Yuuri
è il
nero. Assoluto nello sconforto e nelle sue ansie, eppure calamitante
quando
volteggia sulla pista di pattinaggio. Difficile staccargli
gli
occhi di dosso, difficile distrarsi dal modo in cui il suo corpo
nervoso,
tratteggiato con rapidi tratti d’inchiostro, fende
l’aria ed il ghiaccio. Yuuri
seduce, con quegli zigomi alti, lo sguardo solenne di
un’antica statua e la chioma corvina che ne accentua i lineamenti a tratti
ieratici e
impenetrabili.
Gli
spettatori trattengono il fiato ad ogni suo salto perché
Yuuri, in bilico tra
magistrale eleganza e la catastrofe, riesce ancora a tenerli sulla
corda; la
garanzia di perfezione, la certezza di un’eccellente
performance, a lungo
andare stancano anche il pubblico più scafato. Ma Yuuri,
Yuuri è la
quintessenza del nero. Non sai giudicarne
l’intensità né quali sfumature di
colori vi si celino dietro finché non lo si è
scrutato a lungo, toccato con
mano, valutato sotto ogni luce. Il nero è denso, e al tempo
stesso una continua
sorpresa.
Viktor
è
trasparente come il vento siberiano: infallibile, agghiacciante nella
sua
crudeltà, efficiente. Sa far gelare un raccolto prodotto con
grande fatica e
sudore della fronte in un giro di valzer, si insinua nelle ossa
lasciandoti
alla mercé delle sue folate. Il vento della grande Madre
Russia non perdona, ma
di certo rende più frizzante l’afosa estate
giapponese. Porta con sé il profumo
tagliente e pulito dell’inverno imminente, variegato di
umidità quando nevica,
e lo stupore di cieli tersi riscaldati da uno sfavillante, quanto
tiepido,
sole.
I fan ne
elogiano i Flip e i Salchow di squisita precisione, le membra sottili e
flessuose in cui pompano muscoli scolpiti nel marmo, forti e potenti.
Alcuni si
sentono venire meno incrociandone, dal vivo o sullo schermo, gli occhi
azzurri
simili a quelli di un lupo della steppa. Tuttavia non è quello il colore
di Viktor, né il
platino dei suoi capelli sottili, preziosi come fili
d’argento. Lui è cristallo,
decorativo solo in apparenza e pericoloso se scheggiato; acqua di fonte
divenuta
roccia.
Insieme,
così
diversi e così uguali, per nulla complementari
(semplicemente anime gemelle),
Yuuri e Viktor declinano, pattinando, tutto ciò che
è sul ghiaccio e che i
comuni mortali chiamano amore.
Non so
nemmeno io che diamine ho scritto. Chiedo venia.
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