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Autore: mikyintheclouds    23/01/2017    1 recensioni
Racconta dei ricordi che affiorano nella mente di Severus Piton poco prima della sua morte. Ovviamente Lily è il centro di questi ricordi.
La storia partecipa al contest "Scrivetemi d'amore e sentimenti affini" di S.Elric_
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
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Il momento era in fine giunto.
Era la fine.
Esattamente come l’avevano pianificata, quasi che il destino l’avesse condotto lì seguendo il percorso che lui stesso e Silente avevano tracciato.
Era quasi l’alba e il cielo era scuro, nuvoloso e nebbioso, terso dell’odore acre della polvere alzatasi dalle macerie del castello, di quello pungente del sangue dei morti, rimbombante delle grida strazianti dei vivi, vibrante di magia, solido di tensione e angoscia e, fissando quelle sfumature scure, gli venne più facile pensare al suo passato, radunare i ricordi, disporli in ordine per consegnarli a lui, come stabilito.
 

Da bambino Severus Piton era povero, molto, abituato a vivere con poco e niente, pallido, emaciato, nervoso, con i capelli unti e i vestiti sporchi. Abitava in una zona industriale, le ciminiere dominavano l’orizzonte e rendevano il cielo sempre scuro, velato di grigio e di polvere.
Odiava i suoi genitori, odiava quando litigavano e si era abituato a dormire poco per non sentirli, per non farsi trovare in casa quando suo padre esagerava e aveva presto imparato ad arrangiarsi da solo, ad uscire, a vagare, a esercitare la sua magia e questo fu l’inizio delle sue gioie, del suo più grande rimpianto e dell’infinita tristezza che si portava sempre dentro.
Durante quelle notti fuori casa gli era capitato spesso di osservare il sorgere del sole e aveva imparato così ad osservare l’alba, a catturare i riflessi del cielo e a capire se quello che era appena cominciato sarebbe stato un giorno sereno o piovoso, positivo o negativo e, per uno strano gioco del destino, le albe che lui preferiva erano quelle grigie, nuvolose e fredde, quelle che gli altri definirebbero amare perché non viene voglia di liberarsi dal caldo bozzolo del letto per affrontare quello che sarà un giorno in cui nulla accadrà.
Per lui, invece, in quei giorni tutto accadeva, nel bene e nel male.
Perché fu in un giorno cominciato così che conobbe Lily Evans, ma fu anche in un giorno così che la perse per sempre.
 

Ripensò a una delle prime volte in cui la vide, piccola, con i lunghi capelli rossi che svolazzavano leggeri al ritmo impresso dall’altalena su cui stava giocando con la sorella, gli occhi verdi più belli che avesse mai visto.
Quella mattina si era svegliato all’alba e, stufo di sentire i suoi genitori urlare, aveva preso gli unici vestiti che possedeva oltre al pigiama, li aveva indossati velocemente ed era uscito di casa silenziosamente.
Il cielo era grigio, aveva piovuto durante la notte e gli strascichi di nubi che il temporale si era lasciato dietro non avevano ancora permesso al sole di fare capolino tra il fitto velo del fumo delle ciminiere.
Sapeva, e un po’ sperava, che l’avrebbe potuta trovare al parco e l’attese per buona parte della mattina, che nel frattempo si era un po’ rischiarata, fino a quando la vide arrivare accompagnata dalla figura rigida e impettita della sorella Petunia.
Il suo cuore si riempì all’istante di gioia e un piccolo sorriso gli decorò il viso giallognolo, altrimenti serio, malinconico e triste.
La osservò a lungo, come era abituato a fare e, quando la vide fare la solita acrobazia saltando giù dall’altalena e udì la sorella che, in buona parte erosa dalla gelosia, la sgridava, si avvicinò a loro e rivelò a Lily che era una strega.
Le cose andarono male tuttavia, come sempre quando decideva di fare qualcosa e, quando le due bambine se ne andarono via, arrabbiate ed indignate con lui per quello che credevano essere un insulto, rimase solo, sconsolato e amareggiato, ma l’emozione vibrante che provava per averle finalmente rivolto la parola, lo accompagnò per i giorni seguenti e capì che, oltre al fatto di essere una strega, quella bambina aveva qualcosa di speciale.


Ebbe la conferma di quel pensiero il mese successivo, quando, dopo aver assistito a un’alba spettacolare che aveva tinto il cielo di oro, in seguito al caparbio tentativo dei timidi raggi di sole di passare con forza attraverso la coltre di nebbia che la notte aveva lasciato dietro di sé, rivide Lily, questa volta sola, al limitare di un boschetto che sorgeva vicino al parco in cui era solita giocare.
Le si avvicinò e lei, stupendolo, gli disse che lo stava cercando e che voleva sapere come mai l’avesse definita in quel modo, una strega.
Lui, colto alla sprovvista e un po’ balbettante, le disse che l’aveva fatto perché era quello che era, ma non doveva vergognarsi, anche lui era come lei, anche lui sapeva fare cose “strane”, che gli altri bambini potevano solo immaginare.
Lei lo guardò assorta per un po’, poi, convinta da quelle parole, gli chiese di raccontarle tutto ciò che sapeva sulla magia.
Piton provò nuovamente quella fortissima emozione al cuore che aveva provato la prima volta che le aveva parlato e sentì che i battiti gli accelerarono in maniera brusca, facendo affluire sangue alle sue pallide guance che, per una volta, si tinsero di un tenue rosa.
Quel giorno fu l’inizio della loro amicizia e, per tutto il mese seguente, si incontrarono in gran segreto in quel posto e lui le raccontava tutto ciò che sapeva su Hogwarts, sulla magia, sul mondo magico, sui Dissennatori, sugli incantesimi e lei, sempre più estasiata e curiosa di conoscere quell’universo che, per certi versi, riteneva ormai famigliare, assimilava ogni informazione, ogni piccola notizia, ogni minimo dettaglio.
Quando ricevettero la loro lettera, giusto qualche settimana prima del primo di settembre, erano talmente felici che, grazie ai loro poteri, fecero volare le foglie dei salici che giacevano a terra come se fossero tanti piccoli uccellini e ridevano mentre questi passavano loro accanto, accarezzandoli in viso, attraversando i loro capelli e si abbracciavano e saltavano e Piton, perso nel verde dei suoi occhi, era al settimo cielo.
Come di consueto, però, la gioia durò pochissimo.
Era come se venisse consegnato nelle mani del giovane Severus qualcosa di estremamente prezioso e poi arrivasse il momento in cui qualcuno glielo portasse via vigorosamente esclamando: “Non è tuo!”.
Si accorsero, infatti, di essere spiati.
“Petunia.” Disse allegramente Lily quando si accorse che la misteriosa figura nient’alti era se non sua sorella. Le tese la mano e la incitò ad avvicinarsi.
“Ti vedi ancora con questo strambo, Lily? Guardalo! Guarda cosa indossa! Cosa sarebbe quella, strambo? Una camicia?” Sbraitò invece lei, uscendo dal suo nascondiglio.
“Tunia, smettila.” Cominciò Lily dolcemente ma fermamente, tuttavia la reazione di Piton, dettata dalla rabbia, fu più rapida e, con un sonoro rumore, un ramo si spezzò e colpì Petunia sulla spalla, facendola scoppiare in lacrime.
“Severus!”
E bastò il tono di Lily, il suo sguardo a farlo subito pentire di ciò che aveva appena fatto.
“Non sono stato io!” Tentò, invano, di difendersi, mentre la paura lo attanagliava.
Per la seconda volta in pochi mesi, Lily si allontanò arrabbiata e delusa, lasciandolo solo, pieno di amarezza e con una piccola crepa nel cuore.

 
Quando si rividero di lì a qualche giorno sul binario 9 e ¾ che li avrebbe condotti a scuola, però, sembrava che Lily avesse scordato quell’incidente o forse, l’idea di lasciare la sorella e che questa la odiasse, la faceva stare ancora più male del ricordo di quell’avvenimento.
Vedere Lily piangere era qualcosa che Severus non riusciva a sopportare e cercò di tirarla su di morale parlandole della Scuola e della Casa in cui sarebbe voluto finire.
Ma anche questa volta il destino era contro di lui e il Cappello li smistò nelle due Case rivali: lui in Serpeverde e lei in Grifondoro.
Lei conobbe quelli che sarebbero diventati gli acerrimi nemici dello sfortunato ragazzo, James Potter e la sua combriccola che iniziarono a prenderlo di mira.
Ma quello non era importante perché lui aveva lei e presto gli fu chiaro che quel forte sentimento che provava nei suoi confronti, che quella grande emozione che gli si sviluppava nel cuore ogni volta che la vedeva, quando gli donava i suoi sorrisi e lo guardava con quegli occhi colmi di affetto, quella era amore.
 

All’alba di una fredda, grigia e piovosa mattina del loro terzo anno, decise che voleva chiederle ufficialmente di andare a Hogsmade con lui non semplicemente come amici, ma come se fosse un vero appuntamento.
La intercettò in Sala Grande e, nervoso, le si avvicinò.
“Ciao Lily.”
“Oh, ciao Sev! Finalmente abbiamo il permesso di andare a Hogsmade! Sono così emozionata! Non vedo l’ora di andare a visitare tutti i negozi con le ragazze.”
“Pensavo che magari…”
“Si?”
“Noi… magari tu… forse…”
Era così bella che le parole gli stavano morendo in gola. Era vestita casual e indossava un maglione verde scuro di lana che si abbinava con gli occhi e le metteva in risalto i capelli rosso fiamma e portava una gonna marrone che la faceva sembrare ancora più magra e slanciata.
Accidenti quanto l’amava!
“Avanti Sev, cosa mi devi dire?”
Riprovò ancora una volta a formulare una frase che avesse un senso, si sentiva come se avesse il cervello schiantato, non riusciva a pensare razionalmente e perse quindi l’occasione.
“Muoviti Lily! Noi andiamo! I ragazzi ci stanno aspettando!”
Lily fece per salutarlo e raggiungere Marlene ed Emmeline, le sue migliori amiche, ma Severus prese coraggio e le chiese se avesse voglia di andare a Hogsmade con lei.
Lei guardò per un breve momento in direzione delle sue compagne, poi guardò lui, il viso imporporato e gli occhi bassi, pronto all’ennesima sfortuna e, con immensa sorpresa da parte di Piton, accettò.
Quella fu una delle giornate più belle che Severus avesse mai vissuto.
Visitarono qualche negozio, si fermarono ai Tre Manici di Scopa e chiacchierarono del più e del meno, fino a quando: “Hey, guardate! Evans e Mocciosus! Ma che bella coppietta!” Il tono arrogante di James Potter interruppe la loro conversazione e subito Lily si girò verso di lui replicando: “Ma guarda, Potter e il suo branco di cagnolini al pascolo.”
I Malandrini non se la presero per la battuta, anzi si misero a sghignazzare, primo fra tutti James al quale Lily Evans non era indifferente e che cercava, nel suo stile da sbruffone, di attirare la sua attenzione.
“Mi spieghi cosa ci fai sempre con lui, Evans?” Chiese, rimarcando con disprezzo il pronome riferito a Piton e guardandolo con odio.
“Lo trovo piacevole, siamo amici e a te non deve importare chi frequento.”
“Se trovi piacevole quell’unto che ha in testa e quegli stracci che indossa, accomodati pure.”
“Infatti. Ora vattene, Potter!”
I due continuarono a battibeccare per qualche minuto, ma Piton non li stava più ascoltando. Da una parte provava rabbia e umiliazione per l’intromissione di quell’idiota arrogante, ma dall’altra lei l’aveva definito piacevole, aveva parlato di amicizia, di frequentazione e questo non poteva non scardargli il cuore.
Con un altro insulto destinato a Piton che fece scattare la risata collettiva dei suoi amici, Potter, Black, Lupin e Minus se ne andarono e li lasciarono nuovamente soli.
“Mi dispiace, Sev.”
“Lasciali perdere, sono solo degli idioti.”
“Già.”
E la giornata continuò pacificamente.
Quando tornarono, poco prima di entrare in Sala Grande per la cena, Piton le chiese se volesse ufficialmente diventare la sua ragazza. Lei arrossì un pochino, ma lo guardò fermamente e gli disse: “Non offenderti, Sev, ma preferirei che rimanessimo solo amici. Lo penso davvero quello che ho detto oggi… a Potter intendo. Tu sei il mio migliore amico, mi piace passare il tempo con te e sei importante per me e non voglio che si rovini tutto.”
Detto questo gli diede un morbido bacio sulla guancia e scappò via, diretta alla sua Sala Comune.
Severus rimase impalato, il tocco delle sue labbra che gli bruciava la pelle, le guance imporporate e il cuore colmo di gioia.


Più passava il tempo, però, più Lily trascorreva la maggior parte delle sue giornate con le sue amiche, molto spesso non trovando nemmeno un attimo per stare in compagnia di Severus e lui, di conseguenza, aveva stretto amicizia con i suoi compagni di dormitorio, Mulciber e Avery che iniziarono a fargli conoscere una nuova corrente di pensiero che si stava sviluppando in quegli anni nel mondo magico, propagandata da un potente mago che si faceva chiamare Lord Voldemort.
L’amicizia con i due ragazzi urtava molto Lily e spesso l’argomento era motivo di discussione tra lei e Piton.
“Praticano Magia Oscura, Severus!”
“Ma no, sono solo degli scherzi, forse un po’ spinti. Non tanto diversi da quelli che fanno Potter e la sua banda.”
“Cosa c’entra Potter adesso? Lui non pratica Magia Oscura!”
“Lo stai difendendo?”
“Si, perché tu lo stai attaccando ingiustamente! Io lo conosco e so benissimo la natura dei suoi scherzi e ti posso assicurare che non ha nulla a che vedere con quella che praticano i tuoi amici.”
“Lo stai davvero difendendo! Ma come puoi? Dopo tutto quello che ti ha fatto? Che ci ha fatto?”
“Non sto difendendo quello che fa, sto solo mettendo in evidenza la differenza tra i suoi metodi e quelli dei tuoi amici. Perché ti scaldi tanto?”
“Perché tu a lui piaci!”
Le guance di Lily, involontariamente, assunsero il colore dei suoi capelli e questo non passò inosservato agli occhi di Piton che sentì un’altra piccola crepa formarsi nel suo cuore.
Lei lo ricambiava, non voleva ammetterlo, ma era palese il sentimento traspariva.
Lily fece finta di niente, però e, con la voce più acuta del solito e stranamente tremolante, continuò: “E allora? So benissimo che è un arrogante, presuntuoso e idiota, non c’è bisogno che tu me lo venga a dire! Ti ha anche salvato la vita, non so perché devi sempre prenderlo di mira!”
Sentiva che la stava perdendo, sentiva che si stava legando ogni giorno di più a quell’odioso Potter e voleva rimediare.
“Pensi questo? Pensi che mi abbia salvato la vita?”
“Non l’ha fatto?”
“Stava solo cercando di salvare se stesso e anche i suoi amici, non farti abbindolare come una ragazzina qualsiasi.”
Pessima mossa.
“Non mi faccio abbindolare come una ragazzina qualsiasi! Mi sembra di aver già chiarito che so benissimo che tipo di persona sia James Potter, ma non per questo sono disposta a tollerare che tu gli dia sempre addosso.”
Un po’ rincuorato da quelle parole, un po’ per non incrinare ulteriormente la loro amicizia, Piton si scusò con la ragazza. Dopotutto lei aveva parlato male di James Potter; forse, quindi, aveva frainteso, forse veramente a Lily non piaceva Potter, forse era solamente troppo innamorato e leggermente paranoico.
Si impose di calmarsi e sorrise a Lily. Lei ricambiò e il cuore del ragazzo cominciò a battere più rapidamente, ma le crepe all’interno di esso aumentarono.


Il giorno del loro GUFO in Difesa Contro le Arti Oscure venne anticipato da un’alba grigia, nonostante fosse maggio inoltrato, poi il cielo si aprì e la giornata si fece calda e luminosa.
Severus era stato uno degli ultimi studenti a finire la sua prova d’esame e stava camminando a testa bassa nel parco del castello, vicino al lago, rimuginando sui quesiti appena svolti, non accorgendosi che stava andando incontro alla betulla sotto la quale erano placidamente sdraiati i Malandrini.
“Guardate chi arriva, Mocciosus e i suoi capelli unti.” Cominciò Potter appena lo vide, alzandosi in piedi.
Subito fu seguito dai suoi amici che cominciarono a prendere in giro Piton, fino a quando Potter pronunciò l’incantesimo Levicorpus e lui sui si ritrovò a testa in giù, con la tunica della divisa che gli penzolava sopra la testa.
I Malandrini e i ragazzi intorno a loro si misero a ridere e Potter, caricato dall’incitamento del pubblico, gli levò i pantaloni con un colpo di bacchetta, lasciandolo in mutande.
Le risate del pubblico aumentarono e Piton avvampò di rabbia, sentendosi umiliato come mai in vita sua e il sentimento divenne ancora più forte quando sentì una voce che tanto conosceva e tanto amava.
“Smettila Potter, tiralo giù!”
“Solo se prometti di uscire con me.”
“Scordatelo! E fai subito come ti dico, altrimenti ti metto in punizione, sono un Prefetto e posso farlo.”
“Come vuoi tu, principessa… Liberacorpus!”
E Piton cadde sonoramente a terra, sbattendo il sedere e facendo ridere ancora di più la piccola folla che si era radunata attorno a loro.
Odiava quel Potter, odiava i suoi stupidi amici, odiava il fatto che avesse dato ascolto a Lily perché sapeva che l’aveva fatto in quanto ne era innamorato e odiava che qualcuno amasse la sua Lily tanto quanto l’amava lui.
Lei gli si avvicinò, continuando a battibeccare con Potter.
Odiava sentirli parlare, odiava che lei si rivolgesse a lui.
La rabbia era tanta, troppa l’umiliazione cocente, l’odio gli annebbiava il cervello, persino la vista.
“Non ho bisogno che tu mi difenda, schifosa Mezzosangue.” Sputò con un tono che suonò estraneo persino a lui stesso.
Lily si immobilizzò.
Sembrava pietrificata.
Potter e i suoi amici smisero di ridere.
Tutti gli altri smisero di ridere.
Gli occhi verdi di Lily divennero due fessure e il colore delle iridi si fece più chiaro.
Erano pieni di lacrime.
Non emise alcun suono.
Si girò.
Si allontanò.
Corse.
L’aveva persa.
Nel suo cuore già crepato, qualcosa si spezzò.

 
L’aveva delusa, l’aveva mortificata, l’aveva umiliata e adesso doveva rimediare, chiederle scusa, tentare di ricucire quel rapporto che per lui era fondamentale.
Tentò di avvicinarla in ogni modo, ma lei lo ignorava, provava a chiedere alle sue amiche di intercedere per lui, ma lei lo ignorava, decise quindi di dormire fuori dalla Sala Comune dei Grifondoro e fu a quel punto che lei, finalmente, gli concesse una spiegazione.
“Lily, scusami, davvero, io non volevo, solo che…”
“Solo che cosa, Severus?”
“Non so, è tutta colpa di Potter.”
“Colpa di Potter?”
“Si! Cioè no… è colpa mia, ma è stato per causa sua! Ero arrabbiato, umiliato, agitato, nervoso e mi è scappato.”
“Ti è scappato?! Ma ti senti? Ti avevo avvertito di stare lontano da quei due, ma è evidente che non mi hai dato ascolto ed è altrettanto chiaro che ormai i nostri percorsi sono divisi, separati per sempre, tu hai scelto le tenebre, io la luce, tu attacchi me e quelli come me e io mi batto ogni giorno per difenderli. Tu sei un Mangiamorte, Severus!”
Il ragazzo non osò aprire bocca per obiettare, anche se aveva tante, troppe cose da dire.
“Non lo neghi, quindi? Sei uno di loro? Sei un Mangiamorte! Mi disgusti, Severus!”
“No, Lily, tu non capisci, non ti farei mai del male!”
“No, ma ne faresti ad altri come, ai Nati Babbani, a quelli che voi definite Mezzosangue, ai Babbani stessi! Per l’amor del cielo, ti sei unito a Tu-Sai-Chi! Hai scelto di stare dalla parte delle Forze Oscure! Come posso fidarmi ancora di te? Come posso perdonarti? Allontanati ora. Non ho più intenzione di vederti, né di rivolgerti la parola.”
Detto questo rientrò a passo deciso e a testa alta nella sua Sala Comune e lo lasciò lì, solo, talmente paralizzato dal dolore, dall’angoscia e dalla tristezza che non aveva nemmeno la forza di piangere, aveva il cervello annebbiato, vuoto e il cuore rotto in tanti piccoli pezzettini.
 

Gli ultimi due anni a Hogwarts e quelli che seguirono furono i più duri.
Si dedicò alle Arti Oscure, sempre più cupo e simile al cielo nebbioso e nero che riempiva i suoi ricordi di ragazzino, mentre Lily andava tenace e convinta nella direzione opposta, verso la luce, in compagnia di James Potter e degli altri giovani adulti che avevano deciso di opporsi fermamente a Lord Voldemort.
Era evanescente, era come fumo, non riusciva ad afferrarla, non poteva trattenerla, la vedeva solo fluttuare via, avvicinarsi a James Potter, innamorarsi di lui, finire la scuola, iniziare la vita fuori da Hogwarts, diventare Auror, sposare Potter, fino a quando venne a sapere la terribile notizia.
 

Faceva freddo, tirava vento, il cielo era metallico e pioveva quando incontrò Albus Silente su quella collina e gli rivelò della profezia, dei piani dell’Oscuro Signore di uccidere il figlio di Lily e lo pregò di proteggerla, offrendo al vecchio mago i suoi servigi, rischiando la sua vita, trasformandosi in una spia pur di far sì che nulla le accadesse.


L’alba del primo di novembre era fredda, nera e amara, molte persone non si sarebbero mai volute alzare dal letto, ma lui nemmeno ci era stato in un letto quella notte.
Raggiunse la piccola casa dalla staccionata bianca in Godric’s Hollow ed ebbe un tuffo al cuore quando la vide semidistrutta.
Entrò dalla porta scardinata e vide Potter riverso al suolo, immobile.
I capelli disordinati erano sporchi di polvere e gli occhiali appoggiati di traverso sul naso.
Salì le scale e, prima ancora di entrare nella cameretta del bambino, vide la mano fredda, pallida e immobile di Lily sul pavimento.
La raggiunse correndo, arrancando sulle scale.
Sembrava dormisse.
Aveva il ricordo di una lacrima ancora impresso sulla guancia liscia quando Severus, straziato dal dolore e scosso da un pianto irrefrenabile, la sollevò delicatamente da terra con mani tremanti, la strinse forte al suo petto e l’abbracciò come avrebbe voluto fare in tutti quegli anni di separazione, cullandola e chiamandola per nome, come se si potesse svegliare da un momento all’altro.
La sua vita era finita.
Niente aveva più un senso.
Lily era morta.
Il suo cuore era in frammenti e niente e nessuno avrebbe mai potuto rimetterli insieme.
Sentì un flebile pianto, alzò lo sguardo e vide il figlio della sua amata Lily.
Aveva i suoi stessi occhi e una cicatrice rossa e sanguinante a forma di saetta sulla fronte.
Giurò che l’avrebbe protetto, per amore di Lily lo avrebbe tenuto al sicuro.
 

E così fece, nonostante la sua somiglianza con James, nonostante il suo carattere arrogante.
Anche in quel momento stava andando incontro al proprio destino per lui.
 

Emise un respiro profondo.
Il Signore Oscuro lo stava chiamando.
In una nube nera si Smaterializzò e riapparve nella Stamberga Strillante dove ad attenderlo c’era Lord Voldemort in compagnia dell’inseparabile serpente Nagini.
L’ascoltò senza veramente sentire ciò che aveva da dire a proposito delle bacchette e stava per ribattere qualcosa quando lo sentì sussurrare in serpentese e, poco dopo, si ritrovò a terra sanguinante, con un morso esteso sul collo.
Udì a malapena il Signore Oscuro pronunciare un flebile e per niente sentito “Mi spiace” e, poco dopo, vide due occhi verdi posarsi su di lui, mentre una mano cercava invano di comprimere la ferita.
Quegli occhi verdi che tanto aveva amato e che tanto ancora continuava ad amare.
Presto si sarebbero ricongiunti, magari l’avrebbe rivista e le avrebbe chiesto nuovamente perdono, perdono per non aver saputo proteggere suo figlio fino alla fine.
Il destino del ragazzo, infatti, per quanto aveva detto Silente, sarebbe stato quello di morire.
“Prendi… ti prego…” Disse flebilmente riferendosi la sostanza argentea che conteneva i suoi ricordi e che stava colando fuori dal suo corpo insieme al sangue.
Il ragazzo la racchiuse rapido in una fiala.
Aveva bisogno di vederli.
Doveva vederli.
“Guardami…” Sussurrò con le ultime forze che gli restarono e si impresse nella memoria il colore di quegli occhi, uguali a quelli di Lily, rievocò il viso della ragazza nella sua mente, ebbe una fugace vista della piccola cicatrice a forma di saetta sulla fronte di Harry, ormai pallida e attenuata nel corso degli anni.
Il suo cuore non avrebbe mai potuto cicatrizzarsi in quel modo, sarebbe rimasto per sempre come la ferita sulla fronte di quel bambino, sanguinante, come il suo collo in quel momento.
Ma ora la vedeva.
Era bella.
Aveva gli occhi verdi e i capelli rossi.
Un piccolo sorriso gli incorniciò le labbra.
Il suo cuore straziato forse avrebbe potuto finalmente riposare.
Lily…
 

 

Questa storia partecipa al concorso “Scrivetemi d’amore e sentimenti affini” indetto da S.Elric_ su EFP. Il pacchetto scelto era C, associato alla citazione " Non c’è cosa più amara che l’alba di un giorno in cui nulla accadrà." – C. Pavese, Lo Steddazzu. Gli elementi all'interno del pacchetto che dovevo utilizzare erano Cielo, Cuore e Cicatrice.

Spero vi sia piaciuta, fatemi sapere ;)
  
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