III
YOU’RE MY HOME
You're my home,
and together we share this love for us.
Daphne maledisse il
vento che la costringeva a sbattere frequentemente le palpebre. In quel tipo di
gara, un battito di ciglia era esattamente il tempo sufficiente a perdersi qualcosa
di importante.
Iniziò a lacrimare
quando si costrinse a tenere gli occhi aperti puntati su Blaise,
ovvero quando si rese conto che, una volta arrivato al punto in cui lei si
aspettava che rallentasse, lui stava invece accelerando.
Non lo vide neanche
superare il treno, concentrata com’era sul fatto che si stava dirigendo a una
velocità impossibile contro le rocce.
Aprì la bocca per
gridare qualcosa, ma non riuscì a emettere alcun suono.
Blaise
cambiò bruscamente direzione, ritrovandosi a testa in giù nel tentativo di
frenare. Proseguì all’indietro verso la parete per qualche altro metro prima di
riuscire a fermarsi e la coda della scopa finì per urtare le rocce,
togliendogli il controllo.
Perse quota, ma poi si
raddrizzò e tornò a volare normalmente, come se non fosse accaduto niente.
«Daphne, stai bene?»,
le stava dicendo Kevin. «Sei pallida.»
Si parò davanti a lei,
togliendole la visuale su Blaise. Dedusse dal suo
sguardo preoccupato che doveva sembrare davvero fuori di sé.
«Sto bene», mentì,
cercando di convincere anche se stessa.
«Tu sei fuori di
testa», decretò Rhys, senza riuscire a fare a meno di
ridere, mentre andava incontro a Blaise.
Dai si congratulò in
maniera più esplicita. «Una cosa del genere ti varrebbe la Medaglia Dinamite
Dai», riconobbe. «Ma mi hai fatto prendere un colpo, non farlo mai più.»
«Non ci tengo a
riprovare», rispose ridendo, poi tutti e tre atterrarono insieme, immergendosi
tra la folla di spettatori ansiosi di congratularsi.
Blaise
strinse la mano a qualche sconosciuto mentre tentava di farsi strada verso
l’unica persona che gli interessava sorprendere.
Trovò Daphne insieme a
Kevin, impegnata a ridere a una sua battuta e qualcosa dentro di lui si spezzò.
Fece dietrofront ed
evitò di assistere ulteriormente alla scena, nella speranza di ritrovare
l’entusiasmo che l’aveva animato fino a qualche istante prima. Non ci riuscì.
Concesse finti sorrisi
a chi gli rivolgeva la parola e pronunciò qualche frase di circostanza, come
gli imponeva la buona educazione, ma la sua mente era lontana anni luce da lì.
Si odiò per aver
permesso a quella ragazza di contaminare qualsiasi cosa che lo riguardasse,
inclusa la sua passione per il volo. I suoi sentimenti per lei avevano radici
così profonde in lui da aver fatto presa su qualunque aspetto della sua vita.
Si chiese se sarebbe stato in grado di provare qualcosa una volta riuscito a
estirpare ogni traccia di lei da sé o se sarebbe rimasto incompleto per sempre.
«Blaise!»,
lo chiamò Daphne. Lui si voltò, impassibile, improvvisamente stanco e svuotato
di tutte le energie.
«Volevo dirti che Kevin
mi ha proposto di fare un giro, poi mi accompagnerà lui a casa», iniziò
sorridente.
«Va bene», tagliò corto
lui, poi fece per voltarsi e andarsene, ma Daphne lo trattenne per un braccio.
«Sei stato bravo»,
disse piano, «ma…»
«Ci vediamo a casa, va
bene?», la interruppe lui.
Daphne lo lasciò andare
e se fu sorpresa da quel tono brusco non lo diede a vedere, perché si limitò ad
annuire e allontanarsi.
«Hai mai bevuto birra Babbana, Blaise?», domandò Rhys, comparendo alle sue spalle e cogliendolo di sorpresa.
Lui scosse la testa.
«Vieni, andiamocene di
qui.»
Lo condusse all’interno
del Binario Morto, poi gli fece cenno di seguirlo attraverso una porta e di
nuovo all’esterno, quando si ritrovarono su un terrazzino, separato dal cortile
in cui si trovavano poco prima, che affacciava sulla strada.
Dai era seduto da solo
su un vecchio dondolo che pareva sul punto di rompersi. Aveva in mano una
bottiglia di vetro e di tanto in tanto beveva un sorso.
Quando arrivarono, si
voltò a guardarli.
«Ha bisogno di una
birra», spiegò Rhys, indicando Blaise
con un dito.
Dai si allungò e prese
un’altra bottiglia dal sacchetto di plastica ai suoi piedi e gliela porse.
Blaise
ringraziò ed estrasse la bacchetta per aprirla.
«Chi sono quelle?»,
domandò Rhys, accennando a tre ragazze, seminascoste
tra i cespugli, che Blaise non aveva notato.
Dai scrollò le spalle.
«Ammiratrici, suppongo», rispose noncurante. «Ma non ho nessuna voglia di
andare a parlare con loro.»
Rhys
alzò gli occhi al cielo. «Non essere snob.»
Per tutta risposta, Dai
bevve un altro sorso di birra.
«Ci vado io», decretò Rhys con un mezzo sorriso. «Non ringraziarmi», aggiunse,
allontanandosi in direzione delle ragazze.
Dai sospirò e fece
cenno a Blaise di sedersi accanto a lui. Un po’
scettico, lui obbedì. Il dondolo scricchiolò, ma resse il peso di entrambi.
«Buona questa birra»,
disse per rompere il silenzio.
Dai annuì. «Burrobirra alcolica. La migliore amica dei cuori infranti.»
Blaise
ridacchiò, ma non ritenne educato chiedere a cosa si riferisse.
«Da quanto tempo sei
innamorato di Daphne, Blaise?», chiese invece
l’altro, senza farsi problemi.
Lui esitò. «Non lo so»,
rispose. «Da sempre, mi pare.»
Dai rise. «Conosco la
sensazione. Avrei detto che steste insieme, ma evidentemente mi sbagliavo.»
«Decisamente», replicò
lui, buttando giù un altro sorso di birra.
Stavano parlando senza
guardarsi negli occhi, come se si rivolgessero a se stessi più che all’altro.
Blaise
seguì lo sguardo di Dai fino a Rhys, che stava posando
per una fotografia con una ragazza.
«Solitamente tendo a
credere di poter fare tutto da solo», aggiunse, lasciandosi andare alle
confidenze. «Come se potessi bastare per tutti e due. Nei miei rari momenti di
lucidità invece mi rendo conto della follia di questo pensiero. Nessuno è così
forte.»
Dai annuì e si disse
d’accordo. «La vera domanda è quanto possiamo reprimere prima che tutto questo
ci uccida dall’interno. Ci convinciamo di non essere incompleti quando
impariamo ad amare noi stessi, poi scopriamo di poter essere davvero felici
quando amiamo qualcun altro. Alla fine qualcosa va storto e perdiamo tutto,
l'amore si porta via una parte di noi e improvvisamente non siamo più così
certi di bastarci.»
Blaise
non disse nulla, ma si voltò ancora verso di lui e di nuovo seguì il suo
sguardo fino a Rhys.
«Certo, ma io che ne
so?», scherzò Dai, aprendo un’altra birra. «Io e te a malapena ci conosciamo e
io non sono abbastanza ubriaco per questi discorsi.»
Blaise
rise. «La prima delle due cose può essere d’aiuto più di una sbronza», gli fece
notare.
Dai annuì, serio.
«Verissimo.»
E bevve ancora.
Daphne annuì
distrattamente un paio di volte mentre Kevin parlava della sua carriera negli Harriers. Si era rivelato un tantino troppo loquace per i
suoi gusti, tuttavia in un altro momento non se ne sarebbe curata. Era attraente
e abbastanza sicuro di sé da risultare affascinante senza apparire arrogante,
ma lei aveva altro per la testa.
Si era pentita di aver
lasciato Blaise al Binario Morto senza accertarsi che
stesse bene. Aveva intuito che c'era qualcosa di strano in lui, ma era così
abituata a vederlo risollevarsi da solo che aveva pensato fosse meglio
lasciarlo in pace. Eppure non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che
avrebbe dovuto essere con lui in quel momento.
«Daphne, mi stai
ascoltando?»
La strega riportò lo
sguardo su Kevin. «Perdonami, sono molto stanca», si scusò. «Comunque sono
arrivata, casa mia è proprio qui dietro. Grazie per avermi fatto compagnia.»
Non voleva mostrare a
Kevin l'esatta posizione della loro casa sicura, quindi aveva deciso di
lasciarsi accompagnare solo fino all'inizio del quartiere di Energlyn, a qualche isolato di distanza.
Se lui trovò strano che
lei lo stesse congedando all'improvviso nel bel mezzo della strada, non lo
diede a vedere.
«È stato un piacere»,
rispose con un mezzo sorriso. «A dirla tutta sarei felice di rivederti ancora.»
Daphne esitò. Non che
fosse sorpresa, anzi, le era parso subito chiaro di piacergli, ma era stata
così distratta mentre passeggiavano insieme da aver quasi dimenticato di essere
in sua compagnia.
Non fece in tempo a
dire nulla che Kevin la baciò, forse incoraggiato da qualcosa nella sua
espressione sorpresa che doveva aver interpretato come lusingata.
Lo respinse con
delicatezza e lui si lasciò allontanare, ma non si perse d'animo.
«Andiamo, non vorrai
dirmi che non ti piaccio», la sfidò con un sorriso sfrontato.
Lei si limitò a
ricambiare il suo sguardo e quando lui provò a baciarla ancora ci mise un
istante di troppo a fermarlo.
«No.»
«No, non ti piaccio, o
no, non puoi dirlo?», insisté, afferrandole un braccio.
«No e basta, Kevin,
lasciami andare.»
Il suo sorriso si
spense quando capì che faceva sul serio.
Non ebbe il tempo di
allontanarsi che una terza persona si intromise.
«L'hai sentita»,
intervenne Blaise in tono minaccioso, comparendo alle
sue spalle con la bacchetta alla mano. «Lasciala.»
Kevin obbedì e si
allontanò da Daphne di un passo. «Calma, amico», iniziò conciliante. «La stavo
solo accompagnando a casa.»
«Non ce n'è bisogno»,
tagliò corto lui. «Adesso ci sono io.»
Kevin sorrise. «È in
mani sicure allora. Buonanotte», salutò, guardando prima Blaise
e poi Daphne. Dopodiché si smaterializzò, lasciandoli soli.
Non appena se ne fu
andato, Blaise ripose la bacchetta nella tasca del
mantello e si avviò verso casa, senza degnare Daphne di uno sguardo.
La strega, sorpresa e
infastidita, prese a camminare a passo svelto per stargli dietro.
«Mi stavi seguendo?»,
gli domandò, sperando che si decidesse a riconoscere la sua presenza e a rallentare
per rispondere.
«Quanto sei
egocentrica», disse invece lui, senza accennare a farlo. «Stavo tornando a
casa, tutto qui.»
«Non c'era bisogno che
ti intromettessi, avevo tutto sotto controllo.»
Nell'istante in cui
ebbe finito di pronunciare quelle parole si rese conto che così dicendo avrebbe
solo ottenuto di farlo arrabbiare di più.
Blaise
si fermò all'improvviso e lei gli finì addosso. Si voltò a guardarla e Daphne
attese una sfuriata che non arrivò. Senza rivolgerle neanche la parola, Blaise riprese a camminare ed entrò nel vialetto della casa
dei Greengrass.
Un elfo comparve sulla
soglia per aprirgli la porta prima ancora che bussasse e lui entrò e gli lasciò
il mantello, sempre in silenzio.
«Blaise»,
lo chiamò lei, seguendolo su per le scale.
Lui entrò nella propria
camera e fece per chiudersi la porta alle spalle, ma Daphne la fermò con un
braccio e scivolò all'interno.
«Blaise!»,
tentò ancora di attirare la sua attenzione, ma lui si ostinò a rimanere in
silenzio.
«Sei arrabbiato con me,
per caso?», domandò, incerta su cosa dire.
«Arrabbiato?», ripeté
lui, mostrando finalmente una reazione. «Arrabbiato?
Certo che no.»
«Non si direbbe»,
replicò Daphne, in tono altrettanto sarcastico.
«Non sono arrabbiato»,
insisté lui, stavolta spaventosamente calmo, mentre si sfilava il maglione
rimanendo in maniche di camicia. «Vai a dormire, è tardi.»
«Non finché non mi
avrai detto cos'hai», ribatté ostinata.
«Che bisogno c'è?»,
fece Blaise sarcastico. «Tanto avevi tutto sotto
controllo.»
«Allora è questo.»
«Poteva essere una
brutta persona, ci hai pensato?», le fece notare.
Daphne alzò gli occhi
al cielo. «Ma se sei stato tu ad accettare subito l'invito di quei tre!»
«Non è la stessa
cosa!», ribatté alterato. «Guardati, quanto pensi che ci voglia a sopraffarti
fisicamente e impedirti di usare la bacchetta?»
Lei si accigliò.
«Questo che c'entra?»
Blaise
rise amareggiato. «Adesso vuoi negare che fosse sul punto di fare qualcosa che
non volevi?»
«E sarebbe colpa mia?»,
replicò lei.
«E di chi, se no?»
«Blaise,
dimmi che questa è una scenata di gelosia, altrimenti dovrò credere che tu sia
fuori di testa.»
Lui le diede le spalle
e prese a sbottonarsi la camicia. «Pensa quello che vuoi, ma vattene dalla mia
stanza.»
«Io non ho fatto
niente!», protestò lei, sempre più arrabbiata.
«Certo, come al
solito.»
Daphne strinse i pugni
con tanta forza da conficcarsi le unghie nei palmi e gli si avvicinò,
costringendolo a guardarla dritto negli occhi. «Qual è il problema?»
«Devi piantarla di dare
corda a chiunque!», strillò lui, altrettanto infervorato.
L'ira di Daphne si
placò all'istante e lei rimase a guardarlo in silenzio.
Il suo Blaise, il ragazzo che l'aveva amata fin da quando erano
bambini, era in piedi di fronte a lei a riversarle addosso una rabbia che non
serviva ad altro che a nascondere quanto fosse ferito.
Si odiò per avergli
inconsapevolmente fatto del male ancora una volta e non trovò le parole giuste
da usare per farglielo sapere, così tacque.
Blaise
dovette rendersi conto di quello che lei aveva appena realizzato perché perse
immediatamente la voglia di litigare.
Daphne aspettò che
dicesse qualcosa, ma lui sembrava altrettanto in difficoltà con le parole.
Poi Blaise
la prese per le braccia, la attirò a sé e la baciò.
Per la prima volta in
tutta la sua vita, Daphne pensò che il contatto tra le loro labbra fosse
terribilmente sbagliato.
Fece per allontanarsi,
ma lui la trattenne. Quando si staccò da lei le rivolse uno sguardo acceso. «Se
anche avessi voluto davvero respingermi, non ci saresti riuscita», decretò.
Lei intuì vagamente che
si riferiva alla discussione di poco prima, ma non riuscì a recuperare il filo
del discorso, perché lui la baciò ancora.
Stavolta però, mentre
assaporava la dolcezza delle sue labbra, si rese conto che non c’era niente al
mondo che fosse più giusto. Il
respiro di Blaise era quanto di più familiare e
rassicurante avesse nella propria vita. Se c’era una cosa su cui non aveva mai
avuto dubbi era il suo bisogno di lui e di tutto ciò che poteva darle.
Blaise era la sua casa.
Lui, invece, al momento
sembrava più preso dal soddisfare un altro tipo di bisogno, decisamente più
pratico e che aveva a che fare con le sue mani infilate audacemente sotto i
vestiti di Daphne, la quale si ritrovò con il reggiseno sganciato prima ancora
di riuscire a sfilarsi il maglione.
«Io e te abbiamo seri
problemi di comunicazione, lo sai, vero?», disse, mentre Blaise
le toglieva i pantaloni, accarezzandole la pelle nuda.
«Stai zitta», ribatté
lui, tornando a premere le labbra contro le sue.
Ecco,
appunto.
La spogliò senza
mostrare alcuna traccia del riguardo che le riservava di solito. Aveva
completamente abbandonato la consueta gentilezza con cui la trattava e, per
chissà quale arcano motivo, Daphne si sentì amata per quello che era per la
prima volta.
Le piacque sentirsi
spingere sul letto senza che Blaise si fosse chiesto
se lei era d'accordo. Le piacque il contatto della sua pelle nuda contro la
propria mentre realizzava di non averlo neanche visto spogliarsi.
Ancora di più, le
piacque sentirlo sopra di sé, dentro
di sé, con l'urgenza di chi sa che non c'è altro posto al mondo in cui vorrebbe
trovarsi.
Fece per suggerire di
sigillare la porta con la magia, ma Blaise le tappò
la bocca con una mano e non poté fare altro che lasciarsi andare.
Trattenersi non era
affatto facile.
Blaise
sapeva bene che, nello stato emotivo in cui si trovava, se avesse perso il
controllo, non le avrebbe resistito neanche per cinque minuti.
Ma lui aveva alcune
cose da mettere in chiaro, prima che il potere tornasse tutto nelle mani di
Daphne.
«Io so», iniziò a dire,
mentre ansimava al ritmo delle proprie spinte, «che preferisci me a tutti i
ragazzi con cui sei stata.»
Lei mugolò sotto di
lui, ma non rispose. Aveva gli occhi chiusi e l'aria di essere vicinissima al
piacere.
Blaise
si fermò, suscitando un gemito di protesta. «Dillo.»
Daphne aprì gli occhi e
lo guardò con tenerezza mista a ostinazione. «Non ho intenzione di nutrire il
tuo ego con...»
«... la verità?»,
concluse lui per lei, muovendosi impercettibilmente.
Daphne emise un debole
suono, ma non disse nulla.
Blaise
affondò ancora in lei, premendole il bacino contro il proprio.
La strega sospirò e lui
sentì i suoi muscoli interni contrarsi attorno a sé.
Fermarsi ancora fu una
vera e propria tortura, una sofferenza fisica che lo indusse a stringere i
pugni fino a far sbiancare le nocche. Ci mise qualche istante a riprendere
fiato, poi avvicinò le labbra al suo orecchio e le succhiò il lobo. «Non credo
che ti lascerò venire», sussurrò.
Daphne gemette per la
frustrazione. «Vuoi che ti preghi?»
«Sì.»
«Ti prego.»
«E voglio che tu smetta
di vedere altri ragazzi.»
Lei non rispose, quindi
Blaise si mosse strappandole un sospiro, poi si
limitò a strofinarle le labbra sui seni, conscio che se avesse esagerato
nell'alimentare il fuoco dentro di lei, avrebbe finito per bruciarsi anche lui
e il gioco si sarebbe concluso troppo in fretta. Le morse un capezzolo senza
delicatezza, poi prese a succhiarlo. Lei ansimò più forte e Blaise
si sentì incitato a continuare.
Aveva già rinunciato
all'idea di strapparle una promessa con quel supplizio – per lei, per lui – quando Daphne gli accarezzò i capelli.
«Sì», disse
teneramente.
Blaise
alzò gli occhi per incrociare i suoi. «Sì cosa?»
«Preferisco te.»
«Ma non per questo
smetterai di vedere altri», dedusse lui. Lei confermò con il suo silenzio.
Blaise
fece per scuotere la testa, ma cambiò idea quando si rese conto che il minimo
movimento gli provocava fitte di eccitazione nel basso ventre. Aprì la bocca,
poi la richiuse. Daphne lo guardò mentre cercava le parole per esprimersi.
«Non posso più farlo»,
disse alla fine. «Ti amo troppo per accettare di non essere l'unico», ammise
controvoglia. Poi distolse lo sguardo da lei e ricominciò a baciarle i seni.
Daphne si agitò
eccitata sotto di lui. «Blaise...», tentò di
richiamare la sua attenzione, ma lui non la ascoltò.
Riprese a spingersi
dentro di lei, stavolta con l'intenzione di arrivare fino in fondo.
Quando raggiunse il
piacere, Daphne si lasciò sfuggire un grido che Blaise
soffocò prontamente con una mano, troppo scosso emotivamente per usare la
propria bocca.
Ci vollero un altro
paio di spinte perché venisse anche lui e nel frattempo Daphne gli baciò
teneramente il palmo della mano, ancora premuto contro le sue labbra.
Blaise
crollò su di lei, poi, con uno sforzo sovrumano, si spostò al suo fianco per
non pesarle addosso. Steso sulla schiena, chiuse gli occhi e si rilassò.
Daphne si voltò su un
fianco, poi gli posò la testa sul braccio. Dal momento che lui non le prestava
attenzione, la strega si decise a parlare.
«È stato... Mi è
piaciuto molto.»
«Come sempre», osservò
lui senza scomporsi, tenendo gli occhi chiusi. «Perché me lo dici?»
«Per nutrire il tuo
ego.»
Blaise
sorrise. «Non sei stanca? Dormi», suggerì, intenzionato a fare altrettanto.
«Guardami», ordinò
Daphne.
Blaise
la ignorò, quindi la strega gli mise una mano sulla guancia e lo costrinse a
voltarsi. Riluttante, lui aprì gli occhi. Si ritrovò a fissare le sue labbra e
si rese conto di desiderare ardentemente di baciarla. Non lo fece.
«Mi hai dato un
ultimatum, Blaise?», domandò in tono serio, con la
mano ancora sul suo viso.
«Sono sicuro che
troverai qualcun altro con cui fare del buon sesso», commentò invece di
rispondere.
Daphne roteò gli occhi.
«Blaise...»
Lui attese che dicesse
qualcos'altro, sforzandosi di non trovare il proprio nome sulle sue labbra
terribilmente eccitante.
«Non essere arrabbiato
con me.»
Blaise
sospirò. «Non sono arrabbiato», ammise. «Sono stanco. Penso che dovrei starti
lontano per un po'.»
Daphne si accigliò. «Perché?»
Lui si voltò su un
fianco per guardarla meglio e, a un'occhiata più attenta, stabilì che lei
davvero non si rendeva conto appieno dell'effetto che aveva su di lui.
«Se non posso avere
quello che desidero allora forse dovrei smettere di desiderarlo. Sei
d'accordo?», le chiese con dolcezza.
Lei parve riflettere.
«Io non voglio che tu smetta.»
Egoista.
«E io non voglio che tu
veda altre persone.»
«Forse potremmo...
trovare un compromesso», suggerì esitante.
Blaise
scosse la testa. «Un compromesso è una soluzione che lascia insoddisfatte
entrambe le parti.»
«Io sarei più
insoddisfatta se tu ti allontanassi da me.»
Quella piccola
confessione accese in lui un barlume di speranza. «Allora accontentami»,
propose in tono stanco. «O pensi forse che non potrei bastarti?»
Daphne si mise a sedere
e si avvolse il lenzuolo attorno al corpo, con un pudore che solitamente non
mostrava davanti a lui. Poi si voltò a guardarlo. «E tu sei sicuro che non
smetterò di interessarti quando avrai avuto ciò che vuoi e l'eccitazione della
conquista sarà svanita?»
Blaise
rimase di sasso.
Mai gli era passato per
la mente che Daphne potesse avere quel genere di dubbi. Eppure era chiaro, a
giudicare dalla fronte aggrottata e dalla linea dritta delle labbra, che la sua
preoccupazione era reale.
Restò con la bocca
aperta per un po', incredulo. Alla fine decise che doveva aver battuto la
testa, forse contro la testata del letto, nella foga dell'amplesso.
«Ma fai sul serio?»
Daphne sbuffò e si alzò
in piedi, recuperò la propria bacchetta e la utilizzò per raggruppare i vestiti
sparpagliati per la stanza.
«Daphne», richiamò la
sua attenzione, mentre lei sfilava i capelli biondi dal collo della maglia che
stava indossando, «fai sul serio?»
«Ti sembra che io stia
scherzando?», replicò lei infastidita.
Lui si accigliò. «Fammi
capire bene, cosa credi di essere per me, un capriccio?»
«Come faccio a
saperlo?»
«Certo», convenne Blaise, «non capisci i tuoi sentimenti, figuriamoci i
miei.»
«Non è la stessa cosa»,
ribatté, mettendosi nuovamente a sedere sul letto. «Io so quello che voglio ed
è molto più semplice di quello che vuoi tu. Ho bisogno di te nella mia vita, in
qualsiasi modo. Vuoi una relazione? Va bene, proviamoci. Ma che succederà se
non dovesse andare bene? Cosa farai se dovessi renderti conto che per tutti
questi anni non hai fatto altro che idealizzarmi e che invece non sono la
persona che credevi?»
«Nessuno ti conosce
meglio di me, Daphne», rispose accigliato. «Sei testarda, egocentrica,
irritante e meravigliosa. Tu non sei affatto perfetta, ma io non credo di poter
amare i difetti di un'altra persona con la stessa intensità con cui amo i
tuoi.»
Lei trattenne il
respiro per qualche istante.
Blaise
non si era mai preoccupato di nascondere i suoi sentimenti per lei, e anzi, non
perdeva mai occasione per ricordarglieli, al punto che Daphne sembrava così
abituata ad essere amata da non esserne più neanche toccata.
Eppure in quel momento,
la sua espressione gli diede la chiara misura di quanto fosse spaventata e
bisognosa di conferme.
La attirò a sé e
l'abbracciò. «Per anni ho continuato a ripetermi che dovevo solo darti tempo e
contemporaneamente temevo che un giorno il tempo ti avrebbe portato via da me.
Ogni volta che sembravi lasciarti andare e ti vedevo avvicinarti a me, tu
finivi per tirarti indietro così bruscamente che mi lasciavi svuotato», disse
tutto d’un fiato. Lei non parlo, quindi proseguì. «Daphne, tu hai influenzato
tutta la mia vita. Ti ho sempre avuta accanto a me e ti ho sempre voluta così tanto
che non ho mai imparato a fare a meno di te. È logorante sapere che tu sei
tutto ciò di cui ho bisogno e non poterti avere fino in fondo, toccarti con la
consapevolezza che da un momento all'altro mi lascerai ancora. Perfino adesso è
così. Hai idea di come sia stringerti e avere la certezza che ti sto per
perdere un'altra volta?», esitò, ma non si aspettava davvero una risposta.
«Come avrei potuto sopportare tutto questo se ti avessi amata anche solo un po'
meno di così?»
«Io sceglierò sempre
te», replicò lei convinta. Blaise notò che le tremava
il labbro inferiore, tuttavia la sua voce era sorprendentemente ferma. «Ho
sempre agito sulla base di questa certezza, ho fatto quello che ritenevo giusto
e ti giuro su Merlino che non ho mai voluto ferirti davvero. Ma se tu mi chiedi
di scegliere tra te e chiunque altro, io sceglierò sempre te, anche se questo
mi spaventa a morte. Puoi chiamarlo amore se vuoi, ma io credo sia un
sentimento troppo egoista per esserlo. L'unica certezza che ho è che sei
necessario non solo alla mia felicità, ma alla mia stessa sopravvivenza.
Capisci che intendo?»
Fu il turno di Blaise di esitare. «Meglio di quanto credi.»
«Allora perché sembri
così sorpreso?», fece lei. «Cosa ti aspettavi? Una dichiarazione romantica e
petali di rosa?»
Sollevò la bacchetta
contro il suo viso. Dalla punta fuoriuscì un pugno di petali rossi che si
impigliarono tra i capelli di Blaise come piccoli
coriandoli.
«Tanti auguri.»
Blaise
scoppiò a ridere e cadde disteso, trascinandola con sé.
«Pensi che ci abbiano
sentiti?», domandò Daphne, esitante.
Blaise
scosse la testa. «I tuoi genitori non ci sono. I loro mantelli non sono appesi
all’ingresso e l’elfo che ci ha aperto la porta ha provato a comunicarcelo,
prima che lo piantassimo lì da solo.»
«In effetti mi era
parso strano che non ti fossi posto il problema.»
«In caso contrario a
quest’ora starei fuggendo il più lontano possibile», ammise. «Tuttavia sono
abbastanza sicuro che tua sorella sappia che siamo rientrati.»
Daphne nascose il viso
contro la sua spalla, imbarazzata. «Merlino.»
Blaise
ridacchiò e prese ad accarezzarla.
«Se non potremo tornare
in Inghilterra», fece lei, improvvisamente seria e senza guardarlo negli occhi,
«se dovremo trovarci una nuova casa, tu non mi abbandonerai, vero? Verrai
sempre con me.»
Non era una domanda.
Blaise
non riuscì a tirare fuori una risposta adeguatamente simpatica, perciò si
limitò a dire ciò che pensava. «Per me casa è dove sei tu.»
Daphne, che aveva
trattenuto il fiato fino a quel momento, espirò.
«Non avere paura»,
sussurrò lui. «Hai idea di quanto siamo fortunati io e te?», le fece notare.
«Pensa a tutto ciò che può tenere separate due persone. Non c’è niente del
genere a ostacolare noi.»
«Ti riferisci alla Dama
Verde?», chiese lei.
In verità, Blaise stava pensando a Dai Llewellyn,
ma non gli parve il caso di dirlo. Si chiese se Rhys
fosse a conoscenza di ciò che provava.
«Anche io», proseguì
Daphne, prendendo il suo silenzio per una conferma.
«Io però sarei
arrivato», precisò lui. «Non come Gruffudd.»
Lei sorrise e lo baciò
con dolcezza. Poi gli diede le spalle e si strinse a lui, lasciandosi
abbracciare.
Rivolse lo sguardo alla
finestra chiusa, dalla quale intravedeva le strade scure e poco familiari di Energlyn.
Da qualche parte,
lontano da lì, la guerra stava per raggiungere casa sua, eppure, pensò, se
anche non si fosse trovata a centinaia di chilometri di distanza, si sarebbe
sentita comunque al sicuro finché fosse stata stretta da quelle braccia.
Green Green
Grass of Home è una canzone del 1965
interpretata da numerosi artisti britannici. Il titolo si traduce con L’erba verde verde
di casa e rimanda ai luoghi familiari dell’infanzia dell’autore. Il
riferimento, nel mio caso, è alla situazione che vede i Greengrass
(di qui il trattino nel titolo, grazie al quale l’erba verde diventa il cognome
di Daphne) lontani da casa e alla ricerca di un luogo sicuro, più
metaforicamente che in senso letterale.
You’re my Home è una
canzone di Angeline Quinto del 2011. La traduzione è Tu sei la mia casa e il sottotitolo (You’re my home and together
we share this love for us) è un verso della canzone, che significa: Tu sei la mia casa e condividiamo questo
amore per noi.
Note
Con
questo terzo capitolo si conclude la piccola storia di Blaise
e Daphne, nonché l’esperimento nato dall’amore per il trash che io e la beta,
ahinoi, condividiamo. E anche stavolta possiamo dire di averne inserito
abbastanza, con l’angry sex, i petali di rosa e le canzoni di
Alessandra Amoroso come colonna sonora ai momenti romantici.
Segnalo,
a questo proposito, le citazioni Temevo
che un giorno il tempo ti avrebbe portato via (da Fuoco d’artificio) e Stringerti
e avere la certezza che ti sto per perdere un’altra volta (da Stupendo fino a qui) tratte appunto
dalle canzoni di Alessandra Amoroso.
Infine,
segnalo la modifica al rating della storia (da rosso ad arancione), su
suggerimento della beta, in quanto la scena di sesso non è così
particolareggiata da richiedere il rating rosso e la conseguente restrizione a
un pubblico maggiorenne.
Mi scuso
per avervi fatto aspettare più di quanto avrei voluto per questo capitolo, ma
l’università mi impegna più del previsto. È per questo motivo che non
penso di poter pubblicare i capitoli della long The end where
I begin con cadenza bisettimanale. Non mi piace venir
meno ad appuntamenti che ho fissato io stessa, ma purtroppo i tempi necessari
sono piuttosto variabili. Come indicazione approssimativa posso dire che conto
di pubblicare un capitolo al mese. Comunque sarà più facile rimanere aggiornati
tramite facebook, per questo rinnovo l’invito ad
aggiungermi: Futeki Efp.
Grazie a
chi mi ha seguito anche in quest’altra avventura, soprattutto la mia beta,
Legar, senza la quale probabilmente questa fanfiction
non avrebbe mai visto la luce. ♥
Ho
adorato scriverla e non posso che ringraziare due volte tutti coloro che hanno
apprezzato la lettura tanto quanto io ho amato la stesura.
Alla
prossima!
Futeki