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Autore: Curiosity    10/01/2017    8 recensioni
“Sarebbe stato davvero così orribile, Will? Venire via con me?”
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AU post Mizumono (2x13). Dopo che Hannibal lascia Will a dissanguarsi sul pavimento quest’ultimo cade in depressione e non lo insegue. Ritrovare la strada che porta all'altro non è semplice come sembra. Che sapore ha un cuore spezzato?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hannibal Lecter, Will Graham
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Even Lovers Drown

di Curiosity

7. The Hangman’s Knot

Don’t care if he’s guilty, don’t care if he’s not

He’s good and he’s bad and he’s all that I’ve got

Oh Lord, oh Lord, I’m begging you please

Don’t take that sinner from me

                                               (The Civil Wars, “Devil’s Backbone”)

Hannibal riagganciò la cornetta del telefono pubblico, emergendo dalla cabina nel sole del  mattino. Ripiegò in quattro il fazzoletto che aveva usato per impugnare l’apparecchio senza lasciare impronte, quindi lo gettò nel cestino più vicino.

Will lo credeva in paese per svolgere una commissione, e in un certo senso non si sbagliava. Era andato lì per fare qualcosa che aveva rimandato fin troppo a lungo, e ora che aveva portato a termine il suo intento si sentiva più leggero. Quasi riusciva a vederlo, lo sguardo tradito che Will gli avrebbe rivolto quando avesse scoperto cosa aveva fatto. Ma d’altronde, Hannibal era un fermo sostenitore della teoria per cui un male necessario era in realtà un bene sotto mentite spoglie, ed era al bene di Will che lui stava pensando in quel momento. Il fatto che stesse pensando anche al proprio non rendeva meno altruistica la sua intenzione.

Gli ultimi giorni erano stati un continuo camminare sul filo del rasoio, e un continuo rigettare da parte di Will i tentativi di conversazione di Hannibal.

“Preferirei che fumassi di meno”, aveva detto Hannibal alla quinta sigaretta accesa dall’altro nel giro di un’ora.

“Perché, rovina il sapore della carne?”, lo aveva zittito Will lasciando la stanza.

Se il profiler non si fosse dimostrato così difficile Hannibal non avrebbe dovuto ricorrere all’inganno, ma tant’era. Nel momento in cui era arrivato lì, settimane prima, non pensava si sarebbe mai dovuto fermare così a lungo. Restare ancora era fuori discussione, ma anche partire senza Will lo era. E visto che non sembrava aver intenzione di collaborare gli avrebbe forzato la mano.

Hannibal Lecter, d’altronde, non aveva mai saputo accettare un no come risposta.

La sera prima il profiler era andato a dormire reiterando per l’ennesima volta la sua volontà di mettere il più possibile distanza tra loro.

“Forse dovresti andartene”, aveva detto senza guardarlo in faccia.

“La distanza non cambia nulla, l’abbiamo già appurato.” aveva risposto lui con tono piatto. “Puoi separare due calamite e sperare che non si attraggano, ma è nella loro natura cercarsi. Così come è nella mia natura non riuscire a rinunciare a ciò che voglio.”

Will aveva scosso la testa.

“Una volta mi dicesti che se mai ti avessero catturato avresti potuto vivere a oltranza nel tuo Palazzo della Memoria. So per certo che io vi occupo molte stanze. Perché non puoi lasciarmi andare e accontentarti del me nella tua mente?”

“Tutto cambia quando si tratta di te, Will. Nessun misero ricordo potrebbe mai renderti giustizia. Nessuna illusione creata dalla mia mente potrebbe mai sperare di soddisfarmi. Nessun brandello di realtà riesce ad avvicinarsi a ciò che sei.”

Will non gli aveva risposto, e Hannibal non aveva insistito. Aveva ormai capito che con le buone maniere non avrebbe ottenuto nulla. Era per quello che era andato lì quel giorno. Con gli occhiali da sole a coprirgli gli occhi osservò per un attimo gli ignari abitanti di quella cittadina, formiche laboriose che gli sciamavano intorno del tutto ignare del sangue che molto presto sarebbe stato versato in un modo o nell’altro per sua volontà.

Ora non gli rimaneva che aspettare.

*

Will osservò critico l’ennesima tavola di legno del tetto che ad un’accurata ispezione si stava rivelando inservibile. Il ciclone che aveva investito la Florida nei giorni precedenti aveva messo a dura prova la struttura e l’integrità della catapecchia in cui vivevano, e se gli scrosci di pioggia fossero continuati ancora a lungo nulla li avrebbe salvati dal fare un bel bagno quando il marciume avrebbe finalmente fatto cedere il soffitto intero.

Will si limitò a piazzare un altro telone isolante sulle tavole e ad assicurarlo alla bene e meglio, in un tentativo di risparmiare al legno esausto almeno il peggio dell’umidità, quindi scese dal tetto, gli stivali di gomma che affondavano nella sabbia inzuppata d’acqua.

Quel clima rendeva solo tutto più difficile. Anche la sopportazione di Will per la presenza dell’altro sembrava essere stata messa a dura prova dal ciclone. Essere costretti in un ambiente chiuso con qualcuno che preferiresti non vedere per non dover fare i conti coi sentimenti irrisolti che provi per lui non era esattamente la sua idea di divertimento. Aveva cercato di spingerlo via, di cacciarlo, si giustificava con se stesso, ma Hannibal non aveva voluto sentire ragioni. E in ogni caso che differenza faceva? Hannibal gli era entrato nelle ossa, che gli piacesse o no, e mandarlo via sarebbe stata solo una soluzione a metà. Sarebbe sempre rimasto una parte di lui, un mormorio costante che avrebbe finito per seppellirlo sottoterra a forza di alcool ingurgitato per dimenticare.

Rientrò in casa dopo essersi tolto le scarpe, accendendo il giradischi tanto per riempire di rumore bianco i suoi pensieri. Scelse un disco a caso e lo mise su, rimettendosi al lavoro nel tentativo di arginare le perdite interne. Qualche tempo dopo, ore o minuti non avrebbe saputo dirlo, Hannibal rientrò dalla sua commissione in città, il sacchetto del negozio di dischi sotto braccio e i capelli appena spettinati dal vento che soffiava sulla spiaggia.

“Le riparazioni sembrano procedere bene”, osservò sollevando lo sguardo su Will in bilico su una sedia che cercava di convincere i chiodi ad affondare nel legno marcio senza irreparabilmente sfondarlo.

Un grugnito di assenso fu tutto quello che Will si sentì disposto a concedergli, perché, sinceramente? ‘Procedere bene’ non era esattamente una definizione che avrebbe usato per indicare un qualsiasi aspetto della sua vita, compreso quello che lo vedeva vestire i panni del carpentiere aggiustatutto che a detta della fruttivendola del paese stava riscuotendo un certo apprezzamento tra le annoiate massaie di Naples, col risultato che Will aveva iniziato a chiedersi se tutte quelle porte che non si aprivano e tutti quei motori improvvisamente ingolfati non fossero in fondo una scusa per vederlo sudare nella speranza che si togliesse la camicia. Era quasi stato tentato di farlo un paio di volte, tanto per godersi l’espressione che il suo addome segnato e tutt’altro che rassomigliante a quello del protagonista di un qualsiasi sogno erotico avrebbe suscitato.

Hannibal finse di non far caso a quel mutismo prolungato e si limitò a spostarsi in cucina, lasciando sul tavolo il sacchetto coi dischi. Fu solo quando Will scese mezzo sconfitto dalle travi che aveva tentato di riparare che vi gettò un occhio, bloccandosi a metà di un passo. Conosceva abbastanza Hannibal da sapere che Billie Holiday non era nemmeno lontanamente abbastanza raffinata e snob per essere tra le sue scelte musicali, mentre aveva spiccato tra i cd che Will aveva avuto a Wolf Trap per via della quantità di ricordi della sua infanzia che erano legati alle sue canzoni. Will si ricordò per l’ennesima volta della quantità di tempo che Hannibal aveva passato a casa sua quando vi era andato per impiantarvi prove per incastrarlo al posto suo. Supponeva che conoscesse persino l’elenco dei suoi libri a memoria.

Strinse i denti, ricordandosi che un mezzo gesto gentile non voleva dire niente se il fine ultimo era quello di manipolarlo affinché ricominciasse a parlargli. Una parte di sé si chiese allora che differenza ci fosse tra il porgere il proverbiale rametto d’ulivo e la manipolazione, ma dal momento che il discorso sembrava così pendere a favore di Hannibal lo abbandonò del tutto prima che potesse trarne conclusioni che avrebbero potuto mettere l’altro sotto una luce meno negativa.

Will gli passò quindi accanto senza guardarlo e afferrò un pentolino dalla credenza, per poi superarlo nuovamente continuando ad ignorarlo. Sbatté con più violenza del dovuto il pentolino sul tavolo, là dove sapeva che il tetto avrebbe gocciolato non appena si fosse rimesso a piovere, e con il suo umore nero ormai reso sufficientemente palese se ne andò a leggere in salotto, non prima di aver messo su il 45 giri di Billie Holiday.

Non aveva senso sprecare della buona musica solo per dispetto.

*

La luce andava sparendo dal cielo quando Lucky si mise ad abbaiare. Non era di per sé un avvenimento raro; abitando in mezzo alla natura anche solo il passaggio di un gabbiano alle volte poteva dare il via a una serie di richiami più o meno forsennati. Ma Will era vissuto a stretto contatto coi cani da quando ancora con gambette instabili usava razzolare di fronte alla roulotte di suo padre in Louisiana, e seppe che c’era qualcosa che non andava con lo stesso istinto con cui un marinaio guarda il cielo azzurro e percepisce che la tempesta è vicina.

Si alzò dal divano passando lungo la parete, andando ad accostarsi alla portafinestra per sbirciare fuori, ma senza riuscire a scorgere nulla. Lucky stava ritto sul portico, puntato verso la strada come una banderuola che indica la direzione del vento. Si voltò verso Hannibal per dirgli che qualcosa non andava, ma nel momento stesso in cui incrociò i suoi occhi - calmi, pacifici, innocenti - sentì un brivido corrergli giù per la schiena.

Conosceva quell’espressione. Gliel’aveva vista fin troppo spesso sul volto nel corso degli anni, ingannevolmente rassicurante, ai limiti dell'inespressivo - lo stesso tipo di pacifica inespressività che contraddistingue certe pareti di roccia, che si scoprono impossibili da scalare solo quando si è già a metà della salita e non esiste più modo di scendere se non cadere nel vuoto.

Avrebbe dovuto saperlo.

Hannibal era stato fin troppo calmo nei giorni precedenti, come uno squalo appostato immobile sul fondale in attesa di una preda incauta su cui avventarsi. Will aveva cercato d’ignorare con tutto se stesso la sensazione che vi fosse qualcosa che non andava, il brivido dietro al collo che gli faceva capire dall’espressione di Hannibal che qualcosa era cambiato.

Col senno di poi, era stata davvero una pessima idea.

“Hannibal”, disse con una calma che non sentiva. “Cosa hai fatto?”

Hannibal chiuse lentamente il libro che aveva in mano, posandolo sul tavolino accanto alla poltrona e intrecciandosi le mani in grembo come aveva usato fare durante la sua vita da psichiatra.

“Ho chiamato Mason e gli ho comunicato la nostra posizione.”

Will chiuse per un attimo gli occhi per combattere una vertigine. La voce di Billie Holiday si dipanava dal grammofono, morbida e calda come whiskey, e come il whiskey aveva in sé un sentore di disperazione.

Ever since the world began

There have been other fools like me

Born to be

In love with a no-good man

Riaprì le palpebre, prendendo un respiro profondo.

“Non potevi proprio trattenerti, vero? Dovevi per forza mandare tutto a puttane,” sibilò tra i denti.

“Cosa volevi, Will? Che restassi buono qui con te per sempre, lasciando che ci spegnessimo lentamente? Preferisco vederci bruciare tutti d’un colpo come i soli che siamo.”

Will scoppiò a ridere, perché se non l’avesse fatto si sarebbe messo a piangere.

“Fanculo.”

In quel momento una raffica di colpi sfondò i vetri delle finestre, ed entrambi si gettarono a terra in una pioggia di cocci taglienti. Will imprecò, strisciando velocemente fino allo sgabuzzino del corridoio che conteneva il vecchio fucile che si era procurato quando era arrivato lì. Con mani tremanti afferrò l’arma, cercando a tentoni le munizioni sulla mensola e tentando contemporaneamente di restare basso. Sapeva di dover avere l’adrenalina alle stelle perché vi erano rivoli di sangue a corrergli giù per gli avambracci là dove i frammenti di vetro si erano conficcati mentre avanzava carponi, ma non riusciva minimamente a sentirli.

“Respira, Will. Tranquillo”, disse Abigail, improvvisamente inginocchiata accanto a lui. “L'adrenalina è tua amica. Metti i proiettili nella canna inferiore, uno dopo l’altro. Ora porta indietro il grilletto. Quando scatta significa che hai un colpo in canna e che sei pronto a cacciare.”

I movimenti di Will persero gradualmente il tremore febbrile iniziale man mano che Abigail parlava. Conosceva la caccia. Da qualche parte nella sua mente vi erano ancora le vestigia di Garrett Jacob Hobbs, e per una volta non cercò di frenare il suo cervello quando riesumò dai suoi recessi la forma mentis della Verla del Minnesota, ma anzi si lasciò andare.

Vedi?

“Will, aspetta che siano loro ad avvicinarsi”, disse Hannibal ora acquattato dietro al divano, un martello recuperato dalla cassetta degli attrezzi in mano.

Will si voltò verso di lui.

“I predatori attaccano”, disse Abigail, o forse Will, perché la voce che riverberò nella stanza era la sua dopotutto, e un attimo dopo Will era scattato e si stava catapultando fuori.

Il primo sicario fu colto di sorpresa, e si beccò una pallottola nel collo prima ancora che avesse il tempo di sollevare la pistola. Il secondo schivò il proiettile di Will e sparò tre volte di fila in risposta, ma i colpi si conficcarono sul lato del pick up dietro cui Will si era lanciato; un secondo un colpo di fucile sparato da sotto la macchina gli perforò il polpaccio, facendolo cadere a terra dove Lucky lo azzannò alla gola. Il terzo sicario afferrò Will di sorpresa per la caviglia e lo trascinò via da sotto la macchina, ma una martellata di Hannibal arrivatogli alle spalle gli sparse le cervella sul portico in una pennellata scarlatta.

Uno dopo l’altro tentarono di sopraffarli, e uno dopo l’altro fallirono. Will scoprì che il torpore che gli aveva pesato sul cervello per tutti quei mesi era improvvisamente scomparso, sostituito dall’euforia di sentirsi nuovamente, finalmente vivo. Il suo cuore pompava sangue in spinte potenti, il suo respiro era corto, i suoi muscoli tesi e le sue mani sporche di sangue. Era una macchina da guerra e Hannibal era un dio della morte, e nessuno di quegli esseri inferiori poteva sperare di avere la meglio su di loro.

Quando i proiettili finirono quasi non se ne accorse, abbandonando il fucile e passando all’attacco a mani nude - le armi da fuoco mancavano d’intimità, in ogni caso - e come Randall Tier aveva lasciato che la bestia interiore si manifestasse all’esterno, così Will lasciò che a guidare i suoi movimenti fosse l’istinto violento che così a lungo aveva tentato di sopprimere, e l’abilità nel corpo a corpo che aveva contraddistinto Beverly (“Chiudi il braccio intorno alla sua gola e stringi, Will, la mancanza di ossigeno farà il resto”), e la ferocia di ogni singolo serial killer in cui si era mai immedesimato.

Qualcosa che hai dentro che tenta di uscire.

Era così preso dall’ebbrezza della violenza che, una volta eliminato il suo ultimo avversario, impiegò qualche secondo prima di accorgersi con la coda dell’occhio che i movimenti di Hannibal si erano fatti più lenti e meno precisi, e quando si voltò vide il sangue macchiargli la camicia da uno squarcio sul fianco. L’ultimo dei sicari brandiva un coltello e si stava preparando ad attaccare nuovamente, e questa volta sarebbe stato un colpo fatale.

Per un attimo restò perfettamente immobile. Hannibal non meritava il suo aiuto. Aveva infilato entrambi in quel gigantesco casino di sua spontanea volontà, per puro capriccio. Il mondo avrebbe beneficiato della sua assenza. Will avrebbe beneficiato dalla sua assenza. Una vita libera dall’ombra che aveva proiettato sulla sua esistenza dal primo momento in cui vi aveva messo piede. Avrebbe potuto salvare chissà quante vittime future se solo avesse lasciato che morisse, e risparmiare chissà quanto sangue dall’essere versato, e quante lacrime dall’essere piante. La salvezza dell’umanità su un piatto d’argento. Ma, realizzò in quel momento, in realtà lui a quel mondo non doveva niente. Aveva passato la vita ad agire per il bene degli altri, ma quella persona non esisteva più.

Il suo dio non era mai stato misericordioso e, in fondo, non lo era nemmeno lui.

Si lanciò contro l’uomo come una fiera che balza sulla preda, saltandogli addosso da dietro e affondando i denti nel suo collo per poi tirar via il viso e strappare. Una pioggia di sangue si riversò su Hannibal, parzialmente inginocchiato di fronte all’assassino con una mano premuta sulla ferita, e Will lo vide chiudere gli occhi e lasciare che quel battesimo lo dipingesse di rosso. Quando li riaprì l’ultimo sicario giaceva rantolante a terra, e il volto di entrambi era una maschera scarlatta.

“Will”, disse in un soffio, appoggiando la mano libera a terra e sedendosi sulla sabbia sporca di sangue mentre Will faceva lo stesso contro il lato del pick up, il fiato corto e il sapore del ferro in bocca.

“Sei stato magnifico, Will.”

“Taci. Non hai alcun diritto di parlare”, ringhiò lui a bassa voce.

“Se non fossi ferito mi alzerei in piedi e applaudirei la tua perfezione”, continuò Hannibal ignorando le sue parole. “O mi inginocchierei di fronte ad essa come un supplice di fronte a un altare.”

Will chiuse gli occhi, abbandonando la testa all’indietro contro il metallo e respirando profondamente per riprendere fiato.

“E’ questo che vuoi? Prostrarti ai piedi del mostro che hai creato?” chiese senza guardarlo. “Vuoi adorarmi come un dio dopo avermi fatto precipitare dal Paradiso?”

Fu come se potesse avvertire il sorriso di Hannibal nell’aria anche senza vederlo.

“Mio caro Will, ho dimenticato come desiderare qualsiasi altra cosa da quando ti ho conosciuto.”

Will spalancò di colpo gli occhi e gli tirò addosso una manciata di sabbia con rabbia.

“Hai rischiato di farci ammazzare!”

Hannibal scrollò le spalle.

“Ero sicuro che li avremmo sopraffatti.”

“Non potevi saperlo!”

“Ero disposto a correre il rischio pur di vederti emergere in tutta la tua gloria.”

Will emise un verso frustrato, prendendosi la testa tra le mani.

“Sei completamente fuori. Mi chiedo perché me ne stupisco. Sembri sempre così maledettamente razionale che è facile dimenticare che in realtà sei un pazzo furioso.”

"Credevo avessi bisogno di una spinta. Un mezzo d'ausilio per scoprire cosa saresti potuto diventare."

"Ho sempre saputo cosa sarei potuto diventare", mormorò in risposta.

Per qualche minuto restarono in silenzio, ascoltando la risacca scrosciare pigra sulla spiaggia. Lucky aveva preso a leccare il sangue da uno dei cadaveri e probabilmente a mangiarne dei pezzi, scodinzolando, ma Will era troppo stanco per curarsene.

Fu Hannibal a spezzare la quiete.

“Mi hai salvato la vita, Will.”

Will si lasciò sfuggire una risatina.

“Credimi, lo so.”

“Non ero del tutto sicuro che lo avresti fatto”, ammise Hannibal.

“Nemmeno io”, rispose Will dopo un po’. Il suo sguardo era sull’orizzonte, azzurro-verde come l’incontro di cielo e mare. “Tu sei… la persona che più detesto in tutto l’universo. Sei tornato a perseguitarmi quando non volevo altro che un po' di pace. Sei come veleno. Hai contaminato la mia vita e mi hai lasciato come solo un’ombra di ciò che ero, una creatura a cui non so nemmeno dare un nome.”

Hannibal lo ascoltava in silenzio, gli occhi fissi sul suo profilo.

“So quello che dovrei volere”, continuò Will. “Non averti mai conosciuto.”

“E pensi che per me non sia lo stesso?” chiese Hannibal. “Ho impiegato anni per costruirmi la mia vita a Baltimora. Godevo di una perfetta libertà, mentre ora sono legato a te da catene più spesse delle sbarre di qualsiasi cella. Vivo alla mercé dei capricci della tua morale.”

Will si voltò finalmente verso di lui. Negli occhi del mostro non vi era traccia di risentimento per ciò che aveva appena detto, solo un’infinita ammirazione e voglia di possesso che gli squassò la mente con l’eco dei pensieri che per una volta Hannibal non stava minimamente cercando di dissimulare.

Se solo potessi ti aprirei in due il torace e vivrei tra le tue costole. Se solo potessi ti strapperei il cuore dal petto e lo cullerei ancora pulsante tra le mani, così da essere sicuro che non potessi donarlo a nessun altro se non a me.

Will emise un respiro tremulo. Hannibal lo aveva paragonato a una falena qualche giorno prima, ma ora capiva che lo erano entrambi, solo in maniera opposta: Hannibal era attratto dalla luce che lui emanava, Will dall’oscurità in cui l’altro viveva. Erano l’uno il negativo dell’altro.

Tornò a guardare il mare, accarezzando la testa di Lucky che era andato ad accucciarsi accanto a lui. Lo sguardo di Hannibal non si spostò di un millimetro da Will, mentre nel suo palazzo della memoria nuove cattedrali nascevano dal nulla, volte infinite su cui affrescare il divenire e la gloria a cui aveva assistito quel giorno, così che non ci fosse più nemmeno un angolo della sua mente che non serbasse il ricordo di Will.

Will era come l’oceano. E Hannibal sarebbe volentieri annegato in lui.

*

La barca solcava le onde dell’Atlantico in un alternarsi di beccheggi e rollii, la vela spiegata gonfia di vento da ovest.

Erano due giorni che navigavano. Will aveva ultimato le riparazioni del sei metri giusto in tempo per il loro confronto a fuoco, e aveva deciso che in fondo un proprietario che riesce ad arenare un’imbarcazione del genere su una secca non meritava realmente di averla, per cui vi avevano caricato viveri, cane e bagagli ed erano salpati dalla Florida alla volta dell’Europa.

Will era piuttosto sicuro che ormai qualcuno dovesse aver trovato i cadaveri sulla spiaggia, carbonizzati all’interno della catapecchia a cui avevano dato fuoco. Si chiese se Jack fosse venuto al corrente della notizia e se avesse avuto il dubbio che il peculiare straniero che aveva vissuto lì potesse essere lui. In realtà, comunque, non gli importava.

“Temo che il giradischi ci abbia abbandonati una volta per tutte”, disse Hannibal sbucando da sotto coperta con l’apparecchio in mano, i movimenti attenti di chi non voleva strappare i punti della propria ferita ancora in fase di guarigione. “Pare che il voltaggio della barca sia stato troppo per lui.”

“Mi stupisco che sia durato così tanto in realtà”, rispose osservandolo avvicinarsi al bordo della barca. “Che fai?”

“Ce ne procureremo un altro una volta arrivati in Europa. Sono certo che essere seppellito in mare sia un destino che capita a ben pochi suoi simili.”

Will lo seguì con gli occhi mentre il giradischi veniva gettato fuoribordo e inghiottito dalle onde.

Sic transit gloria mundi”, mormorò.

Hannibal gli si avvicinò, posando una mano accanto alla sua sul timone.

“Pensi ancora che il nostro unico possibile destino insieme sia la morte?”, chiese con un tono più colloquiale di quanto una simile domanda non avrebbe richiesto.

“Sì. Non credo esista un lieto fine per noi”, rispose Will senza esitazione.

Hannibal soppesò quelle parole.

“Ma non è questo l’amore in fondo?”, chiese. “Morire da singolo per risvegliarsi parte di un tutto?”

Will sorrise, spostando lo sguardo su di lui. Non c’erano più ombre nei suoi occhi, né occhiaie sotto di essi. I suoi demoni non lo tormentavano più, perché li aveva accettati tutti.

“E quando ci prenderanno?”, chiese. “Quando avremo versato il sangue di mille bestie immeritevoli e nella nostra euforica arroganza commetteremo un errore, quando l’Interpol sparerà su di noi a vista… anche allora parlerai d’amore? Quando spireremo l’uno tra le braccia dell’altro?”

Gli occhi di Hannibal si piegarono in un sorriso.

“Soprattutto allora. Non potrei chiedere nulla di più che avere il tuo nome sulle labbra quando esalerò il mio ultimo respiro.”

Will non rispose, tornando a guardare l’orizzonte. Solo quando l’altro gli prese la mano tra le sue tornò a guardarlo.

“Will. Forse ci prenderanno. Forse ci braccheranno come animali e ci uccideranno a sangue freddo. Ma prima...”, disse portandosi la sua mano alle labbra e posando un bacio sulle nocche. “Prima vivremo.”

Il brivido che percorse Will a quel contatto sembrò propagarsi da lui ad Hannibal come una scarica elettrica in un circuito chiuso. Will lo osservò per qualche secondo, ed infine annuì.

“Sì. Prima vivremo.”


***

Happy together, unhappy together, and won't it be fine?




Fine.

_____________

Note finali: Chiedo venia a tutti coloro che hanno aspettato che mi decidessi ad alzare il mio deretano da titano e a finire questa storia in tempi brevi. Sono rimasta a metà di questo capitolo per mesi, senza sapere bene come concluderlo, finché ieri la mia musa ha finalmente deciso di fare il suo lavoro e permettermi di scrivere la parola fine. Grazie mille a chi ha letto e recensito, le vostre parole sono sempre apprezzate e sono quello che mi spinge a scrivere :) Alla prossima!

L’ultimo verso viene dalla canzone di Billie Holiday che suona a inizio capitolo. E per chi fosse interessato, questo è il testo della poesia da cui è tratto il titolo della ff:

A mermaid found a swimming lad, (Una sirena trovò un ragazzo che nuotava)

Picked him up for her own, (E lo prese per sé)

Pressed her body to his body, (Premette il corpo al suo)

Laughed; and plunging down (Rise; e tuffandosi in profondità)

Forgot in cruel happiness (Dimenticò nella sua felicità crudele)

That even lovers drown. (Che anche gli amanti affogano)



  
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