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Autore: Haruma    20/01/2017    2 recensioni
Il micio era ormai a pochi centimetri dalla sua preda e continuava ad osservare indisturbato il giovane in un gesto di pura sfida, quasi volesse fargli capire che quella era casa sua e che lui, il vicino, era un intruso fastidioso senza alcun potere decisionale.
«Ranuncolo» il ragazzo lo chiamò con voce calma attirando l'attenzione dell'animale. Si avvicinò di un passo ai fornelli tentando di accorciare di più la distanza che gli impediva di acchiapparlo.
[Post ritorno di Peeta al Distretto 12. Inizio stesura del libro || Leggermente angst]
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Peeta Mellark, Ranuncolo, Sae la zozza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tra pezzetti di pane galleggianti'
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Piccola premessa: "Tra pezzetti di pane galleggianti" è il titolo della serie che sto scrivendo da qualche annetto e questa piccola one shot ne fa parte.

Le sfumature dei ricordi

"I buoni hanno un modo tutto loro di entrarmi nel cuore e metterci le radici"
The Hunger Games

A Ranuncolo erano bastati meno di due minuti per lasciare la cucina in uno stato pietoso.
Arrampicatosi alla sedia, con un solo scatto, era riuscito a saltare sul lavabo ma fu scoperto da Peeta che proprio qualche attimo prima si era deciso a scrivere un suo pensiero sui fogli bianchi che il dottor Aurelius aveva spedito pochi giorni prima da Capitol.
Consapevoli di cosa sarebbe accaduto successivamente, il biondo e il felino si guardarono dritto negli occhi per qualche frazione di secondo prima che il gatto cominciasse ad avanzare furtivo verso le cosce di pollo già pronte per quella sera.
Peeta poggiò lentamente la penna sul tavolo e cercò di alzarsi facendo il minor rumore possibile nonostante sapesse benissimo di non essere mai stato tanto silenzioso; il micio era ormai a pochi centimetri dalla sua preda e continuava ad osservare indisturbato il giovane in un gesto di pura sfida, quasi volesse fargli capire che quella era casa sua e che lui, il vicino, era un intruso fastidioso senza alcun potere decisionale.
«Ranuncolo» il ragazzo lo chiamò con voce calma attirando l'attenzione dell'animale. Si avvicinò di un passo ai fornelli tentando di accorciare di più la distanza che gli impediva di acchiapparlo. «Aspetta...» fece per iniziare e allungare una mano ma, per uno scherzo del destino, fu interrotto da un urlo stridulo di donna.
Bianca in volto e ferma sulla porta di servizio, Sae era arrivata appena in tempo per osservare la scena e mandare all'aria i buoni propositi di Peeta e il piano di Ranuncolo.
«Scendi da lì, gattaccio!» lo minacciò con un oggetto preso a caso da una mensola vicina.
Come di consuetudine, il felino fece l'opposto: ascoltò noncurante gli avvertimenti intimidatori che la donna gli rivolgeva e cominciò ad annusare e tastare con una zampa il pollo.
A Sae bastò quell'insignificante gesto per scaldarsi ulteriormente e lanciargli il pestello della signora Everdeen che però colpì le stoviglie appese a una barra di metallo.
Lo raggiunse in poche falcate nonostante gli acciacchi dell'età ma Ranuncolo non si mosse di un millimetro intenzionato com'era dall'assaggiare la pietanza così invitante e cominciò a soffiarle contro indignato.
Al minimo tentativo di Sae di acciuffarlo, il gatto - sentendo la sua incolumità compromessa - saltò sul piatto facendolo prima oscillare e poi precipitare a terra.
L'anziana, accecata dalla rabbia, cercò di superarlo il più velocemente possibile ma il micio corse verso il cesto di frutta e le bottiglie di liquore bianco per poi rigettarsi a capofitto sul tavolo.
Quello che inizialmente sembrava solo uno scappare e rincorrere, diventò una vera e propria guerra, finché Ranuncolo si ritrovò ad atterrare sulle mattonelle e si arrampicò agilmente alle gambe di Peeta che aveva osservato impotente e stupito tutto ciò che era accaduto in quel breve frangente di tempo.
«Fuori!» gridò Sae esasperata tenendo ben stretto un matterello. «Non ce lo voglio qui!» asserì mentre Ranuncolo si era ormai riparato tra le braccia del biondo che guardava sconcertato e irridente quello sputatore professionista di palle di pelo tanto codardo. «Buttalo fuori o portalo a casa tua» ordinò la donna ansimando sfinita.
Afferrò una sedia per scaricare la tensione quasi allo stesso modo in cui faceva il figlio del fornaio quando le poche tracce del veleno degli aghi inseguitori gli ottenebravano la mente.
Tra le cosce di pollo sul tappeto ricoperte di frammenti di ceramica, le arance che ruzzolavano instancabili per il pavimento, il liquore che scendeva giù per i cassetti e i fogli immacolati sparsi dappertutto, Sae sembrava sul punto di scoppiare in una crisi isterica.
«Vuoi che ti dia una mano?» si offrì volontario Peeta inginocchiandosi con ancora il micio aggrappato al suo maglioncino  per raccogliere qualche coccio rotto.
«Va' via, Mellark» sentenziò la cuoca del Forno. «Va via tu e quello schifoso, rivoltante e perfido gattaccio!» gli sbraitò contro indicandogli di uscire dall'abitazione.

«Sei un falso, tu» proferì Peeta appena mise piede in casa propria reggendo Ranuncolo. Aveva percorso quei ventidue metri in assoluto silenzio riflettendo su quello che era accaduto meno di cinque minuti prima.
Il gatto di Prim aveva fatto un disastro e Sae era diventata in poco tempo rossa per la rabbia.
Gli venne da sorridere, «pensavo di esserti simpatico» disse rivolgendosi all'animale che se ne stava bellamente accoccolato tra le sue braccia «e invece sei riuscito a distruggere tutto ciò che hai trovato davanti e a farmi avere una bella ramanzina» accarezzò piano il suo pelo arruffato afflosciandosi sul divano del salotto. «Se Katniss non fosse a caccia, questa sera avremmo avuto sicuramente un menù succulento: coscia o petto di Ranuncolo arrosto con patate e piselli, pane fatto in casa e una bella torta di mele» ironizzò immaginando la reazione della mora.
I loro due sguardi si incontrarono per un attimo; fu un duello tra azzurro brillante e giallo acceso velocemente interrotto dalle improvvise fusa del micio.
«È inutile cercare di farti perdonare in questo modo» affermò il giovane lisciandogli piano la testa. «È anche vero che Sae avrebbe potuto mantenere un po' di autocontrollo...» si bloccò chiedendosi il perché dalla sua bocca fosse uscita una parola del genere, e proprio da lui che in passato l'autocontrollo lo aveva perso completamente.
«Nonostante tutto, è vero, Ranuncolo» smise all'istante di vezzeggiarlo. «Avrebbe potuto stare calma ma il punto è che tu non dovevi nemmeno provarci» poggiò l'animale sul tavolino di fronte per poterlo fissare, «che ne hai fatto dei tuoi strofinii alle gambe e dei tuoi lamentosi miagolii di quando hai fame? Amico mio, abiti in una casa di cacciatori, non in una casa di fornai» per un attimo gli sembrò che il felino fosse completamente ammaliato dalle sue parole, «quella cosa potevi benissimo farla dove vivevo io prima. Fidati, nessuno si sarebbe accorto di nulla» ci rifletté su meglio. Sua madre non era di certo una cacciatrice ma osservava tutto e tutti ossessivamente, attenta ai particolari. «Be'... quasi» aggiunse ridendo.
Non avendo nient'altro di interessante da fare, rimase un bel po' disteso a contemplare il soffitto finché non gli parve spaventosamente niveo; avrebbe tanto preferito aggiungere qualche spruzzo di colore - giusto un tantino - in modo da dare un tocco di vitalità a quelle quattro mura solitarie; il suo sguardo assorto rilevò una o due macchioline grigie dovute all'umidità ma, per il resto, il bianco prevaleva apparendo serio e autorevole.
Quando restava in quella che dopo i settantaquattresimi Hunger Games era diventata la sua proprietà, diventava inesorabilmente la personificazione di essa: cupo, triste, isolato. Il più delle volte cercava di scrollarsi di dosso quel senso d'inadeguatezza che lo opprimeva impegnandosi a impastare o dipingere e ci riusciva alla grande ma terminato un dolce o un quadro, ritornava a guardarsi intorno spaesato. La odiava quella villetta tanto vuota e spenta.
Si sollevò di scatto stiracchiandosi facendo allertare Ranuncolo fino a quel momento fermo a scrutarlo in ogni suo movimento.
«È ora di fare qualcosa» disse sgranchendo le spalle.
Allungando una mano, Peeta afferrò da una scatola vicina al divano dei pastelli, una matita e dei fogli da disegno e, curvatosi sul tavolino dov'era rannicchiato il gatto, cominciò a tracciare rapidamente delle linee chiare che piano piano assunsero uno spessore e la forma di alcune paia di occhi diverse le une dalle altre.
Pochi minuti dopo, si sollevò da quella posizione tirando un lungo sospiro; verificò concentrato il risultato.
«È orribile» constatò deluso rigirando nervosamente il giallo tra le dita.
Il tempo gli sembrò fermarsi, c'erano solo lui e quel pezzo di carta che senza rendersene conto stava stropicciando ai lati, lentamente.
Si risvegliò da quel torpore non appena Ranuncolo gli si aggomitolò sulle gambe miagolando senza sosta in cerca di considerazione.
«C'è qualcosa in queste biglie enormi che ti ritrovi che mi ricorda vagamente lei» mormorò esaminando le pagliuzze che contornavano le iridi del micio. «Non riesco a cogliere nemmeno una sfumatura irrilevante...» guardò per l'ennesima volta lo schizzo.
Proprio non era capace di disegnare quei quattro.
Aveva provato più volte a catturare un qualsiasi dettaglio del viso ma, puntualmente, accartocciava tutte le pagine usate; voleva rappresentarli così come faceva con gli altri ma a volte aveva la netta sensazione che il loro ricordo non gli apparteneva più da un pezzo e se ne faceva spesso una colpa. Non li aveva osservati abbastanza da imprimere ogni cosa nella propria mente o probabilmente non aveva provato il minimo affetto nei loro confronti durante gli anni passati insieme.
Si alzò pacatamente spostando i cuscini su un altro lato del divano e attraversò il corridoio seguito a ruota dal quadrupede.
Arrivò al mobiletto dell'entrata rimanendo immobile. La foto era lì, ben supportata da una cornice di legno di noce che adombrava il minuscolo nontiscordardimé accanto.
Mosse da un qualcosa che all'inizio non riuscì a spiegarsi, le sue dita cominciarono a sfiorare lievemente i volti dei componenti della sua famiglia quasi volesse chiamarli per poter sentire un'ultima volta le loro voci. Da leggero e delicato qual era inizialmente, quello diventò un tocco quasi disperato e carico di sofferenza.
Nello scatto c'era ritratto un Peeta più piccolo ma allegro, sereno e attorniato dalle persone che aveva perso per sempre, alle quali non aveva detto addio.
I suoi fratelli ridevano giocosi e lo stringevano in un abbraccio che non gli dava scampo mentre suo padre sorrideva loro comprensivo cercando di staccarli e sua madre aveva un'espressione apprensiva sul volto ma le sue labbra erano impercettibilmente curvate all'insù.
Fu proprio in quell'istante che la verità gli si palesò davanti, cruda e schietta: gradualmente non sarebbe riuscito a ricordare tutto nei dettagli, ogni lineamento sarebbe diventato più opaco, ogni cipiglio pari a un altro, ogni colore un'insulsa sfumatura. Il solo pensiero di dimenticare senza poter fare nulla, lo faceva sprofondare in un baratro profondo.
Ranuncolo si aggrappò alla protesi, le unghie affilate si impigliarono nel tessuto dei pantaloni del giovane.
«Ho capito» si chinò per liberarlo e fargli una carezza veloce, «sei affamato» ridacchiò per poi accorgersi di come la sua zampa continuava a chiamarlo sommessamente.
Nonostante si sentisse destabilizzato per le troppe elucubrazioni, quel gesto lo sollevò. Che avesse capito il suo stato d'animo?
Andò in cucina e versò del latte in un piattino; scorse un lieve bagliore nelle grandi pupille dorate del gatto che si fiondò in un battibaleno a bere.
«Che dici, ti va di tornare a casa tua per mangiare qualcosa di più sostanzioso?» lo guardò divertito leccare con insistenza il fondo. «Magari Katniss ti lascerà le interiora di qualche animale selvatico che ha cacciato questo pomeriggio».




Il ritorno del figliol prodigo

Sono mesi che non seguo o pubblico qualcosa e me ne pento, credetemi. È passato così tanto che non so nemmeno se qualcuno (a patto che questo fantomatico "qualcuno" esista) si ricordi di me.
Ebbene, lo ripeto, sono tornata :) e con un'altra one shot che spero piaccia almeno un pochino perché, malgrado la mia assoluta indifferenza verso i gatti e il poco tempo che ho avuto in questi giorni, è stato quasi terapeutico scriverla.
Mi auguro di ricevere qualche recensione, un bacio ♥



   
 
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