Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: CallMeSana    08/01/2017    2 recensioni
Se solo fosse davvero così forte come Liam pensava, Zayn gli avrebbe detto quanto la sua voce lo aiutasse a stare meglio. Glielo avrebbe detto e poi forse lo avrebbe anche abbracciato. Invece rimase lì, a cercare a fatica di regolarizzare il respiro per far passare l'attacco di panico, e ad illuminarsi di nuovo, esattamente come fece il grande schermo davanti a lui.
Liam tirò un sospiro di sollievo e si rilassò.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Liam Payne, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



E finalmente eccomi qui!
Innanzitutto un applauso a Mil (harrymyanchor) per il bellissimo banner, io sono senza pc da mesi e non sapevo proprio come fare a crearne uno.
Poi uno me lo faccio da sola perche' sono riuscita a finire questa storia dal cellulare per puro miracolo.

Scrivo queste note iniziali essenzialmente per prevenire: quando si tratta di tematiche delicate non sono bravissima, quindi chiedo scusa in anticipo a chiunque leggera' per le lacune e gli errori relativi a questa patologia che potra' trovare, io avevo voglia di scriverne comunque.
Come sempre vi aspetto per eventuali recensioni, critiche e commenti di alcun genere (purche' nei limiti della decenza) e vi auguro buona lettura, prima o poi ce la faro' a tornare a scrivere dei Larry... forse.


§§§



Niall lo diceva sempre: Liam era una persona davvero strana.
Adorava stare da solo e ogni scusa era buona per rifiutare gli inviti ad uscire dei suoi amici.
Non che ne avesse molti, e probabilmente continuando così avrebbe perso anche quelli, ma loro non si rassegnavano mai con lui, era una bella compagnia nonostante le sue fisse. Sì, perché Liam prediligeva di gran lunga le rimpatriate in casa, non amava i pub o le discoteche, il che era strano data la sua innata passione per la musica.
Certo, lui si giustificava con Niall dicendo che nelle discoteche non si ascoltasse affatto vera musica, ma lui gli rispondeva che invece nei pub sì e niente, ogni volta non venivano a capo di nulla.

Non doveva essere una sorpresa, quindi, quando accettò di lavorare per i servizi sostegno nei centri di recupero.
Niall glielo diceva continuamente che secondo lui era tutto scemo, ma era Liam, e da Liam avrebbe accettato tutto, anche le sue stranezze.
"Basta che non ti dimentichi anche di me, però" lo rimproverò, dopo aver notato il suo eccessivo entusiasmo per il nuovo impiego. Liam lo rassicurò, perché era Niall, e nessuno poteva fare a meno di Niall.
Alla fine si sentiva contento così, non gli importava dei rimproveri, nemmeno di quelli contro se stesso quando la sveglia avrebbe iniziato a suonare sempre troppo presto per lui che amava crogiolarsi sotto le coperte.
Era davvero una persona tanto strana.

Strana ma responsabile, o almeno ci provava. Ecco perché arrivò sul luogo di lavoro con un leggero anticipo, in modo da fare una buona impressione da subito.
Capelli ordinati, barba fatta, e la sua camicia bianca preferita sopra dei calzoni scuri.
Si guardò allo specchio sospirando come un adolescente, ammirando più le sue scarpe nuove che il resto e, infilato il cappotto, si avviò.
 
"Ciao, sei un visitatore?" gli chiese la ragazza all'accettazione con tono professionale ma indaffarato. Aveva i capelli castani raccolti in una morbida coda di cavallo e gli occhiali da vista calati un po' sul naso che la rendevano molto più professionale di quanto volesse sembrare su quel camice bianco. Non lo aveva mai visto, e per lei quella domanda era normale.
Liam titubò un po', ma poi "no" disse "sono Liam, Liam Payne" e la ragazza subito si scusò.
Quel posto era parecchio asettico, nulla a che vedere con la distesa di alberi che costeggiavano la strada che aveva percorso per arrivarci.
"Devi compilare questo modulo e poi andare in quell'ufficio laggiù, il signor Tomlinson ti spiegherà tutto quello che c'è da fare." Liam annuì e fece come gli aveva detto la ragazza.
"Io sono Sophia, comunque, piacere di conoscerti" gli disse ancora, porgendogli la mano, e se le strinsero prima di tornare ognuno alle proprie faccende.
Sophia si aggiustò gli occhiali e riprese a riempire la sua agenda di solo lei sapeva cosa. Non stava affatto pensando che quel tipo fosse carino.

L'ufficio di Tomlinson era abbastanza grande e luminoso e non sembrava proprio si trovasse all'interno di un centro psichiatrico. Liam si sentì subito a suo agio quando notò sulla scrivania due foto, una dell'uomo con cui stava parlando, che abbracciava un altro uomo riccio e dagli occhi verdi, e un'altra dove i due sorridevano ad una bimba bionda.
Doveva essere la sua famiglia e ne fu estremamente felice, pur non conoscendola. Si domandò subito come si chiamassero quelle due persone, com'era stato per loro farsi accettare come coppia, da quanto stessero insieme e tante altre cose. Era curioso, Liam, e forse anche questo lo rendeva strano agli occhi degli altri.

"Ciao, Liam, io sono Louis, benvenuto tra noi. Sei pronto per il tuo primo caso? Ti hanno spiegato, a grandi linee, almeno, qualcosa?"
Liam era laureato in psicologia da quasi un anno e, dopo un paio di stage, aveva finalmente trovato un lavoro vero in quel centro (almeno per lui lo era), ad occuparsi di ragazzi problematici, più o meno della sua età.
Annuì poco convinto e Louis, col suo camice bianco a coprire il suo corpo magro e poco muscoloso, gli sorrise, porgendogli la scheda che racchiudeva tutto quello che c'era bisogno di sapere sul paziente che avrebbe assistito.

Il suo nome era Zayn, e aveva iniziato ad estraniarsi dal mondo all'età di sei anni. Non parlava nè si faceva toccare da allora.
Era chiuso in quel centro da undici anni e la diagnosi era stata chiara: autismo.
Liam iniziò subito a riempire Louis di domande: aveva dei genitori? Era stato abbandonato lì? Com'era possibile che in undici anni nessuno fosse mai andato a cercarlo, a riprenderselo?
"Non potendo comunicare con lui non è stato facile risalire alla sua famiglia. E' stata una ragazza a portarlo qui, ci disse che lo aveva drogato per convincerlo, dato che non si faceva toccare nemmeno da lei. Asseriva di essere sua sorella, ma non le abbiamo creduto. Poco dopo è stata arrestata per possesso e spaccio di pasticche e non abbiamo più avuto sue notizie."
Liam si sentì un attimo l'aria mancare nei polmoni, non aveva ancora visto quel ragazzo e già provava uno strano senso di protezione nei suoi confronti.
"Non pretendo che accada il miracolo, dopo undici anni e decine di specialisti abbiamo perso le speranze. Vorrei solo provare un metodo diverso, magari... magari con persone della sua età sarà più facile."
Louis si era addolcito nello sguardo e Liam lo notò subito, ecco perché gli chiese il motivo di quella scelta. Louis si grattò la fronte prima di rispondere.
"Una volta Darcy e Harry sono venuti a prendermi per andare a pranzo insieme, e mia figlia ha avuto modo di incrociare Zayn nei corridoi. Lei è convinta che lui le abbia sorriso, ma aveva tre anni quando è successo e i bambini hanno molta fantasia” sospirò rattristato, “in tutto questo tempo quel ragazzo non ha mai sorriso a nessuno."
Liam annuì, quindi, e chiese al suo nuovo capo di accompagnarlo dal paziente.
Fu comunque felice di aver saputo così casualmente i nomi delle persone amorevoli presenti in quelle foto.

Tutto quello che sapevano di Zayn all'istituto era che di cognome faceva Malik, che i suoi genitori erano morti in un brutto incidente e che lui aveva smesso di parlare in seguito a quel trauma. Era stato un vaccino antinfluenzale a portarlo all'autismo, ancora latente nei primi periodi, ma sempre più evidente quando aveva iniziato ad inveire contro la madre perché gli spostava i giocattoli, o a non recepire nessuna delle informazioni che gli venivano comunicate.
Aveva davvero una sorella, Zayn, anzi più di una, ma tutte e tre non erano mai state brave con quel fratellino problematico che non riuscivano nemmeno a far mangiare. Avevano trovato quasi un regalo divino il fatto di essersi sposate e trasferite in una città lontana abbastanza da Bradford per fingere che lui non esistesse più.
A Liam stava venendo da vomitare solo a leggere quel fascicolo, ma si aspettava qualcosa del genere e doveva essere preparato.

L'infermiera che lo stava accompagnando nella stanza del ragazzo si chiamava Eleanor, era magrissima, più alta di lui e parlava con un accento frivolo del sud. Liam la trovava simpatica, meno altezzosa di quella Sophia, e provava a sorriderle, mentre gli elencava altre informazioni importanti sul paziente. Aveva gli occhi scurissimi e a Liam sembrava diventassero ancora pù scuri man mano che prendeva fiato per parlare.
"Ecco, siamo arrivati" annunciò poi, indicando la stanza di fronte a loro, la 218.
Eleanor spiegò a Liam che l'istituto si estendeva su tre piani, all'ultimo dei quali non era permesso quasi a nessuno andare, poiché popolato dai casi più difficili. Spesso lì i pazienti erano costretti in camicie di forza e stanze imbottite e non era il caso di confonderli con gli altri.
Al piano inferiore erano ricoverati quei pazienti particolari, per i quali ancora si cercava di capire il problema, o che comunque non avrebbero visto tanto presto il loro ultimo giorno lì dentro, mentre il piano terra, oltre l'accettazione e gli uffici amministrativi, era quasi del tutto deserto. Solo qualche paziente con semplici esaurimenti che cercavano un posto tranquillo in cui riprendersi prima di reimmergersi nel mondo.

La stanza di Zayn si trovava al secondo piano, circa a metà di un lungo corridoio sterile, sulla sinistra.
"Un tempo qui era pieno di quadri, poi Joshua ne spaccò uno e usò il vetro per trafiggersi la gola e... insomma, li abbiamo rimossi tutti."
Liam osservò Eleanor tremolare mentre gli comunicava quelle parole nello stesso modo in cui si può parlare dello show televisivo andato in onda la sera precedente, e pensò che non fosse necessario che sapesse certe cose, era appena arrivato.
 
Non che avrebbe gradito saperle in futuro, comunque.

Finalmente stava per entrare nella stanza 218. La porta era chiusa e il ragazzo notò, come prima cosa, l'assenza di una chiave nella serratura. Chiese all'infermiera come mai, aveva notato che alle altre porte ve ne era una, ed Eleanor fece solo un cenno con la testa. "Capirai da solo perché non è necessaria."
Con quelle parole, l'infermiera si congedò buttando un occhio alla sua cartellina. Liam la salutò con un sorriso e abbassò quella maniglia.

La prima cosa che saltò all'occhio fu il colore delle pareti: ognuna di esse aveva una diversa gradazione di rosso e il pavimento sembrava essere color panna. Il letto ad una piazza e mezzo era adagiato lungo la parete più scura con l'armadio piccolo di fronte, mentre nel mezzo giaceva un enorme tappeto marrone. Era difficile non farsi venire il mal di testa lì dentro, ma il suo ospite silenzioso pareva del tutto a suo agio, seduto all'immensa scrivania di fronte alla finestra.
Dondolava le gambe magre, coperte da un paio di jeans neri senza scarpe ma con semplici calzetti bordeaux a strisce blu. Sembrava tutto intento in qualche attività che, da dove si trovava, non riusciva a decifrare, mentre muoveva i gomiti con la schiena piegata in avanti.
Il maglioncino grigio scuro era la ciliegina sulla torta all'interno di quella stanza troppo piena di colori pesanti.
Non fece un cenno nè un sussulto quando Liam si chiuse la porta alle spalle, continuando a concentrarsi su qualsiasi cosa stesse facendo.
Liam non aveva idea di come comportarsi, sapeva di non doverlo assolutamente toccare, ma pensò che parlargli poteva essere un buon inizio, almeno gli avrebbe permesso di identificare il problema.
Forse.

"Ciao Zayn" disse piano, standogli alle spalle, ma quest'ultimo pareva proprio non lo avesse sentito, dato che continuava ad agitare quel che, finalmente notò, pareva essere una matita.
Doveva ammetterlo, aveva paura delle sue reazioni, ma da qualcosa doveva pur partire, quindi decise di avvicinarsi, cercando di rientrare nel suo campo visivo.
"Mi chiamo Liam" riprese a parlare, messosi a lato della scrivania, "e da oggi verrò a trovarti tutte le mattine."
Come se avesse parlato al muro, Zayn continuava a disegnare, su questo foglio enorme su cui aveva già abbozzato parte di quel che sembrava un unicorno. Liam fu subito curioso e si mise di fronte in modo da poterlo osservare mentre continuava a creare, prima o poi si sarebbe fermato.
Ed in effetti lo fece. Appena Liam si mise di fronte alla grande scrivania, in quello spazio tra essa e la finestra, Zayn si bloccò e cominciò a respirare nervosamente.
Liam non riusciva a capire il motivo di quell'improvvisa agitazione e, non potendo né parlare né toccarlo, non sapeva come aiutarlo.
Bell'inizio, c'era da ammetterlo.
"Che cosa c'è?" chiese preoccupato, spostandosi in avanti, e Zayn alzò lo sguardo dal foglio solo per un paio di secondi mostrando finalmente i suoi occhi neri come la pece ad un Liam che si sentì giudicato da quello sguardo assente ma, allo stesso tempo, fin troppo espressivo.
Fu quando vide l'ombra che aveva creato sulla scrivania che si spostava che capì cosa aveva bloccato Zayn in quel modo, quindi si tolse dalla luce della finestra e lo vide, infatti, tornare a disegnare come se nulla fosse.
A quel punto fece un respiro profondo e, ringraziando Niall che gli aveva suggerito di portarsi dietro un libro, si mise su una sedia vicino a lui, attento a non fargli altra ombra.
Non riuscì a trattenere uno sbuffo, mentre si domandava se era stata una buona idea accettare un caso così difficile, e si era poi risposto che se si fosse arreso davanti alle prime difficoltà non avrebbe mai raggiunto i suoi obiettivi.

Non che avesse letto granché, comunque, quel giorno.

"Almeno ho capito che devo stare fuori dal suo campo visivo" aveva esclamato a Niall, una volta finito quel suo primo turno fallimentare. Il biondo si era messo a ridere dandogli una leggera pacca di incoraggiamento su una spalla.
"Allora devo proprio offrirti un pranzo coi fiocchi" gli rispose infatti l'amico, lasciandolo perplesso per qualche secondo. "Non è da tutti capire da subito qualcosa di un paziente autistico" azzardò ancora Niall, facendo accigliare Liam, che non gradiva si usassero certe parole.
Ma Niall lo conosceva come le sue tasche, tra loro non c'erano bisogno di parole, quindi "ehi, non guardarmi in quel modo, stavo scherzando" disse, calmandolo subito, con tono di voce quasi suadente, come faceva sempre per ammaliare gli altri.
Niente da fare, non poteva fare proprio a meno di Niall Horan.

Consumarono il doppio cheeseburger con annesse patatine cambiando totalmente discorso, ma nella mente di Liam ogni tanto riappariva quel paio di occhi scuri così pieni di un mondo, ne era sicuro, inesplorato e incomprensibile. Gli si strinse lo stomaco, e passò il resto della giornata da solo, a casa, a cercare di far finta di non pensarci.

Quando la sveglia suonò al mattino, Liam quasi la lanciò contro il muro. Lo evitò solo perché era un regalo di sua madre per il diploma, un cimelio di famiglia, diceva lei, e si sarebbe sentito troppo in colpa nel frantumarlo in mille pezzi.
Sbuffò ancora e, rassegnandosi all'evidenza, abbandonò il letto.
Non sapeva come ma, in men che non si dica, era in ritardo per il turno e quindi saltò la colazione, confidando nella possibilità di farla direttamente in istituto... sì, anche se faceva schifo, come in tutti gli ospedali che si rispettino.

Alla fine si ritrovò a salutare una leggermente infastidita Eleanor con appena cinque minuti di ritardo sulla tabella di marcia e, col fiatone, chiese il permesso di poter raggiungere la stanza di Zayn. L'infermiera acconsentì, rimproverandolo di sottecchi per quel ritardo.
"Sei solo all'inizio e potremmo passarci sopra, ma non deve ripetersi, per il paziente, soprattutto."
Liam la guardò alzando le sopracciglia. Quel ragazzo non si era nemmeno accorto della sua presenza il giorno precedente, figuriamoci se avesse potuto notare il suo arrivo in ritardo. Certo, era lì per sbloccare la situazione, ma neanche lui credeva nei miracoli, sarebbe già stato un enorme progresso se, appunto, avesse notato la sua presenza nella sua stessa stanza.

Aperta la porta fingendo di bussare, si guardò intorno, fermamente convinto di trovare Zayn esattamente dove lo aveva lasciato il giorno prima, ovvero alla scrivania.
La sua sorpresa fu immensa quando, invece, trovò la stanza vuota. A quel punto si scoprì disorientato, non sapeva cosa fare e non riusciva a capire come mai Eleanor non lo avesse avvisato che non lo avrebbe trovato lì.
"Oh dio, scusami tanto, avevo dimenticato di dirti che oggi è giorno di esami, lo riporteremo qui a momenti" sbucò Eleanor, manco gli avesse letto nel pensiero, e Liam, che per fortuna aveva ancora con sé il suo libro, si accasciò sul letto a leggere.
Sbuffò, tanto per cambiare, anche perché come diavolo si potevano fare degli esami ad una persona che non permetteva il contatto fisico?

Passò una buona mezz'ora prima che Zayn effettivamente apparisse in quella stanza, accompagnato da due donne che Liam non aveva mai visto, e un uomo con una cartellina in mano. Il ragazzo gli stava davanti e li guardava come se da un momento all'altro avrebbero potuto lanciargli contro delle punte avvelenate, e si assicurava che fossero lontani abbastanza da non toccarlo. Loro, infatti, gli stavano semplicemente intorno, in cerchio, in caso di crisi improvvise.
A Liam la scena non piacque per niente, ma si disse che avrebbe dovuto abituarcisi.

"Tutto tuo" gli disse sorridendo l'uomo aggiustandosi gli occhiali. Liam gli accennò un sorriso di cortesia e si fece forza per affrontare un'altra traumatica mattina di nulla.
Zayn ci mise un po' a capire che quelle persone non gli stavano più intorno e, nell'esatto momento in cui lo realizzò, il suo volto si rilassò e Liam potè giurare di averlo sentito sospirare mentre si dirigeva lesto a frugare in un cassetto. Stava sicuramente cercando i suoi colori e Liam sorrise di nuovo quando notò la sua totale tranquillità nel prenderli in mano e dislocarli sulla scrivania. Aveva notato, nella mezz'ora di attesa, i vari disegni incompleti sparsi qua e là, e aveva immaginato, bene, che sicuramente li avrebbe voluti finire prima possibile.
Così fu, si sedette, prese i fogli, e iniziò a disporli uno di fianco all'altro, con una meticolosità che incuriosì Liam, il quale si avvicinò per vedere cosa stesse effettivamente facendo.
Sgranò gli occhi meravigliato quando capì come li avesse ordinati da quello più abbozzato a quello meno, in maniera del tutto razionale e precisa.
Era scientificamente provato che le persone affette da autismo fossero più intelligenti ed intuitive degli altri, un po' come gli affetti da sindrome di down e, ora che Liam ne aveva un esempio, splendido, davanti, non potè evitare di lasciarsi scappare un commento.
"Vuoi finire prima l'unicorno?" si azzardò a dire, ma ovviamente non ricevette risposta, se non un lancio dei fogli proprio verso di lui. Liam li raccolse in automatico, notando poi come Zayn, nel frattempo, si fosse messo a colorare proprio l'unicorno, l'unico foglio che aveva tenuto sul ripiano.
Questa volta Liam non sbuffò, c'era un bel sole che filtrava dalla finestra, e se Zayn voleva passare anche quella mattinata a disegnare, lui avrebbe provato a finire quello stramaledetto libro.

Certo, se solo non avesse un amico invasivo come Niall Horan.

Palla al piede: ma allora?
Palla al piede: non fingere di essere occupato
Palla al piede: sei uno stronzo, lo sai che sono curioso come una scimmia, dimmi qualcosaaaaaaaaaa
Palla al piede: lo sai che Sophia mi ha chiesto di te?

Tre secondi dopo Liam era fuori dalla stanza correndo come un ossesso verso la reception. Il suo andamento preoccupò le due o tre persone che incrociò ma non gli importò: c'era Niall nel palazzo e andava fermato.

"Che diavolo ci fai qui?" domandò con l'affanno, e la scena che gli si parò davanti aveva un non so che di film romantico. Sophia aveva le guance di un rosso acceso già da prima di notare la sua presenza e Niall... era un foglietto quello che teneva in mano? E cosa c'era scritto?
"Tranquillo" lo riportò alla realtà la ragazza, "tanto lo avevo capito subito che sei gay."
Come, scusa?

"Io... io ti ammazzo, Horan, fosse l'ultima cosa che faccio!"
"Stai zitto, che ti ho fatto un favore, almeno avrai qualcun altro con cui parlare oltre me durante le tue ore qui."
No, obiettivamente, a guardarlo così fiero con gli occhiali da sole ed il suo ciuffo biondo, il coraggio di ucciderlo non lo avrebbe trovato da nessuna parte.

Non lo aveva fatto veramente. Eppure Sophia stava agitando quel foglietto tra le dita con un sorrisetto beffardo e diamine, la stava superando bene la delusione d'amore.
"A dire la verità, lui sarebbe qui per far parlare il suo paziente, quindi non dovremmo disturbarlo. A proposito... dove lo hai lasciato? Spero tu abbia chiuso la porta, almeno."

Oh merda.
Oh. Merda.
"Non ci ho fatto caso."

Come perdere un lavoro appena trovato: un best seller di Liam Payne.

"Oh mio dio, non era questa la risposta che volevo sentire. Corri subito indietro e prega che non sia successo niente" disse lei seria, buttando il pezzo di carta sul bancone, esasperata.
"Ma perché?" si agitò Liam, non riusciva a capire bene, non gli avevano detto che, in fondo, la porta non era un problema?
"Tu torna da lui e basta!" urlò. "Ci penso io a mandar via questo guastafeste."

Liam non se lo fece ripetere una terza volta, letteralmente volò per le scale sperando di non inciampare nei suoi stessi piedi ed eccolo di fronte alla stanza 218.
La porta era spalancata, proprio come temeva, ed entrando notò subito che Zayn non era alla scrivania dove era certo che l'avrebbe trovato una volta tornato con calma.
No.
Zayn era per terra.
Sotto la scrivania.
E si teneva le ginocchia strette al petto con le braccia.
Liam capì solo in quel momento di quanto lavoro c'era ancora da fare e decise di rimboccarsi subito le maniche.

Lo sentiva respirare pesantemente, riusciva a vedere il luccichio dei suoi occhi spaventati che fissavano il vuoto, e Liam pensò che non ci fosse niente di meglio da fare che sedersi e cercare di entrare nel suo campo visivo.
"Scusa" fu la prima cosa che riuscì a dire. "Scusa davvero, deve averti spaventato il rumore, io sono un idiota, io... scusami tanto, non volevo."
Ci vollero un paio di minuti, durante i quali Liam restò in silenzio a guardarlo, ma alla fine lo sguardo di Zayn tornò normale, il respiro regolare, sebbene non avesse alcuna intenzione di muoversi da dove stava. Liam pensò di fare la stessa cosa.
Non riusciva a guardarlo, però.

"Mi hanno detto quel che è appena successo" sentì dire dalla voce infastidita di Eleanor. Quando Liam si voltò a guardarla, si stava aggiustando i capelli dietro le orecchie e lo guardava arcigna. Si sentì giudicato, e non a torto.
"Non puoi avere certe reazioni improvvise, saranno anche stupide, ma per lui non lo sono. E la porta... non puoi lasciarla aperta, mai, non gli piace il corridoio, lo associa alla sedia a rotelle e non gli piace neanche quella" gli dice senza quasi prendere fiato.
"Avrei gradito saperlo subito, altrimenti cosa ci sto a fare, qui?" si inalberò Liam, alzandosi in piedi senza alcuna paura.
Eleanor non rispose, né accennò ad andarsene. Liam la fissava in attesa di una qualsiasi cosa, poi lei si voltò e "adesso sei pronto" disse semplicemente, lasciando la stanza.
Nel frattempo un cigolio alle sue spalle attirò la sua attenzione. Era la sedia che Zayn stava cercando di spostare. Voleva uscire da lì sotto? Liam non sapeva se aiutarlo o meno, ma si avvicinò, per essere pronto ad intervenire.

Fu così che accadde.

Quando sembrava che gli fosse bastato quel movimento, Liam aveva pensato di spostarla del tutto lui, in modo da tornare a sederglisi di fronte, come prima, ma senza alcun ostacolo davanti.
Fu così che gli sfiorò le dita.
Fu così che si perse completamente, e per la prima volta, nel nero pece dei suoi occhi.

Era strano, si disse, riusciva a farlo sentire debole senza fare niente e solo lui sapeva quanto debole si sentisse veramente in quel momento.
Odiava non capire con cosa avesse a che fare, stava iniziando già persino ad odiare questa sua assurda scelta di voler aiutare gli altri. Erano passati solo due giorni, ma già notava che non ne era per niente capace.

Arrendevole. Ecco, forse era questa la parola giusta per descriverlo.

Zayn ritrasse la mano ad una velocità tale da fargli sbattere il gomito contro un angolo della scrivania lì di fianco. Fece una smorfia di dolore ma non emise alcun suono, cosa che diede dei leggeri brividi a Liam, che lo guardava non convinto.
Almeno non gli era venuta una crisi, cercò di sdrammatizzare, si alzò piano e aspettò che anche l'altro ragazzo, con lentezza, lo facesse.
Non lo avrebbe di certo lasciato sotto quella scrivania.
Mai.
Non lo avrebbe lasciato da solo.

E Zayn lo fece, molto lentamente ma lo fece. Tornò alla sua sedia, guardandola come se fosse il suo porto sicuro, e ci si accomodò sopra. Liam lo osservava da vicino al letto, e sospirò.
"Per oggi ho fatto abbastanza danni" disse, più a se stesso che a lui che, comunque, non avrebbe compreso. "Meglio che me ne vada" continuò, le parole quasi sussurrate, tanto sapeva di star parlando da solo.
Raccolse la sua borsa abbandonata in un punto imprecisato del pavimento e si diresse convinto alla porta (stavolta l'avrebbe chiusa) quando un rumore come di vetri rotti lo fece rivoltare verso Zayn.
Tutte le sue matite colorate erano finite a terra, anche alcuni dei fogli stavano svolazzando verso il basso. Non aveva visto l'origine di tutto questo, ma era ovvio che era stata opera di Zayn.
Zayn che lo fissò per un paio di secondi, prima di puntare lo sguardo al pavimento, lì dove una delle matite stava ancora rotolando. Liam non capiva, quindi fece la cosa apparentemente più logica: si piegò per raccoglierle tutte. Zayn non fece una mossa, segno che forse aveva interpretato bene il suo pensiero e gli fece piacere. Le strinse tutte in un pugno e andò a poggiarle sulla scrivania, a cui Zayn stava dando le spalle, sperando lo seguisse nel movimento, cosa che in effetti fece, sempre con la sua solita lentezza.
Quando le vide, le fissò accigliato, come se fosse la prima volta che le vedeva, Liam pensò fosse tutto a posto e riprovò ad andare via.
Di nuovo quel rumore fastidioso, di nuovo tutte le matite a terra. Si chiese se stesse semplicemente cercando di dirgli qualcosa.
"Non vuoi che me ne vada?" chiese, raccogliendole di nuovo. Stavolta gliele porse, non sapeva neanche il perché, non poteva essere un problema, per lui, prenderle senza toccarlo, giusto?
E infatti lo fece, ma con uno strattone tale che forse un po' di quel legno graffiò Liam in più punti della mano, ma non in modo grave.
Gli venne spontaneo un sorriso quando Zayn non distolse lo sguardo dal suo, non aveva importanza se fosse ancora sempre così tremendamente spento, ci si sarebbe abituato.
 
Forse era meglio restare.

Era difficile che a Niall sfuggisse qualcosa, soprattutto se riguardava Liam, e il fatto che gli stesse parlando di tutto, persino di quanto fossero adorabili il marito e la figlia del suo capo (se così si poteva chiamare), era segno che c'era decisamente qualcosa che non riusciva a dirgli.
"Sì, ma allora questo Zayn?" chiese a bruciapelo, mettendo da parte la birra con cui aveva cercato di distrarlo. Erano passate quasi due settimane e quella era la prima volta che Liam concedeva al suo amico la grazia di sedersi al suo pub preferito insieme a lui.
Sarebbe stata anche l'ultima, glielo ripeté almeno trenta volte, anche perché lo conosceva, sapeva dove volesse andare a parare.
"Sei disgustoso" fu infatti la reazione di Liam a quella domanda. Perché la verità era che non sapeva proprio cosa dire di Zayn: non c'era stato alcun progresso, anzi, aveva avuto un altro paio di crisi che lo avevano portato a prolungare le visite anche al pomeriggio perché, a quanto pare, non voleva mai che andasse via.
Faceva ancora una fatica incredibile ad interpretare i suoi muti segnali e la cosa era davvero frustrante per uno abituato alle infinite chiacchiere di Niall come lui.
"Perché? Ho solo chiesto come sta andando a lavoro e il tuo lavoro è Zayn, se non sbaglio" disse il biondo convinto. "Come sta andando? Ancora... ancora niente?"
Non era facile per Liam parlare di quell'argomento, riteneva che, appunto, essendo lavoro, non fosse carino portarselo a casa. Inoltre era difficile parlarne, cosa avrebbe potuto dire senza sembrare maleducato?
E poi quando mai Niall faceva discorsi seri?
"L'unica cosa che ho capito è che gli piace la mia compagnia, ma è frustrante, Nì, troppo, non conosco nemmeno il suono della sua voce, ho sempre una paura assurda delle sue reazioni se per sbaglio dovessi sfiorarlo, e non mi permettono ancora di portarlo in giardino a prendere aria. Lo fanno sempre loro, e io lo vedo come stia male quando succede."
Un'altra cosa che Niall notava subito erano le microespressioni facciali di Liam.
"E perché non vai con loro? Se non vogliono che tu lo faccia da solo vai con loro, fagli notare che è per il bene del paziente, altrimenti che ci stai a fare, lì!"
E aveva ragione, quando mai Niall non aveva ragione. Prese il suo bicchiere vuoto a metà e lo porse all'amico che alzò il suo. "Hai ragione" disse, facendoli scontrare leggermente.
Era così semplice, non capiva perché si divertisse tanto a complicarsi la vita, e lui odiava troppo non capire le cose.

La mattina dopo, Liam si rese conto che di affrontare una discussione con persone che già erano mal disposte con lui non ne aveva alcuna voglia.
Ecco perché dormì poco e male, ed ecco perché si ritrovò in cucina a preparare i pancakes dato che era in piedi inspiegabilmente dalle sei.
Il fatto che avesse finito lo sciroppo d'acero non lo aiutò ad acquistare un po' di buonumore, ma i pancakes erano venuti bene, anche il caffé, inspiegabilmente, quindi forse poteva sforzarsi di fare un sorriso.

E c'era riuscito a mantenerlo, almeno fino a quando Eleanor non gli aveva sbuffato in faccia. Sophia, al contrario, sorrideva peggio di lui. Erano brutte le cotte, doveva decidersi a parlarle e scusarsi, anche se non gli era ancora chiaro per cosa. Di certo aveva apprezzato che non lo avesse mai chiamato come temeva.

"Sta giocando" lo informò l'infermiera, sistemandosi i capelli indemoniati. Effettivamente sembrava fosse appena uscita da una centrifuga e Liam fece fatica a trattenere una risata, ma decise che fosse meglio non guardarla e tutto sarebbe filato liscio.
Non le chiese cosa intendesse col 'sta giocando' che aveva appena pronunciato, così si ritrovò, anche quest'oggi, nella stanza 218, e Zayn era lì, che sembrava non aver nemmeno notato il loro arrivo.

Liam si sentì in imbarazzo: Zayn era seduto sul letto a gambe incrociate, le labbra serrate come se fosse nel bel mezzo di un qualcosa che richiedesse un'estrema concentrazione, e aveva creato una specie di infinita fila di matite, colorate e non.
Liam aveva cercato di informarsi al meglio sulle caratteristiche dell'autismo e sapeva che questo era assolutamente normale, almeno per le persone come Zayn.
"Non penso ci sia bisogno che te lo dica io, ma... non disturbarlo, almeno finché non vedrai che avrà finito." Liam annuì a quella frase detta quasi meccanicamente da Eleanor, che li lasciò soli poco dopo chiudendosi la porta alle spalle.
Passò meno di un minuto prima che Zayn smettesse di 'giocare' e Liam si ritrovò con un fastidiosissimo mal di schiena. Come cavolo potevano considerare comode le sedie delle scrivanie? Stava già pensando di suggerire che le bruciassero!
"E adesso cosa farai?" domandò al ragazzo, che osservava la sua creazione come se fosse l'unica cosa presente nella stanza, ma alzando un sopracciglio. Le aveva davvero lunghissime.
 
Forse si era accorto di lui? Avrebbe voluto tanto saperlo.

Zayn non lo guardò, come Liam si aspettava, ma scese dal letto e si diresse alla scrivania con una tale velocità che il ragazzo quasi si preoccupò. Prese i suoi fogli ad un millimetro dal braccio di Liam e tornò a buttarsi sul letto, commettendo il grave errore di far muovere le sue matite, accuratamente dislocate.
Era in casi come questi che Liam avrebbe dovuto dimostrare di essere utile, di saper fare il suo lavoro, ma quando Zayn rimase fisso a guardare il materasso, con le braccia piegate e le mani ad altezza del viso, non era sicuro di essere pronto per tutto quello.
Si alzò di scatto e, non sapendo come fare per non spaventarlo più di quanto non sembrasse già, si posizionò in ginocchio ai piedi del letto, proprio di fronte a lui. Sperava non si agitasse, che non urlasse, anche se sapeva che questa seconda opzione sarebbe stata improbabile, perché doveva farcela da solo, era lì apposta.
"Guarda" disse, prendendo in mano una matita. Era nera, come il colore dei suoi occhi e Zayn ci vide un che di familiare, perché regolarizzò il respiro quasi subito, e gli occhi si rilassarono.
Forse soffriva anche di attacchi di panico prima di... tutto questo, e Liam pensò che se quello che provava forse non era compassione per lui, ci andava comunque parecchio vicino.
"Guarda" ripetè, "è tutto a posto" disse, posizionando la matita sul letto. Zayn abbassò le braccia con una lentezza disarmante e Liam, per paura o chissà che altro, seguì tutto il movimento. Prese un'altra matita e continuò la sequenza, esattamente come aveva fatto il ragazzo precedentemente, e Zayn lo osservava, Liam sapeva che era così, anche se i suoi occhi erano ancora tristemente spenti.
Sapeva che lo stava facendo con interesse e sperava che, da qualche parte dentro di lui, se ne accorgesse.

Cinque minuti dopo, l'equilibrio era stato ristabilito, le matite erano tutte in fila e Zayn aveva in mano i suoi fogli. Le riponeva esattamente dov'erano man mano che le cambiava e Liam pensava che fosse meglio tornare nel suo angolino tranquillo, magari a finire quello stramaledetto libro.

Ovviamente, la calma durò ben poco.

Il dottor Tomlinson spalancò la porta con poca eleganza, ma subito chiese scusa resosi conto del gesto. "Alle volte dimentico di non essere a casa" si giustificò, aggiustandosi il camice e guardandosi intorno nella stanza.
Liam colse l'occasione e si alzò in piedi a guardarlo. "Sono felice che sia qui signore, dovrei parlarle di una cosa importante" disse. Il dottore si accigliò, cogliendo la serietà delle sue parole.
"E' successo qualcosa?" domandò, mentre dava un'altra occhiata alla stanza fin troppo colorata, dove non notava nulla di strano, a parte il fatto che Zayn stesse disegnando sul letto e non alla scrivania come al solito. Decise che fosse per via della luce del sole sparata sul ripiano e andò oltre, in fondo quel ragazzo era autistico non stupido.
Liam si schiarì la voce. Non aveva paura del dottore, ma non sapeva se era o meno nella posizione di poter fare richieste.
"Vede, sono qui da poco, è vero, e ho già combinato un paio di casini. Non voglio avanzare alcuna scusa, né lamentarmi del fatto di ritrovarmi in una situazione così particolare. Mi piace questo lavoro, l'ho scelto io, e sono felice di poter affrontare una problematica... oh dio, Zayn non è una problematica, mi scusi, non so..." Louis lo interruppe, accigliandosi vistosamente.
"Vieni al dunque, ragazzo" suggerì. Liam decise di seguire il consiglio.
"Forse le sembrerò stupido, ingenuo come la sua bambina, ma io sento che c'è qualcosa e... vorrei poter passare tutto il mio tempo qui con lui, io... vorrei poterlo portare fuori, magari non da solo, se non vi fidate, ma... lui mi sente, signore, io ne sono sicuro." Louis tirò fuori un ghigno a quelle parole.
"Liam... posso chiamarti Liam, vero? Come ti ho già detto il giorno in cui sei arrivato, Zayn è qui dentro da undici anni, nessuno gli ha mai sentito dire una parola e credimi, se avesse manifestato un minimo interesse verso qualsiasi cosa o persona, puoi star sicuro che non ti avremmo chiamato." Liam sbuffò, si sentiva preso in giro.
"Non voglio dire che tu ti stia illudendo, solo che... non correre troppo, sono passati pochi giorni e i miracoli non esistono."
"Le ho solo chiesto di poter essere io a fargli compagnia nelle sue passeggiate, o c'è qualcosa di illusorio anche in questo?" si alterò, e non voleva farlo, quello era il suo capo.
Louis fece spallucce. "Nulla, ragazzo, assolutamente nulla." Puntò lo sguardo verso la cartelletta che aveva in mano e "ouch" sentì. Entrambi si voltarono verso Zayn, che aveva effettivamente lanciato una matita contro la schiena di Liam e, avendo ottenuto un po' di silenzio, aveva tranquillamente ripreso a disegnare. Louis decise di fingere che anche quello fosse normale.
Liam no.
Per niente.

"Va bene" fu tutto quello che si sentì dire da Louis. E se lo fece bastare.

Iniziò a piovere per tre giorni filati, neanche a farlo apposta, e l'umore di Liam ne stava risentendo, non poteva crederci, persino la natura sembrava avercela con lui.
Sbuffò, come al solito, e chiuse le tende delle finestre, sapeva che a Zayn dava fastidio quella luce, anche se poca, quando era intento a disegnare.
Era un po' stufo di non riuscire a sapere niente di meglio su di lui.
"Anche oggi resteremo chiusi qui dentro, a quanto pare" affermò, dirigendosi verso il letto dove aveva abbandonato il suo libro che, ormai ne era certo, non avrebbe mai finito di leggere. Zayn non lo degnò di uno sguardo.
Ovviamente.

Liam si accomodò sul letto, quindi, a gambe piegate e finì, come pensava, per non leggere neanche una riga, ma non per colpa di Zayn.
"Niall, trovati un hobby" si lamentò, alzando il telefono dopo l'ennesimo inutile messaggio ricevuto dal biondo. Era curioso, ma innocuo, solo che non aveva voglia di ciarlare.
"Posso venire a trovarti?" chiese però il suo migliore amico, tutto esaltato. Liam sbuffò ancora.
"Sei cretino? Sto lavorando" rispose di getto, ma poi buttò un occhio verso Zayn e si chiese se era effettivamente lavoro o si stava affezionando a quel ragazzo che, adesso, stava guardando fisso qualcosa che, da dove si trovava, non riusciva ad identificare.
"E ti devo lasciare, quindi trova un modo migliore per passare il tempo" si alterò, chiudendo la comunicazione. Mancava ancora un bel po' alla fine della mattinata, la pioggia sembrava diminuita e, con essa, anche l'interesse di Zayn verso il disegno.
Liam decise di alzarsi dal letto e "che stai guardando?" chiedergli, consapevole dell'inutilità della cosa. Zayn forse rilasciò un sospiro alla domanda, ma questo non voleva dire niente, si disse Liam, e così si allungò per guardare cosa lo tenesse immobilizzato a quel modo.
Era un fiore rosso.
Disegnato su un pezzettino di carta palesemente strappato da un foglio più grande. Liam trovò quel disegno molto bello e avrebbe voluto tanto che Zayn gli spiegasse perché gli piacesse così tanto da fissarlo a quel modo. Non ne era certo, ma non lo aveva mai visto fissare nessuno dei suoi disegni così intensamente.
Il foglio giaceva in un angolo basso della scrivania e Liam non sapeva se prenderlo in mano o lasciarlo lì. Lo avrebbe tolto dalla sua visuale, quindi lo avrebbe fatto agitare, e farlo agitare era l'ultima cosa che voleva. Lo lasciò lì, finché il ragazzo lo sfiorò piano e sospirò una seconda volta.
Liam, ascoltando per qualche secondo, il suono della pioggia all'esterno, capì.
"Non possiamo uscire, oggi, c'è cattivo tempo" disse premuroso, muovendo in automatico un braccio, con l'istinto di accarezzarlo e mettergli una mano sulla spalla. Si fermò appena in tempo, bloccandosi tremante.
Questa cosa era ridicola ma, allo stesso tempo, gli straziava il cuore. Sospirò a sua volta e, per stargli di fianco senza agitarlo, si sedette sulla scrivania, alla sua destra.
Zayn non sospirò più e Liam rimase a guardarlo per le successive due ore, senza preoccuparsi di altro.
Aveva notato che il suo profilo gli dava una certa autorevolezza che, purtroppo, non riusciva a dimostrare, e gli piaceva.
Gli piaceva anche troppo.

All'alba del quarto giorno, la pioggia si calmò. Il tempaccio aveva intaccato anche le abitudini salutiste di Liam che, a quanto pare, non si allenava da un po', con somma gioia di Niall che aveva così trovato un nuovo modo per prenderlo in giro.
A Liam non piaceva essere preso in giro, nemmeno da Niall.

"Come va con la tua colombella?"
E non gli andava nemmeno che prendesse poco sul serio il suo lavoro.
"Non ce l'hai una vita, Horan? La tua ragazza ti ha già mollato che ti presenti a casa mia di prima mattina?"
"E tu sei irritato?"
In tutta risposta, il biondo si beccò una porta sbattuta in faccia e un Liam arrabbiato perché, se avesse fatto colazione come si doveva, sarebbe arrivato in ritardo in ospedale.
E a lui non piaceva infilarsi i muffin in borsa, eppure lo aveva appena fatto.

Quel giorno sarebbe stato diverso, aveva dei presentimenti. Non sapeva identificarne la natura, ma li aveva, e gli faceva piacere, in qualche modo.

Arrivato in ospedale, prese d'istinto a morsi uno dei muffin che aveva in borsa e si diresse dove lui lo stava aspettando, come sempre.
Un'altra mattinata monotona stava per iniziare, ma stavolta sperava davvero che sarebbe stata diversa.
Non sapeva il motivo, lui se lo sentiva e basta.

"Che cos'hai sulla faccia?" gli domandò incuriosita Sophia appena lo vide oltrepassare la porta d'ingresso. Doveva avere delle lenti bioniche, non c'era altra spiegazione.
Lui non rispose, si limitò a passarsi una mano attorno alla bocca, consapevole di trovarci delle briciole, che spazzò via con poca grazia, mentre la salutava disinteressato. La ragazza ancora ci sperava.
Ah, le donne.

Come sempre, una volta entrato nella stanza, Liam si assicurò che fosse tutto regolare come al solito. E forse lo era, a parte per il fatto che Zayn non stava disegnando, anzi, sembrava particolarmente colpito da qualcosa vicino al piccolo armadio di fronte al letto.
"Ciao" disse Liam piano, per annunciare la sua presenza, e Zayn forse rilassò le spalle, forse no, ma a Liam venne da sorridere e si buttò sul letto, come da routine.
Forse oggi sarebbe riuscito a leggere almeno una pagina.

Dopo averne lette addirittura dieci senza alcun problema, Liam si scoprì talmente rilassato che quasi percepì a fatica gli strani rumori che lo distrassero.
Che poi erano voci ma cosa importava, almeno era arrivato alla fine di quel capitolo che si stava trascinando da settimane.
“È ancora lì?” domandò scettica la voce. Liam non conosceva quelle persone, lo irritava sapere che in quell'istituto lavorasse così tanta gente che non conosceva e che, invece, si comportava come se di lui sapesse già tutto. O come se informarsi non fosse poi così necessario. Probabilmente sapevano tante cose anche su Zayn e questo non faceva che alimentare la sua irritazione.
Liam, comunque, si limitò ad annuire a quella domanda, e la seconda persona si irrigidi prima di commentare “forse dovremmo metterci un altro vaso”, ricevendo un “non dire idiozie” dall'altro.
“Essendo anche io responsabile del paziente, mi piacerebbe sapere di che state parlando, se possibile.”
Ma i due fecero spallucce guardandolo, scrissero qualcosa sulle loro cartellette e “niente” dissero, “niente di importante. Piuttosto, oggi vieni con noi, giusto?” E a Liam si illuminò il viso alla domanda, annuì fiero e si voltò a guardare Zayn, che finalmente pareva aver perso interesse per il muro. Liam pensò che avesse inteso cosa stesse accadendo, ma smise subito di farlo, sentendosi tremendamente pessimista.
“Sono i fiori, tempo fa c'era un enorme vaso di fiori in quel punto della stanza, era da tanto che non ci si fermava. Probabilmente gli torna in mente di tanto in tanto.” Liam non chiese perché il vaso non fosse più lì, immaginando già la risposta, e abbassò il capo mentre aspettarono con pazienza che Zayn si avviasse senza alcun problema fuori dalla stanza, sapevano ci sarebbe voluto un po'.
Quel che succedeva nella testa del ragazzo ogni volta che doveva uscire da quella stanza, se fosse stato possibile vederlo, era molto simile ad una lunga onda inarrestabile. Senza i colori forti delle sue pareti, ma solo con la gravità che sembrava venisse a mancare. Zayn adorava andare in giardino, era il tragitto che doveva fare a renderlo nervoso, per non parlare della stramaledetta sedia a rotelle.
Aveva sempre lo sguardo tristissimo in quel frangente.
 
“Deve essere proprio necessario?” chiese Liam guardando l'oggetto che già aveva ricevuto abbastanza odio dal ragazzo silenzioso accanto a lui. Le due persone di fronte lo ignorarono, guidando Zayn affinché si sedesse. E Liam non riusciva a capire. “Può camminare, lasciateglielo fare, per una volta” si permise di dire ancora, e Zayn si bloccò. Solo per un attimo, ma si bloccò, non guardò più quell'ammasso di ferraglia, ma rivolse tutta la sua attenzione verso Liam, come in attesa di sue ulteriori istruzioni. “Me ne assumo la responsabilità” aggiunse ancora, cercando di apparire convinto e professionale.
I due si guardarono dubbiosi sul da farsi, ma alla fine acconsentirono, misero via la sedia e i lacci, e lasciarono che i due ragazzi li precedessero.
Liam sorrise per l'obiettivo raggiunto, e forse lo fece anche Zayn.
 
Sembrava la giornata ideale per una passeggiata in giardino. L'istituto doveva aver avuto al suo servizio sempre i migliori giardinieri, perché le aiuole e i cespugli e gli alberi erano fin troppo ben curati per un ospedale.
Zayn sembrava più rilassato del solito, nonostante continuasse a dimenticare che puntare gli occhi verso il sole non era poi una scelta tanto saggia. Liam stava già pensando di comprargli degli occhiali da sole ma si schiaffeggiò mentalmente per essersi spinto così oltre.
Era solo un regalo, però.
No?
 
“Il signor Tomlinson non c’è, oggi?” chiese ad un tratto. Quel silenzio interrotto solo dal cinguettio degli uccelli lo stava snervando.
I due spiegarono che era in famiglia per qualcosa che, a quanto pare, era un appuntamento fisso, e Liam sorrise immaginandoseli.
“Ed Eleanor? Scusate, ragazzi, ma ho bisogno di parlare con qualcuno…”
“…ti avevamo avvisato… che non sarebbe stato divertente” lo interruppero.
Ma Liam non aveva pensato a quello, non aveva pensato affatto alla possibilità di divertirsi a fare una cosa diversa da quando era lì.
Forse voleva solo conoscere meglio Zayn, che se ne stava pochi passi davanti a loro, fermo davanti a delle rose appena sbocciate, indeciso se sfiorarle o meno.
“Non succede nulla di straordinario, qui, si dimentica di essere osservato appena si concentra sui fiori, lui…”
“…li adora, lo so” ammiccò Liam, voltandosi verso il ragazzo silenzioso, che aveva finalmente preso una decisione.
“Cerchiamo di impedire che si punga, almeno” dissero avvicinandosi, e Zayn si impietrì come se si sentisse oppresso. Liam era rimasto indietro, ritenendo che fosse inutile, ma quando notò il modo in cui aveva ritratto la mano “lasciatelo respirare, non è mica uno stupido” disse, e Zayn dimenticò le rose, forse dimenticò anche di averle mai volute toccare. Puntò gli occhi in quelli di Liam come se non ci fosse nessun altro oltre lui e lasciò intravedere un ghigno.
 
Liam ne era sicuro, non aveva mai avuto nessuna sorta di allucinazione, nemmeno dopo aver esagerato con l'alcool: Zayn gli aveva sorriso, era in grado di farlo, non era solo la fantasia di una bambina di tre anni.
“Sei felice” constatò Niall, guardandolo come se volesse vivisezionarlo. “Anche oggi, intendo, sei felice anche oggi.” Ed era vero, perché erano passati quattro giorni ed erano bastati per permettergli di portare Zayn in giardino senza alcuna supervisione.
Solo loro due.
Finalmente.
 
“Lo sai, Zayn? Se mi avessero detto che mi sarebbe piaciuto tanto passare del tempo in mezzo al verde, probabilmente mi sarei messo a ridere.”
Liam stava provando ancora una volta a provocare delle reazioni nel ragazzo che continuava a non parlare, gli sarebbe bastato persino che lo guardasse o che gli sorridesse come quel giorno. Ma Zayn non lo aveva più fatto, e Liam stava già perdendo colpi. Un'altra volta.
 
“Sei pensieroso” sentì dire all'improvviso. Louis se ne stava a braccia conserte a pochi metri da lui, senza camice e con una sigaretta ancora spenta tra le mani.
“Non sta andando come speravi, vero?”
Liam annuì grattandosi il capo perché “è così evidente?” e Louis sorrise messamente.
“Camminiamo” suggerì poi, “stai tranquillo che lui ci seguirà.”
Liam capì le parole di Louis solo quando notò come effettivamente Zayn sembrasse seguirli. Non li guardava, o almeno non che loro se ne accorgessero, ma era sempre nel loro campo visivo, attirato da un cespuglio di fiori diverso. Forse.
“Gli sei simpatico, non te ne eri accorto?” Liam titubò a quella domanda, perché non sapeva rispondergli e si era accorto di Zayn praticamente dietro il medico.
“N-no” fu la risposta balbettante di Liam, e avrebbe voluto rimangiarsela subito se solo non avesse visto quel che credeva di aver visto: Zayn lo stava guardando con un'espressione triste.
Ne era certo.
 
“Hai visto, Zaynie? Il tuo nuovo amico non capisce i tuoi segnali” disse Louis dando le spalle ad un Liam tremendamente mortificato.
“Dovrai fare di meglio di così. Per favore, fallo almeno per lui” gli sussurrò dolcemente, tanto che Zayn indietreggiò di un paio di passi temendo chissà cosa.
“Non pensavo sarebbe stato così…” si lasciò sfuggire Liam, più come sfogo che come altro, “…difficile. Me lo aspettavo, certo, ma non… così.”
Gli tremava la voce, lo percepiva, ma non riusciva a controllarlo, perché avrebbe voluto dire a Zayn che se voleva fossero amici per lui sarebbe stato ok, che se voleva dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, avrebbe potuto disegnargliela.
Ma non era certo che Zayn avrebbe capito e questa consapevolezza lo stava uccidendo.
 
“È… dio, mi sento così meschino, ma… è un problema se decidessi di non venire… tipo… mai più?”
Lo aveva detto davvero ad alta voce? Che ne era stato di tutta la sua determinazione?
Ci fu qualche secondo di silenzio, perché Louis era ancora di fronte a Zayn che non si era più mosso da dov'era, e Liam non poteva vederlo.
“Non mi sembra d'accordo” fu la risposta del medico, quando gli permise di guardare Zayn, che aveva le labbra imbronciate e stava trattenendo a fatica le lacrime.
“E non lo sono neanch’io” aggiunse serio.
Zayn non era bravo a trattenersi, Liam lo sapeva bene, ormai, ma di certo l'ultima cosa che voleva era farlo piangere, quindi “no” disse, “stavo scherzando, Zayn, non vado da nessuna parte se… se tu non vuoi.”
E Zayn smise di guardare un punto indefinito, si soffermò su di lui, tirò su col naso un paio di volte, e si calmò.
“Vi lascio continuare il vostro giro” fu tutto ciò che aggiunse Louis, mentre Liam si sentì la persona più stupida del mondo per aver desiderato liberarsi di quella situazione.
Non gli piaceva nemmeno il definirla una “situazione”.
Una 'situazione' non ti giudica, non ti insulta solo con lo sguardo.
 
Non ti fa sentire inadeguato.
Per essere autunno inoltrato, il sole scaldava più del dovuto e Liam stava cercando di goderselo per distrarsi un po'. C'erano ogni tanto coppie di uccelli che scendevano in picchiata ad azzuffarsi tra l'erba e quella pareva l'unica cosa che distraesse Zayn dai fiori. Anche perché in quel punto del cortile non ce n'erano poi molti.
Zayn li osservava mentre cinguettavano e si beccavano, e sorrideva, lo stava facendo di nuovo. Liam fu grato a non sapeva bene cosa per non essersi perso quel momento, soprattutto perché poi un gatto (probabilmente il randagio a cui Sophia dava ogni tanto da mangiare) era apparso da dietro i cespugli. Stava inseguendo una lucertola e adesso Liam sembrava anche lui alquanto interessato a quella stupida baruffa, soprattutto perché qualcuno rideva e quel qualcuno non era lui.
Zayn aveva riso, ma quel suono che sentì, la sua espressione arricciata, durarono talmente poco che, ancora una volta, si chiese se se lo fosse sognato.
Conosceva la risposta, ma non riusciva ad evitare la domanda.
“Sai che non capisco niente di certe cose, ma non puoi pretendere che creda al mio migliore amico che dice di avere le allucinazioni.”
Perché avesse aperto il discorso con Niall non gli era chiaro, ma erano giorni che, ormai, andava all'istituto con la debole speranza di un miracolo.
Come se lo sentisse vicino.
Ma poi, puntualmente, non accadeva nulla: Zayn era concentrato sui suoi disegni quando era in stanza e sui fiori quando era in cortile. Niente di più, niente di meno. Ed era il solito Zayn, quello che rendeva Liam frustrato ed inutile, perché aveva smesso di sorridere, sempre che avesse mai ricominciato a farlo.
 
“Quindi sei d'accordo con me?” incitò l'amico in piedi di fronte a lui.
“Se questa era una scusa per farti bere così presto, stavo giusto andando verso il frigorifero” fu la risposta del biondo.
Niall voleva bene a Liam, ma per la prima volta si ritrovò sul serio preoccupato per lui. “Non ho bisogno di bere, ma di capire. Avevo trovato qualcosa che lo smuovesse, ma sembra già non funzionare più e… dimmi una cosa: saresti a tuo agio a passare metà delle tue giornate con una persona che non riesci a conoscere?”
Niall aprì il frigorifero sospirando, prese una birra, la aprì e “è questo il tuo errore, secondo me: è un paziente, non un amico, anche se sembra brutto dirlo” disse.
E Liam ci aveva rimuginato sopra e no, si rispose, non era quello il punto.
Quella mattina era inspiegabilmente di buonumore, quindi si armò di cuffie e si avviò verso l'istituto con la musica nelle orecchie. Non aveva voglia di leggere e, ormai, era fermo su quel libro da talmente tanto tempo che ne aveva dimenticato la trama. Decise che se ne sarebbe stato sul letto tutto il tempo, tanto non se ne parlava manco di uscire, dato che pioveva senza sosta.
“Sophia non c’è, oggi?” domandò ad Eleanor dopo aver notato il banco dell'accettazione vuoto.
Era la prima volta.
“Ha portato il gatto dal veterinario, farà tardi” lo informò lei accigliata.
“Per caso sei gelosa, El?” la prese in giro, notandolo, e lei parve vedere un'occasione perfetta per dire “lo sarei se fosse un uomo… o se tu fossi il mio tipo… quindi smettila e corri a lavorare.”
 
Non era certo di aver capito cosa avesse voluto dire la ragazza, o forse non voleva capire. Intanto era entrato nella stanza di Zayn, si era assicurato che non ci fosse niente di strano (per i suoi standard, almeno) e si era buttato sul letto.
Aveva anche sbuffato un paio di volte ma non era servito a niente: Zayn era troppo preso dai suoi disegni per notarlo.
 
“Oh cazzo” sbraitò saltando quasi in aria. Il cellulare da cui aveva lasciato provenire la musica cadde a terra e le cuffie si staccarono. Intontito com'era perché, cazzo, si era addormentato come un cretino, non seppe riconoscere la canzone, ma raccolse il cellulare e lo lasciò sfogare.
Poteva essere un'idea.
Certo.
Se solo Zayn si fosse accorto di quel che stava succedendo.
 
Sbuffò un'altra volta, ringraziando comunque chiunque lo avesse protetto, perché in quel lasso di tempo in cui aveva dormito non era successo niente, e prese il cellulare per cambiare canzone.
Si fermò al terzo skip, perché Sensational era la sua fissa del momento. La lasciò partire guardando quel ragazzo silenzioso che si era fermato solo per un attimo, quando lo aveva sentito intonare le note iniziali. A Liam piaceva canticchiare anche le melodie delle sue canzoni preferite, ed era esattamente quel che stava facendo in quel momento.
Fino a quando a Zayn non cadde la matita dalle mani.
Fino a quando non girò la sedia per trovare la fonte di quel suono.
Fino a quando si fissò a guardarlo e gli sorrise di nuovo dopo tanto tempo. Liam ricambiò e “you've been so beautiful, it's just who you are” soffiò, con l'istinto di allargare le braccia e stringerselo addosso, bloccandosi da solo perché non poteva farlo.
E continuò a sorridere, perché anche Zayn non aveva smesso.
“Non posso cantare a lungo, verrebbero a controllare se sono impazzito, e qualcosa mi dice che non ti farebbe piacere” disse, stoppando la musica. Non era sicuro che Zayn avesse recepito tutte quelle parole, ma di sicuro non gli era piaciuto avesse smesso di cantare ed il sorriso era di nuovo un broncio, il solito broncio di sempre. Liam sbuffò un'altra volta, anche perché moriva dalla voglia di raccontare a qualcuno quello che era appena successo, ma non voleva sembrare troppo stupido.
Niall.
L'unica soluzione era Niall.
 
“Non ho capito cosa hai detto” disse, quando alzò il telefono per chiamarlo dopo aver ricevuto la risposta al suo messaggio.
Erano giorni, anzi no, diciamo piuttosto settimane, che Niall era preoccupato per il suo amico e Liam lo sapeva. Quel che non sapeva era che Niall potrebbe appena aver fatto un casino.
“Ciao.”
La voce della piccola Darcy riecheggiava in tutto il corridoio neanche fosse amplificata da chissà quale strano apparecchio.
“Ciao, principessina, aspetti qualcuno?” le domandò Niall con forzata gentilezza. Non ci sapeva fare coi bambini e di certo non si aspettava di incrociarne uno in quel posto.
“E tu aspetti qualcuno?”
Però doveva ammetterlo: era simpatica, col suo vestito lungo bianco e rosa e i ricci che le ricadevano sulle guance arrossate.
 
“Darcy!”
Una voce autoritaria attirò l'attenzione di entrambi e, mentre la piccola corse incontro al proprietario, Niall rimase immobile dov'era a chiedersi se fosse possibile per un normale essere umano essere bello come quello lì.
E lui era etero, sempre stato, sempre lo sarà, ma adesso stava letteralmente ammirando quella perfezione che viaggiava in vestiti talmente stretti e alla moda da farlo vergognare persino di respirare.
Avrebbe chiesto presto un parere a Liam a riguardo, lui ne capiva di più, in fondo.
E magari sarebbe anche andato a fare shopping.
 
“Sono Harry, e questa piccola peste è mia figlia Darcy, spero non ti abbia infastidito.” Niall tirò fuori il suo miglior sorriso desiderando sapere di più, ma fermandosi ad un “no di certo, ero appena arrivato. È… cioè sei… venuto a trovare qualcuno?”
Che razza di domanda indiscreta.
Ma Harry parve prenderla bene perché sorrise e “più o meno, mio marito è il capo, qui dentro.”
Pure sposato. Era ovvio, come potrebbe essere libera una persona del genere? Peccato, lo avrebbe consigliato sicuramente a Liam per aiutarlo a riprendersi.
“Ma lui è sempre troppo occupato e io mi ostino a sperare di convincerlo ad un pranzo fuori da qui. Ma mi dice quasi sempre di no, e purtroppo la peste inizia ad urlarmi contro se non vede il padre quando dice lei, e oggi devo lavorare e c’è l’appuntamento al cinema e…” “…l'accompagno io” lo interruppe il biondo, rendendosi conto subito dopo della cazzata. “Come, scusa?”
“Esatto, Niall. Come hai detto, scusa?”
Liam se ne stava in piedi, rigido, poco più in là nel corridoio. Batteva un piede nervosamente e aveva le braccia conserte mentre lo guardava e “allora?” domandò.
Harry parve notare la tensione che si era creata e “non vi preoccupate, abbiamo una tata, Darcy la adora. Ci vorrà solo un po' a convincerla ad andare al cinema sola con lei ma non avrò alcun problema. Poi se Louis mi scopre ancora qui a girovagare mi ammazza, non gli piace che la piccola si abitui a questo posto. Non che a me piaccia portarcela, ma ci lavora suo padre e…” e dio santo ma quanto parlava questo? Fu il pensiero dei due amici, forse anche della bimba, che gli tirava la giacca nella speranza che le dedicasse un minimo di attenzione.
“Sarà un pomeriggio alternativo e poi…” propose Niall, con la voce tremante, perché sapeva di star continuando a fare un casino cosmico, “…e poi verrà anche il mio amico Liam, sono certo che andremo entrambi d'accordo con la principessina.”
Sorrise indicando Liam che, di certo, l'ultima cosa che voleva fare era ricambiare.
 
Un'ora dopo, la bambina era appena stata portata nella stanza di Zayn, dove Liam e Niall stavano ancora discutendo su quel che era appena successo. E probabilmente, se fossero stati in un cartone animato, la piccola avrebbe potuto giurare di vedere delle saette uscire dai loro occhi.
“Quando mi hai detto di avere un'idea geniale in mente, non pensavo che questa includesse la figlia del mio capo. Che razza ti passa per la testa, Horan?”
Non si stava preoccupando di mantenere basso il tono della voce, noncurante della presenza di Zayn intento come al solito ad ordinare i suoi colori dando loro le spalle.
“Io non posso andarmene da qui, lo sai che adesso resto anche i pomeriggi. Se… non voglio se ne accorga.”
“Verrà anche lui.”
 
Come, scusa?
“Sei impazzito? Non può uscire senza permesso, se dovesse succedere qualcosa mentre è fuori? Non me lo perdonerei mai, lui… lo sai che non è pronto.”
E Niall sbuffò a tutti quei lamenti, alzò gli occhi al cielo, guardò Zayn per qualche secondo e poi tornò a concentrarsi sul suo amico.
“No, non lo so, e ti dò una notizia: non lo sai neanche tu. Sbaglio o tu stesso mi hai detto che è rinchiuso qui da undici anni? Quindi non è mai uscito… considerala come una prova, me ne assumerò tutte le responsabilità.”
Liam conosceva Niall da troppo tempo per non percepire che c'era qualcosa che non gli stava dicendo.
“Perché?” gli chiese quindi.
“Perché sei il mio migliore amico, e so che vuoi che guarisca, quindi lo voglio anche io. Anche solo per toglierti quell'espressione afflitta dalla faccia!”
Liam si abbandonò tra le sue braccia a quelle parole, e gli sussurrò un grazie mentale proprio mentre Zayn pareva soddisfatto di qualunque cosa avesse fatto fino a quel momento e si era finalmente accorto della loro presenza.
Di quella di Niall, almeno.
Di Liam si accorgeva sempre, a modo suo.
 
Convincere Zayn a lasciare il suo rifugio non fu poi così difficile come pensavano, in fondo era quasi ora dell'uscita in giardino e anzi, Liam si sorprese a vederlo già con un piede nel corridoio.
“Ci stiamo mettendo in un casino tremendo, mi farò licenziare!”
Erano almeno dieci minuti buoni che Liam non faceva che ripetere lamenti del genere e questo stava facendo agitare anche Zayn che lo guardava accigliato.
“La smetti, idiota? Lo stai agitando!”
Niall Horan che si improvvisava medico/psicologo, decisamente gli mancava!
“Se c’è qualcuno che perderà il posto se non vi sbrigate, quella sarò io!”
Questa non se la aspettava proprio. “Sophia?”
“Datevi una mossa, io non sono nemmeno qui!”
La ragazza era accigliata, quasi più di Zayn che, forse, stava percependo ancora una volta il nervosismo di Liam e proprio non riusciva a non guardarlo.
“Quando capirà che non saremo in giardino potrebbe scappare” rimuginò a bassa voce e, a questo punto, Niall alzò gli occhi al cielo sbuffando.
“Se non lo farai tu per primo, sono certo che lui non si muoverà” gli disse esasperato.
 
“Non ci posso credere” fu quel che buttò fuori quando vide l'auto di Niall parcheggiata di fronte l'ingresso.
“Sei peggio di una ragazzina, salite!”
Gli sembrava di star facendo qualcosa di illegale e, in effetti, non era certo che fosse lecito portare fuori da un centro di recupero un paziente, ma avrebbe pensato dopo a come sparire senza lasciare tracce.
“Potevi dirmelo che avevi corrotto Sophia” si lamentò una volta accomodato sul sedile posteriore dell'auto, di fianco ad uno Zayn disorientato ma per niente agitato. Per evitare reazioni improvvise, aveva messo la sicura alle portiere.
“E tu potevi dirmelo che questo poveretto ti segue come un cagnolino.”
“Non è un poveretto!” si inalberò Liam e “ok ok”, chiese scusa Niall, “ non è neanche un cagnolino, mi rimangio tutto. Ma cavolo, pensavo sarebbe stato più difficile.”
“Anch'io” rispose dopo qualche secondo in cui si era soffermato a guardare il ragazzo apparentemente rapito da qualcosa oltre il vetro dell'auto.
Qualsiasi cosa fosse, lo teneva calmo, e a Liam serviva solo quello.
 
“Dimmi come faremo a spiegare a Harry la sua presenza” chiese, una volta arrivati al cinema. Zayn era entrato come se le luci al neon all'interno lo stessero chiamando e per poco non lo perdevano di vista.
“E chi ha detto che starete con Harry? Gli ho detto che avrei pensato io alla bambina, e poi lui non si fermerà, basterà non farvi vedere quando porterà la principessina.”
“Tu odi i bambini” esclamò Liam, scioccato da quel che stava sentendo.
“Ma voglio bene a te” rispose, facendogli l'occhiolino.
“Mh, come ti pare, Horan, oggi ti capisco meno del solito.”
 
Mancava circa una ventina di minuti all'inizio del film e Darcy non era ancora arrivata. Liam decise di approfittarne per acquistare i biglietti per lui e Zayn e, magari, entrare già in sala, sapendo che avrebbe avuto bisogno di dargli tempo per abituarsi all'ennesimo nuovo ambiente.
Si scoprì sorpreso quando realizzò che c'era un'altra cosa che a Zayn sembrava piacere molto: le luci colorate, le fissava tutte come un bambino e Liam avrebbe voluto ringraziare chiunque le avesse montate.
Si sedettero in uno dei posti più vicini all'uscita di sicurezza e Liam non la smetteva di fissarlo alla ricerca di qualsiasi segnale nel suo viso che gli facesse capire che era tutto a posto. Ma Zayn era il solito, stranamente, e adesso sembrava fin troppo concentrato sulla morbidezza dei braccioli per prestare attenzione ad altro.
“La principessina è arrivata, dimmi dove siete seduti che vi raggiungo” fu il messaggio di Niall a cui tempestivamente rispose indicandogli la loro posizione. Non sapeva se fosse una buona idea stare tutti insieme, ma di sicuro avrebbe avuto bisogno dell'aiuto del biondo in caso di emergenza. Cosa che, ovviamente, sperava si potesse evitare.
I due si sedettero nella fila davanti la loro e Darcy non potè proprio evitare di alzare lo sguardo riconoscendo dei volti familiari. Liam la salutò con un mezzo sorriso ed un cenno della mano mentre Zayn era perso nel suo mondo.
Ovviamente.
Ma non voleva che questo lo deprimesse, non sapeva nemmeno cosa ci facesse lì e a cosa sarebbe mai servito, ma ormai c'era. Al massimo non ne avrebbe mai fatto parola con nessuno, che era poi il suo scopo. Sarebbe stato imbarazzante dire che era andato a vedere un film per bambini.
Finalmente le luci si abbassarono e forse Zayn non la prese tanto bene, perché ebbe un sussulto sulla sedia, che spaventò Liam. Respirava affannosamente e non poterlo accarezzare per rassicurarlo non era certo bello, considerando che Niall si voltò di scatto accorgendosene.
“Tutto ok?” chiese, in difficoltà. Liam sapeva di dover mantenere la calma, si concentrò su Zayn che aveva lo sguardo fisso davanti a sé e stringeva forte la poltrona con le mani.
“Non lo so, dammi un momento” si agitò, ma non doveva farlo, sapeva che avrebbe solo peggiorato la situazione.
“Ehi, Zayn… ehi, adesso ritorna la luce, tante luci, più forti di quelle di prima, resisti, so che sei più forte di così.”
Se solo fosse davvero così forte come Liam pensava, Zayn gli avrebbe detto quanto la sua voce lo aiutasse a stare meglio. Glielo avrebbe detto e poi forse lo avrebbe anche abbracciato. Invece rimase lì, a cercare a fatica di regolarizzare il respiro per far passare l'attacco di panico, e ad illuminarsi di nuovo, esattamente come fece il grande schermo davanti a lui.
Liam tirò un sospiro di sollievo e si rilassò.
 
Il film era davvero un cartone adatto solo ai bambini di non più di cinque o sei anni ed era certo che Niall davanti a lui avesse fatto indigestione di popcorn per resistere fino alla fine.
Liam, invece, era troppo in pensiero per Zayn, tanto che non sarebbe nemmeno stato in grado di raccontare quel che aveva visto.
Ma Zayn era tranquillo, rilassato con le mani poggiate sui braccioli, una di esse a pochi millimetri da quella di Liam.
Liam che non vedeva l'ora che quella tortura finisse per poter tornare in istituto e fingere che non fosse mai successo niente.
Liam che non si accorse subito di qualcosa che si era aggrappato al suo mignolo.
 
Zayn glielo stava quasi staccando quel mignolo e Liam fece persino fatica a guardare la sua mano e poi lui, perché Zayn non lo stava guardando, evidentemente a lui Garfield piaceva.
Lo stava toccando e non sapeva proprio come prenderla.
Quando il film finì, le luci in sala si riaccesero quasi subito, e forse fu questo il motivo per cui il dito ancora attaccato al mignolo di Liam si staccò di scatto. Fu strano, perché tirarono entrambi un sospiro di sollievo.
Niall era impegnato al cellulare mentre Darcy gli teneva riluttante la mano, e Liam trovò anche quella scena parecchio strana, poteva giurare di non aver mai visto Niall anche solo nelle vicinanze di un bambino.
“Ho avvisato Harry che è andato tutto bene e sto riportando la principessina dal padre” comunicò il biondo ad un Liam palesemente distratto.
“Cosa c’è?” domandò infatti, ma l'amico “dopo” disse, “adesso sbrighiamoci a tornare prima che…”
“La pianti? Sophia avrebbe dovuto avvisarci se fosse andato storto qualcosa e non ho ricevuto cenni di vita, quindi calmati, ok?”
Niall non si rendeva conto, ovvio che non poteva, ma non vedeva l'ora di riportare Zayn nella sua stanza e capire come affrontare quel che era appena successo.
Quel piccolo miracolo che non si era affatto sognato.
Il ritorno fu di una semplicità estrema rispetto all'andata. Liam ringraziò Sophia talmente tante volte che le mancò poco lo zittisse in un modo poco ortodosso, e Niall aveva fatto promettere alla piccola Darcy di non parlare dei suoi amici presenti al cinema ma solo di lui. Sapeva avrebbe mantenuto il segreto, in fondo Niall le stava un po' simpatico.
La piccola spalancò la porta dell'ufficio del padre e gli si gettò addosso noncurante del fatto che l'uomo era intento a leggere dei documenti che aveva appena fatto volare ovunque.
“Piccola peste, com’è andata al cinema?” le domandò teneramente, tirandosela in braccio. La piccola gli sorrise e iniziò a parlargli raggiante del gattone arancione e delle sue avventure, mentre Niall pensò fosse meglio lasciarli soli. Non per qualcosa, ma stava per venirgli il diabete.
Uscito da lì, si diresse da Sophia, la quale gli disse che, purtroppo, ne aveva per almeno tre ore prima di finire il turno e che quindi non poteva proprio uscire con lui.
“Lo so che ti piace Liam ma…” balbettò lui e “…ho il gay radar, già” ammiccò lei delusa.
 
“Sbrigati, Niall, dobbiamo andare” si intromise improvvisamente un Liam agitato sbucato da chissà dove.
“Non resti?” domandò perplesso il biondo all'amico.
“No… non posso… devo andare a casa, vieni con me o no?”
Niall continuava ad essere perplesso ma capì subito che era il caso di assecondare il suo amico, era evidente ci fosse qualcosa che non andava.
“Ok ok, arrivo. Alla prossima, bellezza” disse quindi, salutando Sophia, che gli rispose con un bacio volante.
Il viaggio in auto fu fin troppo silenzioso per i canoni di Niall.
“Dunque?” interruppe quindi la tensione.
“Senti, amico… io non so come comportarmi, è successa una cosa importantissima e non posso nemmeno parlarne se non con te. È assurdo, mi tremano le mani se ci ripenso…” “Oh dio santo, lo hai baciato” esclamò il biondo mettendosi una mano in faccia. “Cosa? No, sei impazzito?”
“Ma avresti voluto…”
“Mi fai parlare? Lui… mi ha preso la mano, Nì… sai che significa?”
Niall lo guardò un secondo, forse sgranò anche gli occhi, poi rallentò un attimo e “certo” disse in un sospiro, mettendogli un braccio sulla spalla, “significa che stai facendo un ottimo lavoro.” E gli sorrise, dandogli un buffetto sulla fronte.
Doveva sempre fare lo splendido in qualche modo.
Liam si lasciò tormentare da quel pensiero tutta la notte e, come immaginava, non chiuse occhio neanche un secondo.
Faceva molto freddo quella mattina, ma Liam decise che l'unico modo per distendere il nervi era andare a correre.
Corse per almeno un'ora prima di accorgersi di essere in ritardo e che non si era calmato proprio per niente. Forse una doccia, sì… quella lo avrebbe aiutato, magari bollente. Chissà.
Inutile.
Liam fece il suo ingresso stringendosi nel suo cappotto scuro e rispose svogliatamente al saluto estasiato di Sophia. Dedusse che, se lei era così tranquilla, allora era filato tutto liscio e nessuno li aveva scoperti, ma questo non avrebbe evitato a Niall un discorsetto sul suo concetto di idee geniali.
Certo, ripensando a quel che era successo, forse non avrebbe dovuto rimproverarlo ma ringraziarlo, eppure era agitato. Forse avrebbe dovuto correre per due ore e farsi due docce.
“Finalmente! Stavo iniziando a chiamarti, che fine avevi fatto?”
Eleanor lo stava facendo sentire bombardato, quindi non la guardò neanche quando si mise comodo, lanciò il cappotto che aveva dimenticato di depositare all'ingresso e “non ho sentito la sveglia” mentì, concentrandosi sul letto come se ci fosse solo quello nella stanza.
Aveva tutta l'intenzione di non muoversi più da lì, ma c'era qualcuno a cui l'idea non sembrava piacere.
“Sei maleducato, non lo hai neanche salutato” gli fece notare Eleanor.
Era ancora lì e Liam avrebbe tanto voluto domandarle se non avesse di meglio da fare, invece sbuffò.
 
Proprio quando Zayn saltò dalla sua sedia e gli andò incontro con la mano tesa.
 
Liam non era certo di quel che stesse accadendo, non fece nemmeno in tempo a registrarlo che Zayn gli si parò ad un palmo di naso con quella mano tesa come se attendesse qualcosa. Non era certo di cosa fare, ma tanto valeva prenderla quella mano, perché il contatto della sera prima non gli era bastato e voleva sentire la sua pelle, in qualche modo.
In fondo glielo stava chiedendo lui stesso.
Quando le loro mani si intrecciarono, Liam aveva ancora la mano libera ferma sul libro che aveva preso poco prima dalla borsa. Non lo finirà mai, è ufficiale, ma l'avrebbe sopportato. Molto più di quel ragazzo silenzioso che si stava facendo sfiorare per la prima volta dopo anni e lo stava facendo con uno dei suoi sorrisi più belli.
Liam non riusciva a decifrare il modo in cui Zayn stava guardando le loro mani, e sentì come un capogiro perché sapeva che questo era un bene ma, allo stesso tempo, un male.
Si stava affezionando a quel ragazzo, in un modo decisamente non professionale.
“Puoi ripetere?” Louis si grattò svogliatamente una tempia sistemandosi meglio sulla sua poltrona. Aveva appena mandato un messaggio al marito, o almeno Liam dedusse questo dallo sguardo che aveva per il suo cellulare. Doveva smetterla di invidiarli.
“Ha capito benissimo, signore. Non mi sento all'altezza del compito assegnatomi quindi preferisco lo affidiate a qualcun altro.” Sapeva che, comportandosi in questo modo, sarebbe sembrato solo un codardo, ma non poteva permettersi di innamorarsi di un paziente, non aveva importanza neanche se era già successo e non voleva ammetterlo ad alta voce.
Louis sollevò le sopracciglia perplesso mentre lo ascoltava, infine si alzò lisciandosi il camice. “Sai che non posso obbligarti, ma saprai anche che sono libero di non accettare la tua richiesta, quindi no. Ti concedo una pausa, vedremo cosa succederà e poi, se lo riterrò necessario, tornerai.”
“Ma…” provò a ribattere Liam, cercando quella risolutezza iniziale inspiegabilmente svanita. “Niente ma. So che lo farai, e lo sai anche tu.”
Erano passati appena due giorni e Liam si era già reso conto di un particolare agghiacciante della sua esistenza: praticamente non ne aveva una. Continuava ad alzarsi presto con la scusa di allenarsi “perché i turni all'istituto gli avevano impedito di farlo”, ed in quel lasso di tempo riusciva a non pensare, a rilassarsi, esattamente come prima.
Prima di accorgersi che questa noia non era per lui e come avesse fatto ad accettarla per anni non gli era dato saperlo.
Si stava accasciando sul divano col solo asciugamano in vita dopo una doccia veloce quando sentì bussare alla porta. Non chiese neanche chi fosse quando aprì e “prego, entra” disse ad un Niall Horan senza fiato. “Sei andato a correre anche tu? Potrei offendermi, non sei mai voluto venire con me” gli disse, vedendolo rosso in volto e con gli occhi sgranati. Liam pensò fosse meglio andare a prendergli dell'acqua, ma l'amico lo bloccò per un braccio e “stai bene, quindi?” domandò apprensivo. Liam annuì confuso “e allora cosa ci fai a casa a quest'ora?”
Non ci poteva credere.
 
“Ho lasciato il lavoro. Non tornerò all’istituto” gli comunicò, rendendosi conto che quello era il suo migliore amico e avrebbe dovuto avvisarlo subito. Quando Niall gli chiese spiegazioni (dopo il terzo bicchiere d'acqua e qualche spergiuro che non avrebbe mai più corso in vita sua), Liam ci mise un po' a rispondere.
“Non posso lavorare con una persona che mi confonde. Lui mi confonde, Nì, e non è perché non parla, quindi non so cosa pensa, ma perché… cazzo, sai che ansia ho avuto quando lo abbiamo portato al cinema? Ho temuto per tutto il tempo una sua brutta reazione e non mi importava delle ripercussioni su di me, pensavo solo a lui, a sperare che non si facesse del male. Poi ci sono stati quegli sprazzi… quei gesti minuscoli che mi hanno dato un filo di speranza e… si è fidato di me a tal punto da volere che lo toccassi, si è aggrappato a me e ha cercato un contatto e a me si è scaldato subito il cuore e… lì ho capito. Ho capito che non posso. Quindi me ne sono andato.”
Liam tremava mentre si sfogava col suo amico, che era rimasto in silenzio ad ascoltarlo.
“Ciò che ho capito io è che sei completamente cretino, ma se sei convinto…” disse piano, prendendo un altro poco d’acqua prima di dirigersi verso la porta.
“Ehi dove vai?” domandò Liam accigliato. Niall sorrise.
“Sono corso qui pensando non stessi bene, ma mi sbagliavo, quindi tolgo le tende” rispose con un ghigno. Liam percepì subito il sottinteso.
“Che razza di amico sei?”
“Hai bisogno di aiuto?” lo stuzzicò Niall, sapendo dove andare a colpire.
“No, ma…”
“Ti lascio un po' solo a riflettere sulla gran cazzata che stai facendo” disse poi profetico il biondo, che se ne andò fiero di vedere finalmente Liam in preda alla sua prima vera cotta.
 
Il vero problema di Liam Payne non era la sua prima cotta, ma il fatto di non sapere proprio come gestirla.
Era ridicolo, sicuramente, perché non ricordava in alcun modo quando era stata l'ultima volta che era stato con qualcuno e gli era piaciuto.
Forse per questo le sue storie duravano sempre troppo poco.
Forse per questo non voleva fare lo stesso a Zayn.
 
Non faceva che ripetersi che moriva dalla voglia di baciarlo, e la consapevolezza del non poter andare oltre quello (in ogni senso possibile) lo faceva sentire ancora di più uno stronzo.
Ma chi poteva stabilire che non avrebbe potuto spingersi oltre? Avrebbe aspettato tutto il tempo necessario, se ne fosse valsa la pena, però poi concludeva sempre dicendo che non era il sesso che voleva dal suo ragazzo silenzioso preferito.
Lui voleva conoscerlo, e quel poco di etica professionale che fingeva di avere gli diceva che sarebbe stato solo un male.
Quindi aveva deciso che Liam Payne non era destinato a grandi cose, e poteva benissimo tornare a fare quella vita monotona di prima. Vita che si era reso conto di quanto fosse triste solo dopo aver conosciuto Zayn.
Quando fai le cose talmente in automatico perché non conosci altro modo, ti sembra che vada tutto bene, che tutto sia a posto.
Liam, invece, si stava annoiando a morte. Aveva tolto la sveglia dopo una settimana da quando aveva smesso di andare all'istituto, perché era talmente normale sentirla suonare che neanche ci pensava.
Poi però, quando aveva iniziato a lamentarsi perché aveva sonno e nessun motivo per saltare dal letto così presto, l'aveva spenta e nascosta in un cassetto.
Si era accorto, dopo una intera settimana, che non poteva certo andare avanti con un unico amico, per quanto Niall valesse almeno per tre. Non bastava neanche che gli portasse i pancakes una mattina su due o che lo rimproverasse in quelle che restavano.
Liam era annoiato, tremendamente annoiato.
“Stasera ti portiamo a bere” aveva annunciato il biondo, mentre era in procinto di salutare l'amico sulla porta di casa sua. Aveva passato le ultime due ore a chiedersi cosa lo avesse spinto ad andare a fare jogging con lui dato che era senza fiato, e si era ripromesso che non avrebbe mai più ceduto.
“Portiamo… tu e chi?” aveva chiesto Liam preoccupato. Niall sbuffò alzando le spalle. “Smettila di fare l'asociale, sono miei amici, ti piaceranno!”
Invece a Liam non piacquero neanche un po'. Non era colpa loro, in generale sembravano divertenti e alla mano, ma parlavano davvero troppo e a Liam non piaceva la confusione. In aggiunta, Niall aveva scelto un posto tremendamente affollato e la cosa non lo stava aiutando.
Al quarto cocktail e dopo aver detto non più di tre parole in croce, si alzò e li smollò lì senza neanche una spiegazione.
 
Non era stata una delle sue mosse migliori, ne era consapevole dato che sarebbe dovuto tornare a casa a piedi. Certo, era anche un bel po' brillo quindi forse sarebbe stato meglio chiamare un taxi.
Stringendosi nel suo cappotto non molto pesante, si mise in attesa dell'auto in un angolo semi illuminato tra due palazzi. Questa arrivò pochi minuti dopo e Liam fece appena in tempo ad indicare al conducente l'indirizzo di destinazione che sentì squillare il telefono. Era molto tardi, poteva essere solo Niall con l'intenzione di urlargli contro, ma rispose lo stesso, mettendoci un po' troppo.
“Ehi biondo, non essere incazzato, sto tornando a casa sano e salvo. Scusami tantissimo amico” biascicò.
Peccato che dall'altro capo del telefono non ci fosse affatto Niall.
 
“Liam? Sono Louis Tomlinson” lo informò serio il suo interlocutore, e Liam iniziò a ridere perché cazzo, doveva essere proprio ubriaco.
“Sei ubriaco, per caso?”
Appunto.
Era sabato sera, poteva pure essere normale, come di certo non lo era quella telefonata nel cuore della notte.
“Va bene, magari mi rifarò vivo quando avrai smaltito ma… sono all'istituto, mi hanno chiamato d'urgenza perché Zayn ha avuto un'altra crisi.”
A sentire quel nome, Liam sentì uno strano calore al centro del petto. Cominciò a ridere senza un motivo e “ma io non lavoro più lì, signore” balbettò euforico. Era quasi fastidioso da sentire.
“E io ti sto chiamando perché invece ci servi qui, ma devo aver scelto il momento peggiore. Grazie tante per la comprensione, Liam, davvero” concluse Louis con un tono deluso palpabile persino a distanza.
Liam intanto era arrivato a casa e l'unica cosa su cui era riuscito a concentrarsi era il suo letto.
 
Era molto tardi quando riaprì gli occhi la mattina successiva, e la bocca ancora impastata dall'alcool ingurgitato la sera prima gli fece ritornare il mal di testa. Si girò e rigirò un paio di volte sotto le coperte prima di iniziare ad acquisire lucidità e saltare in piedi come se fosse stato morso.
Louis.
Louis lo aveva chiamato, questo lo ricordava bene.
Gli aveva detto qualcosa su Zayn e lui non ci aveva dato per niente peso.
Quanto aveva bevuto? Aveva il respiro accelerato mentre cercava di ricordare perché gli avesse quasi sbattuto il telefono in faccia e poi la memoria gli tornò come un flash.
“Zayn ha avuto un'altra crisi.” In che senso un'altra? Aveva perso già troppo tempo, doveva alzarsi, farsi una doccia, rendersi presentabile e correre all'istituto.
Meno di un'ora dopo stava già con un piede fuori dalla porta incurante dello stomaco che brontolava per la fame, quando decise che forse era il caso di richiamare Louis e chiedergli scusa. Cercò il telefono che era convintissimo di aver messo in tasca e trovò almeno sei messaggi di Niall ai quali avrebbe risposto in un secondo momento.
Quando Louis rispose, Liam aspettò qualche secondo prima di parlare.
“Sei ancora sbronzo?” ruppe il silenzio il medico, scocciato nella voce. Liam strinse gli occhi insultandosi mentalmente per la figuraccia che aveva fatto la sera prima e che, molto probabilmente, stava facendo anche in quel momento.
“Come sta Zayn?” fu tutto quello che domandò, tutto quello che gli importava sapere.
Quando Louis gli rispose “starà meglio quando ti deciderai a tornare da lui”, Liam era già a poche fermate di bus dall’istituto.
Gli sembrava di essere mancato per un secolo quando si ritrovò davanti l'edificio dove una volta lavorava, invece era passata solo una misera settimana. Entrò di volata senza soffermarsi troppo su qualsiasi nuovo dettaglio avrebbe potuto esserci e notare, con un inconsueto caldo ad agitarlo ulteriormente. Sophia lo accolse con un sorriso smagliante quando lo vide e “bentornato” gli disse, tornando a concentrarsi su qualsiasi cosa stesse guardando nel monitor del suo computer. Liam la trovò molto carina coi lunghi capelli ondulati che le ricadevano sulle spalle, e a bassissima voce le chiese scusa perché sarebbe stato un ottimo fidanzato se solo gli fossero mai piaciute le donne. Lui, in fondo, era fatto così, dava anima e corpo alle persone a cui teneva, e spesso risultava soffocante. Per questo era ancora solo, ma non gli importava, era giovane in fondo.
“Liam” sentì gracchiare da una Eleanor insolitamente raggiante. Si aggiustò i capelli due volte prima di aggiungere un “bentornato” che a Liam non andava proprio di smentire. Voleva vedere Zayn, al resto avrebbe pensato dopo.
“Al contrario di quello che ci aspettavamo, si è accorto subito che eri andato via, e credimi… quello è stato forse il momento peggiore. Ha avuto una crisi isterica tremenda, è stato quattro giorni in isolamento perché aveva iniziato a lanciare cose e temevamo potesse farsi del male” lo aggiornò Eleanor, un velo di tristezza nella voce.
“In isolamento?” proruppe lui sgomento, e la ragazza annuì aggiungendo “non era mai successo in tutti questi anni, è sempre stato tranquillissimo, lo conosci bene anche tu, ma in quei giorni senza di te è diventato un altro. Non hai idea, quindi, di quanto sia felice che tu sia tornato.”
Ma Liam non era tornato, era solo impazzito al pensiero di Zayn che stava male e voleva saperlo al sicuro.
Beh, forse ci stava pensando.
Fece solo un cenno all'infermiera, che lo accompagnò fino alla stanza 218, davanti alla cui porta chiusa lo lasciò.
Liam fece un paio di respiri profondi prima di afferrare la maniglia e abbassarla. Non sapeva nemmeno perché fosse così agitato, ma il pensiero che Zayn fosse andato addirittura in isolamento per causa sua non lo aiutava a calmarsi.
 
La pesantezza di colori che lo colpì una volta aperta quella porta fu la stessa del suo primo giorno. Una settimana era poca, ma abbastanza per far disabituare i suoi occhi a quelle pareti. Zayn era seduto sul ciglio del letto, dondolava le gambe avvolte in un pantalone largo nero e aveva i piedi nudi. Di fronte a lui due persone, una lo controllava con degli strani arnesi e l'altra prendeva appunti. Liam notò che il ragazzo aveva i capelli scompigliati e la cosa lo fece sorridere, sembrava piccolo.
Zayn si voltò nella sua direzione solo quando lo sentì chiudersi la porta alle spalle. I due di fronte a lui si allontanarono di poco e il ragazzo si alzò in piedi quasi in maniera robotica.
“Liam” sentì poi. Era una voce chiara, con un accento del nord, e non l'aveva mai sentita prima. Gli tremavano le gambe, ne era certo, eppure lo stavano guidando verso quel ragazzo perché aveva una insana voglia di stringerselo addosso.
E lo fece, Liam attirò Zayn a sè, senza preoccuparsi di come avrebbe reagito e “sì, sono io” lo rassicurò accarezzandogli la testa. Zayn approfondì l'abbraccio e “Liam” ripetè una seconda volta, camuffando una risatina leggera. I due infermieri finalmente si tolsero di mezzo e Liam si allontanò piano, per poterlo guardare in viso prima di baciarlo.
Poterlo toccare come si deve era già ben oltre le sue più positive aspettative, ma avergli potuto sfiorare le labbra era qualcosa di totalmente inaspettato. Zayn si era comportato come se nulla fosse, come se non aspettasse altro, e Liam avrebbe voluto essere più aggressivo, mordere quelle labbra carnose, farle schiudere e approfondire quel bacio, ma un passo alla volta andava bene.
Lui aveva sempre avuto tanta pazienza. Quelle persone avevano aspettato undici anni un miracolo in cui neanche lui credeva, e forse in quel momento era sotto shock perché la voce di Zayn era proprio come se la era sempre immaginata e oltre alle gambe avevano iniziato a tremargli anche le braccia.
Gli stampò un bacio sulla fronte, lo osservò teneramente e “aspettami qui” gli disse, prima di dirigersi verso l'ufficio di Tomlinson.
“Tu vuoi… cosa?”
Lo aveva deciso su due piedi, era vero, ma ne era convinto: avrebbe portato Zayn a casa sua, così da poter stare con lui e controllarlo ventiquattro ore su ventiquattro.
“Ma avrai sicuramente bisogno di un'infermiera, o robe del genere, non so se posso permetterlo.”
Ma Liam era irremovibile e stava cercando in tutti i modi di non sembrare irrispettoso verso il medico.
“Sarò io la sua infermiera, penso di esserne perfettamente in grado” gli disse infatti.
“Ah non le ho detto una cosa importante: Zayn ha la voce tenera come quella di un bambino.”
Louis trasalì.
“Che? Vuol dire che…”
“Ha parlato, sì. Zayn ha parlato.”
E non sapevano perché entrambi scoppiarono a piangere.
Forse perché Louis lo aveva visto crescere e forse perché Liam era schifosamente innamorato di lui. In entrambi i casi erano lacrime di gioia ed era l'unica cosa importante.
 
Zayn non avrebbe più visto pareti dipinte di quattro tonalità differenti, ma non sembrava affatto rappresentare un problema, abituato com'era.
Liam ne fu estremamente felice. Per questo e per il piccolo miracolo che era riuscito a portarsi a casa.
L'avrebbe riempita solo del suono della sua voce.
O almeno ci aveva sperato. Nonostante sia sempre stata una persona pessimista, aver visto Zayn sbloccarsi aveva rappresentato un cambiamento anche per lui.
Ecco perché, una volta aperta la porta del suo appartamento, fiero di mostrarlo al nuovo inquilino, quasi ci restò male quando Zayn rimase sulla soglia incerto sul da farsi.
Ma Liam gli tese la mano e “non avere paura” gli disse dolcemente, e Zayn azzardò dei passi in avanti senza afferrarla, si guardò intorno curioso e fece una faccia spaventata quando sentì un rumore non bene identificato. Liam lo acchiappò e se lo strinse al petto lasciandogli un bacio leggero sulla fronte.
“Shhh” provò a tranquillizzarlo, “non è niente.”
Poco dopo il ragazzo sembrò più a suo agio, si allontanò dalla stretta di Liam e continuò l'esplorazione della casa. Non sembrava attirato da nulla in particolare, ma Liam aveva già deciso di acquistare una scrivania e delle matite colorate tutte per lui. Mentre se lo immaginava a colorare nel suo salotto o sul tavolo della cucina, gli venne da sorridere come un ebete.
Chiamò Niall sperando potesse aiutarlo e tenere compagnia a Zayn mentre si dirigeva al negozio. Il biondo accettò riluttante, apparentemente aveva un appuntamento che però rimandò volentieri e si precipitò a casa dell'amico. Liam non smise di ringraziarlo per almeno dieci minuti.
 
Neanche due ore dopo, era già di ritorno. Niall lo aveva tenuto aggiornato nonostante non ce ne fosse bisogno perché “è la persona più silenziosa e calma che abbia mai conosciuto” e se ne andò rubando un biscotto al cioccolato dalla ciotola che Liam teneva sempre al centro del tavolo della cucina.
Zayn si era subito accigliato quando aveva notato la scomparsa del biondo, e Liam lo aveva trovato strano, era raro si accorgesse così velocemente dei cambiamenti attorno a lui. Stava riprendendo una leggera positività. Anche perché aveva visto Liam, e il fatto che Niall se ne fosse andato non era di certo un problema, ormai.
 
Liam mise la scatolina piena di matite colorate sul tavolo e la aprì davanti ad uno Zayn perplesso. Non aveva più detto una parola da quel giorno all'ospedale, ma cercava di non pensarci, avrebbe fatto di tutto perché stesse meglio, avrebbe sopportato anche il suo silenzio, tanto a quello era già abituato.
 
“Adesso vado a montarti la scrivania, così avrai un posto tutto tuo e non ti disturberà nessuno. Puoi anche dirmi dove metterla, se vuoi.”
Liam non aveva una scrivania, era più un tavolo disordinato e davvero non voleva che Zayn lo usasse, voleva sul serio regalargli qualcosa di completamente suo, per farlo sentire parte della casa, oltre che di se stesso.
Si alzò di scatto, quindi, lasciandolo ai suoi fogli e alle sue matite colorate, e forse Zayn non la prese bene perché lo afferrò forte per un braccio e lo guardò tristemente.
“Ehi” gli disse, accarezzandogli la mano che lo aveva afferrato, “cosa c’è?”
Non sapeva perché continuasse ad istigarlo a parlare, ma sperava tanto che, per una volta, andasse come voleva lui. Lo guardò in viso, osservando ogni suo piccolo lineamento, e per lui era già un qualcosa di straordinario il fatto che non avesse più il volto freddo ed inespressivo di quando lo aveva conosciuto.
“Se hai paura che me ne vada, la monto qui, davanti a te, ok?” La mano si spostò dalla sua al viso, che pian piano si rilassò. Zayn annuì guardando a terra e Liam sorrise, prima di lasciarlo.
 
“Grazie” fu tutto quello che non era certo di aver sentito veramente.
 
Zayn passò il resto della giornata a disegnare alla sua nuova scrivania. Era in mezzo al corridoio e Liam stava iniziando un po' a preoccuparsi perché non aveva ancora spiegato al ragazzo concentrato che avrebbero dovuto spostarla. Non poteva stare lì, non aveva importanza dove sarebbe finita, ma dovevano spostarla.
Ma Zayn era nel mezzo di un disegno alquanto impegnativo, e Liam sapeva di non doverlo disturbare. Avrebbe aspettato che finisse e poi ci avrebbe provato. Per fortuna che, almeno, non pesava molto, si consolò.
 
“Devi scegliere tu” gli spiegò quando, finalmente, riuscì a farsi ascoltare. Zayn si era grattato la testa con tutte le sue matite nuove e poi le aveva messe in ordine come piaceva a lui, quindi spostare la scrivania significava spostarle e non sembrava molto d'accordo, infatti scosse il capo contrariato più volte. Liam sbuffò e si disse che avrebbe dovuto avere molta più pazienza di così. Era stanco, affamato e non vedeva l'ora di andare a dormire.
“Zayn…” lo richiamò piano, sembrava quasi un tono paterno, ed il ragazzo prese le sue matite, sbuffò a sua volta, e si mise di lato. Liam capì di avere via libera.
“Guidami” lo incoraggiò, e fu solo quando si fermò davanti alla porta semiaperta della sua stanza che realizzò che non gliela aveva ancora mostrata.
“V-vuoi che la metta… qui?” Zayn sbattè un piede a terra e incrociò le braccia e Liam potè giurare di aver sentito i suoi pensieri. Di sicuro gli stava dando del cretino.
“Ok ok” si arrese, “in fondo è… sì, è anche camera tua.”
 
Già. E lo aveva realizzato solo in quel momento.
 
Il letto di Liam non era molto grande, non aveva mai voluto un matrimoniale e non c'era mai stato un vero motivo, ma ora stava rimpiangendo quella scelta.
Quello che aveva di fronte, che era tornato quasi subito a sedersi a colorare dopo che gli avevano sistemato la scrivania accanto al tavolo di Liam, non era un ragazzo qualunque.
Lo sapeva, e doveva affrontare ogni problema che questa cosa comportava.
 
“Vuoi mangiare qualcosa?” provò a chiedergli resosi conto che era ormai ora di cena. Il ragazzo, ovviamente, non lo degnò di alcuna attenzione e Liam sospirò prima di ordinare una pizza formato famiglia. Era tenero, comunque, da osservare mentre dondolava le gambe.
 
Zayn probabilmente non aveva mai visto una pizza o, non ne ricordava l’esistenza, perché, quando Liam aprì il cartone che la conteneva, la osservò senza capire. A Liam venne da ridere, era incredibile quanto infantile sembrasse in certi momenti.
Prese un pezzo e “fidati di me e apri la bocca” disse. Zayn guardò la mozzarella che filava, poi il volto di Liam, si rilassò e diede un morso. Masticò lentamente, ingoiò e si avventò subito sul resto che Liam teneva in mano per finirlo.
Gli piaceva, era contento. Erano contenti entrambi.
 
Finirono la pizza poco dopo, Liam scoprì anche che, oltre per la pizza margherita, Zayn andava pazzo per la coca cola, quindi gli aveva lasciato finire anche la sua lattina mentre metteva via i cartoni vuoti e lavava le stoviglie.
“Liam” sentì poi, e stava iniziando a trovare assurdo il fatto che, ogni volta che parlava, non riusciva a cogliere il suo viso.
Cercò di calmare il battito accelerato del suo cuore e “dimmi” pronunciò. Zayn allungò il braccio e puntò il dito verso il corridoio. Liam non capì, si asciugò le mani umide e dio se solo quel ragazzo riuscisse a parlare.
“Dove vuoi andare?” chiese, e Zayn si spazientì, si alzò in piedi, facendo dedurre a Liam di doverlo seguire.
Si fermarono davanti la sua camera da letto.
Ovviamente.
“Sei stanco anche tu?” domandò e Zayn annuì non subito. “Ti preparo il letto, allora” lo informò e “no” sentì in risposta.
Beh, almeno era una parola nuova.
“Cosa no? Aiutami a capirti, Zayn.”
“No” ripetè però. E non disse altro. Almeno fino a quando Liam annunciò che avrebbe dormito sul divano.
“No” sussurrò quasi. Liam si piantò vicino alla porta, la mano già sulla maniglia per abbassarla e uscire.
“R-resta… qui.”
Questa volta aveva inteso bene, aveva anche avuto la possibilità di guardarlo mentre si sforzava di dire qualcosa, e non avrebbe pianto, sebbene lo stesse già facendo.
“Vuoi che dormiamo insieme?” chiese, sentendosi quasi sollevato, perché era la cosa che più desiderava al mondo.
Tirò su col naso e corse ad abbracciarlo, sapeva che non gli avrebbe fatto del male.
 
Dormire fu una parola grossa per Liam, quella notte. Era stanco, è vero, ma avere Zayn sdraiato di fianco a lui che lo fissava pensando a chissà cosa, gli aveva ridato quasi le forze.
Aveva cercato di stare tranquillo e distaccato quando lo aveva aiutato a cambiarsi per la notte, cercando di non guardargli troppo il petto o le gambe toniche. E adesso stava provando a reprimere il desiderio di saltargli sopra e fare di lui ciò che voleva perché, in fondo, era indifeso e sarebbe stato facile.
Ma era Zayn, e si stava fidando di lui. Lo avrebbe aspettato per tutto il tempo necessario.
Si limitò ad accarezzargli i capelli e guardarlo nella penombra della stanza. Gli sembrava quasi assurdo che un ragazzo che fino a poco tempo prima neanche si faceva toccare adesso fosse lì così rilassato.
“È stata una lunga giornata, dovremmo dormire” disse a bassa voce, ed in tutta risposta Zayn rispose con uno sbadiglio che lo fece sorridere e probabilmente anche arrossire.
“Ascoltami, sono davvero stanco, ma prima di dormire vorrei baciarti. Posso farlo?”
Zayn sgranò gli occhi e andò a cercare i suoi. Erano liquidi, riuscivano a dirgli anche quello che non riusciva a vedere, e allora Liam si prese quel permesso e si appigliò alle sue labbra. Gli prese il viso tra le mani e Zayn mugolò mentre gli permetteva ulteriore accesso. Sorrisero entrambi contro i denti dell'altro e continuarono a baciarsi ancora un po', finchè Liam gli stampò un bacio sulla fronte imponendosi di fermarsi.
“Buonanotte” gli disse nel bacio, e si voltò dall'altro lato, forse per comodità, forse solo per controllarsi, non lo sapeva.
Quel di cui era certo era che era felice. E forse anche Zayn lo era, perché gli si accoccolò addosso, passò un braccio sulla sua vita e strofinò il naso contro la sua schiena.
 
Liam percepì che lo stava annusando.
 
Si fece stringere più forte e pregò di avere abbastanza forza di volontà per non fare quello che stava effettivamente per fare.
Gli prese la mano che teneva poggiata al suo fianco, la strinse e poi la spostò. Si voltò di nuovo e con lentezza verso di lui che, però, gli sembrò subito spaventato.
“Piccolo… non vuoi proprio dormire, eh?” Domanda che, più che a Zayn, stava rivolgendo a se stesso.
Zayn scosse il capo e lo affondò contro il suo petto chiudendo gli occhi. Liam gli accarezzò la testa quando lo sentì lasciargli un bacio quasi all'altezza del cuore.
Non riusciva a capire i suoi messaggi, aveva sempre paura di fraintenderli, ma “muoio dalla voglia di fare l'amore con te” si lasciò sfuggire ad alta voce. Poggiò il mento sulla sua testa, rassegnato, guardò nel buio oltre il letto e stava già pensando di aver fatto una enorme cazzata a portarlo a casa con lui. Che sarebbe finito con l’impazzire, anche se Zayn era rimasto così com'era, respirava contro il suo petto e gli stampò un bacio leggero nello stesso punto di prima.
“Mi concedi questo onore? Farò piano” sussurrò, abbassandosi per poterlo guardare. Sperava di non vedere alcuna espressione spaventata perché fermarsi in quel momento lo avrebbe fatto sentire molto peggio di come già non si sentisse. “Te lo prometto” gli baciò la fronte, e Zayn sospirò in segno di resa, alzò le braccia e gli regalò uno dei suoi migliori sorrisi. Liam glielo tappò con un bacio pressante, irruento, perché non gli importava più di porsi dei limiti, aveva capito che non ce n'era bisogno.
 
“Rilassati” soffiò, portandosi sopra di lui. Zayn respirava affannosamente e Liam lo guardava, standogli a cavalcioni, in attesa che si calmasse.
“Puoi dirmelo, in qualsiasi modo. Vuoi fare l'amore con me?”
Liam non poteva notarlo, ma Zayn era arrossito, e gli era venuta una leggera pelle d'oca mentre si mordeva il labbro e cercava la risposta giusta in un punto indefinito davanti a lui. Muoveva il capo, agitato, e Liam si scosse, si mise seduto sopra di lui, senza schiacciarlo troppo e “va bene… va bene, scusami. Scusami tanto, mi sono lasciato prendere la mano” sussurrò teneramente. Aveva lo sguardo di chi osserva un bambino, “ma sei così bello, Zayn, te lo hanno mai detto? Sei bellissimo e non voglio farti alcun male, quindi dormiamo, facciamo finta di niente.”
Si rialzò per poter scivolare al suo fianco, dandogli le spalle di nuovo, perché se lo avesse guardato si sarebbe sicuramente rimangiato tutto.
Si tirò le coperte fin quasi sopra la testa senza prestare attenzione a Zayn che era rimasto esattamente com'era, a pancia in su e con le gambe leggermente divaricate. Si era voltato a guardarlo perché aveva bisogno ancora dei suoi tempi per metabolizzare, si era morso il labbro e poi si era girato malamente verso di lui dandogli una botta dietro la schiena.
“Ehi, che fai?” si lamentò infastidito. Zayn gli diede un altro pugnetto e allora Liam si girò. Gli stava venendo male alle braccia a forza di rotolare in quel letto.
Zayn lo stava fissando con le sopracciglia corrucciate e lo indicava con l'indice della mano destra.
“Stupido” disse, quasi sillabando, “stupido Liam.”
Solo a sentirlo, sembrava un piccolo alle prese con le sue prime parole, invece Zayn era una persona quasi adulta e aveva appena detto a Liam che non aveva capito niente.
Zayn gli stava dicendo che averlo era tutto ciò che voleva.
Gli stava dicendo che era pronto, solo che adesso era Liam ad aver bisogno dei suoi tempi, per metabolizzare il fatto che Zayn si stesse sforzando di parlare, che stesse uscendo dal suo blocco. E che, probabilmente, lo stava facendo solo grazie a lui.
 
“Non sapevo fossi un tipo audace” sorrise, e si mise ad altezza del suo viso per poterlo osservare meglio, come faceva sempre. Non passò molto prima che lo baciasse un'altra volta, premendo forte le labbra contro le sue. Zayn le schiuse subito, sospirò nel bacio, e lo approfondi, perché era tutto ciò che voleva in quel momento.
“Farò del mio meglio” disse, lasciandogli un buffetto sulla punta del naso, “non sentirai dolore” continuò facendo con gli occhi la panoramica del suo volto spaesato ma eccitato, alla ricerca di qualsiasi cosa che gli facesse capire il da farsi.
“Te lo prometto.”
E poi lo baciò.
 
Come si sia ritrovato nuovamente sopra di lui, Liam non lo ricordava nemmeno. Ma Zayn non solo non sembrava infastidito, lo aveva circondato con le braccia e lo stava privando di tutto quello spazio che li potesse tenere lontani. Se lo stava praticamente spiaccicando addosso e Liam aveva avuto anche un attimo di imbarazzo quando la sua erezione, ormai formata da tempo, era andata a scontrarsi con l'interno coscia di Zayn.
Era così diverso dal paziente dell'istituto e questo non lo stava aiutando neanche un po'.
“Se non mi permetti di muovermi, non riuscirò a fare granchè, piccolo” provò a lamentarsi, sebbene avesse il suo collo a disposizione, che aveva già marchiato in più punti. Era quasi bello guardare i segni violacei che aveva lasciato.
Doveva essere anche una zona particolarmente sensibile, perché il ragazzo sotto di lui emetteva dei gemiti di piacere ben poco silenziosi persino per lui.
 
Provò a rialzarsi, in modo da poterlo guardare e, magari, finalmente prepararlo, ma più Liam ci provava e più Zayn lo tirava giù. La cosa era quasi comica, vista da fuori.
“No” aveva sussurrato nervoso, e Liam, non sapeva neanche perché, era scoppiato a ridere e aveva faticato parecchio prima di fermarsi.
“Sei meraviglioso, come devo fare con te?” aveva detto, e allora Zayn gli aveva dato un pizzico su una guancia e aveva provato a guardarlo. Liam non si sarebbe mai abituato a quei sorrisi così genuini, ne era certo.
 
“Posso alzarmi?” chiese poi, con un residuo di risata che tentava di soffocare. Zayn non sembrava convinto, sbuffò un paio di volte ma, alla fine, allentò la presa. Liam gli diede un bacio a stampo prima di mettersi a sedere sopra di lui.
 
“Ti ringrazio tantissimo” sogghignò e, senza perdere altro tempo, si allungò a prendere qualcosa dal cassetto del comodino. Zayn lo seguì curioso con lo sguardo.
Tornato in posizione, Liam fece quasi scintillare alla luce della luna la bustina di plastica che aveva in mano.
“So che probabilmente questa per te sarà la tua prima volta, e sappi che sono onorato di poter essere io il primo, quindi non voglio farti del male. So anche di averlo detto infinite volte, ma ci tengo che tu lo capisca.”
Gli stava accarezzando il petto nudo con la mano libera, lo stava sollevando e abbassando troppo velocemente per l'agitazione, e Liam stava provando di tutto per calmarlo.
Non poteva certo permettere avesse una crisi, tantomeno in quel momento.
Si augurava, più che altro, che lo vivesse come era giusto che fosse, ovvero una cosa bella, speciale.
Zayn non si stava calmando, però, ma gli aveva afferrato quella mano tra le sue, senza mai distogliere lo sguardo da lui.
Sarebbe stato pronto, non c'era bisogno di altro.
 
Liam si infilò il preservativo evitando in tutti i modi di non rimettersi a ridere solo perché Zayn stava fissando tutta la scena in maniera maniacale.
“Respira, ti prego. Respira piano” gli sussurrò, abbassandosi verso un suo orecchio.
Gli afferrò i fianchi con delicatezza per sollevarlo e, finalmente incontrò la sua apertura, nella quale si fece strada con estrema lentezza.
Zayn non riuscì affatto a respirare piano, sentiva quella presenza dentro di lui, gli faceva un male cane ma non sapeva come dirlo.
“Tranquillo” sillabò Liam poggiando la fronte alla sua, “presto passerà” disse, sfiorandogli le labbra. Ma Zayn se ne appropriò voracemente, senza emettere alcun suono che coprisse il suo respirare affannoso. Gliele morse anche, perché forse così avrebbe trasmesso quel che stava provando anche a lui. Liam gli chiese scusa tra i denti.
“Sta passando, vero?” chiese, spingendosi ancora un po' dentro di lui. Era bellissimo osservarlo così debole sotto di lui, forse era anche un po' egoista come sensazione, ma non riusciva a farne a meno, non l'avrebbe dimenticata presto.
Zayn si stava sfogando contro le lenzuola del letto tenendole strette nei pugni e, finalmente, dopo interminabili minuti di affannoso silenzio, emise un gemito e venne sul suo petto.
Non c'era stato neanche bisogno che lo toccasse.
Liam lo liberò della sua presenza e venne poco dopo, Zayn scoppiò a ridere e lui non poteva crederci. Nemmeno quando lo vide andare a cercare con le mani il liquido di cui lo aveva sporcato e portarselo alla bocca.
Non pensava avrebbe mai potuto vedergli fare una cosa così erotica, ecco perché lo baciò inebriandosi del suo stesso sapore sulla sua lingua.
“Adesso puoi tenermi. Tienimi, per favore. Per tutta la notte.”
E Zayn non rispose, ovviamente, si limitò a stringerselo addosso e neanche ricordò come finì con l'addormentarsi seguendo il ritmo del suo respiro rilassato.
 
Liam era felice.
Avrebbe iniziato a riempire la sua casa dei gemiti del ragazzo che amava e poi dei brevi suoni sensati che la sua voce gli avrebbe regalato. Lo avrebbe fatto sorridendo fiero e sapendo che un giorno anche lui gli avrebbe fatto sapere che ricambiava i suoi sentimenti.
Prima con un disegno colorato, poi a parole, quelle che ancora con molta fatica stava imparando a mettere insieme.
Ci avrebbe messo solo un altro mese, e comunque a Liam ormai neanche interessava più.
Non teneva più il tempo quando si trattava di Zayn.
 
 
 
 
***
Se siete arrivati fin qui, come sempre vi ringrazio. Per tutto il resto ci sono solo quelle persone che ancora fanno il tifo per me e 'sti stronzetti che, in un modo o nell'altro, mi ispireranno sempre.
Buona domenica a tutti e spero abbiate passato delle buone feste!
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: CallMeSana