Nonostante
non avesse ancora raggiunto lo zenit, il
sole picchiava ferocemente sul deserto di Yuma. Lì, alle
soglie di un tozzo e
minaccioso edificio di pietra, Coriolanus Snow contemplava il disastro.
Il
volto impassibile, si aggirava nel cortile esterno di quello che era
stato il
carcere di Yuma. Già, come si poteva definire un edificio
che non conteneva più
i suoi prigionieri?
Numerose
guardie giacevano senza vita, uccise dai
colpi delle loro stesse armi da fuoco o, peggio ancora, trucidate a
mani nude
dalla peggiore feccia che quel posto avesse ospitato. E se fossero
state ancora
vive, Snow le avrebbe ammazzate di persona, per essersi fatte sfuggire
un’occasione così ghiotta. Finnick Odair che si
consegnava nel suo carcere…
Snow non era mai stato
tanto vicino a mettere le mani sul collo di quel maledetto ficcanaso.
Invece
ora vagava a piede libero, insieme allo sceriffo. Gli avrebbero causato
altri
problemi, questo era poco ma sicuro.
Si
voltò. Thread era appoggiato al cancello della
prigione e si dondolava pigramente su un piede. Evidentemente aveva
preferito
tenersi a distanza di sicurezza. Snow lo chiamò, facendogli
cenno di
avvicinarsi.
“Voglio
quei cani, vivi o morti” gli intimò.
Lui
si limitò a fissarlo per un po’ con i suoi occhi
di ghiaccio, poi disse: “Probabilmente sono accampati da
qualche parte intorno
alla città.”
“Allora
fai in modo di trovarli. Manda i nostri
uomini in perlustrazione già da stanotte.”
“Sarà fatto.”
“Thread…”
“Mister Snow?”
“Quando
li trovi…” Snow fece una piccola pausa.
“Spazzali
via.”
***
Katniss
si aggirava tra le tende dell’accampamento,
incurante dell’accecante sole del primo pomeriggio. Tutto
quello che desiderava
era allontanarsi il più possibile dalla grande tenda in cui
si stavano
definendo i dettagli del piano. Aveva lasciato Finnick, Peeta e Gale
con le
teste che cominciavano a fumare, sia per il caldo che per le difficili
decisioni da prendere.
Il
loro piano le sembrava completamente folle… come
d’altronde era stato il loro viaggio fino a quel momento. Ma
ciò che turbava
Katniss, in realtà, era il suo ruolo all’interno
di quella follia.
«Tu
e Haymitch siete assolutamente perfetti per
questo compito!», le aveva detto Finnick poco prima. Certo,
una ragazza da
Saloon e un ubriacone… Per un istante aveva pensato che il
pistolero biondo si
stesse prendendo gioco di lei, ma poi aveva scorto le facce serie di
Peeta e
Gale. Non era uno scherzo.
E
all’improvviso le tornò in mente Prim, la sua
paperella. Katniss si vergognò all’istante della
paura che provava: come stava
adesso la sua sorellina? Una bambina prigioniera di un branco di
selvaggi… la
ragazza si coprì il volto con le mani, scossa per un istante
da un singulto.
Poi si voltò e a grandi passi si diresse di nuovo verso la
tenda più grande.
Lo
avrebbe fatto.
Si
mossero nel tardo pomeriggio, quando finalmente
il sole cominciava a dare segni di stanchezza.
La
carrozza che la trasportava percorse lentamente
le strade di Yuma, senza farsi notare. Non appena si fu fermata,
Katniss scese
con eleganza. Sapeva che il suo obiettivo era mettersi in mostra il
più
possibile, così sollevò con le mani il suo lungo
vestito, in modo da non
sporcarlo di polvere, e cominciò a camminare ancheggiando
verso l’entrata del
Saloon.
“Mia
cara, sei assolutamente magnifica!” la accolse
Chaff, il rubicondo proprietario del locale. Katniss l’aveva
conosciuto poche
ore prima, quando si era proposta per lavorare lì, quella
sera.
Lo
ringraziò facendo una riverenza, quindi Chaff le
indicò una porta dietro il bancone. “Puoi andare a
sistemarti lì. Ricorda, fra
mezz’ora si comincia!” la avvertì,
agitando scherzosamente il dito.
Katniss
si diresse verso la stanzetta. Una volta
dentro, si concesse solo un sospiro prima di cominciare a truccarsi.
Mentre si
guardava allo specchio, una pioggia di ricordi le invase la mente .
Sembravano
passati millenni dall’ultima volta che si era vestita
così, il giorno in cui
Finnick l’aveva salvata dall’ubriaco. In
realtà erano trascorsi solo pochi
giorni, e nonostante questo, la sua vita era cambiata in modo radicale.
Continuò
a truccarsi fino a quando quasi non si
riconobbe più nello specchio. Fu allora che si
alzò e uscì dalla stanza. Quando
ancora lavorava a Hangtown, cercava di mostrarsi il più
naturale possibile, ma
quella sera sentiva l’irrefrenabile impulso di mascherarsi.
Ben
presto il Saloon si fece affollato e la musica
cominciò. Katniss cominciò a ballare sotto gli
occhi di tutti gli avventori. Fu
sorpresa nel sentirsi goffa e impacciata.
Deve
essere l’ansia,
si disse. Eppure, se avesse continuato
in quel modo, la copertura sarebbe saltata. Così chiuse gli
occhi e provò a
dimenticare tutto quanto. Continuò a tenerli chiusi fino a
quando non si sentì
di nuovo la Ballerina che infiammava le serate al Saloon di Hangtown,
la
ragazza misteriosa che sorrideva a tutti e non si concedeva a nessuno,
la
giovane donna che doveva accudire la sorellina e allo stesso tempo
esserle di
esempio. Tutto questo la faceva danzare sempre più leggera,
finché non le parve
di essersi sollevata dal pavimento polveroso e di starsi esibendo a
mezz’aria.
E
poi, all’inizio ovattati, ma pian piano sempre più
rumorosi ed insistenti, si fecero strada nel suo udito i fischi di
apprezzamento e gli applausi.
Finalmente
aprì gli occhi e quello che vide fu una
folla che impazziva per lei. Sorrise radiosa mentre percorreva con lo sguardo
l’intero locale, e fu travolta
da un moto di sollievo quando scorse Haymitch seduto ad un tavolo in
disparte,
con un sorrisetto stampato sul volto.
Finalmente
è arrivato,
pensò. Haymitch era parte integrante del piano
tanto quanto lo era lei, e aveva cominciato a pensare che non si
sarebbe più
presentato.
Ora
doveva solo aspettare il momento giusto.
Il
momento arrivò poche ore più tardi.
Quando
la musica si fermò all’improvviso e un
silenzio raggelante scese sul locale, Katniss comprese che era successo
qualcosa. Si voltò verso l’entrata del Saloon e
capì: degli uomini avevano
appena oltrepassato la soglia. Tutti gli avventori li stavano guardando.
Devono
essere loro.
Per
un istante incrociò lo sguardo di Haymitch, che
annuì impercettibilmente.
Gli
uomini di Snow si sedettero al bancone e
ordinarono da bere. Era questo l’unico punto debole che
Katniss e Haymitch
erano riusciti a trovare durante il loro tentativo di spionaggio: ogni
sera,
nulla fermava gli uomini di ronda dall’interrompere il loro
lavoro e fare una
visitina al Saloon. Solo che quella notte la visita sarebbe stata molto più lunga del solito.
Chaff
fece segno al pianista di riprendere a
suonare, poi si rivolse a quello che sembrava essere il capo degli
uomini. “Il
solito, Brutus?”
“Certo”
rise l’uomo. “Vedo che hai della nuova
merce, qui.”
Katniss
ormai non poteva più vederlo, ma era pronta
a scommettere che quella frase fosse riferita a lei. Con la coda
dell’occhio
intravide Haymitch che si alzava dal suo tavolo e si avvicinava al
bancone.
Il
piano era cominciato. Si costrinse ad attendere
diversi minuti, fino a quando la melodia del pianoforte non si
interruppe; il pianista
le fece segno di volere una pausa, così Katniss decise di
cogliere al volo
l’occasione. Si avvicinò anche lei al bancone e
senza esitazione prese posto
accanto a Brutus. Si guardò attorno con noncuranza, senza
mai incrociare il suo
sguardo. Dopo neanche un minuto fu lui a offrirle da bere.
Katniss
osservò preoccupata la bottiglia, che
sembrava contenere una Tequila invecchiata dall’aria
micidiale. Non poteva
permettersi di finire ubriaca, ma d’altronde se voleva
entrare in confidenza
con Brutus non aveva scelta. Così accettò di
farsi riempire il bicchiere e lo
vuotò tutto d’un fiato. La bevanda era talmente
forte da bruciarle la gola e
farle lacrimare gli occhi, ma Katniss riuscì a mascherare le
sue reazioni
sfoderando un sorriso malizioso con il quale ruppe finalmente il
ghiaccio.
I
due cominciarono a parlare, ma solo una parte
della mente di Katniss era concentrata sulla conversazione: rivolta
verso
Brutus, poteva finalmente vedere cosa stesse combinando Haymitch. A
quanto
pareva, aveva offerto da bere al resto degli uomini.
“…ed
è così che sono diventato il capo delle guardie
di Snow” concluse Brutus, con un’espressione di
tronfio orgoglio sul viso.
Katniss tornò immediatamente a concentrarsi su di lui.
“E
quanto ti paga Snow? Scommetto che ti dà troppo
poco” disse, strizzandogli l’occhio.
“Secondo me fai bene a prenderti queste…
piccole libertà” concluse in tono suadente. Poi
riempì di nuovo i bicchieri,
quasi inconsapevolmente.
Di
colpo, una risata rauca arrivò dall’altra
estremità del bancone: uno degli uomini di Snow si stava
rivolgendo a Haymitch.
“Reggi
bene l’alcool, amico!” esclamò in tono
ammirato.
“Lo
reggo meglio di tutti voi messi assieme” li
sfidò Haymitch.
“Ma
sentilo” proruppe un altro. “Forse è
già
ubriaco.”
Katniss
vide le guance dell’ubriacone di Hangtown
tingersi di un rosso acceso.
“Davvero?”
chiese lui. “Il prossimo giro lo offro
io, vediamo chi riesce a starmi dietro!” dichiarò.
La
proposta venne accettata a gran voce dagli uomini
di Snow.
Brutus
si accigliò. “I miei uomini tendono a farsi
distrarre quando c’è dell’alcool a poca
distanza” spiegò, sospirando. “Forse
sarebbe meglio che li richiamassi all’ordine.”
Non
posso lasciarglielo fare!
“Lasciali
divertire!” proruppe Katniss. Per un
istante vide la sorpresa sul volto di Brutus, così
continuò. “E poi, mi
lasceresti da sola con questa bottiglia da finire?” gli
chiese, ammiccando.
Vide
Brutus esitare e gli si avvicinò. “Potremmo
finirla in un posto tranquillo… la mia stanza, per
esempio” sussurrò.
A
quella proposta così allettante l’uomo,
già
brillo, cedette definitivamente. Si alzò dallo sgabello e,
nonostante fosse un
po’ malfermo sulle gambe, fece cenno a Katniss di andare. Lei
afferrò la
bottiglia e si alzò a sua volta. La testa le girava, ma in
qualche modo riuscì
comunque a dirigersi verso le scale. Prima di imboccarle, si
voltò verso il
bancone: gli uomini di Snow cominciavano già a cantare a
squarciagola canzoni
oscene, mentre Haymitch rideva di gusto.
Almeno
lui sta facendo quello che gli riesce meglio. Io, invece…
Mentre
saliva le scale percepiva chiaramente il
respiro affannoso di Brutus dietro di lei. La bottiglia di Tequila
sembrava
farsi più pesante ogni passo che faceva.
Arrivata
al piano di sopra, si guardò intorno. Si
era perfino dimenticata di prendere una camera! Fortunatamente, una
porta
aperta attirò la sua attenzione.
Quella
sarebbe andata bene, si disse.
Terrorizzata
da ciò che sarebbe successo di lì a
poco, vi condusse Brutus. L’uomo entrò e si chiuse
la porta alle spalle.
E
all’improvviso Katniss si sentì sola. In trappola.
Non ci sarebbe stato Finnick a salvarla, stavolta.
Non
posso farlo, non posso.
Non
appena vide l’uomo che si avvicinava, il suo
stomaco si rivoltò, facendo sprofondare Haymitch e il piano
in un remoto
angolino della mente.
Katniss
sollevò la bottiglia e, senza emettere alcun
suono, la calò con forza sula testa di Brutus, facendola
esplodere in una
miriade di frammenti di vetro e gocce di Tequila invecchiata.
Guardando
l’espressione sorpresa sul volto
dell’uomo, che poi stramazzò a terra con un
gemito, a Katniss sembrò di vivere
in un lontano mondo dei sogni.
Poi
si sedette sul bordo del letto e si lasciò
andare a una serie di silenziosi singhiozzi disperati.
Finnick,
Peeta, Gale… adesso tocca a voi!