Come fai a dire che ami una persona, quando al mondo ci sono migliaia di persone che potresti amare di più, molto di più, se solo le incontrassi? Il fatto è che non le incontri. C. Bukowski
Once, a long time ago...
“Benvenuti,
grazie per aver scelto di volare
con noi! Vi auguriamo buon viaggio!”
Un uomo dalla folta
e riccioluta
capigliatura, tenendo stretto il suo bagaglio a mano, si dirige al
proprio
posto a bordo dell’aereo. Alla sua destra, vicino al
finestrino, è già seduto
un altro passeggiero, intento a leggere una rivista. Il nuovo arrivato
mette il
suo naso importante fra le pagine del magazine dell’altro:
quest’ultimo gli
getta contro un’occhiata truce, a cui il primo risponde con
un sogghigno
soddisfatto. Gli sta già simpatico.
“Mi
chiamo Sakamaki Togurou, vivo in
Giappone, lavoro come ostetrico in un ospedale della mia
città. Sono sicuro di
essere innamorato.”
Dopo un momento di esitazione, in cui probabilmente
l’interlocutore valuta
quanto possa essere brutale nel mandarlo a quel paese, a sua volta si
presenta,
in nome del rispetto delle regole civili e pentendosi
all’istante di non aver
fatto credere di non capire la lingua dell’altro.
“Mi chiamo Tanoba Katsu… e non frequento un
circolo di alcolisti anonimi, mi
dispiace.”
Se non avesse notato l’anello all’anulare di Katsu,
Sakamaki l’avrebbe già
baciato. Gli è capitato un ottimo compagno di viaggio. Da
parte sua Katsu non è
per niente interessato alla situazione sentimentale
dell’altro, ma il
sorrisetto sul suo volto non promette niente di buono, così
domanda, ignaro del
pericolo incombente: “Perché vai in Austria, dove
sei diretto?”
“Proprio lì, devo trovare una
persona.”
“Fai bene, anch’io se avessi un amico
all’estero scapperei per qualche tempo da
lui. Mia moglie mi è sempre addosso.”
Sakamaki sghignazza:
“Quanto isteriche, le donne…”
L’altro fa
spallucce: “Non è isterica, anzi. E’
innamorata come il primo
giorno.”
Togurou rimane molto
colpito dall’ultima affermazione, si ferma un momento a
pensarci. Gli occhi di Katsu, d’altra parte, cercano sul suo
volto un indizio
per comprendere il suo turbamento; una cosa è sicura,
l’uomo di fronte a lui
appare molto determinato.
“Anch’io
sono innamorato come il primo
giorno…” dice fra sé e
sé Sakamaki “Solo
che è stato troppo tempo fa perché io possa
ricordarlo…”
{Sakamaki, possibile
che tu non
esca mai da qui? Quando ti chiamo mi devi rispondere, non posso
scendere tutte
le volte.}
E’ sempre successo,
fin da quando
ero bambino. Saltuariamente, in modo apparentemente casuale –
o almeno, se c’era
un ordine, io non l’ho capito – sognavo un mondo
fantascientifico. La gente nei
miei sogni non aveva più bisogno di alcun mezzo, si
autotrasportava dove aveva
bisogno; vestiva, mangiava, aveva figli, usciva per strada… Eppure era tutto diverso, nei
miei sogni.
Quando provavo a
parlarne con i miei genitori e in seguito con i miei amici e
confidenti più stretti, per quanto affascinati, tutti
liquidavano la storia con
commenti semplici e poco impressionati come: “Sono tutti bei
sogni, vuol dire
che sei in salute.” oppure “E’ troppo
forte, domani quando vai a dormire prova
a pensare a me, magari siamo insieme nel sogno!” o ancora
“Si vede che hai
tanta fantasia, fin da bambino ti piacevano queste storie strane! Hai
mai
pensato di scrivere un libro di fantascienza?” Scrivere, tsk.
Che sciocchezze:
avevo progetti ben più alti. Durante gli anni di scuola la
mia propensione per
la scienza fu sempre più evidente, ero affascinato da tutto
ciò che perpetuava
la vita nel nostro mondo. Lo consideravo qualcosa di assolutamente
meraviglioso,
dentro di me
mentre crescevo mi
convincevo che dovevo trovare il modo per dare la vita anch’io. Ma non una
volta o due, sempre, sempre: ogni giorno, se fosse possibile.
Così decisi che
sarei diventato ostetrico: quando, seguendo il primo parto della mia
carriera,
per la prima volta tenni un bambino fra le mani, sentii per la prima
volta i
suoi polmoni riempirsi d’aria e respirare forte, sì, forte, respira,
piangi, vivi, bambino mio, vivi...!
Venne da
piangere anche a me, quando per la prima volta presi un neonato in
braccio, lo
lavai, lo vestii e lo riconsegnai nelle mani di sua madre. Era una
bella donna,
me la ricordo: aveva i capelli corti, mori, tutti appiccicati alla
fronte, gli
occhi scuri erano arrossati per lo sforzo, annebbiati per la fatica, ma
una
luce dal di dentro li illuminava così tanto che quasi non
riuscivo a guardarli.
Però li guardai comunque, mentre le consegnavo il bambino:
perché le stavo
delegando la responsabilità di quella vita che avevo sentito
respirare per la
prima volta. E’ una resposabilità grande, io la
assaporo in piccole dosi ogni
giorno: in quel momento scorgo l’infinito potenziale della
vita, dopodichè
smetto di essere importante. Ho fatto
nascere tantissimi bambini, ma raramente loro sanno chi sono io.
{Questa non
è un’esercitazione,
veloci, veloci! Dobbiamo proteggere il Presidente!}
Saltuariamente, in modo
apparentemente
casuale, ho continuato a sognare quel mondo fantascientifico:
interagivo con
quell’universo grande come una città, ogni volta
che mi addormentavo vivevo una
scena differente, del tutto sconnessa. Solo con gli anni ho
incominciato a
mettere insieme i pezzi. Così facendo, mi sono accorto di
una cosa: quel
mondo non era in pace.
Mi è sempre piaciuto giocare ai videogames, da studente ci
passavo le nottate,
insieme ai miei amici: mio padre ci aveva rinunciato dopo i primi tempi
e mi
lasciava fare, a patto che non facessi troppo rumore e non distruggessi
la
console per una partita persa. I primi tempi succedeva, sì,
lo ammetto. A dirla
tutta sono sempre stato anche abbastanza irritabile. Il punto
è un altro però:
data la mia passione per i videogiochi, all’inizio
non mi sono sorpreso affatto
di fronte a scontri armati, nel mio mondo onirico, anzi, rendeva il
tutto
ancora più interessante. Il mio ruolo era quello di creare
un vero e proprio
esercito di androidi perché combattessero contro degli
ultraevoluti, dei ragazzi
con dei poteri sovraumani.
Così, in
sogno e nella realtà, vivo per
dare la vita, per alimentarla e sentirla nelle mie mani, per poi,
appena
pronta, consegnarla al mondo così
com’è, in modo che si verifichi quanto
stabilito per lei.
{Smettila di chiamarmi
per
cognome, mi sento sempre in ufficio! Heikichi va bene…}
Il mio lavoro mi piace
davvero,
non riuscirei ad immaginarmi a fare qualcosa di diverso. Non posso dire
di non
essermi valorizzato nella vita professionale, da quel punto di vista ho
tutto
quello che desidero. Nel tempo libero colleziono modellini di robot che
costruisco ed espongo in una camera della mia casa; si hanno un sacco
di camere
libere quando si vive da soli. Ma ultimamente penso sempre
più spesso ai sogni
che hanno caratterizzato il mio sonno da quando ricordo, in pratica.
Avevo
l’impressione che dedicassi la mia vita solo al lavoro, anche
in questo caso,
trattandosi di me… avevo torto.
Io nel sogno vivo per
ricevere l’approvazione e soprattutto le attenzioni di
Heikichi Toudou, il Presidente. Tutti lo chiamano così, io
stesso in molte
occasioni mi riferisco a quest’uomo con
quest’appellativo autorevole, ma non
sempre. Perché io e il Presidente, io e Toudou ci amiamo.
Mentre saggio questa
parola sulle labbra, per sapere come pronunciarla meglio, so benissimo
cosa
intendo.
Toudou è un uomo dalla carnagione chiara, i capelli lunghi e
scuri, gli occhi
rossi porporini ed
è il Presidente.
Toudou
è un uomo pacato, ragionevole, emotivo ed è il Presidente.
Toudou è un
uomo che si addormenta ascoltando la musica classica, che nasconde
Kafka sotto la scrivania quando qualcuno entra nel suo ufficio, che
trasalisce
sentendo abbaiare un cane da dietro un cancello ed è il Presidente.
Nel mondo in cui vive
tutti lo chiamano “Presidente” ed ignorano il resto.
Io so queste cose
perché lui me le ha
mostrate; lui con il suo amore, lui con la compostezza e la
riservatezza che lo
caratterizzano, lui con le sue parole difficili e con i suoi libri
cartacei che
gli piace collezionare…
Durante la mia vita ho
incontrato molte
persone, ma non mi sono innamorato di nessuno. Adesso so che avevo
torto. La
verità è che da sempre sono innamorato di una
persona che non ho ancora
incontrato.
Ma non ce la faccio
più ad aspettare, per questo mi sono messo in viaggio. So
che ha origini austriache ed è un leader politico:
quest’aereo fra poco
atterrerà e io andrò a prendermi quello che mi
appartiene. Io e quell’uomo ci
apparteniamo, è una vita che lo sogno. Quando lo
vedrò, saprò che si tratta
proprio di lui: lo chiamerò per nome, gli
snocciolerò tutte le informazioni che
già conosco, dopodiché lui mi guarderà
con quegli occhi cremisi scintillanti ed
a sua volta intenderà già il mio nome.
“Sono
innamorato di te come il primo giorno” gli dirò
“Sono innamorato di te da
una vita” mi dirà.
Sakamaki sale sul primo taxi
in
fila nel parcheggio e comunica l’indirizzo
all’autista. Quando passano sul
lungofiume della capitale un debole chiarore si sta già
levando dall’orizzonte.
-Stop here, please.
-Here?
-Yes, thank you.
Paga il dovuto e
scende dal taxi, che subito si allontana. Attraversa una
decina di metri di prato e si avvicina ad una panchina, che sembra
messa lì
apposta per guardare il vuoto. Ci butta sopra lo zaino che porta sulle
spalle,
ma non si siede.
“E’
passato un anno da quando sono partito dal Giappone. Appena sceso da
quell’aereo mi sono subito messo alla ricerca del Presidente
dei miei sogni. Ho
cambiato più volte città di questa grande nazione
europea, imparando la lingua
sono riuscito a leggere le notizie di cronaca, mi sono interessato
all’assetto
politico del Paese, facendo domande dirette, cercando informazioni nei
siti
ufficiali…”
Un lembo di sole spunta già dall’orizzonte. Il
sole sembra muoversi più
velocemente che di giorno, sembra possibile coglierne la
velocità, come se
avesse fretta di venire fuori.
“La mia
ricerca non ha trovato soddisfazioni nella politica attuale,
così ha
spaziato anche nei politici pensionati, nelle cariche ricoperte anni
fa: ho
parlato con ambiasciatori, delegati esteri, chiunque potesse aiutarmi a
trovarlo, nel caso non fosse presente sul territorio nazionale.
E’ passato
un anno da quando sono partito dal Giappone. Non ho smesso di
sognarlo. Ma i suoi occhi, quei rubini scintillanti, che nei sogni
spesso si
rivolgono a me, mentre la guerra continua e io ho paura di non riuscire
a
salvarlo, quei rubini non sono stato capace di trovarli.
Se fossero fuoco
volentieri mi farei bruciare da loro, ci scioglierei dentro
ogni essenza di me, ogni mio pensiero… Se fossero sangue
riuscirebbero a
nutrirmi, a tenermi in vita e non solo, avrei sangue a sufficienza per
allenarmi e vincere qualsiasi tipo di competizione sportiva.
Volevo trovarlo. Pensavo di poterlo fare. E’ un uomo
così carismatico, così
preparato… Con lui al potere le cose dovevano andare bene
per forza. E
qui va tutto bene, maledettamente bene!
Dove sei, Presidente?
Perché non ti
trovo? Non ti nascondere, so che il tuo è un lavoro
difficile e che non puoi
venire a trovarmi tu perché sei molto impegnato, ma adesso
sono qui, sono
arrivato fino a qui solo per te! Dove sei? Ti posso amare, Presidente.
In un
altro mondo, in un altro tempo, l’ho già fatto. Lo
so e lo sai anche tu.
Permettimi di farti felice, Presidente, permettimi di
trovarti.”
La curva del
fiume è piatta e spazzata dal vento, Sakamaki è
l’unico a
guardarla. Finalmente la gigantesca palla rossa si stacca
dall’orizzonte, come
una bolla incadescente. Per un momento pensa ai movimenti rotatori
degli astri
e dei pianeti, al sole che la sera cade alle sue spalle e al mattino
risale lì
di fronte. Tutti i giorni, dentro e fuori dall’acqua, che lui
sia qui a
guardarlo oppure no.
Lentamente le tonalità dell’azzurro si attenuano e
l’azzurro chiaro della
mattina comincia ad emergere dal fondo con gli altri colori,
prendendosi prima
il fiume, il cielo e la città tutta.
“Io e il
Presidente, io e Toudou ci amiamo. Ho abbandonato la mia casa, il mio
lavoro, la mia vita soddisfacente per un anno intero, nella speranza di
trovarlo.
L’ho fatto
perché conosco il Presidente. E’ un uomo con molte
responsabilità e
molto solo. Conosco la sua solitudine, me l’ha mostrata lui,
e so di poterla combattere.
Nel mondo in guerra dei miei sogni, quelli combattuti più di
tutti sono quelli
che danno gli ordini.
Pensavo che anche in
questo mondo Toudou fosse solo e fosse potente. Pensavo
che anche in questo mondo avrebbe potuto amare solo me.
Ma in questo mondo
Toudou è un uomo dalla carnagione chiara, i capelli lunghi e
scuri, gli occhi rossi porporini ed è una
persona qualunque.
Toudou
è un uomo pacato, ragionevole, emotivo ed è una persona
qualunque.
Toudou è un
uomo che ascolta la musica prima di andare a dormire, che ama la
letteratura del suo Paese, che ha tirato su una famiglia che ama: è una persona
qualunque.
In questo mondo
nessuno conosce il suo nome, se non i suoi amici più stretti
e
la sua famiglia, è un uomo come me, che si è
fatto una vita così come la
desiderava, senza dover dire grazie a nessuno.
E’ felice.
La sua felicità lo porta ad essere invisibile.
Non lo
troverò mai. Neanche se dovessi bussare a tutte le porte di
questa
nazione, di questo mondo.”
Aspetta che si spegna
anche l’ultima fiammella viola sull’orizzonte e, in
mezzo
alla nebbiolina che lentamente si disperde, si avvia a piedi verso
l’aereoporto. Torna a casa.
“Sono felice
per te, Toudou, perché qui nessuno ti chiama Presidente e
forse
nei sogni dove condividiamo le giornate è proprio questo il
tuo desiderio più
grande. Continuerò a volerti bene, anche se in questa vita
non vedrò i tuoi
occhi. Vincerò la guerra nei miei sogni prima di morire, in
modo da poterti
dire…
Ti amo da sempre.
Ti amo come il primo
giorno.”
“Ma
è troppo tempo fa perché possa
ricordarmelo…”
A.A
Buonasera a tutti!
Dopo un tempo indefinibile pubblico qualcosa che supera le duemila parole, sono emozionata per me stessa *w* A parte gli scherzi, era davvero da tanto tempo che non mi riusciva di liberare la mente e mettermi alla tastiera come è successo nell’ultima settimana… Quindi, che dire, il nuovo anno promette bene! Anche se in ritardo auguro a tutti buon anno e buon rientro a scuola – so che è dura ma facciamoci coraggio tutti insieme <3 Intanto che sono in argomento ne approfitto per fare ancora gli auguri a Lau, che oggi compie gli anni e festeggio con questa pubblicazione, spero sia all’altezza dell’attesa visto che impegni mi hanno trattenuta fuori casa fino ad ora e pubblicare era difficile fuori--
Cerchiamo di spiegare sinteticamente che cosa ho pubblicato, adesso. .w. Ardua impresa.
Dunque, partiamo dicendo che il prompt su cui ho fatto affidamento anche se in maniera indiretta è stato “Reicarnazione”; ci tenevo a sviluppare la storia sentimentale, di relazione di Sakamaki e Toudou che “si protrae” anche nelle vite precedenti/successive. Nella prima parte della storia ho voluto presentare il protagonista e per introdurlo ho utilizzato come escamotage un Oc non mio direttamente, ma di Lau, che ho avuto modo di apprezzare assai. Nella seconda parte, dove Sakamaki parla in prima persona, ci sono riportate delle citazioni, alcune riprendono mie shot precedenti sempre su questa pair, alcune l’anime (sono sicura che non siano precisamente quelle, ma non avendo disponibili gli episodi al momento della stesura della shot sono andata di intuito e fantasia, chiedo venia per questo <3): spero di esser stata sufficientemente chiara nell’esposizione dei pensieri di Sakamaki, in cui cito molti miei headcanon (purtroppo su questo genere di personaggi non si può fare altrimenti sigh sob), in ogni caso sostanzialmente lui sogna quella che era un’altra sua vita, in cui ha avuto modo di incontrare ed amare Toudou, quella durante la CS, ecco!
Infine la risoluzione della storia… ahimè triste, ma era il finale più adattabile a questa situazione che sono riuscita a trovare! Come si dice: “Riprova, sarai più fortunato.” Okay, forse questa era cattivella.
Spero di non aver fatto piangere nessuno, se così fosse non era mia intenzione, vi coccolo tutti come pegno <3 Un bacione a tutti, grazie per aver letto, se trovaste il tempo per lasciarmi una recensione mi farebbe davvero piacere!
Sissy