ha regalato al suo pubblico. Naturalmente ricoprirò l'intera trama del film, quindi se non lo avete ancora visto fate attenzione agli spoiler!
Spero che vi piaccia.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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"They say we are what we are
But we don't have to be
I'm bad behaviour but I do it in the best way
I'll be the watcher of the eternal flame
I'll be the guard dog of all your fever dreams"

Fall Out Boy - Immortals



Le sere di San Fransokyo erano insolitamente tranquille nel traffico caotico della metropoli. I grattacieli di vetro illuminati dai fari delle macchine, i tram dai percorsi circolari e ordinati, i lampioni che illuminavano la strada fino al mare che trovava il suo sbocco nell'enorme porto cittadino. Tutto nella città sapeva infondere tranquillità nel suo caos perfetto.
Una tranquillità che si infrangeva nei vicoli più stretti e remoti, come un corpo contro una lama invisibile. In quelle stradine deserte, erano le urla volgari di persone squilibrate e ubriache a farla da padroni. Le mura delle palazzine e dei garage chiusi tremavano tra le bestemmie esclamate e gli sputi di disappunto di chi aveva appena perso un'importante cifra di denaro. 
I Bot-Duelli erano l'ultima frontiera della scommessa. Chiunque poteva parteciparvi, che il robot fosse fatto a mano o perfezionato dai migliori ingegneri della città, per farli fronteggiare in una sfida all'ultimo sangue. O in questo caso, ultimo circuito. Si scommetteva sul più forte e si temeva il suo proprietario, si umiliava il perdente. Erano le regole del "gioco".
E in quel momento, il più importante sul ring era sicuramente Yama. Degno del suo nome, una montagna umana dai pochi capelli neri raccolti in un codino sfatto, il viso allungato dal mento prominente, proprio come il suo corpo, e due occhi piccoli che bramavano solo prepotenza e fama.
<< Il vincitore indiscusso di questo incontro è... >>
Una donna giapponese dalla voce profonda e squillante si mosse in modo accondiscendente verso il vincitore, facendo una pausa ad effetto prima di proferirne il nome.
<< Yama! >>
L'uomo si alzò da terra, procedendo a intascare i soldi di chiunque avesse scommesso sulla sua avversaria, una ragazzina punk che aveva ingenuamente pensato di poter sconfiggere il suo robot. Il giocattolino della ragazza era stato brutalmente fatto a pezzi da una delle tante armi segrete del drone in miniatura di Yama.
<< Sotto a chi tocca! >> Tuonò sollevando il robot in aria come un trofeo.
<< Chi ha il fegato di affrontare sul ring il Piccolo Yama? >>
Una domanda più che retorica. Un silenzio innaturale e soddisfacente calò sulla folla, permettendo all'uomo di assaporare quel momento di gloria per farlo sentire invincibile. Yama era il campione, il suo robot era pieno di armi e trucchi. Nessuno avrebbe mai potuto nulla contro la sua brutalità.
Nessuno.
<< Posso provare...? >>
Un brivido di irritazione scorse nelle vene dell'uomo, quando il suo istante di fama venne timidamente interrotto da una voce tenue, incerta, che stonava con gli adulti privi di educazione che rappresentavano il pubblico quotidiano di quei Bot-Duelli. Il suo sguardo innervosito cadde su un ragazzino dall'aspetto innocente, due grandi occhi color nocciola dal lieve taglio orientale lo guardavano ingenuamente, contornati da un visetto candido che nulla aveva a che vedere con le brutte facce di quei vicoli. Una felpa un po' troppo grande ricopriva il suo corpicino esile e un bermuda militare lasciava scoperte le caviglie magrissime e nivee. L'unica cosa che poteva conferire a quel bambino un'aria ribelle erano i capelli, una chioma corvina spettinata e intrattabile che sembrava non voler cedere ad alcun tipo di spazzola.
L'interesse di Yama crebbe quando notò tra le sue mani quello che poteva essere un giocattolo per neonati. Il ragazzino abbozzò un sorrisetto insicuro, mostrando un tenero intervallo tra gli incisivi.
<< Io ho un robot. L'ho costruito io stesso. >>
Disse, mostrando un pupazzetto di ferro e magneti neri dalla faccia gialla sorridente mal scarabocchiata. Un coro di risate maligne si sollevò a quell'affermazione, costringendo il piccolo ad indietreggiare. La donna giapponese che poco prima aveva annunciato l'ennesima vincita di Yama sputò per terra, rivolgendogli un'occhiata maliziosa.
<< Sparisci, ragazzino! Regola numero uno: si paga per giocare! >> Esclamò, facendogli notare il piatto delle "offerte".
<< Oh... >>
Il ragazzino infilò una mano nella tasca della felpa, tirando fuori una manciata di banconote da cinquemila yen l'una.
<< Sono sufficienti? >> Chiese infine, innocentemente.
Yama non pensava che l'avrebbe mai detto, ma quel ragazzino aveva suscitato il suo interesse.
<< Come ti chiami, bamboccio? >> Tuonò con un sorriso di scherno che non lasciava le sue labbra sottili e screpolate.
Il bambino sorrise ingenuamente, stringendo il suo robot tra le dita.
<< Hiro. Hiro Hamada. >>
<< Prepara il tuo robot, Ghiro! >>
Gli sguardi di tutti erano fissi su quel duello che aveva un chè di assolutamente ridicolo. Il brutale e maligno Piccolo Yama contro il giocattolino fatto a mano di un quattordicenne scapestrato in cerca di avventure. Ogni movimento, ogni gesto sembrava totalmente grottesco. Il robot di Yama stava ritto in piedi, minaccioso nella sua corazza nera e gli artigli inferriati lunghi quasi tre centimetri. Il piccolo robot di Hiro, invece, si era già accasciato malamente sulle gambette. Yama lanciò un ulteriore sguardo di scherno al ragazzino, pronto a gustarsi l'ennesima vittoria.
Quando l'annunciatrice diede il via al duello, i due automi in miniatura si fronteggiarono senza alcuna possibilità di sorpresa. Il robot di Hiro avanzò con difficoltà verso il suo avversario, ma venne  lanciato in aria con un solo fendente e prontamente distrutto dalla lama tagliente del Piccolo Yama, lasciando che i suoi pezzi rotolassero sul tappeto di battaglia.
L'uomo rise sguaiato, seguito dal pubblico che non faceva altro che assistere divertito a quello spettacolo senza trama. D'altra parte, cosa si aspettava quel ragazzino? Credeva davvero di aver avuto una possibilità con quel giocattolino da quattro soldi?
<< E-era il mio primo incontro! Posso riprovare? >>
Chiese Hiro, osservando spaesato i pezzi del suo robot sparsi come formiche su un terreno arido.
<< A nessuno piace chi non sa perdere, ragazzino! Và a dormire. >>
<< Ho altri soldi... >>
Prima che potesse appropriarsi del bottino appena conquistato, lo sguardo di Yama cadde sull'ingente mucchietto di banconote appena tirato fuori dal piccolo, che sembrava quasi supplicarlo di dargli un'altra possibilità. Perchè no, pensò alla fine. Tanto non c'era alcuna chànce che quel mocciosetto potesse vincere contro di lui. Un altro incontro, altri soldi a finire nelle sue tasche.
Peggio per lui quando la sua famiglia lo avrebbe scoperto.
Il piatto delle offerte si riempì più del solito e di nuovo l'annunciatrice diede il via a quel duello che sembrava già finito ancora prima di iniziare. La folla non perse tempo a fare il tifo per Yama e si prepararono ad una buona dose di risate per schernire quel ragazzino che ancora non si era pentito di essere andato in quel vicolo, scambiandolo per un parco giochi.
Peccato che le cose non andarono esattamente come tutti si aspettavano.
Un sorriso invisibile si dipinse sulle labbra sottili di Hiro che, impugnato il joystick, riconciliò con un solo comando tutti i pezzi del suo robot, e con una voce improvvisamente più profonda e maliziosa rivolse un solo ordine al suo automa.
<< Megabot, distruggi. >>
Quasi come se lo avesse sentito, il volto del robot cambiò con una rotazione automatica dal giallo e grottesco sorriso ad un ghigno demoniaco su uno sfondo rosso. E attaccò.
Prima che qualcuno potesse vederlo, schivò tutte le mosse del drone di Yama, che rimase interdetto davanti a quell'improvviso scambio di ruoli.
Non riusciva a capire! Un attimo prima l'automa era davanti a lui e un attimo dopo era dietro di esso, sul suo braccio, avvinghiandosi su se stesso e stringendo talmente forte da spezzarlo completamente, lasciando che le scintille dei circuiti sfavillassero come lucciole impazzite. In una mossa, toccò all'altro braccio e infine la testa del Piccolo Yama saltò in aria grazie alla presa strettissima del Megabot di Hiro, che nel frattempo non batteva ciglio mentre faceva a pezzi quel robot tre volte più grande del suo.
Una volta terminata "l'opera", il piccolo robot atterrò in piedi sul tappetino e, mostrando di nuovo il suo sorriso scarabocchiato, si inchinò davanti al suo avversario.
Hiro sorrise furbo, procedendo ad intascare i soldi del duello.  
<< Niente più Piccolo Yama. >> Disse, imitando il tono di scherno che il proprietario del robot appena distrutto aveva usato contro di lui. La soddisfazione di vedere quell'uomo grande e grosso raccogliere i pezzi del suo robot con un'espressione di puro stupore e disperazione sulla sua faccia di lardo valeva quanto tutto l'oro del mondo.
<< Cosa...?! No, non è possibile! >>
<< Ehi, io sono sorpreso quanto te! La fortuna del principiante. Vuoi la rivincita? >>
Peccato che Hiro non si fosse accorto che Yama si era pericolosamente avvicinato a lui, sovrastandolo con tutti i suoi due metri e cinquanta di altezza e grasso. Vista da lontano, poteva sembrare una rappresentazione grottesca del Davide e Golia, solo che in quell'occasione, era Golia ad avere la meglio.
Quando Hiro si accorse dell'incredibile silenzio e vuoto che si era creato intorno a lui, fece appena in tempo ad alzare lo sguardo su una montagna umana dallo sguardo a dir poco irritato. E ce l'aveva proprio con lui, non poteva incolpare nessun altro. Forse non era stata una buona idea prendersi gioco di quel tizio!
Non fece in tempo a scappare che le sue mani giganti lo afferrarono di prepotenza e lo sbatterono contro il muro più vicino, facendolo sembrare una mosca in confronto a lui.
<< Nessuno può fregare Yama! >>
Esclamò l'uomo, rovesciando il suo fiato pesante dal vago odore di sakè sul volto di Hiro, che piegò la testa di lato, spaventato. Per un istante, gli sembrò di essere tornato ai primi mesi del liceo, quando i bulli più grandi di lui lo trattavano esattamente allo stesso modo, e non era mai finita bene. Prima che potesse fare qualcosa, sentì il Megabot sfuggirgli tra le dita di prepotenza e lo vide finire tra le grinfie di Yama. Tentò debolmente di ribattere, ma gli si mozzò il fiato in gola quando l'uomo ordinò ai suoi tre scagnozzi di "dargli una lezione".
Hiro sapeva benissimo cosa voleva dire e di "lezioni" ne aveva già subite troppe a scuola, non aveva alcuna voglia di rivivere quei momenti.
Pensò di scappare, ma la distanza tra lui e i tre uomini si era già notevolmente accorciata che sarebbe bastato un solo passo falso a farlo finire tra le loro mani, e soprattutto tra le loro nocche che già schioccavano, non vedendo l'ora di colpire la sua faccia.
<< ... Ehi, ragazzi! >> Mormorò cercando di non dare a vedere quanto fosse terrorizzato.  << Che ne dite di parlarne...? >>
Ma i loro occhi ridotti a fessure e i ghigni maliziosi sulle loro facce non lasciavano spazio ad una tranquilla chiacchierata. Non era la prima volta che Hiro si cacciava in quel genere di guai, ma solitamente era riuscito a farla franca senza farsi male. Ora, se solo qualcuno si fosse presentato giusto in tempo per tirarlo fuori da quella situazione...
In un attimo, il rumore familiare di un motorino rimbombò nel vicolo attirando l'attenzione dei presenti. Due fari accecanti squarciarono l'oscurità e prima che Hiro potesse realizzare cosa stesse accadendo, una Vespa vecchio modello rosso fiammante si parò davanti a lui con una sonora sgommata, dividendo il ragazzino dai tre individui che bramavano dalla voglia di picchiarlo.
<< Hiro, salta su! >>
Hiro non era mai stato più felice di sentire quella voce in vita sua. Un largo sorriso si dipinse sulle sue labbra quando vide suo fratello maggiore, mentre correva verso il veicolo. Fu su con un solo salto, lasciando che un casco più grande della sua testa nascondesse la sua chioma ribelle.
<< Tadashi! Ah, che tempismo! >>
Il ragazzo più grande fulminò i tre uomini con lo sguardo, prima di rimettere in moto e abbandonarli nel vicolo. Ripercorse la strada che aveva fatto per arrivare lì e imboccò la destra, sperando che portasse di nuovo in città. Hiro, dietro di lui, ne approfittò per recuperare il Megabot rimasto tra le mani di Yama.
<< Tutto bene? >> Chiese Tadashi, cercando di non distrarsi dalla guida.
<< Si! >>
<< Sei ferito? >>
<< No! >>
<< Ma che ti è venuto in mente, testone?! >>
All'ultima negazione di Hiro, il ragazzo iniziò a prenderlo a pugni con una mano sola. Erano colpetti affettuosi, che esprimevano tutta la preoccupazione per suo fratello e per ciò che sarebbe potuto accadere se non fosse arrivato in tempo. Ma facevano anche parecchio male! Tadashi era palesemente irritato dal fatto che il suo fratellino avesse di nuovo messo piede in quelle strade buie per esercitare scommesse illegali, per di più senza dirgli niente. Cominciava a pensare che i GPS che aveva cucito sulla felpa di Hiro fossero più utili di quanto avesse immaginato, fintanto che il ragazzino non se ne accorgeva.
I suoi occhi si scontrarono con la visione di una grata alta più di tre metri davanti a loro, e fece in tempo a fare inversione e a tornare indietro. Questo però, non aveva impedito al suo istinto di fratellone di formulare più di una buona ramanzina per Hiro.
<< Ti sei diplomato a soli tredici anni, e adesso è questo che fai?! >>
Hiro non rispose, troppo impegnato a domandarsi come avrebbero fatto a evitare Yama e i suoi scagnozzi che nel frattempo li avevano seguiti, tentando di acchiapparli. Tadashi intravide una trave di legno malamente appoggiata su vecchi secchi di vernice e mattoni inutilizzati che sembravano formare una rampa. Sperava solo che avesse retto abbastanza da permettergli di fuggire.
<< Reggiti forte! >> Gridò a Hiro, e il fratellino obbedì stringendolo.
Tadashi premette con forza sull'acceleratore e le ruote si scontrarono violentemente contro il pezzo di legno, percorrendolo in un solo secondo ed entrambi si ritrovarono sospesi in aria, sopra le teste dei loro aguzzini. Hiro lanciò un gridolino pieno di adrenalina, gustandosi il vento freddo di Novembre che sferzava feroce contro il suo viso, facendogli quasi lacrimare gli occhi. Intravide il suo riflesso e quello di Tadashi nel vetro di una finestra e sorrise, immaginando entrambi come due supereroi che volavano via da un luogo pericoloso verso il loro rifugio segreto.
Il motorino atterrò sull'asfalto come un gatto che cade in piedi e i due fratelli riuscirono a seminare Yama e i suoi compari. Hiro si girò verso di loro, ma non ne vedeva più neanche l'ombra.
<< I Bot-Duelli sono illegali! Così ti farai arrestare! >>
Tadashi gridò sul rombo del motorino per farsi sentire. Hiro roteò gli occhi. Quando si trattava di quell'argomento, suo fratello era restìo a lasciar passare la cosa. Non importava quante volte il ragazzino avesse provato a spiegarglielo, lui era sempre stato irremovibile. Nonostante questo, Hiro era sempre riuscito a sfuggire alla sua guardia e a finire nel bel mezzo di un Bot-Duello.
<< I Bot-Duelli non sono illegali! E' scommettere sui Bot-Duelli che è... illegale, ma molto redditizio! >> Esclamò, tirando fuori il mazzo di soldi che aveva intascato dopo il duello contro Yama.
<< Vado alla grande, fratellone! E nessuno potrà fermarmi! >>
Prima che potesse godersi il suo momento di gloria, Tadashi frenò bruscamente, imprecando sottovoce. Davanti a loro, l'uscita era bloccata da più volanti della polizia le cui sirene lampeggiavano sonoramente.
Poco male, pensò Hiro. Non avevano fatto niente di male.

 (•—•)

Si ritrovarono entrambi in manette ancora prima di poter parlare, e tra le sbarre un secondo dopo. Hiro fissava il pavimento, imbarazzato, e sapendo che Tadashi lo stava guardando dall'altro lato della cella, sollevò la manina e lo salutò con un sorrisetto sghembo. Tadashi, schiacciato in mezzo agli altri criminali, lo fulminò con lo sguardo.
Fortunatamente, la loro esperienza da carcerati fu breve. Un poliziotto li fece uscire entrambi, lasciandoli alle braccia di una donna sui quaranta, i capelli ondulati dal bel colore ramato e due grandi occhi verdi come smeraldi. I due fratelli ingoiarono la loro stessa saliva quando la intravidero. Nonostante fosse di spalle, sapevano benissimo che si stava mangiucchiando nervosamente l'unghia del pollice, probabilmente formulando pensieri oscuri su come avesse fallito a crescere i ragazzi. Con le mani in tasca e lo sguardo basso, i due uscirono dalla questura e la salutarono all'unisono.
<< Ciao, zia Cass. >>
Non appena li sentì, la donna corse verso di loro stringendoli forte.
<< Ragazzi, tutto bene? Ditemi di si! >>
La sua voce preoccupata fece quasi tirare un sospiro di sollievo ai ragazzi. Magari non era poi così arrabbiata come si aspettavano.
<< Si, zia Cass. >>  Risposero con un sorriso.
<< Meno male... >>
Cass sospirò sollevata, appoggiando i palmi delle mani contro le loro guance. L'avevano scampata. Era decisamente troppo preoccupata per essere arrabbiata con loro.
<< ... Machevièpassatoperlatestolina!! >>
Gridò poi senza scandire le parole e trascinando per le orecchie i due nipoti sul furgoncino di sua proprietà.
Il tragitto fino a casa fu teso e silenzioso. Poco prima che Cass parcheggiasse fuori dal Lucky Cat Cafè, la caffetteria che lei stessa gestiva, tirò di nuovo fuori il solito discorso che doveva pronunciare ogni volta che i suoi due ragazzi facevano qualcosa di irresponsabile.
<< Per dieci anni ho fatto del mio meglio per crescervi! >>
Hiro e Tadashi si scambiarono uno sguardo preoccupato, le dita impegnate a massaggiare i lobi doloranti. Uscirono rapidamente dal furgoncino, continuando a sorbirsi la predica della zia, la cui voce squillante riecheggiava come una tromba in una strada deserta.
<< Sono stata perfetta? No! Ne so qualcosa di bambini? Nah! Dovevo studiare un manuale di genitore? Probabile! ...Dov'è che volevo arrivare, ho perso il filo... >>
Conoscevano quella scena a memoria. Era come un vecchio film che vedi ancora e ancora senza mai stancarti dell'effetto che ha su di te, un copione imparato quotidianamente alla perfezione. I due fratelli sapevano di averla fatta preoccupare e che lei teneva tantissimo a loro, per questo tendeva ad avere quel genere di reazione. In realtà, zia Cass tendeva ad avere un esaurimento nervoso a settimana a causa loro.
<< Scusa... >>
<< Ti vogliamo bene, zia Cass! >>
<< Bè, anch'io ve ne voglio! >> L'ultima esclamazione li costrinse ad indietreggiare, prima di seguirla dentro il locale.
<< Per voi mascalzoni ho dovuto chiudere prima nella serata delle poesie beat! >>
Affermò contrariata mentre afferrava una ciambella al cioccolato e le dava un morso nervoso. Sembrava non essersene neanche accorta, perchè rivolse il suo sguardo smeraldino prima al dolce e poi ai nipoti, che avevano imparato a sorridere a quel gesto. Fame da stress, puntualizzava lei. Ed era più che giustificata. D'altra parte, aveva faticato tanto per avere finalmente un fisico adatto ai suoi gusti , e preoccuparsi di mettere sù qualche etto in più rientrava nella lista delle cose che la stressavano. Nonostante questo, quando succedeva qualcosa ai ragazzi, il benessere del corpo passava in secondo piano.
La videro salire in cucina con la ciambella in mano, mentre faceva cenno al gatto di famiglia di seguirla. Mochi era un persiano dal pelo morbido, con macchie marroni su un batuffolo bianco. Lo avevano trovato quando era ancora un cucciolo sul retro di casa, appena dopo che Hiro e Tadashi si erano trasferiti lì con la zia.
I ragazzi salirono al piano di sopra in silenzio, rifugiandosi nella loro stanza.
Sapevano bene che la reazione della donna era dovuta ad un ulteriore trauma, e sapevano quanto doveva essere stato duro per lei occuparsi di due ragazzini pestiferi come loro e gestire un locale tutta sola. Non potevano biasimarla per la sua preoccupazione nei loro confronti. Cass non era soltanto una zia per loro. Era una mamma, una guida, un esempio da seguire. Un modello che i due fratelli ammiravano da sempre. E la pressione di essersi ritrovata a crescerli in completa solitudine aveva generato una forte insicurezza e un grande fardello sulle spalle della donna, che spesso la portava ad avere crolli emotivi ogni qual volta succedeva qualcosa di brutto ai suoi ragazzi. Cass sapeva di non essere perfetta, ma di certo faceva del suo meglio per assicurare a Hiro e Tadashi ogni bene.
Per questo Tadashi sentì il bisogno di ricordarlo al suo fratello minore.
<< Devi farti perdonare da zia Cass prima che divori l'intera caffetteria. >>
<< Certo... >>
<< E spero che tu abbia imparato la lezione. >>
<< ... Assolutamente si! >>
Tadashi posò la giacca sul suo letto, notando che Hiro si era già messo al computer. Gli occhioni castani spalancati e le labbra leggermente arricciate gli conferivano un'aria così innocente e da bambino per bene che il maggiore si insospettì subito.
<< Stai andando a un Bot-Duello, vero? >> Domandò sarcastico, quasi spazientito.
Hiro fece spallucce e si alzò dalla sedia per andare a prendere il suo Megabot.
<< C'è un altro combattimento! >> Affermò con non chalànce. << Se mi sbrigo, arrivo in tempo! >>
Ma Tadashi non era affatto d'accordo. Prima che Hiro potesse imboccare le scale, il ragazzo lo afferrò per il cappuccio della felpa, tirandolo nuovamente verso di lui.
<< Quando inizierai a usare la testa per qualcosa di più importante? >>
<< Cioè, andare al college come fai tu per farmi spiegare cose che già so? >>
Per quanto il fratellino potesse sembrare sfacciato, in buona parte aveva ragione. Hiro era nato un genio. Il suo quoziente intellettivo era largamente più sviluppato rispetto a quello di una persona comune, e questo gli aveva permesso di entrare al liceo a soli nove anni e diplomarsi in un periodo altrettanto breve. Tadashi ricordava ancora quando aveva costruito il suo primo robot a soli quattro anni, con la sola eccezione che Hiro non sapeva nemmeno cosa fosse un libretto delle istruzioni, nè tanto meno un ciacciavite o un circuito o un automa prima di tutto. Aveva una memoria fotografica a dir poco spaventosa per un ragazzino della sua età, specialmente se aveva dovuto studiare su libri di scienze che spesso non riusciva neanche a trasportare tanto erano pesanti. Inutile specificare che da quel momento in poi, la passione di Hiro per la robotica era cresciuta a dismisura. Complice anche il fratello maggiore che l'aveva sviluppata prima di lui.
Nel tempo libero si divertivano a costruire così tante cose che avevano perso il conto di quante fossero effettivamente risultate utili. Una volta, avevano persino costruito una specie di "astronave" con un carrello della spesa inutilizzato, un vecchio motore a scoppio e quattro piccoli mini-razzi. Avevano preso il volo, letteralmente. E un bel pò di ceffoni da zia Cass per averla fatta preoccupare!
Per esserci una tale differenza di età, Hiro e Tadashi avevano un rapporto fraterno incredibilmente profondo. Che fosse la stessa passione per la scienza ad unirli, o il fatto che il maggiore avesse dovuto costantemente tenere d'occhio il più piccolo, e che Hiro fosse stato vittima di tanti soprusi a scuola a causa della sua età nonostante fosse al liceo non aveva più importanza. Tadashi ci sarebbe sempre stato per Hiro e avrebbe fatto di tutto per vedere il suo fratellino fare finalmente un buon uso del suo genio.
<< Sei incredibile... >> Mormorò Tadashi, sospirando. << Uff, che direbbero la mamma e il papà? >>
Si pentì subito di aver fatto quella domanda. Aveva appena toccato un tasto dolente per entrambi.
<< Non lo so... Loro non ci sono più. Avevo tre anni quando è successo, ricordi? >>
La voce di Hiro si abbassò in un sussurro irritato e deluso. Odiava quando Tadashi tirava in ballo i loro genitori per farlo pentire di ciò che faceva, non lo trovava giusto. Specialmente se lui aveva passato così poco tempo con loro da non riuscire neanche a ricordare chi fossero, quanti anni avessero, quale fosse il loro aspetto. Tutto ciò che gli era rimasto era impresso in una fotografia appesa alla parete delle scale, dove posavano sorridenti e mostravano il pancione della mamma quando era ancora incinta di Tadashi. In altre parole, se la mente comincia a ricordare dai tre anni in poi, Hiro non aveva praticamente mai conosciuto i suoi genitori. Il maggiore deglutì, valutando il dolore di quella risposta. Sospirò e afferrato il casco da moto, lo lanciò verso Hiro, arruffandogli i capelli.
<< Senti, ti accompagno io. >>
<< Davvero?! >>
<< Bè, non posso impedirti di andarci, ma non ti lascio andare da solo. >>
<< Grande! >>
Hiro sorrise grato al fratello, scendendo giù per le scale. Tadashi sollevò lo sguardo al soffitto, abbozzando un sorrisetto speranzoso.
Magari questa sarebbe stata la volta buona.


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Innanzitutto, buon 2017! Che sia migliore dell'anno appena passato ecc.
E buona rinascita anche a me, visto che non riuscivo a scrivere decentemente da quasi due anni. E' stata una lunga pausa, ma ora sono di nuovo presente. E questo è un piccolo esperimento in cui ho deciso di cimentarmi. Una versione "romanzata" del film Big Hero 6. Per arrivare a fare una scelta del genere, confesso che il cartone animato mi ha colpita particolarmente e in maniera molto personale. Quindi volevo cercare di rendergli un po' di gratitudine.
Spero che vi possa piacere questa stesura scritta di uno dei film più belli che abbia mai visto.


LittleBloodyGirl
  
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