Ti piacerebbe fidanzarti con me per stasera?
-Onii-chan, guarda questo!
-Veloce, Yuuka, non
abbiamo tutto il giorno! – il biondo prese in braccio la
sorellina, che saltellava entusiasta intorno a lui, rischiando
più volte di
farlo inciampare.
-A me quello sembrava
carino.- Si imbrociò la piccola, stringendosi alle spalle
del ragazzo che avanzava spedito per la strada principale del quartiere
dello
shopping. Quella sera Shirou l’aveva invitato a casa propria
per una serata
speciale, in occasione della festa degli innamorati: era inammissibile
presentarsi senza un regalo! Ma Shuuya non era mai stato bravo in
questo genere
di pensieri; si imbarazzava con tutto e non si convinceva con niente.
L’aria che
tirava era piuttosto fresca, nonostante fosse pomeriggio inoltrato
il sole non aveva avuto il coraggio di fare capolino dalla spessa
coltre di
nubi che lo annebbiava. Gouenji respirava attraverso la sciarpa verde,
gli
occhi che giravano da una parte all’altra della strada
cercando di individuare
qualche negozio particolare.
La sorellina per un
po’ di tempo guardò la strada con lui,
dopodichè smise di
trovare interessante l’ammasso di gente che faceva avanti e
indietro come loro
e si concentrò sul corpo del fratello che continuava a
tenerla stretta.
-Onii-chan,
perché metti la sciarpa se poi sollevi il colletto della
giacca?
-Ti farò la
stessa domanda quando, fra qualche anno, metterai i collant forati,
Yuuka.
-Ma io non faccio le
cose matte come le fai tu!
**
-Adesso aggiungi le uova,
delicatamente…
-Non sono scemo,
Shirou, so come si versano le uova!
-Non ho mai avuto
intenzione di darti dello scemo, Atsuya, soltanto…
-Che
c’è ancora?!
Con un colpo di gomito
Atsuya fece partire il frullatore, che provocò un urto
tale sul tavolo da far cadere il pacco di farina aperto. Con un
grugnito
esasperato il rosa si tolse il grembiule da cucina, che
lanciò a terra, mentre
il fratello accorreva per spegnere il dannato aggeggio che aveva preso
vita.
-Sai cosa? Io odio San
Valentino! E per di più non c’entro niente, quindi
arrangiati!
Uscì dalla
cucina sbattendo la porta, mentre il più pacato dei Fubuki
con un
sospiro si chinava a raccogliere il grembiule del fratello.
Gli restava ancora
molto lavoro da fare e i tempi cominciavano a stringere…
**
-Eccoci, eccoci!
-Bentornati!
– La governante di casa accolse i due Gouenji rientrati in
quel
momento con un sorriso caloroso ed ancora il mestolo in mano
– Com’è andato lo
shopping?
-Il mio Onii-chan ha
l’ansia, ha l’ansia! Ma io l’ho aiutato a
scegliere,
abbiamo preso il regalo più bello del mondo!
-Adesso non
esagerare… Non ho così tanta ansia… -
Sospirò il ragazzo,
togliendosi le scarpe seduto all’ingresso.
La bambina per tutta
risposta lo abbracciò da dietro, riuscendo a far sorridere
il biondo. Una volta entrambi in ciabatte si diressero alle proprie
stanze, ma
quando Shuuya pensava di aver trovato un momento per se stesso e i suoi
pensieri, la bambina, che continuava a zampettargli intorno da quando
quel
mattino aveva aperto gli occhi, propose: - Posso venire dentro con te
così ti
aiuto a scrivere la dedica per Shirou-kun?-
Il fratello la
squadrò per un momento: aveva assunto
un’espressione angelica,
nei suoi grandi occhi scintillanti sembravano riflettersi le stelle.
Aprendo la
porta permise alla piccola di entrare; con un solo movimento, uno solo,
lei
riuscì ad attraversare tutta la stanza e cominciare a
saltare sul suo
materasso. Riuscì solo a pensare che, nel momento in cui
Yuuka si fosse trovata
un fidanzato, l’avrebbe davvero rovinato. Aveva un sorriso
troppo convincente,
sembrava troppo buona: alle volte gli ricordava Shirou.
**
-Atsuya!-
Sentì il
fratello chiamarlo dalle scale, ma continuò a fare avanti e
indietro
lungo la stanza.
-Atsuya! Dove sei
finito?-
Lanciò una
rapida occhiata alla porta, era socchiusa. Shirou si spaventava
sempre quando si chiudeva in una stanza e se c’era una cosa
che lo impietosiva
era vedere Shirou impaurito. Così da qualche tempo le porte
di casa rimanevano
sempre socchiuse.
-Atsuya, sei qui?
Si fece avanti per
afferrare la maniglia e aprire la porta, dall’altra parte
nello medesimo istante il fratello fece lo stesso. Per un momento la
porta
rimase immobile, anche se entrambi tiravano. Un momento di silenzio.
Poi il
corridoio si animò delle loro risate. Atsuya tirò
a sé la porta, mostrandosi al
fratello rimasto di fuori e andandogli incontro.
-Lo so lo so sono un
cretino e ho sbagliato è una cosa a cui tieni e io dovrei
sostenerti non complicarti ulteriormente la vita inoltre mi hai sempre
detto di
non arrabbiarmi quando sono in cucina perché già
sono molto pasticcione di mio
ma facendo così peggioro solo le cose ma io proprio-
Il gemello gli mise
una mano sulle labbra, scuotendo il capo.
-Atsuya, non ho capito
una parola, ma ti perdono comunque.
-Ma vai al diavolo, io
ancora che ci provo!
**
-Mi sembra proprio perfetto
adesso!
-Saresti
più convincente se me lo dicessi senza rotolare sul mio
cuscino.
-Ho ascoltato tutto
dall’inizio! – Si imbronciò la piccola,
mettendosi seduta a
gambe incrociate.
-Sì, lo so.
– Passandosi una mano fra i ciuffi biondi, Gouenji raccolse
la
borsa con il regalo e la dedica dalla scrivania e fece per raggiungere
la porta
– Allora io vado, tu fai la brava e-
-Onii-chan!
-Cosa
c’è?
-Vengo
anch’io!
Si voltò a
rallentatore, inarcando un sopracciglio in evidenza sulla fronte
contratta – Come, vieni anche tu?
Per tutta risposta la
bimba saltò giù dal letto, per poi andare ad
aprire
un’anta dell’armadio e tirarne fuori una bacchetta
magica giocattolo tutta rosa
che fece brillare e suonare all’estremità
scuotendola: - Ogni eroe ha bisogno
dell’aiuto di una fatina! Io voglio essere la tua! Posso,
Onii-chan?-
**
-Shirou, va bene aiutarti per
amor tuo, non arrabbiarmi e fare quello che posso… Ma mi
stai facendo
seriamente gonfiare dei palloncini rosa?
-EH? ATSUYA, HAI DETTO
QUALCOSA? NON SENTO CON L’ASPIRAPOLVERE ACCESO!
-Eh, sì.
L’avevo intuito. TI AUGURO FIGLIE FEMMINE.
-CHE COSA?
-Eheheh.
Mentre Atsuya se la
rideva come una iena, d’improvviso suonò il
campanello. Il
rosa sussultò, sentendo dei brividi freddi scivolargli lungo
la schiena. Doveva
andare lui ad aprire? Eh no, tutto ma non quella sera lì!
Più passava il tempo
più si convinceva che per gli anni a venire si sarebbe
trovato qualcosa di
urgente e inderogabile da fare nel periodo della festa degli
innamorati.
Sarebbe andato a fare il missionario nei Paesi affamati del mondo
oppure in
esplorazione per i mari. Magari c’era un’altra
Oceania da scoprire: sicuramente
gli avrebbe dato più onore e gloria che passare
un’altra giornata interminabile
di preparativi zuccherosi! Sì, era deciso.
Nel frattempo
però doveva andare ad aprire la porta. Perché
Shirou stava
passando l’aspirapolvere, giustamente. Quindi non aveva
sentito. Per un momento
gli passò per la mente l’idea di lasciare Gouenji
fuori, respirare un po’ di
aria fresca gli avrebbe fatto solo che bene al cervello.
Ma quando
sentì suonare per la seconda volta dovette arrendersi e
raggiungere
l’atrio: la sua meraviglia fu enorme quando attaccata alla
maniglia della porta
si trovò una bambina di circa sei, sette anni, con due
treccine castane
sorprendentemente alte – probabilmente utilizzava lo stesso
shampoo rialzante
del fratello, altrimenti la cosa non era scientificamente spiegabile
– e un
sorriso felino sul volto. In quell’istante, in quel preciso
istante, guardando gli
occhi magnetici della bambina, capì di essersi fregato
completamente.
-Ti sei fatto la tinta
rosa, Shirou-kun?
**
-Oh, grazie, signorina Bonnie,
questo tè è davvero delizioso!
-E’ un
piacere ospitarvi a casa, amiche mie!
-…
-…
-Atsuya-kun!
Atsuya-kun, Kelly deve dire qualcosa, non può non parlare
mai.
-E perché
no? Kelly può benissimo essere muta e avere delle amiche con
cui beve
il tè!
-Oooh. Va bene, se
vuoi Kelly può essere muta: però deve muoversi,
altrimenti
sembra che si è addormentata!
In tutta risposta
Atsuya toccò qualche volta la bambolina seduta al tavolo con
la tazza di te in mano: i capelli di panno del giocattolo si mossero
insieme ai
suoi occhi, nello stesso modo e il ragazzo trovò la cosa
decisamente
inquietante. Yuuka invece sorrise contenta, riprendendo a far parlare
le sue
bamboline.
Atsuya si era sempre
considerato un ragazzo fantasioso, ma a tutto c’era un
limite o almeno così pensava prima di quella sera. Tutto era
andato ad
ipotizzare tranne una serata di baby-sitting, per di più con
la sorellina del
fidanzato di suo fratello! Suvvia, era una cosa da film: mentre la
guardava
muovere cagnolini, gattini, cavallini e tutta la fattoria al seguito di
una
Barbie strafiga bionda su tacco dodici e borsetta rosa shocking,
già si
immaginava di incontrarla anni dopo, per caso, sul binario del treno
piuttosto
che alla cassa di un supermercato. Sorridere a quella bambina, che
sarebbe
diventata una strafiga bionda su tacco dodici e borsetta - magari non
avrebbe
avuto pony al seguito e la cosa non poteva che rassicurarlo –
che, pur
riconoscendolo, non l’avrebbe salutato per
l’imbarazzo che l’avrebbe colta al
ricordo del loro San Valentino condiviso anni prima, quando lei
l’aveva
obbligato a giocare con le sue bambole. Lui avrebbe ammiccato, magari
chiamandola proprio “bambolina” e lei sarebbe
diventata tutta rossa. O rosa,
così sarebbe rimasta in pandan con la borsetta. In ogni
caso, sarebbe stata
adorabile.
Sì, Atsuya
non pensava che avrebbe rivisto quella bambina tanto in fretta: era
troppo piccola, non gli poteva capitare di incontrarla nei posti che
frequentava attualmente. Avrebbe evitato di essere presente ad altri
incontri
romantici fra suo fratello e Shuuya, quello che aveva visto a cena era
da
considerare in tutto e per tutto un trauma infantile... Poco importava
se erano
gemelli, Shirou non avrebbe potuto giustificarsi ogni volta in questo
modo!
La bambina aveva avuto
la sua fetta di torta con la panna, Shuuya e Shirou la
loro cenetta romantica a lume di candela a forma di cuore –
il rosa aveva
un’alta considerazione di suo fratello, ma da quella sera
l’avrebbe guardato
con occhi differenti – e, dulcis in fundo, Atsuya aveva rotto
la sua tazza
preferita mentre metteva i piatti nel lavello. Una serata perfetta, a
regola
d’arte.
In quel
momento i due fidanzatini si stavano guardando un film in camera,
Atsuya non aveva osato chiedere il titolo per timore della risposta che
sarebbe
potuta arrivargli. “Un trauma infantile per serata
è più che sufficiente”,
aveva pensato. Così nel salone di casa si erano sistemati
lui e la piccina, che
tutta entusiasta aveva cominciato a spiegargli vita, morte, miracoli di
tutti i
giocattoli che era riuscita a comprimere nello zainetto che si era
portata.
Aveva proprio lo sguardo posato su quello zainetto, quando una frase in
particolare di Yuuka conquistò la sua attenzione:
-Atsuya-kun, tu sei
fidanzato?
-Tsk, il mio tempo
è importante, scricciola. Non posso perderlo per stare
dietro a questa zuccherosità del fidanzamento.
-Ma oggi è
la festa dei fidanzati!
-Sì e
guarda come siamo conciati.
-Per oggi potresti
essere tu il mio fidanzato e io la tua!
Il rosa
sogghignò, quella bambina era più sveglia di
quanto credesse. O
incredibilmente più tonta. – Ti piacerebbe
fidanzarti con me per stasera?
La bimba si
alzò in piedi, il vestitino color perla che indossava
metteva in
evidenza lo scintillio dei suoi occhi vispi. Gli andò
vicino, lui rimase seduto
a guardarla: pensò ai sassolini scuri levigati
dall’acqua marina che trovava a
volte sulla riva del mare. Le labbra si sfiorarono appena, le onde
lambirono
appena la sabbia per poi ritirarsi. Gli occhi di lei, gli abissi
marini.
Inesplorati e inesplorabili.
Atsuya sorrise,
abbracciando la bambina e facendola sedere al suo fianco:
Yuuka, che sembrava già essersi ripresa dalla timidezza,
ricambiò il sorriso,
in cui il ragazzo lesse un non so che di complice.
Le porse un
peluche di quelli disposti in ordine sparso sul tappeto, facendolo
parlare in modo buffo: la piccola scoppiò a ridere, Atsuya
pensò che probabilmente
nel baciarlo aveva imitato qualche principessa o fata di un cartone
animato.
Per un momento fu tentato di chiederglielo, per farsi descrivere il
principe e
sapere se gli assomigliava almeno un po’.
Poi pensò
che per quella sera andava bene anche così.
Quando
l’avrebbe incontrata di nuovo, avrebbe potuto stuzzicarla
ancora meglio:
già ci si vedeva, sul binario del treno, a guardare scendere
quella bambolina
con gli abissi negli occhi, a farla arrossire. Avrebbe solo dovuto
aspettare un
po’: chissà se, in quel frangente,
l’avrebbe convinta a fidanzarsi di nuovo con
lui. Anche solo per una sera.
“Da questa sera in
poi, fino a quando ci
rincontreremo, Yuuka, posso essere il tuo fidanzato.
A quel punto, te lo
chiederò di nuovo.”