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Autore: Urban BlackWolf    31/01/2017    5 recensioni
“ Non ce la faccio...”
“ Ti prego salvala. Salva la mia Ruka....” Michiru trattenne a stento le lacrime puntando lo sguardo a terra mentre con le mani tremanti si stringeva la cornice al petto.
“ Ti prego.” E questa volta l'argine degli occhi crollò.
Il tempo in quell'appartamento di un centro città si era fermato. C'erano solo due giovani donne. Una con la fronte poggiata sul freddo acciaio di una porta, nelle orecchie i singulti composti di un pianto lacerante e un'altra, stretta all'immagine dell'ancora della sua vita, incapace di muoversi, di alzare la testa, di fare qualcosa che non fosse il piangere, aspettando solo il suono dello scatto di una serratura ed il chiudersi di una porta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena, Nuovo personaggio | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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L'atto più grande

 

I personaggi di Haruka Tenou e Michiru Kaiou appartengono alla fantasia della scrittrice Naoko Takeuchi

Sviluppo della storia ed altri personaggi sono idea di Urban Blackwolf


 

 

 

Epilogo – La speranza di una strada verso la redenzione

 

 

Michiru uscì dalla struttura con un foglietto in mano. Il vento stranamente tiepido di dicembre le mosse alcune onde dei capelli e lei quasi ne sorrise. Dopo tre giorni aveva portato a termine la sua missione, come ormai aveva iniziato a chiamare quella ricerca, ed anche se aveva dovuto tenere duro nel compierla, si sentiva vagamente soddisfatta. Non aveva mai sopportato i cimiteri, neanche artisticamente parlando, a maggior ragione dopo la morte del padre, ripromettendosi di non metterci mai più piede e forse anche per questo, sentendosi un po' in colpa nei confronti di Haruka e Giovanna, si era offerta di svolgere per loro conto tutte le ricerche necessarie all'individuazione della sepoltura di Sebastiano.

Scendendo la gradinata del palazzo moderno dov'erano dislocati parecchi uffici statali, calpestò la poca neve rimasta per la strada di quel piccolo sobborgo cittadino, mentre la compagna la guardava dalla parte opposta della carreggiata appoggiata alla sua Mazda RX-9 nera. Rayban sul naso. Braccia conserte. Viso duro. Non le piaceva che Michiru se ne andasse a sbattere la testa per uffici stranieri lenti perchè ridotti di personale a causa delle vacanze natalizie e ancor di più per un compito gravoso come quello, ma in quella folle avventura in terra di Germania, sapeva che quello era il prezioso contributo che la sua dea aveva deciso di offrire a lei e alla sorella.

Avevano viaggiato rigorosamente in macchina, spezzando la monotonia delle autostrade elvetiche percorrendo tracciati secondari, fermandosi in piccole città per mangiare o dormire e per tutto il tempo Michiru non era stata bene, anzi, sembrava che più ci si avvicinasse allo stato di Brandeburgo, più l'insofferenza che aveva iniziato a manifestare per la notte, crescesse. Si coricava mal volentieri cercando di allontanare il sonno con la lettura e quando non aveva incubi, dormiva, ma non riposava.

E certo! Si sta parlando di cimiteri! Penchè non ci ho pensato! Accidenti a me ed al mio schifosissimo egoismo. In questo non sono certo migliore di mio padre, si era colpevolizzata Haruka già la notte del primo giorno, quando aveva deciso di tenersi la compagna stretta tra le braccia per tutto il tempo. Ma l'altra non si era lamentata, tutt'alto, aveva cercato di mantenersi gioviale ed allegra sia con lei che con Giovanna, la quale a differenza dell’amica, aveva invece messo su un viso cupo degno di nota. Questo atteggiamento, unito alla scarsa conoscenza reciproca, unito alla stanchezza, unito alla preoccupazione per la compagna, unito alla tensione della ricerca, avevo creato un mix spettacolare per l’esplosione pirotecnica avvenuta tra le due solo qualche minuto prima.

“Potresti almeno sorridere qualche volta. Tu non puoi saperlo, ma Michiru sta facendo un enorme sforzo per venirci dietro.” Aveva esordito la bionda nell'attesa che l'altra tornasse.

“Non capisco.”

“A... non lo capisci?

“No Haruka, non capisco! Cos’è che ti disturba tanto?!”

“Non abbiamo bisogno di questo! Se non ti frega proprio niente di nostro padre, almeno evita di rimarcarlo con quell’espressione a cazzo.”

E la sorpresa mista ad una vaga presa per i fondelli messa su dalla maggiore, le l’aveva solleticato i nervi ancora di più. “Ma se non ho neanche aperto bocca!”

“Appunto! Sei pesante Giovanna.”

“IO pesante?! Che coraggio!”

“Sarebbe a dire?”

“Senti..., lasciamo perdere.”

Non volendo lasciarle l’ultima parola la bionda aveva continuato staccandosi dalla carrozzeria per puntarle l'indice al petto. “Patti chiari,... sei liberissima di andartene quando vuoi. Non ti ho messo una pistola alla testa per convincerti a seguirmi.”

”Ma guarda che ipocrita!”

“Finiscila! Già tutta questa situazione è una merda senza che ti ci metta anche tu.”

“Io? E tu allora? Da quando siamo partite non ti si può rivolgere la parola senza un grugnito o un’occhiataccia! Mica facile camminare ogni tre per due su una colata di gusci d’uovo!”

“Oh perdonami se ho urtato la tua sensibilità!” Le aveva detto quasi con una punta di cattiveria e l’otre della pazienza che Giovanna aveva tanto faticosamente cercato di tenere a sfioro, si era colmata tracimando.

Fulminandola con lo sguardo acciaio chiarissimo di quel giorno, aveva decretato la fine dello scontro andandosene mani nelle tasche verso il parco che si estendeva di fronte agli uffici.

“Ecco... brava. Vai, vai!”

“Ma fottiti, Haruka!” E aveva guadagnato la strada sterrata a passo di carica.

Da li in avanti Tenou aveva preso a masticare bile che qualche minuto più tardi solo lo sguardo dolcissimo della sua dea era riuscita in parte a mitigare.

“Missione compiuta, capitano.” Annunciò stentorea porgendole un foglietto ripiegato in quattro parti.

“Grazie amore. Sei impagabile.” Le disse cingendole la vita attirandosela contro con possesso.

Assaporandole le labbra leggermente screpolate dal freddo, alzò le sopracciglia fintamente sorpresa. “Impagabile? Non si era detto che per questo servizio mi avresti offerto il pranzo? Dai, andiamo. Il cimitero adesso è chiuso. Riaprirà nel pomeriggio. Giovanna?”

Haruka ebbe un gesto di stizza aprendole lo sportello. “Che si fotta lei!”

“Scusa?!

“Lascia perdere, mi capisco da sola. Quando deciderà di smettere di fare la str...”

“Haruka! Che cos’è successo?”

L'altra sbuffò scocciata facendo un plateale movimento con il braccio. “Ha fatto l’idiota e sono esplosa. E' andata da quella parte. Te l'ho detto Michi, quando deciderà di smettere di fare... l'asociale, tornerà. Noi intanto andiamo a mangiare. Ho fame.” Ordino' salendo in macchina pronta ad arpionare la cintura di sicurezza.

“Ma scherzi?! La vorresti lasciare qui? Non conosce neanche la lingua... Haruka, ma si può sapere cosa vi sta prendendo a tutte e due!?” Chiese come proforma iniziando a dirigersi verso il parco.

“Ora che fai!?” Urlò dal finestrino.

Michiru si girò a mezzo busto alzando l'indice della destra continuando a camminare. “Aspetta li!”

“Come aspetta li. Kaiou!” Ma la compagna aveva già oltrepassato la cancellata percorrendo velocemente il vialetto che portava ad un laghetto poco lontano.

Che palle! Pensò sbattendo violentemente i palmi sul volante.

Non camminò tanto prima di trovarla. Se ne stava poggiata ad una balaustra di metallo posta a protezione delle sponde dello specchio d'acqua. Aveva trovato una posizione comoda per far riposare la schiena e si stava godendo il sole ed il silenzio dell'ora di pranzo in completa solitudine.

“La vostra prima discussione?! Dovremmo festeggiare.” Le disse cogliendola alle spalle.

Giovanna fece una mezza smorfia cacciando pesantemente fuori l'aria dalle labbra. Beccata anche questa volta. Il segugio non aveva perso il fiuto nel dar caccia alla sua preda di penna. “Dottoressa Kaiou... Mi ha scoperta anche qui.”

“A quanto pare. Anche se questa volta non è stato poi tanto difficile, Architetto. La si vede dalla strada. Avrebbe potuto fare di meglio.”

“Ed arrivare a perdermi in un paese straniero? Non sono tanto stupida. - Avvertì la sua presenza accanto al fianco. - Avevo solo bisogno di un po’ d’aria. Io sarò pesante, ma anche Haruka non scherza!”

Michiru si voltò allora schiena al laghetto guardando la macchina nero satinata in lontananza. “Diciamo che al momento non state tirando fuori il vostro lato migliore.”

La più grande abbassò allora la testa lasciandola pendolare mollemente. "Scusami. Non avrei dovuto lasciarmi convincere a venire con voi. So di stare avendo un comportamento odioso ed infantile, ma non mi è mai risultato facile nascondere i miei sentimenti. Se sono arrabbiata, o triste, o felice,... mi si vede e fine dei giochi.”

L'altra sorrise accarezzandole il braccio. Sotto molti punti di vista era una cosa bella e un pò la invidiava. "Anche se non è affatto diplomatica è una dote che a volte vorrei avere anch'io. - Ammise con convinzione. - Sono sempre stata abituata a controllarmi e non puoi immaginare la fatica. Solo con Haruka riesco ad essere pienamente me stessa. Lei mi capisce... Mi capisce sempre.”

“Lo so... Ed è bellissimo.”

“Neanche lei è molto capace a nascondere le emozioni che prova. Ascoltami, non è dispiaciuta solo per la morte di Sebastiano, ma è preoccupata anche per me. Sai, sono orfana di padre anche io.” Vide l'amica rialzare la testa e confessò con estrema naturalezza quello che solo la compagna sapeva.

“Mio padre si ammalò di nervi durante la mia adolescenza. L'ho visto trasformarsi da uomo docile ed amorevole qual'era, ad una persona completamente diversa. A volte arrivava ad essere violento, persino con me e mia madre, per poi non capire, non ricordarsi nulla quando la lucidità ritornava in lui. Forse fu proprio questa dimensione borderline a spingerlo a togliersi la vita. Sono passati anni ed io non ho ancora superato del tutto la cosa.” Le risultò benedettamente facile raccontarle di se.

“Dio, Michiru... Mi dispiace. Non immaginavo...”

L'altra piegò la testa da un lato. “Ora capisci perchè in questi giorni Ruka è tanto protettiva nei miei confronti? In quest’ultimo periodo non sto dormendo bene e non sa come aiutarmi.”

Giovanna si raddrizzò respirando a fondo. “Ed immagino che venire qui non ti sia affatto d'aiuto.”

“Già, ma non potevo lasciarvi sole. Che compagna ed amica sarei? Dai, su, torniamo alla macchina. Non so tu, ma io ho una gran fame.” E la incoraggiò a seguirla lungo il viale.

Ma la donna più grande non si mosse. Ferma, dritta in piedi la fissò serrando i pugni.

“Andiamo... Le sorelle alle volte litigano. Non è successo niente.”

“Non è questo. E' che... non so come reagirò davanti alla lapide di quell'uomo. - Lo sguardo si spostò da quello cobalto dell’amica alle acque scure del lago. - Non riesco a capire, Michiru.”

“Cosa?”

“Perché ci abbia fatto questo. È un tarlo che mi sta rodendo dentro. Vedi, a parte le volte che vorrei spaccarle quella faccia da schiaffi che tiene, mi piace Haruka. Tanto. È una bravissima persona. Leale, onesta, alla mano. Abbiamo tante cose in comune e ti dirò, non come me, ma è anche molto simpatica quando ha la luna dritta. E...” Si fermò schiacciandosi il labbro inferiore tra gli incisivi.

“E...?"

“Michiru..., avremmo potuto avere un bel rapporto.”

“Lo pensa anche Haruka.”

“Ma a differenza mia, lei lo scusa.”

“Cerca di capire; è vero, ha differenza tua, sotto certi versi lo scusa, ma lo ha conosciuto, lo ha amato e sono convinta che una parte di lei lo ami ancora. Forse è ancora più difficile perché rimane combattuta tra il rancore e l’affetto.”

“Per assurdo, se ci fossimo state sulle palle sarebbe stato più facile fronteggiare questa situazione. Si va in un cimitero, ci si mette l’anima in pace, poi si ritorna a casa e dopo una stretta di mano, ognuna per la sua strada. Magari un paio di telefonate l’anno; per Natale ed il compleanno. Zero recriminazioni. Nessun rimpianto. Ma così. Cosi non ci riesco. Cosi non so come affrontare la cosa. - Scuotendo la testa tornò a guardarla sentendosi un’imbecille. - Sono abbastanza patetica, vero?”

Michiru le prese allora il pugno tra le mani dandole un leggero strattone schiudendo le labbra. “No Giovanna. Sei solo tanto arrabbiata. Una cosa per volta. Un passo alla volta. Dai... Andiamo."

 

 

Il cimitero si trovava subito fuori città. Era piccolo, intimo e ben curato. Da lì a pochi anni non avrebbe più accolto tumulazioni e perciò sarebbe rimasto sempre così; cristallizzato nel tempo.

Come pattuito, Michiru avrebbe aspettato fuori accanto alla macchina, mentre le altre due sarebbero entrate in cerca della lapide, ed essendo un quadrato con due viali principali che ne dividevano in quattro parti l'area, la donna avrebbe potuto benissimo osservarle da dietro l'alta cancellata in ferro battuto che ne disegnava tutto il perimetro.

Un ultimo sguardo alla sua compagna poi Haruka si guardò intorno in cerca dei cartelli informativi. Secondo le informazioni raccolte avrebbero dovuto cercare il III quadrante, RS, posto 34.

“Se i quadranti sono quattro e l'ordine fosse in senso orario..., partendo dal cancello d'entrata il III quadrante dovrebbe essere quello.” Indicò Giovanna.

“Lo credo anch'io. Andiamo a vedere.” E si diressero verso una serie di piccoli recinti, anch'essi in ferro battuto, dove lapidi e croci ancora imbiancate di neve spuntavano dal terreno senza un ordine apparente.

“Senti Haru.”

“Mmmm...”

“Vorrei chiederti scusa. Non dovevo sbottare in quel modo. E' vero che ho la faccia appesa. Com'è vero che non mi hai costretta a venire.” Disse cercandone lo sguardo.

“E' a Michiru che dovresti chiedere scusa, non a me.” Rispose roca continuando a camminare lentamente guardo il foglietto ormai imparato a memoria.

“L'ho già fatto.” Confessò vedendola fermarsi per incrociare finalmente il suoi occhi. Un verde più dolce e finalmente la traccia di un sorriso. In meno di tre secondi Haruka aveva ammorbidito i lineamenti.

Accidenti se l'ami, pensò la più grande prima di chiederle scherzando, se dopo la loro prima, vera discussione, poteva ancora considerarla la sua sorellina spaccaculi.

“Ma piantala... - Borbottò riprendendo a camminare. - Be’, comunque scusami anche tu."

“Mi avresti davvero mollata come un cane in autostrada?”

“Ovvio.”

“Ecco!” E sorride alzando le spalle.

Arrivate al terzo quadrante, Haruka si grattò la testa sentendosi confusa. “Che cosa significherà RS? Accidenti, avremmo dovuto chiedere al custode. Ci sono troppe lapidi qui, non possiamo certo controllarle tutte.”

Giovanna si massaggiò il mento con la mano guantata. “Forse è come per lo stadio. - Ipotizzò. - LD, per il lato destro. LS, per quello sinistro.”

“RS. Rechte seite. Lato a destra! Giusto.” Esultò la bionda sparandole una manata sulla spalla.

“Geniale! Lo vedi che quando fai ragionare il cervello...” E lasciandola a massaggiarsi la parte colpita puntò decisa alle prime iscrizioni ai margini del perimetro, vicino ad un muretto in pietra.

Guardandola tanto attiva, la maggiore penso' di essere piombata nella versione macabra del remake del film i Goonies. La fisso' mentre muoveva l'indice come nell'atto di stare contando mentalmente qualcosa e poi fermarsi di colpo abbassando la mano. Capì che aveva trovato quello che stavano cercando e per un istante ebbe paura. Girò lo sguardo verso Michiru appoggiata alla macchina a braccia conserte a circa duecento metri da loro e facendosi coraggio andò verso Haruka.

E si, la scritta sulla crocie bianca non lasciava dubbi: Sebastiano Aulis GEBURT 1945 – TOD 2010. E sopra la scritta una piccola foto in bianco e nero, molto probabilmente quella della patente di guida.

La bionda sospirò pesantemente chiudendo gli occhi ed abbassando leggermente il capo. Giovanna la guardò per qualche secondo per poi rivolgersi direttamente al titolare della lapide.

E si, sei tu. Non mi ricordo niente di te, ma qualche foto mamma la teneva ancora. Hai fatto soffrire anche lei. - Infossando il collo nella sciarpa ammise che il sole di quel giorno non scaldava. - Ho un freddo cane. Ce l’ho dentro, nelle ossa... E non è colpa di questo clima al quale non sono abituata, ma tua. Di tutto.

Respirando forte condensò parte della stoffa della sciarpa bagnandola leggermente. Bene, siamo qui. La vedi la donna che ora mi è accanto? E’ MIA SORELLA e non puoi più cambiare questa cosa con le tue menzogne. Anche se vorrei saperti in un posto adatto a quello che ci hai fatto, so per estrema convinzione che la Carità Divina ti ha perdonato. Un giorno spero di arrivare a farlo anch'io. Per quanto si cerchi di andare avanti, ci si ritrova sempre al punto di partenza, vero? Mi auguro comunque che prima di lasciare questo mondo, tu sia riuscito a percorrere almeno in parte la tua personale strada di redenzione. Spostando l'attenzione alle punte dei cipressi accarezzati dal vento dove dei piccoli uccelli sembravano stare giocando a rincorrersi tra le foglie aghiformi, Giovanna ripensò al piccolo cimitero della collina romagnola dove i suoi nonni paterni riposavano da anni.

Chissà, magari vi sarete ricongiunti e chissà, un giorno forse lo faremo anche noi. Addio. “Ti spetto fuori.” Si girò per tornare alla macchina quando le dita guastate di Haruka le bloccarono il braccio, scendendo lentamente verso il polso per allacciarsi infine alle sue. Proprio come aveva fatto la prima volta che si erano incontrate.

“Ciao papà, so che qui giace solo il tuo corpo, ma sono comunque voluta venire. Sono cambiate così tante cose nella mia vita da quando ti ho allontanato. Sono diventata la donna di successo che volevi, ma non come te lo eri figurato tu, ma come ho voluto che fosse per me. E ci sono riuscita. Con le mie sole forze. Il mio successo ha il volto di una donna meravigliosa che mi ama, la fatica e la soddisfazione di un lavoro bellissimo, la riconquista della salute. Il mio successo sta in una casa con un mutuo infinito e nel rispetto di chi mi conosce e mi apprezza semplicemente per essere quella che sono. Ma vedi papà, sono venuta qui anche per dirti che ti perdono. Non solo per avermi fatto vivere credendo di aver causato la sofferenza di un'altra persona ed averne acceso l'odio nei miei confronti, ma anche e soprattutto per avermi impedito di crescere al suo fianco. - Strinse con maggior forza la mano di Giovanna continuando con voce profonda. - E' una ragazza in gamba, altruista e generosa, ed è grazie all'atto più grande che una sorella possa compiere per un'altra, che sono qui oggi. Offrendomi una parte di se, mi ha permesso di continuare a vivere e lo ha fatto senza chiedere in cambio nulla. Perciò non soltanto ti perdono, ma ti ringrazio. Ti ringrazio per avermela donata.” Haruka sorrise accarezzando con lo sguardo la croce bianca mentre la maggiore abbassava la testa serrando la mascella sentendosi gli occhi bruciare.

Passarono un paio di minuti dove nessuna delle due parlò, poi fu la donna più alta a muoversi per prima, sciogliendo il contatto iniziò ad incamminarsi verso l’uscita.

“Andiamo Giovanna. Si va.” Disse inforcando gli occhiali ed infilandosi le mani nelle tasche del cappotto. Non soltanto un invito al movimento, ma ad un inizio.

“Haruka... aspetta. - La vide voltarsi rialzando i Rayban sulla testa. - Non chiamarmi sempre così. Gli amici e la famiglia mi chiamano Giò.”

Le andò accanto tornando a percorrere fianco a fianco il viale bianco. “Ok. Allora visto che solo la mia famiglia ha il permesso di farlo, tu chiamami... Ruka. ” Giovanna si bloccò di colpo. Ilde e Michiru. Le donne più importanti della sua vita.

“... Ruka.” Disse assaporando la dolcezza di ogni lettera.

“Vedi di non abusarne troppo.” Puntualizzò la bionda alzando un indice.

“Ruka.”

L'altra si girò portandosi una mano al collo. “Ecco,... lo sapevo che me ne sarei pentit... - Ma non poté concludere la frase avvertendo le braccia della sorella stringerle il petto con una tale intensità da sbilanciarla leggermente all'indietro. - Ma che fai!?"

“Ti voglio bene.”

La bionda sorrise abbracciandola a sua volta. “Ti voglio bene anche io... Gio'."

A quella inaspettata contro stretta questa volta fu Giovanna a sentirsi un po’ in imbarazzo, così stemperando se ne uscì come solo lei sapeva fare. “Sai cosa stavo pensando? Che visto il posto, se ora ci fosse un’apocalisse zombi saremo proprio nella merda.” E con un colpetto al petto, stirò le labbra staccando il contatto.

 

 

Niente momenti catartici avevi assicurato prima di partire. Patetica. Sei veramente patetica, Giovanna!" Se la rise Haruka rinfacciandole l'accorgimento fattole nell'accettare quel viaggio e controllando la strada alla sua sinistra, s'immerse nel caotico corso principale.

“E basta. Ma se sei tu ad aver sbattuto sul tavolo il carico del Ruka. Lo sapevi che mi avresti azzittita!" Controbatte' l'altra seduta sul sedile posteriore con un broncio impacciato disegnato sulla faccia.

“Ma questo non è un problema mio, mammoletta. Ammetti di essere una sentimentale e ti prometto di non rinfacciartelo più per il resto dei viaggio.” Barattò inserendo la seconda.

“Le ragazze in gamba, altruiste e generose... non ammettono proprio niente.”

“Che grandissima bastarda.”

“Non sfidarmi bella. Sono più grande di te! - Fece capolino tra i sedili. - E ti frego quando voglio.”

“C'è mancato poco che non scoppiassi a piangere.”

“Ma quando mai! Ci vuole ben altro, credimi."

"Ti ho vista. Ti luccicavano gli occhietti." E fece la voce in falsetto portandosi la nocca dell'indice sulla guancia destra.

“È' tutta colpa di questo schifo di tempo."

“Ma fammi il piacere..."

“NO, fatelo voi un piacere a me. e finitela. Non costringetemi a metterci bocca e badate che se l'andazzo dovesse rimanere questo ancora per molto, vi trascinero' a vedere ogni singolo mercatino di Natale da qui fino al Canton Ticino e vi assicuro che sono un'infinità. Guardate che lo faccio!” E con finta autorità, nascondendo a forza un sorriso enorme, Michiru mise fine all'ennesima diatriba.

“... Si, Michi mia.”

Giovanna si rituffò spalle al sedile posteriore grufolando soddisfatta. "Guarda come ti ha messo a catena." Costatò incrociando le braccia.

“Come, scusa!? Vuoi che rimanga sotto ai quindici così da farti schizzare fuori? Visto che sei un tappo, se ti appallottoli neanche ti fai male! Dai! Proviamo."

“Haruka..."

“Ma Michiru... È lei che istiga."

“Si, si."

“Giovanna!"

“Scusa... La smetto. La smetto."

 

 

Un Natale migliore non potevano immaginarlo. Abbracciate sul loro divano, con il caminetto acceso, un bicchiere a testa di vin brulè con cannella e chiodi di garofono, una leggera nevicata di contorno, serene dopo un ottimo pranzo. Cosa si poteva desiderare di più!

Haruka sorseggiò il suo vino continuando a giocherellare con i capelli della sua dea.

“Sei felice?” Le chiese Michiru dandole un bacio sulla guancia e tornando ad accoccolarsi sul suo petto mentre in sottofondo risuonavano le note del concerto per violino N. 4 di Paganini eseguito dal maestro Arthur Grumiaux che la bionda le aveva fatto trovare sotto l'albero. Anche se non suonava più da anni quelle melodie avevano ancora il potere di rilassarla.

“Si. Non potrei chiedere altro." Ammise Haruka. La tenerezza gentile nello sfiorandole la fronte con le labbra.

“Grazie per il tuo splendido regalo e grazie di aver aggiustato il giradischi.”

“L'ho trovato nel box sotto una pila di riviste tutto solo soletto e ho pensato che ti avrebbe fatto piacere riaverlo in casa. I miei studi universitari sono valsi a qualcosa.” Rise pensando a quanto sudore quel semplice oggetto dalla meccanica elementare le aveva fatto versare prima di convincersi a tornare in vita.

“E che ne dici del mio di regalo?”

“Che d'ora in poi avrai l'obbligo di lasciare il cellulare all'ingresso sotto stretta sorveglianza.” Commentò osservando la mensola del camino. Accanto ad una loro foto al mare, ora ce n'era un'altra incorniciata da una semplice lamina d'argento.

“Ma così non potrei più immortalare niente.” Pigolò sorridendo all'immagine di due giovani donne intente a leggere una serie di indicazioni su un pacco di pasta da mezzo chilo che sarebbe servita per la cena.

“Appunto. Questo è lo scopo.” Disse guardando il liquido rosso nel suo bicchiere.

“Io la trovo bellissima. Al pari di quella che ti feci a Berna. E' la vostra prima foto insieme.”

L'altra la strinse posandole il mento sulla fronte arrendendosi. “Hai ragione...è veramente molto bella. Grazie.” Ed in quelle parole Haruka racchiuse tutta la riconoscenza che sentiva nei confronti della compagna per l'insperato dono di avere la sorella finalmente presente nella sua vita.

 

 

 

 

Note dell'autrice: Ecco qui. Spero che questo lavoretto vi sia piaciuto. Parlo al femminile, perchè credo che questa storia coinvolga un pubblico prettamente in “rosa”. Vi ringrazio per la dedizione che, soprattutto alcune di voi, mi hanno accordato leggendomi non appena mettevo un capitolo on line. Come vi ringrazio tantissimo per i commenti. Spero di aver emozionato qualcuna facendole passare dei momenti piacevoli tra le pieghe della sua fantasia, come spesso è capitato a me nel leggere scritti di altre.

Se il tempo me lo permetterà vorrei dedicarmi un po' anche a Michiru, pensando ad una storia più corta, ma più densa. Vediamo. L'idea di partenza l'ho gettata nel capitolo precedente. Ora devo tirarne fuori qualcosa di bello. E non sarà facile perchè mi rendo conto di scrivere un po' troppo arzigogolato.

Un salutone a tutte.

U BWolf

   
 
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