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Autore: Jim2233    28/01/2017    2 recensioni
Distretto 12? Panem? Dimenticatevi tutto.
Siamo nel selvaggio West, dove vige la legge della Colt.
Fra banditi senza scrupoli, pellerossa e cacciatori di taglie in cerca di vendetta, preparatevi ad immergervi in questa avventura!
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Finnick Odair, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nonostante non avesse ancora raggiunto lo zenit, il sole picchiava ferocemente sul deserto di Yuma. Lì, alle soglie di un tozzo e minaccioso edificio di pietra, Coriolanus Snow contemplava il disastro. Il volto impassibile, si aggirava nel cortile esterno di quello che era stato il carcere di Yuma. Già, come si poteva definire un edificio che non conteneva più i suoi prigionieri?

Numerose guardie giacevano senza vita, uccise dai colpi delle loro stesse armi da fuoco o, peggio ancora, trucidate a mani nude dalla peggiore feccia che quel posto avesse ospitato. E se fossero state ancora vive, Snow le avrebbe ammazzate di persona, per essersi fatte sfuggire un’occasione così ghiotta. Finnick Odair che si consegnava nel suo carcere… Snow non era mai stato tanto vicino a mettere le mani sul collo di quel maledetto ficcanaso. Invece ora vagava a piede libero, insieme allo sceriffo. Gli avrebbero causato altri problemi, questo era poco ma sicuro.

Si voltò. Thread era appoggiato al cancello della prigione e si dondolava pigramente su un piede. Evidentemente aveva preferito tenersi a distanza di sicurezza. Snow lo chiamò, facendogli cenno di avvicinarsi.

“Voglio quei cani, vivi o morti” gli intimò.

Lui si limitò a fissarlo per un po’ con i suoi occhi di ghiaccio, poi disse: “Probabilmente sono accampati da qualche parte intorno alla città.”

“Allora fai in modo di trovarli. Manda i nostri uomini in perlustrazione già da stanotte.”

“Sarà fatto.”

“Thread…”

“Mister Snow?”

“Quando li trovi…” Snow fece una piccola pausa. “Spazzali via.”

 

***

 

Katniss si aggirava tra le tende dell’accampamento, incurante dell’accecante sole del primo pomeriggio. Tutto quello che desiderava era allontanarsi il più possibile dalla grande tenda in cui si stavano definendo i dettagli del piano. Aveva lasciato Finnick, Peeta e Gale con le teste che cominciavano a fumare, sia per il caldo che per le difficili decisioni da prendere.

Il loro piano le sembrava completamente folle… come d’altronde era stato il loro viaggio fino a quel momento. Ma ciò che turbava Katniss, in realtà, era il suo ruolo all’interno di quella follia.

«Tu e Haymitch siete assolutamente perfetti per questo compito!», le aveva detto Finnick poco prima. Certo, una ragazza da Saloon e un ubriacone… Per un istante aveva pensato che il pistolero biondo si stesse prendendo gioco di lei, ma poi aveva scorto le facce serie di Peeta e Gale. Non era uno scherzo.

E all’improvviso le tornò in mente Prim, la sua paperella. Katniss si vergognò all’istante della paura che provava: come stava adesso la sua sorellina? Una bambina prigioniera di un branco di selvaggi… la ragazza si coprì il volto con le mani, scossa per un istante da un singulto. Poi si voltò e a grandi passi si diresse di nuovo verso la tenda più grande.

Lo avrebbe fatto.

 

Si mossero nel tardo pomeriggio, quando finalmente il sole cominciava a dare segni di stanchezza.

La carrozza che la trasportava percorse lentamente le strade di Yuma, senza farsi notare. Non appena si fu fermata, Katniss scese con eleganza. Sapeva che il suo obiettivo era mettersi in mostra il più possibile, così sollevò con le mani il suo lungo vestito, in modo da non sporcarlo di polvere, e cominciò a camminare ancheggiando verso l’entrata del Saloon.

“Mia cara, sei assolutamente magnifica!” la accolse Chaff, il rubicondo proprietario del locale. Katniss l’aveva conosciuto poche ore prima, quando si era proposta per lavorare lì, quella sera.

Lo ringraziò facendo una riverenza, quindi Chaff le indicò una porta dietro il bancone. “Puoi andare a sistemarti lì. Ricorda, fra mezz’ora si comincia!” la avvertì, agitando scherzosamente il dito.

Katniss si diresse verso la stanzetta. Una volta dentro, si concesse solo un sospiro prima di cominciare a truccarsi. Mentre si guardava allo specchio, una pioggia di ricordi le invase la mente . Sembravano passati millenni dall’ultima volta che si era vestita così, il giorno in cui Finnick l’aveva salvata dall’ubriaco. In realtà erano trascorsi solo pochi giorni, e nonostante questo, la sua vita era cambiata in modo radicale.

Continuò a truccarsi fino a quando quasi non si riconobbe più nello specchio. Fu allora che si alzò e uscì dalla stanza. Quando ancora lavorava a Hangtown, cercava di mostrarsi il più naturale possibile, ma quella sera sentiva l’irrefrenabile impulso di mascherarsi.

Ben presto il Saloon si fece affollato e la musica cominciò. Katniss cominciò a ballare sotto gli occhi di tutti gli avventori. Fu sorpresa nel sentirsi goffa e impacciata.

Deve essere l’ansia, si disse. Eppure, se avesse continuato in quel modo, la copertura sarebbe saltata. Così chiuse gli occhi e provò a dimenticare tutto quanto. Continuò a tenerli chiusi fino a quando non si sentì di nuovo la Ballerina che infiammava le serate al Saloon di Hangtown, la ragazza misteriosa che sorrideva a tutti e non si concedeva a nessuno, la giovane donna che doveva accudire la sorellina e allo stesso tempo esserle di esempio. Tutto questo la faceva danzare sempre più leggera, finché non le parve di essersi sollevata dal pavimento polveroso e di starsi esibendo a mezz’aria.

E poi, all’inizio ovattati, ma pian piano sempre più rumorosi ed insistenti, si fecero strada nel suo udito i fischi di apprezzamento e gli applausi.

Finalmente aprì gli occhi e quello che vide fu una folla che impazziva per lei. Sorrise radiosa mentre percorreva  con lo sguardo l’intero locale, e fu travolta da un moto di sollievo quando scorse Haymitch seduto ad un tavolo in disparte, con un sorrisetto stampato sul volto.

Finalmente è arrivato, pensò. Haymitch era parte integrante del piano tanto quanto lo era lei, e aveva cominciato a pensare che non si sarebbe più presentato.

Ora doveva solo aspettare il momento giusto.

 

Il momento arrivò poche ore più tardi.

Quando la musica si fermò all’improvviso e un silenzio raggelante scese sul locale, Katniss comprese che era successo qualcosa. Si voltò verso l’entrata del Saloon e capì: degli uomini avevano appena oltrepassato la soglia. Tutti gli avventori li stavano guardando.

Devono essere loro.

Per un istante incrociò lo sguardo di Haymitch, che annuì impercettibilmente.

Gli uomini di Snow si sedettero al bancone e ordinarono da bere. Era questo l’unico punto debole che Katniss e Haymitch erano riusciti a trovare durante il loro tentativo di spionaggio: ogni sera, nulla fermava gli uomini di ronda dall’interrompere il loro lavoro e fare una visitina al Saloon. Solo che quella notte la visita sarebbe stata molto più lunga del solito.

Chaff fece segno al pianista di riprendere a suonare, poi si rivolse a quello che sembrava essere il capo degli uomini. “Il solito, Brutus?”

“Certo” rise l’uomo. “Vedo che hai della nuova merce, qui.”

Katniss ormai non poteva più vederlo, ma era pronta a scommettere che quella frase fosse riferita a lei. Con la coda dell’occhio intravide Haymitch che si alzava dal suo tavolo e si avvicinava al bancone.

Il piano era cominciato. Si costrinse ad attendere diversi minuti, fino a quando la melodia del pianoforte non si interruppe; il pianista le fece segno di volere una pausa, così Katniss decise di cogliere al volo l’occasione. Si avvicinò anche lei al bancone e senza esitazione prese posto accanto a Brutus. Si guardò attorno con noncuranza, senza mai incrociare il suo sguardo. Dopo neanche un minuto fu lui a offrirle da bere.

Katniss osservò preoccupata la bottiglia, che sembrava contenere una Tequila invecchiata dall’aria micidiale. Non poteva permettersi di finire ubriaca, ma d’altronde se voleva entrare in confidenza con Brutus non aveva scelta. Così accettò di farsi riempire il bicchiere e lo vuotò tutto d’un fiato. La bevanda era talmente forte da bruciarle la gola e farle lacrimare gli occhi, ma Katniss riuscì a mascherare le sue reazioni sfoderando un sorriso malizioso con il quale ruppe finalmente il ghiaccio.

I due cominciarono a parlare, ma solo una parte della mente di Katniss era concentrata sulla conversazione: rivolta verso Brutus, poteva finalmente vedere cosa stesse combinando Haymitch. A quanto pareva, aveva offerto da bere al resto degli uomini.

“…ed è così che sono diventato il capo delle guardie di Snow” concluse Brutus, con un’espressione di tronfio orgoglio sul viso. Katniss tornò immediatamente a concentrarsi su di lui.

“E quanto ti paga Snow? Scommetto che ti dà troppo poco” disse, strizzandogli l’occhio. “Secondo me fai bene a prenderti queste… piccole libertà” concluse in tono suadente. Poi riempì di nuovo i bicchieri, quasi inconsapevolmente.

Di colpo, una risata rauca arrivò dall’altra estremità del bancone: uno degli uomini di Snow si stava rivolgendo a Haymitch.

“Reggi bene l’alcool, amico!” esclamò in tono ammirato.

“Lo reggo meglio di tutti voi messi assieme” li sfidò Haymitch.

“Ma sentilo” proruppe un altro. “Forse è già ubriaco.”

Katniss vide le guance dell’ubriacone di Hangtown tingersi di un rosso acceso.

“Davvero?” chiese lui. “Il prossimo giro lo offro io, vediamo chi riesce a starmi dietro!” dichiarò.

La proposta venne accettata a gran voce dagli uomini di Snow.

Brutus si accigliò. “I miei uomini tendono a farsi distrarre quando c’è dell’alcool a poca distanza” spiegò, sospirando. “Forse sarebbe meglio che li richiamassi all’ordine.”

Non posso lasciarglielo fare!

“Lasciali divertire!” proruppe Katniss. Per un istante vide la sorpresa sul volto di Brutus, così continuò. “E poi, mi lasceresti da sola con questa bottiglia da finire?” gli chiese, ammiccando.

Vide Brutus esitare e gli si avvicinò. “Potremmo finirla in un posto tranquillo… la mia stanza, per esempio” sussurrò.

A quella proposta così allettante l’uomo, già brillo, cedette definitivamente. Si alzò dallo sgabello e, nonostante fosse un po’ malfermo sulle gambe, fece cenno a Katniss di andare. Lei afferrò la bottiglia e si alzò a sua volta. La testa le girava, ma in qualche modo riuscì comunque a dirigersi verso le scale. Prima di imboccarle, si voltò verso il bancone: gli uomini di Snow cominciavano già a cantare a squarciagola canzoni oscene, mentre Haymitch rideva di gusto.

Almeno lui sta facendo quello che gli riesce meglio. Io, invece…

Mentre saliva le scale percepiva chiaramente il respiro affannoso di Brutus dietro di lei. La bottiglia di Tequila sembrava farsi più pesante ogni passo che faceva.

Arrivata al piano di sopra, si guardò intorno. Si era perfino dimenticata di prendere una camera! Fortunatamente, una porta aperta attirò la sua attenzione.

Quella sarebbe andata bene, si disse.

Terrorizzata da ciò che sarebbe successo di lì a poco, vi condusse Brutus. L’uomo entrò e si chiuse la porta alle spalle.

E all’improvviso Katniss si sentì sola. In trappola. Non ci sarebbe stato Finnick a salvarla, stavolta.

Non posso farlo, non posso.

Non appena vide l’uomo che si avvicinava, il suo stomaco si rivoltò, facendo sprofondare Haymitch e il piano in un remoto angolino della mente.

Katniss sollevò la bottiglia e, senza emettere alcun suono, la calò con forza sula testa di Brutus, facendola esplodere in una miriade di frammenti di vetro e gocce di Tequila invecchiata.

Guardando l’espressione sorpresa sul volto dell’uomo, che poi stramazzò a terra con un gemito, a Katniss sembrò di vivere in un lontano mondo dei sogni.

Poi si sedette sul bordo del letto e si lasciò andare a una serie di silenziosi singhiozzi disperati.

Finnick, Peeta, Gale… adesso tocca a voi!

 


 

 

   
 
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