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Autore: xKittyx    29/01/2017    1 recensioni
" Lui accennò un sorriso triste. Aveva gli occhi lucidi, o almeno così sembrava a lei.
Così voleva credere.
Credere che gli importasse qualcosa.
Che lei non era solo una fra tante o qualcosa di meno.
Ma sapeva bene che non era vero."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alfie Allen, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“I want you so much
 
but I hate your guts”

 

 

Lo stava aspettando fuori dall’hotel, nel freddo di Londra. Alcuni fan erano rimasti, sfidando la sicurezza ed il vento gelido della città.
Non appena lui uscì, la ragazza percepì una fitta al cuore.
Si fermò a firmare alcuni autografi, mettendosi in posa per qualche foto, finché i fan non se ne andarono, tutti allegri e sorridenti.
Lei lo aspettava accanto ad un lampione, poco distante dall’entrata dell’hotel. Non sentiva quasi più il freddo. 
Quando lui la notò, sorrise.  
Si avvicinò, facendo segno ai bodyguard che erano accanto all’auto di aspettare.  La ragazza si morse l’interno della guancia.
Lui si fermò davanti a lei, chinandosi in avanti per sfiorarle il braccio, probabilmente per stringerla in un abbraccio, ma lei si scostò.
Lui corrugò la fronte ma non smise di sorridere.  La mano protesa in avanti ricadde al suo fianco, inerte. 
Lei cercò di evitare il suo sguardo, senza riuscirci.
-Sei stata qui fuori tutto questo tempo?- le domandò, una sfumatura di incredulità nella voce. Lei si passò la lingua sulle labbra screpolate dal freddo ed annuì.
Lui si passò una mano fra i capelli, aggiustandosi la sciarpa. -Potevi venire dentro. Avrai preso un freddo terribile qui fuori-
Lei non rispose. L’espressione di lui si fece preoccupata.
-C’è qualcosa che non va?- chiese.
La ragazza lo fissò dritto negli occhi, per poi scendere e percorrere con lo sguardo i lineamenti del suo viso. Sentiva le lacrime premere per uscire, ferme agli angoli degli occhi. Scosse la testa. -Ho sentito l’intervista-. 
La sua voce doveva suonare sicura, invece era rotta.
Lui sembrò colto alla sprovvista, ma non disse niente. Così lei continuò.
-Mi fa piacere sapere che non stai uscendo con nessuno di importante. Che sei stato con un sacco di ragazze in questi ultimi mesi e che è troppo presto per legarti stabilmente a qualcuno-. Quando la fissò aveva uno sguardo colpevole e dispiaciuto.
-Claire, io non…- 
-Perchè?- chiese. Un sacco di cose le vorticavano in testa. La pelle delle guance le faceva male per il freddo. -Ti vergogni così tanto di me?- sussurrò con voce spezzata. -No, no, tesoro, non è questo-.
-E allora perché hai detto quelle cose?-
Lui si passò una mano fra i capelli. -Gli sponsor. E la stampa e un sacco di altre cose-.
Lei si sentì come se l’avessero appena spinta dal bordo di una scogliera.

Una caduta infinita. 

Ma sapeva quello che avrebbe trovato sul fondo.


-É stato solo un gioco per te?- chiese.
Ormai stava per piangere. Non riusciva nemmeno più a parlare senza quel sapore soffocante che le lasciavano le lacrime. 
Lui si avvicinò a lei, prendendole il viso fra le mani. -No, non pensarlo nemmeno per un momento.-
Lei si scostò, percependo i punti in cui le sue dita l’avevano toccata, bruciare.
-Cosa sono io per te?-. Lui alzò il viso verso il cielo senza stelle di Londra.
Ma non rispose.
-Io…- fece -Non è facile per me, lo sai-, ma non riuscì a continuare. 
Le lacrime avevano un sapore amaro.
Lei proruppe in un verso di scherno, voltando il viso verso il traffico cittadino. -L’ho sempre saputo-. Deglutì, anche se un groppo le ostruiva la gola.
-Sono stata così stupida da credere che questa storia potesse funzionare- continuò. -Io…- fece, ma si bloccò, percependo le lacrime rigarle le guance.
Lui rimase in silenzio. 
Aveva un’espressione ferita e colpevole, cosa che le fece ancora più male. -Lo sai, io non ti ho mai…Non mi è mai importato chi fossi.- disse.
-Mi piacevi per com’eri-.
I due rimasero in silenzio.
Il traffico londinese continuava a pochi metri da loro, gli autisti ignari di quello che stava succedendo. E a chi mai sarebbe importato?
Lei cominciò a piangere. 
Scosse la testa e sorrise, ma senza allegria. -Ma sono una stupida. E tu avevi bisogno di qualcuno. Per divertirti un po’.-
Soffocò un singhiozzo morendosi la lingua.
-E ti avrei seguito fino in capo al mondo- disse.
Lui accennò un sorriso triste. Aveva gli occhi lucidi, o almeno così sembrava a lei.
Così voleva credere.

Credere che gli importasse qualcosa.

Che lei non era solo una fra tante o qualcosa di meno.

Ma sapeva bene che non era vero.


-Ma ora no- concluse, voltandosi e cominciando a camminare. -Claire, no, aspetta!-
-Non mi chiamo Claire!- sbottò, irata, voltandosi.
Alfie si bloccò. 
-Non mi chiamo così- concluse in un mezzo sussurro, allontanandosi, lasciandolo solo sotto il cielo di Londra.

 

 

“ ‘cause this is tortuous electricity
     between both of us”




 

 

Questa one shot è una piccola cosa senza pretese che ho scritto in un momento di estrema malinconia verso la vita.
Magari se piace potrei trasformarla in una short-story c:
Fatemi sapere che ne pensate!

K.
  
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