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Autore: alessia20000    12/02/2017    0 recensioni
Cosa succederebbe se Fosse stato estratto Gale al posto di Peeta? Come evolverebbe la storia tra Gale e Katniss?
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quando mi sveglio, l'altro lato del letto è freddo. Allungo le dita per cercare il calore di Prim, ma trovo solo la tela grezza della fodera del materasso. Avrà fatto un brutto sogno e si sarà infilata nel letto della mamma. Ma certo. Oggi è il giorno della mietitura.
Mi sollevo su un gomito. Nella stanza c'è abbastanza luce per vederle. Prim, la mia sorella minore, è sdraiata su un fianco, rannicchiata contro il corpo di nostra madre, le guance vicinissime. Nel sonno la mamma sembra più giovane, un po' consumata, ma non troppo male in arnese. Il viso di Prim è fresco come una goccia di pioggia e incantevole come la primula da cui ha preso il nome. Una volta anche mia madre era bellissima. O almeno così dicono.
Seduto, di guardia accanto alle ginocchia di Prim, c'è il gatto più brutto del mondo. Naso schiacciato, un orecchio mozzo, occhi color purè andato a male. Prim l'ha chiamato Ranuncolo perché dice che il suo pelo giallastro ha lo stesso colore di quel fiore. Mi odia. O almeno non si fida di me. Anche se sono passati anni, credo che si ricordi ancora di quando Prim lo portò a casa e io cercai di affogarlo dentro un secchio. Un gattino rognoso, la pancia gonfia di vermi, pieno di pulci. L'ultima cosa che mi serviva era un'altra bocca da sfamare. Ma Prim iniziò a implorare e si mise anche a piangere e dovetti farlo restare. Alla fine fu meno peggio del previsto. Dopo che mia madre l'ebbe sverminato, scoprimmo che era un cacciatore di topi di prima categoria. Ogni tanto prende anche qualche grosso ratto. Certe volte, quando pulisco la preda, lascio a Ranuncolo le interiora. E lui ha smesso di soffiarmi contro.
Interiora e niente soffi. È la cosa più vicina all'amore che ci sarà mai tra noi.
Sollevo le gambe dal letto e scivolo direttamente dentro gli scarponi da caccia. Pelle morbida che si è adattata ai miei piedi. Mi infilo pantaloni e maglietta, ficco la lunga treccia scura dentro il berretto e prendo la borsa del foraggio. Sul tavolo, sotto una ciotola di legno, per proteggerlo da topi e gatti affamati, c'è una forma piccola e perfetta di formaggio di capra avvolta in foglie di basilico. È il regalo che mi ha fatto Prim per il giorno della mietitura. Mi infilo in tasca il formaggio e sgattaiolo fuori.
La nostra parte del Distretto 12 è detta "il Giacimento" e di solito a quest'ora brulica di minatori diretti al turno della mattina. Uomini e donne con le spalle curve e le nocche gonfie. Molti hanno rinunciato da tempo a grattarsi via la polvere di carbone da sotto le unghie rotte e dai volti rugosi. Oggi, però, le strade nere sono deserte. Le persiane delle tozze case grigie sono chiuse. La mietitura non inizierà prima delle due. Tanto vale dormire. Se ci riesci.
La nostra casa è quasi sul confine del Giacimento. Devo superare solo qualche cancello per raggiungere lo squallido campo che tutti chiamano "il Prato". A separare il Prato dai boschi - e, di fatto, a circondare tutto il Distretto 12 - c'è un'alta recinzione di rete metallica sormontata da filo spinato. In teoria dovrebbe essere elettrificata ventiquattro ore al giorno, come deterrente per i predatori che vivono nei boschi - branchi di cani selvatici, qualche puma, orsi - e che in passato minacciavano le nostre strade. Ma dato che, se ci va di lusso, abbiamo solo due o tre ore di elettricità verso sera, di solito la si può toccare tranquillamente. Io, in ogni caso, impiego sempre qualche secondo per controllare se si sente o no il ronzio della corrente. Al momento è muta come un sasso. Nascosta da una macchia di cespugli, mi butto pancia a terra e striscio sotto mezzo metro di rete che è allentato da anni. Ci sono altri punti deboli nella recinzione, ma questo è così vicino a casa che passo sempre da qui per entrare nei boschi.
Appena giunta tra gli alberi, recupero un arco e una faretra dalla cavità di un tronco. Elettrificata o no, la recinzione è riuscita a tenere i carnivori lontani dal Distretto 12. Nei boschi ne girano parecchi, e ci sono anche altri pericoli, come i serpenti velenosi e gli animali rabbiosi, e il fatto che non ci sono veri e propri sentieri da seguire. Ma c'è anche il cibo, se sai dove cercarlo. Mio padre lo sapeva, e mi ha insegnato qualcosa prima di essere fatto a pezzi dall'esplosione di una mina. Non è rimasto niente da seppellire. Io avevo undici anni. Ne sono passati cinque e mi sveglio ancora urlandogli di scappare.
Anche se andare nei boschi è illegale e il bracconaggio viene punito con il massimo della pena,
più gente sarebbe disposta a correre il rischio, se avesse delle armi a disposizione. I più non hanno il coraggio di uscire armati solo di un coltello. Il mio arco è una rarità. Mio padre ne ha fatti alcuni che tengo ben nascosti nei boschi, avvolti in teli impermeabili. Avrebbe potuto farci dei bei soldi, vendendoli, ma se gli agenti l'avessero scoperto sarebbe stato giustiziato pubblicamente per ribellione. La maggior parte dei Pacificatori chiude un occhio sui pochi di noi che vanno a caccia, perché hanno fame di carne fresca. Anzi, a dire il vero sono tra i nostri migliori clienti. Ma l'idea che qualcuno potesse distribuire armi nel Giacimento era del tutto inaccettabile.
In autunno qualche animo coraggioso sgattaiola nei boschi per raccogliere le mele. Ma senza mai perdere di vista il Prato, per tenersi sempre abbastanza vicino da poter tornare di corsa alla sicurezza del Distretto 12, in caso di guai. — Distretto 12. Il posto migliore per morire di fame in tutta sicurezza — bofonchio a mezza voce. Anche qui, in mezzo al nulla, hai sempre paura che qualcuno ti possa sentire.
Quando ero più piccola, spaventavo a morte mia madre con le frasi che sbraitavo sul Distretto 12 e su coloro che governano il nostro paese, Panem, dalla remota Capitol City. Alla fine ho capito che avrei soltanto attirato altri guai. Così ho imparato a tenere a freno la lingua e a trasformare la mia faccia in una maschera di indifferenza, in modo che nessuno possa leggere i miei pensieri. A fare il mio dovere in silenzio a scuola. A parlare solo di banalità al mercato pubblico. A parlare solo di affari al Forno, che è il mercato nero dove faccio la maggior parte dei soldi. Anche a casa, il posto dove sono più sguaiata, evito di parlare di questioni spinose. Tipo la mietitura o la scarsità di cibo o gli Hunger Games. Prim potrebbe ripetere in giro quello che ho detto e a quel punto dove andremmo a finire?
Nei boschi mi aspetta l'unica persona con cui posso essere me stessa. Gale. Sento i muscoli della faccia che mi si rilassano e il passo che accelera, mentre salgo le colline fino al nostro posto preferito, uno sperone di roccia che domina la valle. Un cespuglio di more la protegge da sguardi indiscreti. Vederlo lì che mi aspetta mi fa sorridere. Gale dice sempre che io sorrido solo quando sono nei boschi.
—Ciao, Catnip — dice Gale. Il mio vero nome è Katniss, ma quando glielo dissi per la prima volta lo sussurrai appena, così lui capì che mi chiamavo Catnip,che significa erba gatta. Poi, quando una lince pazza iniziò a seguirmi per i boschi nella speranza di rimediare qualche avanzo, Catnip divenne il mio soprannome ufficiale. Alla fine dovetti uccidere il gatto selvatico, perché spaventava la selvaggina. Un po' mi dispiacque, perché era abbastanza di compagnia. Ma con la sua pelliccia guadagnai una discreta sommetta.
—Guarda cosa ho beccato. — Gale solleva una pagnotta con una freccia conficcata dentro e io scoppio a ridere. È vero pane da fornaio, non una di quelle pagnotte piatte e dure che facciamo noi con le nostre razioni di cereali. La prendo tra le mani, tiro fuori la freccia e avvicino il naso al buco nella crosta, aspirando la fragranza che mi fa venire l'acquolina in bocca. Un pane come questo è per le occasioni speciali.
—Mmm, è ancora caldo — dico. Gale deve essere andato al forno all'alba per barattarlo. — Cosa ti è costato?
—Solo uno scoiattolo. Mi sa che stamattina il vecchio era in vena di sentimentalismi — risponde Gale. — Mi ha persino augurato buona fortuna.
—Oggi ci sentiamo tutti un po' più vicini, eh? — dico senza nemmeno fare lo sforzo di levare gli occhi al cielo. — Prim ci ha lasciato un pezzo di formaggio.
Il suo sguardo si illumina davanti a quella prelibatezza. — Grazie, Prim. È un vero banchetto. — All'improvviso Gale inizia a parlare con l'accento di Capitol City e rifa il verso a Effie Trinket, la donna che con un'insensata allegria viene una volta all'anno a leggerci i nomi della mietitura. — L'avevo quasi dimenticato! Felici Hunger Games! — Coglie qualche mora dal cespuglio attorno a noi. — E possa la buona sorte... — Lancia una mora che traccia un arco verso di me.
La prendo in bocca al volo e affondo i denti nella polpa delicata. — ... essere sempre a tuo favore! — termino io la frase con la stessa enfasi. Dobbiamo per forza scherzare su questa cosa, perché l'alternativa sarebbe impazzire di paura. E poi l'accento di Capitol City è così affettato che fa sembrare tutto divertente.
Guardo Gale tirare fuori il coltello e tagliare il pane. Potrebbe essere mio fratello. Stessi capelli neri lisci, stessa pelle olivastra, abbiamo persino gli stessi occhi grigi. Però non siamo parenti, almeno non stretti. Le famiglie che lavorano nelle miniere si somigliano un po' tutte.
È per questo che mia madre e Prim, coi loro capelli biondi e gli occhi azzurri, sembrano sempre fuori posto. Perché lo sono. I genitori di mia madre facevano parte del ceto dei piccoli commercianti che servono gli agenti, i Pacificatori e, ogni tanto, qualche cliente del Giacimento. Avevano una farmacia nella zona più bella del Distretto 12. Dato che quasi nessuno si può permettere un dottore, i farmacisti sono i nostri medici. Mio padre conobbe mia madre perché nelle sue battute di caccia ogni tanto raccoglieva erbe medicinali e le vendeva al suo negozio. Lei doveva proprio amarlo per lasciare la sua casa e venire a vivere nel Giacimento. Cerco di ricordarmelo, quando ormai vedo sempre e solo la donna che stava seduta con lo sguardo spento, irraggiungibile, mentre le sue figlie diventavano pelle e ossa. Cerco di perdonarla per mio padre. Ma, se devo essere sincera, non è che io sia troppo brava a perdonare.
Gale spalma sul pane il morbido formaggio di capra e mette con grande cura una foglia di basilico su ogni fetta, mentre io raccolgo le more. Ci sistemiamo in una rientranza della roccia. Da lì siamo invisibili, ma abbiamo una buona vista sulla vallata, che brulica di vita estiva, erbe da raccogliere, radici da estrarre, pesci iridescenti alla luce del sole. È una giornata magnifica, con il cielo azzurro e un venticello fresco. Il cibo è fantastico. Il formaggio penetra nel pane tiepido e le more ci esplodono in bocca. Sarebbe tutto perfetto, se questa fosse davvero una vacanza, se io e Gale potessimo andarcene in giro tutto il giorno per i monti a procurarci la cena. E invece dobbiamo presentarci in piazza alle due in punto per sentire i nomi.
—Potremmo farlo, sai? — dice Gale sottovoce.
—Cosa? — chiedo io.
—Lasciare il Distretto. Scappare. Vivere nei boschi. Tu e io potremmo farcela.
Non so cosa rispondere. È un'idea completamente assurda.
—Se non avessimo i bambini — aggiunge subito Gale.
Naturalmente non sono i nostri bambini. Però è come se lo fossero. I due fratellini e la sorella di
Gale. E Prim. E nel conto possiamo mettere anche le nostre madri, perché senza di noi come farebbero a vivere? Chi riempirebbe quelle bocche sempre affamate? Anche se noi due andiamo a caccia tutti i giorni, ci sono comunque sere in cui dobbiamo barattare le nostre prede con lardo o stringhe per le scarpe o lana. In quelle sere andiamo a letto con lo stomaco che ringhia.
—Non voglio mai avere figli — dichiaro.
—Io li vorrei. Se non vivessi qui — dice Gale.
—Però ci vivi — ribatto io irritata.
—Lascia perdere — sbotta lui.
Questa conversazione non ha né capo né coda. Potrei andarmene? E come potrei abbandonare
Prim, l'unica persona al mondo che sono sicura di amare? E anche Gale vuol bene alla sua famiglia. Non ce ne possiamo andare, e allora perché perdere tempo a parlarne? E anche se potessimo... anche se potessimo... da dov'è uscita fuori questa faccenda di far dei figli? Non c'è mai stato niente di romantico tra me e Gale. Almeno questo è quello che penso io perché quando ci siamo conosciuti io ero una dodicenne pelle e ossa, e lui, anche se aveva solo due anni più di me, sembrava già un uomo. Ci abbiamo messo un bel po' anche solo a diventare amici, a smettere di mercanteggiare su ogni scambio e a iniziare ad aiutarci.
E poi, se vuole dei figli, Gale non avrebbe certo problemi a trovarsi una moglie. È bello, è abbastanza forte per lavorare in miniera, e sa cacciare. Si capisce che le ragazze lo vogliono da come bisbigliano tra loro quando passa, a scuola. Io sono gelosa, sia per il motivo che la gente potrebbe credere anche se secondo me ci vorrebbero anni prima che ci facciamo avanti. Poi è anche perché un altro buon compagno di caccia è difficile da trovare.
GALE'S POV
Questa discussione non ha né capo né coda anche se a me piacerebbe avere dei figli con Katniss, ma non credo che lei mi veda in quel senso secondo me per lei sono solo un'amico. Soprattutto perché ci abbiamo messo molto solo per diventare amici quindi non so cosa succederà.
KATNISS'S POV
—Cosa vuoi fare? — chiedo. La scelta è tra cacciare, pescare o raccogliere frutta.
—Andiamo al lago a pescare. Poi lasciamo lì le canne e andiamo a cercare un po' di frutta nel bosco. Potremmo mettere insieme qualcosa di buono per stasera — dice. 

Stasera. Dopo la mietitura, in teoria tutti quanti dovrebbero festeggiare. E molti lo fanno, sollevati perché i loro figli sono stati risparmiati per un altro anno. Ma almeno due famiglie chiuderanno le persiane, sbarreranno le porte e cercheranno di capire come sopravvivere al dolore delle prossime settimane.
Ce la caviamo bene. I predatori ci ignorano: oggi le prede più facili e gustose non mancano. Entro la fine della mattinata abbiamo preso una dozzina di pesci, un sacchetto di erbe e, cosa migliore di tutte, un bel po' di fragole. Qualche anno fa trovai il posto dove crescono, e Gale ha avuto l'idea di recintarlo con una rete metallica per tenere lontani gli animali.
Sulla via di casa facciamo un salto al Forno, il mercato nero sorto in un ex deposito di carbone. Dopo che fu inventato un sistema per trasportare il carbone direttamente dalle miniere ai treni, il deposito è stato progressivamente occupato dal Forno. La maggior parte dei negozi sono chiusi, a quest'ora del giorno della mietitura, ma il mercato nero è ancora abbastanza frequentato. Scambiamo facilmente sei pesci con un po' di pane vero e altri due con del sale. Sae la Zozza, la vecchia ossuta che vende ciotole di zuppa calda presa da un gran pentolone, ci strappa di mano metà delle erbe in cambio di un paio di pezzi di paraffina. Da qualsiasi altra parte avremmo potuto ottenere di più, ma cerchiamo di mantenere dei buoni rapporti con Sae la Zozza. È l'unica su cui puoi sempre contare quando hai un cane selvatico da vendere. Non andiamo a cacciarli apposta, ma se ci attaccano e ne facciamo fuori uno o due... be'... la carne è sempre carne. — Una volta che la metti nella zuppa, diventa manzo — dice Sae la Zozza facendoci l'occhiolino. Nessuno di quelli che vivono nel Giacimento arriccerebbe mai il naso davanti a un bel cosciotto di cane selvatico. Solo i Pacificatori che vengono al Forno possono permettersi di fare un po' gli schizzinosi.
Quando finiamo i nostri affari al mercato, andiamo sul retro della casa del sindaco per vendere metà delle fragole: gli piacciono un sacco e ha abbastanza soldi per comprarsele. La porta ci viene aperta da sua figlia Madge. Fa il mio stesso anno, a scuola. Essendo la figlia del sindaco, si potrebbe pensare che sia una snob, invece non è male, tutto sommato. È una che si fa i fatti suoi. Come me. Dato che nessuna delle due ha una sua compagnia, a scuola ci troviamo spesso insieme. In mensa, sedute vicine alle assemblee, in coppia per le attività sportive. Parliamo poco, il che va bene a entrambe.
Oggi la divisa scolastica grigia è stata sostituita da un costoso abito bianco e Madge ha i capelli biondi raccolti con un nastro rosa. Abbigliamento da mietitura.
—Bel vestito — dice Gale.
Madge gli lancia uno sguardo per cercare di capire se è un vero complimento o se il commento è ironico. Il vestito è bello davvero, ma lei non lo metterebbe in un giorno qualsiasi. Stringe le labbra e poi sorride. — Be', se mi tocca andare a Capitol City, voglio farlo in pompa magna, giusto?
Adesso tocca a Gale essere confuso. Dice sul serio? O lo sta prendendo in giro? Credo la seconda.
—Non ci andrai, a Capitol City — osserva Gale senza scomporsi. I suoi occhi si posano su una spilletta tonda che adorna il vestito di Madge. Oro vero. Ben fatta. Potrebbe dar da mangiare a una famiglia per mesi. — Cosa avrai? Cinque nomine? Io ne avevo già sei a dodici anni.
—Non è colpa sua — intervengo io.
—No, non è colpa di nessuno. È così e basta — taglia corto Gale.
L'espressione di Madge si è fatta indecifrabile. Mi mette in mano i soldi per le fragole. — Buona
fortuna, Katniss.
—Anche a te — dico io, e la porta si chiude.
Ci avviamo in silenzio verso il Giacimento. Non mi va che Gale se la sia presa con Madge,
anche se è chiaro che ha ragione. Il sistema della mietitura è ingiusto e da quando è stato adottato i poveri se la vedono molto peggio degli altri. Diventi sorteggiabile per la mietitura quando compi dodici anni. Quell'anno vieni nominato una volta. A tredici anni, due. E così via, finché raggiungi i diciotto anni, l'ultimo anno in cui sei sorteggiabile, quando prendi sette nomine. E questo vale per tutti i cittadini di tutti i dodici distretti di Panem.
Ma c'è un trucco. Diciamo che sei povero e muori di fame, come noi. Be', puoi decidere di farti nominare più volte in cambio di tessere. Ogni tessera vale una piccola fornitura annuale di cereali e olio per una persona. Puoi farlo anche per gli altri membri della tua famiglia. Così io, a dodici anni, ho avuto quattro nomine. Una perché dovevo e tre per le tessere, per me, per Prim e per mia madre. L'ho dovuto fare tutti gli anni. E le nomine sono cumulative. Così adesso, a sedici anni, il mio nome comparirà venti volte. Il nome di Gale, che ha diciotto anni e ha aiutato - per non dire sfamato - da solo una famiglia di cinque persone per sette anni, sarà ripetuto per quarantadue volte fra quelli sorteggiabili.
Ecco perché una come Madge, che non ha mai corso il rischio di aver bisogno di una tessera, fa partire Gale per la tangente. Le possibilità che il nome di Madge venga estratto sono scarsissime rispetto a quelle che abbiamo noi del Giacimento. Non inesistenti, ma molto scarse. E anche se le regole sono state decise da Capitol City, e non dai distretti e neppure dalla famiglia di Madge, è difficile non avercela con quelli che non devono mai arrabattarsi per ottenere delle tessere.
Gale sa che la sua rabbia nei confronti di Madge è sbagliata. In passato, nel fitto dei boschi, l'ho sentito gridare che le tessere sono un altro strumento per devastare il nostro distretto; un modo per seminare l'odio tra i lavoratori affamati del Giacimento e coloro che, in linea di massima, possono sempre contare sulla cena; e un modo per assicurarsi che noi non ci fidiamo mai gli uni degli altri. — È nell'interesse di Capitol City tenerci divisi — gli capitava di dire, se a sentirlo non c'erano altre orecchie oltre alle mie. Se non era il giorno della mietitura.
Se una ragazza con una spilla d'oro e senza tessere non faceva quello che secondo me andava considerato solo come un commento innocente.
Mentre camminiamo, lancio un'occhiata al volto di Gale, ancora acceso sotto la sua espressione dura. I suoi accessi di rabbia mi sembrano insensati, anche se non glielo dico mai. Non che non sia d'accordo con lui. Lo sono. Ma a cosa serve sbraitare contro Capitol City in mezzo ai boschi? Non cambia niente. Non rende la situazione più giusta. Non ci riempie la pancia. Anzi, spaventa la selvaggina. Però lo lascio urlare. Meglio che lo faccia nei boschi piuttosto che in pieno distretto.
Io e Gale ci dividiamo il bottino: due pesci, un paio di pagnotte, le erbe, un po' di fragole, sale e paraffina, e un po' di soldi per ciascuno.
—Ci vediamo in piazza — dico io.
—Vestiti bene — raccomanda lui senza scomporsi.
   
 
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