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Autore: biancocchio    14/01/2017    1 recensioni
È sopravvissuto agli Hunger Games, ma ciò non vuol dire che , questi, siano finiti.
Heymitch torna a casa dopo dolorose settimane e trova una ragazza, che cerca di salvarlo dell’oblio, i ricordi del sangue che, come un’ombra, lo seguono ovunque e la promessa di un nuovo futuro. Purtroppo, il presidente Snow, non è troppo felice del suo successo.
Cosa ha portato Heimitch alla dipendenza dell’alcool?
Quale fine ha fatto la sua famiglia?
Chi è la misteriosa ragazza di cui ci accennano nel libro?
Un viaggio nel passato del mentore che tutti noi, prima o dopo, non abbiamo potuto fare a meno di amare.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il treno sferra sulle rotaie. Il paesaggio muta dinanzi ai suoi occhi, ma lui non presta attenzione a ciò, è troppo distratto da quel l’incubo che sono i suoi ricordi. Le memorie degli Hunger Games lo perseguitano come un’ombra. Sempre fedeli alla sua mente, si mostrano come un caleidoscopio al suo solo battito di ciglia. 
Il mentore, seduto davanti a lui, conosce fin troppi bene i suoi pensieri. È consapevole della difficoltà nel ricominciare a vivere; il dolore che Haymitch nasconde, lui, lo ha provato sulla sua pelle.
Un paesaggio decorato da alberi si staglia davanti al finestrino. Son giunti a destinazione. Il distretto 12 lo accoglie con urla gioiose, ma ad attirare l’attenzione di Haymitch non sono i sorrisi.
In fondo alla piazza, un gruppo di persone, si fanno forza per non cedere, per non piangere. Sono i famigliari dei caduti. Haymitch non riesce ad evitare che i ricordi lo investano di nuovo.
Sono le braccia che lo avvolgono in un abbraccio a risvegliarlo. Sua madre lo stringe al petto, il fratellino incollato alla gamba sinistra, come se potesse scappare da un momento all’altro. Quando si staccano, lei, gli pone la mano sui riccioli scuri, una lacrima a rigarle il volto fiero.
Il suo piccolo uomo è tornato a casa.
Quando il sindaco viene per stringergli la mano, è costretto a staccare gli occhi da quelli rassicuranti del genitore.
È consapevole di dover fare un discorso, si sente in obbligo nei confronti di chi ha già esalato il suo ultimo respiro in quella arena. Però sa che, qualunque cosa dica, non riuscirà mai a colmare il vuoto nei cuori di quelle persone. Così compie un unico gesto, più esaustivo di qualunque parola. Si fa coraggio e sostiene lo sguardo di quelle famiglie, poi si bacia le tre dita centrali della mano sinistra e le alza in segno di addio per quei tributi; in segno di addio per Maysilee.

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La notte è scesa prima che se ne potesse accorgere. In molti lo hanno fermato per congratularsi durante il tragitto dalla piazza principale alla nuova abitazione nel quartiere dei vincitori e lui, impreparato, incomincia a chiedersi cosa dovrebbe rispondere. “Anch’io son contento di essere vivo”?
Ai suoi occhi, la nuova casa appare esageratamente immensa per contenere tre persone.
A cena, sua madre, cerca di distrarlo con aneddoti su ciò che è successo nell’ultimo periodo non facendogli domande su ciò che ha dovuto affrontare lui. È troppo doloroso per entrambi.
Mentre che lei parla, si ritrova incantato da quel suo gesticolio delle dita, dalla fossetta solitaria sulla guancia destra e dal ciuffo ribelle che le solletica la fronte. Gli era mancato tutto di lei. Ha sempre pensato che fosse sottovalutata dal distretto. È vero, tutti già la conoscevano e le volevano bene, ma nessuno si sarebbe immaginato tanta forza da una donna esile come lei.
Purtroppo, ora che la può osservare bene, sotto la luce delle numerose lampade, gli sembra fin troppo invecchiata dal giorno della mietitura. Qualche filo grigio ha fatto capolino fra suoi capelli, il volto è più scavato, stanco, e scure occhiaie blu le macchiano la pelle. 
Cerca di sorridere perché sa bene quanto stia sforzandosi lei di sembrare serena e non vuole turbarla ulteriormente. 
Troppo occupato ad osservarla non si accorge del fratellino, che sembra gli stia parlando. La madre lo guarda in modo truce per zittirlo, ed è in quel momento che, Haymitch, si ridesta dalle sue riflessioni.
-Cosa?-
-Ti va di raccontarmi una storia prima di andare a dormire?- 
Qualcosa gli dice che ha cambiato domanda dopo che la madre gli ha rivolto quello sguardo, ma è troppo stanco per rammentargli che può domandargli qualunque cosa. Intanto, se è importante gliela chiederà lo stesso in assenza del genitore.

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Imbocca le coperte al fratellino.

Il suo sorriso sa di stelle. Gli occhi furbetti stonano su quel volto così casto e delicato come spine indossate da candide margherite. I riccioli ribelli gli danzano sulla fronte e la fossetta solitaria ricorda, a Haymitch, i familiari lineamenti della mamma. Elementi così contrastanti che formano, davanti a lui, la perfezione.
-Ti voglio bene, Haymitch-
Solo un sussurro. Poi, tutto giace.

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Sdraiatosi sul letto inizia a fare il resoconto della giornata: “non hanno tentato di uccidermi, anche se ho qualche dubbio riguardo zia Maggie” la donna più anziana del distretto di cui ormai si è smesso di contare gli anni e che viene chiamata “zia” siccome ha visto nascere, o perlomeno crescere, quasi tutti gli abitanti del luogo e che, abbracciandolo con impeto, per poco non gli rompeva una costola. “Non ho visto nessuno morire” e, con questo pensiero, che è come un sussurro nella sua mente, chiude gli occhi per tentare di dormire. Questo peggiora la situazione. I ricordi si fanno più vividi , le urla di dolore gli trapano l’udito, sente il sangue colargli lungo tutto il corpo e qualcuno che lo agita. Lo sta chiamando. Chi è? Maysilee? No, lei non può, non c’è più, non ci può più essere, non più… -heimitch! Heimitch! Oh, tesoro, finalmente. Era solo un brutto sogno-
No, non era un sogno, ma, heimitch, si limita ad annuire alla madre per poi girarsi dall’altra parte del letto mentre che lei gli si sdraia accanto.
La stanza in penombra, solo una candela a mutare le ombre sulle pareti. Il calore di lei che lo abbraccia e la mano ad accarezzargli il volto. Canta una ninna nanna che heimitch ricorda bene; l’ascoltava da suo padre.
Chiude gli occhi, però, stavolta, niente sangue. Tutto si fa buio.



Note d'autrice:

Per chi non avesse letto il libro: Maysilee è l’unica alleata di Haymitch negli hunger games. Viene dal distretto 12, è la prima proprietaria della spilla con la ghiandaia imitatrice ed è la zia di Madge, unica amica di Katniss. Infatti, nel libro, è proprio Madge a donare la spilla a Katniss quando si offre volontaria per i giochi.
Nel libro viene raccontato poco del passato di Haymitch e, con questa fanfiction, spero di riuscire a costruire una storia il più possibile fedele a quella della Collins. Inoltre, so di non essere un’ottima scrittrice, perciò spero vivamente che, la mia scrittura, vi piaccia comunque. Se ho fatto errori grammaticali mi scuso in anticipo😣 e, se avete consigli per migliorare, mi piacerebbe leggerli.
Questo primo capitolo è il ritorno a casa di Haymitch, scorre veloce, forse anche troppo, ma ho cercato di esprimere la emozioni che poteva provare in quel momento al meglio e ritagliare un po’ di tempo con la famiglia. Dal prossimo lo vedremo approcciarsi alle persone del distretto e, probabilmente, conoscerà qualcuno di moooolto interessante… non dico altro😉
Spero vi piaccia❤


P. S. Nel libro non sono stati scritti i nomi del fratello, della madre e della ragazza di Haymitch. Chi ha voglia di consigliarmene un paio?
Ho già cominciato la stesura del secondo capitolo e continuo a chiamare il fratello “Giacomino”. Qualunque nome, secondo lui, sarebbe più dignitoso😂perciò vi prego, fatevi avanti.

 

 
   
 
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