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Autore: Tigre Rossa    28/01/2017    2 recensioni
Lei era la mia stella.
Lei era stata la mia stella polare e aveva guidato il mio cammino fin da quando l’avevo vista per la prima volta pattinare.
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Era così bella, con i corti capelli rossi che le sfioravano appena la gola e quel vestitino dorato che la facevano sembrare una fiamma vivente, pronta a dare fuoco al mondo. E lo era. Lo era davvero.
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Multicapitolo breve - Tipo- Yuri on Ice!AU
HumanTigress!coach
HumanPo!Ice Skater
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Po, Tigre, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Love on ice 


 

 

 


 

‘Can you hear my heartbeat?
Tired of feeling never enough

I close my eyes and tell myself that my dreams will come true’

-History maker



 

 

Lei era la mia stella.


Lei era stata la mia stella polare e aveva guidato il mio cammino fin da quando l’avevo vista per la prima volta pattinare.

Forse fu naturale che venne in mio soccorso quando tutto stava diventando oscuro, e la notte sembrava volermi annullare e stringermi per sempre nelle sue ombre. O forse, semplicemente, era qualcosa destinato ad essere.

Caso o destino, non lo so.

Ma so che la mia stella venne a salvarmi quando ne avevo più bisogno e le sue fiamme, che mi avevano appena sfiorato la prima volta, mi strapparono dall’oscurità per proteggermi con la loro luce accecante, e questo mi basta.

 

-----------∞-----------

 

Ultimo.

Sono arrivato ultimo.

Mi prendo il volto tra le mani, tentando quasi con disperata ostinazione di non scoppiare in lacrime, come in realtà vorrei semplicemente fare.

Sono arrivato ultimo alla mia prima finale di Grand Prix, il sogno di ogni pattinatore e il mio grande obbiettivo, umiliandomi di fronte a tutti.

Anche ad occhi chiusi riesco a vedere, chiare e dolorose come fiamme ardenti, le immagini delle mie cadute, una più disastrosa dell’altra, e basta davvero poco per crollare ancora una volta.

Le lacrime iniziano a scorrermi incontrollate lungo le guance, ed anche se cerco di asciugarmele con i dorsi delle mani non sembrano avere alcuna intenzione di fermarsi, e così, dopo un po’, cedo e lascio che tutto il mio dolore esca fuori, senza più tentare di fermarlo.

Sono felice che nessuno possa vedermi ora, mentre piango come un bambino, nascosto al sicuro da sguardi divertiti o pietosi degli spettatori o altri pattinatori in questo piccolo e dimenticato bagno. Mi faccio pena da solo, in questo momento, e non sopporterei che qualcuno mi vedesse in queste condizioni. Ne ho avuto abbastanza per oggi, di commiserazione ed umiliazione.

Forse è per questo che, quando sento il cellulare vibrare e vedo la foto dei miei papà comparire sullo schermo, non ho la forza di accettare la chiamata e di ascoltare i loro goffi tentativi di consolarmi, che so che avranno solo il risultato di farmi sentire ancora più inetto.

O forse, più probabilmente, non ho il coraggio di dire loro la verità e di deluderli per l’ennesima volta. Non ho la forza di dirgli che io, Po Ping, dopo tanti anni di sacrifici e di sogni inseguiti senza sosta, ho perso nel modo peggiore possibile.

Non ho la forza di dirgli che ho fallito.

Ho fallito.

Ho fallito.

Ho fallito . . .

-----------∞-----------

 

All’aeroporto cammino dritto, senza prestare attenzione a nessuno, nemmeno al mio coach, Oogway, che tenta di tirarmi su in tutti i modi possibili. Mi conosce da così tanto tempo da essere per me quasi come una sorta di nonno, e in passato il suo viso sereno, la sua voce gentile e i suoi occhi fiduciosi hanno sempre avuto il magico potere di calmarmi anche nei momenti peggiori. Ma ora, semplicemente, nemmeno lui riesce a raggiungermi. La sua voce non mi tocca, il braccio che mi stringe attorno alle spalle è come se non ci fosse, e quando i suoi occhi tentano di incontrare i miei non riescono a decifrarli e si riempiono di confusione e dolore, qualcosa che nonostante tutto non riesco a sopportare e quindi di impongo di non vedere, tenendo il volto basso e lo sguardo fisso a terra.

Probabilmente è per questo che, senza nemmeno rendermene conto, vado a sbattere contro a qualcuno. Quasi finisco a terra, se non fosse per il braccio gentile ma saldo di Oogway che riesce a fermare sul nascere una sicura caduta.

Alzo appena lo sguardo per chiedere scusa, e di fronte a me trovo un adirato e seccato Tai Lung, Il Leopardo e Vincitore dell’attuale Grand Prix, squadrarmi con furia dall’alto in basso con i suoi occhi glaciali e accennare appena ad un ringhio, come il feroce felino a cui somiglia quando è sul ghiaccio.

Deglutisco a vuoto e socchiudo appena le labbra per sussurrare un timido ‘scusami’, ma prima che possa anche solo sussurrare mezza sillaba, il campione mi interrompe con foga, incrociando le braccia muscolose e  sbranandomi letteralmente con lo sguardo.

“Idiota!”

La sua voce è roca, ma il suo tono di stizza e disgusto è inequivocabile, e mi spezza e allo stesso tempo mi gela dentro “Stai attento a dove metti i piedi, se non vuoi ritrovarti con il culo in aria come poco fa, in pista.”.

A quelle parole crudeli, sento ogni pensiero razionale sbriciolarsi e la maschera che copriva la mia anima delusa crollare. Nella mia mente tutto diventa bianco e frammenti della mia rovinosa esibizione sfilano, implacabili, di fronte ai miei occhi. Ho appena il tempo di indietreggiare di qualche tremulo passo, che Tai Lung mi lancia un ultimo sguardo pieno di arroganza e si volta, per ricominciare a parlare con un paio di persone che non avevo ancora notato.

Una è un omino basso basso che riconosco subito, nonostante l’abbia visto per tutto questo tempo solo dietro ad uno schermo. Si tratta del coach Shifu, il più noto allenatore russo di tutti i tempi e padre dello stesso Leopardo, che nonostante la sua aria fredda e il suo viso severo riusciva a creare, tanto tempo prima, un universo di emozioni e sensazioni quasi senza pari. Mentre accanto a lui, con l’aria un po’ infastidita, c’è . . .

Trattengo il fiato, senza riuscire a credere ai miei occhi sgranati.

Di fronte a me, austera e bellissima e reale, c’è la famosissima Tigre del Ghiaccio in persona.

È la più grande pattinatrice degli ultimi anni e gareggia a livello agonistico da quando aveva appena dodici anni. Ha vinto di tutto, Nazionali, Mondiali, Grand Prix femminile, Olimpiadi. Detiene cinque record ed a 22 anni ha conquistato così tante medaglie d’oro che semplicemente ha smesso di contarle. È venuta fin qui dalla Russia per supportare Tai Lung, suo compagno d’allenamenti e praticamente un fratello adottivo, ed ha avuto il ruolo d’ospite d’onore durante la gara. Ha anche fatto un’esibizione, alla fine del Grand Prix. Ha danzato sulle note di ‘Stammi vicino’, una canzone italiana dai toni romantici, e giuro, è stata assolutamente incredibile. Di solito le sue esibizioni sono colme di energia, forza e sensualità, mentre quest’ultima è stata meravigliosa e perfetta come sempre, ma anche terribilmente malinconica, quasi come se stesse pattinando per qualcuno incapace di comprendere quello che volesse davvero dire con la sua silenziosa danza sul ghiaccio. Una malinconia che mi ha stregato quasi più del suo solito fuoco.

È il mio idolo fin da quando ero un ragazzino, e se vederla dal vivo in pista mi ha lasciato senza fiato, ora è come se il cuore volesse uscirmi fuori dal petto a forza di battiti impazziti. Soprattutto quando mi rendo conto che i suoi occhi di fuoco stanno rispondendo al mio sguardo stregato.

All’improvviso la pattinatrice fa un paio di passi in avanti, allontanandosi dagli altri due e venendo verso . . . verso di me?

No, no, non può essere possibile.

Perché mai la grande Tigre dovrebbe parlare con un perdente come me? Mi ha appena visto fare le peggiore esibizione della storia del pattinaggio. Dovrebbe semplicemente rivolgermi un’occhiata colma di disprezzo e voltarsi dall’altra parte, come Tai Lung, perché è quello che merito, l’unica cosa che merito.

Invece, si tira indietro una ciocca ribelle di capelli fiammeggianti ed accenna ad un sorriso, piccolo e quasi impercettibile, ma comunque un sorriso, che mi rapisce ancora di più dei suoi occhi fissi nei miei.

“Perdonalo. È straordinariamente crudele quando è soddisfatto di sé, e nemmeno se ne rende conto.” sussurra a bassa voce, lanciando uno sguardo di rimprovero al giovane uomo, che non si è reso ancora conto di nulla, per poi concentrarsi nuovamente su di me. “Stai bene?”.

Questa sua domanda mi lascia senza parole. Il tono è gentile, senza dubbio, più gentile di quanto io possa meritare, ma in qualche modo mi fa sentire come indegno. No, non merito questa gentilezza, che molto più probabilmente serve solo a mascherare pietà, una pietà viscerale per un idiota incapace di fare l’unica cosa che rende la sua vita degna di essere vissuta.

È così umiliante. Sono stato un idiota a pensare, prima di venire qui, di poter incontrare l’idolo di tutta una vita a testa alta. Ed ora, invece . . .

Senza nemmeno avere la forza di risponderle, mi volto e mi allontano, sordo ai richiami del mio coach, semplicemente tentando di fuggire a quegli occhi di fiamme che tanto a lungo ho sognato e che adesso non riesco a sostenere. Ma è inutile.

Continuo a sentirli addosso a me, silenziosi ed instancabili, seguirmi fino a quando non esco da questa gabbia soffocante e bruciarmi la pelle e l’anima per quella che, lo so, sarà la prima e l’ultima volta.

 

 

 

 

 


La tana dell’autrice


Ok, ok. Prima che tutti voi vi presentiate a casa mia e mi uccidiate con spade e pistole, permettetemi di dire un’unica cosa: LO SO. Sono in super-stra-mega ritardo nella pubblicazione di ‘Tu non mi avrai così’, sono scomparsa di nuovo e non sto rispondendo alle recensioni. Lo so, e mi dispiace tantissimo. Purtroppo quest’ultimo periodo non è stato molto facile per me, complici tanti cambiamenti più o meno improvvisi, e sono stata quasi costretta a chiudere le mie storie in un cassetto per un bel po’. La maturità, l’università e la scelta del mio percorso di vita iniziano a tormentarmi più che mai. C’è così tanta confusione nella mia testa, tanta da impedirmi quasi di scrivere. Ma ora si sta rischiarando, grazie anche al fatto di aver ricominciato a giocare con le parole. E ho deciso di tornare.

Ora, non sono tornata subito con un nuovo capitolo, perché non me la sono sentita. Tornerò presto con 'Tu non mi avrai così', promesso, ma ho voluto fare prima qualcosa di speciale. Ultimamente mi sono innamorata di questo nuovo e meraviglioso anime, Yuri!!! on Ice, e non ho potuto fare a meno di immaginare i nostri Po e Tigre al posto dei due protagonisti principali, con tutti i piccoli film mentali che questo comporta. Quindi, ho buttato giù questa breve fic a capitoli. Una cosa un po’ diversa, per scacciare lo stress. Po ovviamente è Yuuri, mentre  Tigre una versione femminile di Viktor, ovviamente con tutti i dovuti adattamenti, visto che non potrebbero esistere due personaggi più diversi. E sì, Tai Lung è Yurio, seppur una versione molto diversa ed adulta. Molto è appena accennato, ma sarà sviluppano pian piano in seguito. Ho cambiato ed aggiunto vari avvenimenti e personaggi, perché comunque non voglio renderla una trasposizione dell’anime, ma una mia elaborazione kung-fu-pandosa. È per me un tentativo di rimettermi in pista, e un regalo di ringraziamento per voi, che nonostante tutto restate sempre, unici ed inimitabili, al mio fianco.

T.r.

  
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