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Autore: Adamsberg94    15/02/2017    1 recensioni
Harry Potter stava nascondendo qualcosa, ora ne era certo, e quella cosa pareva riguardare anche lui. Avrebbe scoperto di che cosa si trattava, giurò a se stesso mentre seguiva la McGranitt verso i sotterranei, anche a costo di seguire Potter a tutte le ore del giorno.
Harry è pronto a sacrificarsi ancora una volta per il Mondo Magico. Draco non intende permetterglielo.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Un po' tutti | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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Ciao a tutt*! Non è mia abitudine scrivere le note d'autore, perché penso che distraggano dalla lettura, ma per oggi farò un'eccezione.
Ecco a voi un capitolo extra! Volevo augurare buon San Valentino agli innamorati e buona festa dei single (che sarebbe oggi) a chi come me non sente profumo d'amore nell'aria. Ovviamente spero che questo capitolo vi piaccia :)
Con la prossima pubblicazione (che sarà domenica, così come tutte le altre), cancellerò questo messaggio. Per ogni comunicazione, comunque, potete consultare la mia pagina autore. Che altro dire? Ancora auguri e buona lettura!

P.S. Ditemi solo che i personaggi non sono OOC! E ricordatevi che non c'è solo la storia tra Harry e Draco, tra poco arriva la mia parte preferita ;)

 

Capitolo quarto – Tregua

 

Era strano come tutta la rabbia e il rancore nei confronti di Potter si fossero talmente affievoliti da essere quasi scomparsi. Cinque giorni prima lo aveva preso a pugni per la frustrazione ed ora stava seriamente riflettendo sulle sue parole. Assurdo.

Quando si era presentato a cena, quella sera, nessuno aveva provato a parlare con lui. Blaise si era limitato a lanciargli una lunga occhiata, squadrandolo, mentre Pansy aveva continuato a non alzare gli occhi dal piatto. Draco ne fu sollevato. Non sarebbe stato capace di nascondere il tumulto interiore che gli stava scoppiando nel petto.

Mangiare, fingere che non fosse successo niente, non guardare verso qualcuno, seduto al lato opposto della sala, era stato estremamente difficile. Si era limitato a mandare giù un paio di bocconi, la fame che lo aveva colto nel pomeriggio completamente scomparsa, e ora stava tornando nella sala comune.

Aveva così tante cose a cui pensare che sembrava che il cranio dovesse esplodergli da un momento all'altro. Quando posò la testa sul cuscino, però, si addormentò subito.

 

 

***

 

 

La sera prima era stata tremenda.

Harry appoggiò la testa sul tavolo e sospirò. Aveva lo stomaco chiuso e la sola idea di colazione gli faceva venire da vomitare. Chiuse gli occhi e sperò che la nausea se ne andasse. Aveva solo bisogno di un minuto di riposo, solo uno...

«Stai bene, Harry? Sei pallido...» La nota preoccupata nella voce della sua migliore amica lo costrinse a riaprire gli occhi. Si sforzò di mettersi dritto e sorriderle. «Sono solo un po' stanco» la rassicurò.

«Com'è andata ieri sera?» gli chiese Ron, iniziando a riempirsi il piatto.

Harry si trattenne dal sospirare. «Come al solito. Zero progressi.»

Entrambi i suoi amici annuirono e tornarono alla colazione. Harry gliene fu grato, quell'argomento era quasi un tabù tra di loro e lui odiava parlarne.

Per distrarsi dal mal di stomaco che sembrava non volesse lasciarlo, iniziò a guardarsi intorno per la sala. Era ancora abbastanza presto e la maggior parte degli studenti non era ancora arrivata. Se si fosse trattato di un altro giorno, anche Harry avrebbe fatto di tutto per dormire fino all'ultimo secondo; ma quella mattina non aveva visto l'ora di lasciare l'ufficio del preside per correre in Sala Grande. Odiava talmente tanto quelle notti, che non gli importava di alzarsi all'alba pur di scappare.

In quel momento Draco Malfoy fece il suo ingresso, diretto verso il tavolo dei Serpeverde. Solo, come lo vedeva sempre. A Harry tornò in mente quanto successo il giorno prima e la voglia di affogarsi nel succo di zucca lo colpì prepotentemente.

Come suo solito, aveva parlato troppo. Cosa gli era venuto in mente di dire quelle cose al Serpeverde? Godric, quanto era stupido. Pensava davvero di poter redimere Malfoy con un paio di frasette sul bene e sul male? Si sentiva patetico.

Ma aveva detto la verità. Tutti all'Ordine si erano opposti fermamente alla sua intenzione di testimoniare in favore di Malfoy, Harry però non aveva permesso a nessuno di fermarlo. Non dopo quello che aveva scoperto su di sé l'estate prima. Solo a pensarci gli venivano i brividi.

Ai mille perché che gli erano stati rivolti, lui aveva risposto semplicemente che era la cosa giusta da fare. Pietrificato sotto il Mantello dell'Invisibilità, avevo visto chiaramente quello che era successo alla Torre di Astronomia. Malfoy aveva abbassato la bacchetta. Era stato solo un'istante prima che arrivassero Piton e gli altri Mangiamorte, ma Harry aveva visto la paura nei suoi occhi. Lo aveva visto convincersi a lasciare Silente in vita.

No, non avrebbe permesso che l'altro pagasse per un solo errore. Harry stesso era stato manipolato per anni, poteva capire come ci si sentisse a far parte di un piano più grande di sé.

Non aveva raccontato a nessuno tutta la verità, nemmeno a Ron e a Hermione. C'erano delle cose che non riusciva a dire ad alta voce, non poteva mostrare a nessuno quella parte di lui che ormai lo spaventava più di qualunque altra cosa. Era stato costretto a mettere l'Ordine al corrente di una parte della sua scoperta, ma non era riuscito a raccontare tutto fino in fondo. Le visioni, gli incubi, l'odore di sangue nelle narici, il desiderio di uccidere... quelle cose se le era tenute per sé.

In realtà era stata proprio quella scoperta a convincerlo a dare a Malfoy una seconda opportunità. Se lui che portava dentro un male così grande poteva combattere per la Luce, perché non doveva essere concesso lo stesso al Serpeverde. Quello sguardo, quegli occhi grigi così carichi di disperazione... Harry aveva sentito solo il desiderio di salvarlo.

Si era sentito così impotente. Lui, il salvatore del Mondo Magico, non era capace di salvare se stesso, figurarsi gli altri. Ma forse... forse con Malfoy avrebbe potuto farcela.

La voce di Ron lo riscosse dai suoi pensieri. «Allora, ti va di andare in biblioteca?»

Harry distolse lo sguardo dal tavolo dei Serpeverde e si alzò. «Andiamo» disse solo, dirigendosi verso l'uscita.

 

 

***

 

 

La mattina dopo si svegliò comunque all'alba, ma si sentiva lo stesso riposato. Aveva bisogno di riflettere sul giorno prima, quindi decise di cercare un posto tranquillo in cui poter stare da solo. Solitamente gli altri studenti preferivano trascorrere la domenica in sala comune o a studiare in biblioteca. Dato che anche quel giorno c'era il sole, molti avrebbero deciso di stare all'aperto, come aveva fatto Draco la mattina precedente. Probabilmente il perimetro intorno al Lago Nero sarebbe stato gremito di gente.

Draco decise ugualmente di andare a controllare che il suo posto fosse libero. Prima di uscire dalla sala comune, Harper – il capitano della squadra di Quidditch – gli ricordò che quella sera ci sarebbero stati gli allenamenti, visto che i Grifondoro avevano prenotato il campo il giorno prima e i Corvonero per quella mattina. Draco lo ringraziò e si affrettò verso la Sala Grande.

Lo aveva sorpreso il fatto di essere riammesso in squadra, soprattutto senza più suo padre alle spalle a supportarlo. Harper era stato fino a un paio di anni prima il suo sostituto, poi aveva scoperto di essere più bravo come portiere che come cercatore ed era riuscito a farsi eleggere capitano. Draco era convinto che non lo sopportasse visto che la sua presenza in squadra gli aveva impedito di giocare un bel po' di partite, ma dedusse che nessun giocatore migliore si fosse presentato per ricoprire il suo ruolo quell'anno. Non che gli dispiacesse – anzi, aveva finalmente qualcosa che potesse distrarlo da quella situazione di merda –, semplicemente non se lo era aspettato.

Non voleva perdere troppo tempo a colazione per evitare che qualcuno occupasse il suo posto al lago, così affrettò il passo. Una volta arrivato in Sala Grande, fece di tutto per non voltarsi a guardare il tavolo dei Grifondoro. Non era ancora pronto ad affrontare quegli occhi.

Si sedette al tavolo Serpeverde in completo silenzio, dando le spalle agli altri tavoli. Si servì una tazza di caffè e del pudding e iniziò a mangiare. Poteva sentire alla base della nuca uno strano formicolio, la vaga sensazione di essere osservato. La mano con cui stava tenendo la forchetta tremò appena. Resistette alla tentazione di voltarsi per vedere se la sua supposizione fosse esatta.

Pansy e Blaise entrarono in quel momento. Draco si affrettò a tirare fuori un libro dalla borsa per fingersi impegnato. Non aveva voglia di affrontare le loro domande su come era andata la punizione e su Potter. Fortunatamente, la sera prima si era addormentato prima del ritorno dei suoi compagni e non era stato costretto ad affrontare Blaise. Il fatto che a cena né lui né Pansy gli avessero chiesto qualcosa non significava che avrebbero fatto lo stesso a colazione.

Si sedettero entrambi davanti a lui, ma – con sua sorpresa – non dissero niente. Stavano parlando tra di loro del tema per Difesa contro le Arti Oscure e di come il nuovo professore li stesse riempiendo di compiti per i M.A.G.O. A Draco non interessava, quindi continuò a fingere di leggere, girando una pagina di tanto in tanto.

Avvertiva ancora quella fastidiosa sensazione di essere osservato. Un brivido fece per attraversargli la schiena e Draco si irrigidì nel tentativo di nasconderlo. Non avrebbe fatto cadere la propria espressione indifferente, mai. Non voleva che qualcuno potesse provare a leggere nella sua testa.

«Perché Potter ti sta guardando?»

Draco sollevò la testa dal libro per guardare Pansy. Non girarti. Non farlo. «Non ne ho la più pallida idea» rispose, per poi rituffarsi col naso tra le pagine. Pregò che Pansy non insistesse e così lei fece. Si limitò ad alzare le spalle e a fare una smorfia. «Vabbè, tanto se ne sta andando.»

Non. Lo. Fare.

Draco contò fino a dieci, poi cedette. Si voltò giusto in tempo per vedere la schiena di Potter scomparire dietro la porta.

 

 

***

 

 

Lasciò cadere la borsa coi libri e si sedette sulla solita roccia. Faceva più freddo di quanto si fosse aspettato, soprattutto a causa del leggero vento gelido che si era alzato all'improvviso dal lago. Le sue acque scure si increspavano ad ogni folata, trasformandosi in piccole onde che si infrangevano sull'enorme masso su cui Draco si era posizionato.

Il giovane tirò fuori il libro di Difesa contro le Arti Oscure e lo appoggiò sulle cosce, utilizzando le gambe piegate come leggio. Aveva pensato di iniziare a scrivere il tema per compito, ma l'aria fredda gli aveva fatto cambiare idea. Si sarebbe limitato a leggere le fonti che gli servivano, in modo da poter tenere le mani al caldo sotto il mantello.

In realtà, la cosa migliore da fare sarebbe stata tornare al castello. Alcuni studenti si erano già arresi, avevano afferrato i propri libri ed erano corsi al riparo. Draco però non aveva voglia di affrontare la ressa che avrebbe sicuramente trovato in biblioteca, così strinse i denti e affondò il mento sotto il mantello, nel colletto del maglione.

Poteva sentire la pelle del viso seccarsi a causa del freddo, ma non se ne curò. Fosse stato un altro giorno, un'altra vita, si sarebbe sicuramente preoccupato che la sua bella faccia non si rovinasse; ma ora aveva cose molto più importanti a cui pensare.

A tornare indietro di un anno, all'estate prima che il Signore Oscuro gli desse l'ordine di uccidere Silente, Draco non si sarebbe riconosciuto. Non era solo la sua vita ad avere preso delle svolte inaspettate, lui stesso era cambiato più di quanto volesse ammettere. Non era sicuro che gli sarebbe piaciuto tornare alla situazione precedente a tutto quello – neanche allora era stato felice –, desiderava soltanto che le cose fossero più facili.

Perché doveva essere tutto così difficile?

Ai suoi mille tormenti, doveva aggiungersi anche Potter. Nella sua testa, quel nome continuava ad assumere sfumature diverse in base al momento. La sera prima aveva provato un sentimento sconosciuto, una sorta di senso di gratitudine, che mai avrebbe pensato di poter rivolgere all'altro. Si era sentito finalmente libero, come se un grosso peso gli si fosse tolto dal petto.

Ora che la notte era trascorsa, aveva avuto il tempo di riflettere a mente lucida su quanto Potter gli aveva detto il pomeriggio prima. Voleva davvero dimenticare anni di odio e vedere il Grifondoro sotto un'altra luce? Voleva abbandonare gli ideali di una vita intera solo perché l'altro gli stava offrendo la possibilità di farlo?

Non lo sapeva.

Però, sorprendentemente, ci stava sul serio riflettendo sopra. Solo un anno prima, davanti a un discorso del genere, formulato dal suo peggior nemico per giunta, ci avrebbe sputato sopra e non avrebbe esitato a sfruttare l'occasione per vendicarsi di quella mano rifiutata tanti anni prima.

Cosa doveva fare?

Non resistette all'impulso di afferrarsi la testa tra le mani. Odiava mostrarsi debole davanti agli altri, ma in quel momento erano in pochi coloro che avrebbero potuto vederlo. Gli altri studenti che avevano deciso di rimanere sul lago erano abbastanza lontani ed erano tutti piuttosto impegnati per notare proprio lui. E se anche lo avessero fatto, a quella distanza sarebbe sembrato che Draco fosse particolarmente concentrato su quello che stava studiando.

Suo padre era ancora chiuso ad Azkaban, sua madre in mano al Signore Oscuro. Anche se avesse voluto passare dalla parte dei buoni, chi avrebbe protetto loro? E soprattutto, ci sarebbe stato davvero qualcuno oltre a Potter disposto ad accoglierlo tra le fila della Luce?

Forse stava semplicemente fraintendendo tutto. Magari Potter aveva inteso tutt'altro con quel suo discorso. Aveva parlato di seconde occasioni, sì, ma non gli aveva rivolto alcuna offerta concreta. Probabilmente la sua mente aveva viaggiato troppo, nella tacita speranza di trovare una soluzione a quella situazione di merda.

Parlandosi chiaro, avrebbe mentito a se stesso se avesse affermato che in quel momento i suoi genitori non si trovavano in pericolo. Aveva deluso il Signore Oscuro, aveva fallito, e il fatto che Piton avesse portato a termine con successo il suo compito non aveva salvato lui e la sua famiglia dalla sua ira. Tremava ancora al ricordo di quegli occhi rossi, della gelida crudeltà che vi si poteva leggere dentro.

All'improvviso fece troppo freddo. La tentazione di alzarsi a cercare un angolo caldo e riparato divenne più intensa. Si strinse ancora di più nel mantello e avvolse le mani nel bordo del maglione per riscaldarle.

Era inutile continuare a rimuginare sulle parole di Potter, forse avrebbe dovuto parlarne con direttamente con lui.

Oh grandioso. Poteva sentire il suo cervello imprecargli contro. Parlare con Potter, sul serio? Cosa si aspettava di preciso, che l'altro si sedesse a bere un tè con lui e lo aiutasse a risolvere i suoi dubbi esistenziali? Ridicolo.

E se invece fosse stata davvero quella la soluzione a tutti i suoi problemi? Lasciare da parte l'orgoglio e abbassarsi a dialogare civilmente con Potter era una cosa così difficile da fare? Dopotutto era stato Potter il primo a confessarsi con lui, a confidargli cose che lui non era sicuro di voler sentire. I sentimentalismi e le stronzate annesse non facevano parte del suo essere Serpeverde, ma se per una volta farvi affidamento si fosse rivelata la cosa giusta da fare?

Prima che la sua mente potesse anche solo formulare il pensiero, il suo inconscio aveva deciso.

Si alzò velocemente e infilò con forza il libro dentro la borsa. Era quasi ora di pranzo, se si fosse affrettato forse sarebbe riuscito a beccarlo prima che scomparisse di nuovo insieme ai suoi amici.

Avrebbe ascoltato il suo cervello ridergli dietro più tardi, ora doveva trovare Potter.

 

 

***

 

 

Harry aveva avuto bisogno di una pausa. La sensazione di nausea che lo aveva colpito quella mattina non era ancora scomparsa e l'andamento oscillatorio che le lettere continuavano ad assumere davanti ai suoi occhi non lo stava aiutando affatto. Non voleva far vedere a Ron ed Hermione il suo malessere, quindi si era scusato e aveva detto di dover andare il bagno. Non era stata proprio una bugia, considerando che si sentiva come se avesse dovuto rimettere da un momento all'altro.

Ora stava girovagando senza uno scopo preciso nel corridoio. Sarebbe dovuto tornare in biblioteca entro pochi minuti, se non voleva che i suoi amici si preoccupassero. Negli ultimi tempi Hermione era diventata particolarmente apprensiva, soprattutto da quando avevano scoperto quella cosa. Da un lato, questo faceva sentire Harry amato; dall'altro, però, lo stava soffocando. I rari momenti che riusciva a trascorrere da solo gli sembravano una liberazione.

«Potter, aspetta!»

Si fermò di colpo e si voltò verso la voce che lo aveva chiamato. Vide una figura bionda venirgli incontro: Malfoy. Doveva averlo seguito di corsa, dato che aveva il respiro leggermente accelerato, e ora stava in piedi di fronte a lui. Harry aspettò che l'altro dicesse qualcosa, ma quando il silenzio superò il minuto si decise a parlare.

«Hai qualcosa da dirmi?» domandò spazientito. Non aveva intenzione di sprecare i suoi ultimi minuti di libertà a litigare. Un déjà-vu lo colpì all'improvviso. «Non vuoi colpirmi di nuovo, vero?» chiese, facendo un passo indietro.

Malfoy alzò gli occhi al cielo. «No, Potter.»

«Allora cosa vuoi da me?»

Harry osservò l'altro avvicinarsi e resistette all'impulso di andare via. Davvero, non voleva iniziare un'altra lite con il Serpeverde, non con il rischio di farsi assegnare un'altra punizione. Malfoy, però, si fermò a un passo da lui.

«Possiamo parlare?»

Harry non se lo era aspettato. In verità, non pensava nemmeno che si sarebbero mai parlati in modo quasi civile come avevano fatto il giorno prima. Non era sicuro di quello che il Serpeverde volesse dirgli; anzi, un po' ne aveva paura. Avrebbe potuto girare i tacchi e tornarsene in biblioteca, ma qualcosa lo spinse a fermarsi. Curiosità, suppose. Dopotutto era stato lui a iniziare quella faccenda durante la punizione. Continuava a chiedersi se non avesse fatto meglio a starsene zitto.

«Credo di sì» disse lentamente, osservando l'altro. Malfoy rimase impassibile, gli fece solo cenno di seguirlo dentro un'aula vuota.

Geniale, Harry, pensò tra sé e sé mentre si chiudeva la porta alle spalle. Seguire Malfoy da solo dentro un'aula vuota, quando pochi giorni fa ti ha quasi rotto il naso a suon di pugni. Geniale, dico davvero.

Zittì la sua voce interiore e guardò Malfoy sedersi su uno dei banchi vuoti. Fece lo stesso, posizionandosi dalla parte opposta della stanza. Mettere una certa distanza tra loro lo faceva sentire più sicuro, sia nel controllo delle sue emozioni che a livello fisico.

«Ehm...» iniziò quando fu evidente che l'altro non avrebbe parlato. Non ancora, perlomeno. «Cosa volevi dirmi?»

Malfoy lo fissò negli occhi per qualche secondo prima di parlare, sul volto un'espressione indecifrabile. «Riguardo a ieri, credo che tu mi debba delle spiegazioni.»

Si era immaginato una cosa del genere, anche se aveva sperato di sbagliarsi. Harry era sempre più convinto di aver rivelato troppo. Si era lasciato travolgere dal momento e aveva confessato tutto, nell'assurda speranza di poter cambiare le cose. Malfoy lo odiava – Merlino, gli aveva quasi spaccato la faccia! - e non sarebbero bastate certo due parole a fargli cambiare idea. Probabilmente stava per dirgli di lasciarlo in pace per sempre, oppure stava meditando di ucciderlo. Il che lo costrinse a zittire nuovamente la sua voce interiore dal dargli dello stupido. «Cioè?»

«Voglio solo sapere cosa intendevi con tutto quel discorso.» Malfoy fece una pausa. Harry aspettò in silenzio che continuasse. «Cosa erano tutte quelle stronzate sulle seconde opportunità e il resto? Cosa volevi dire?»

Harry corrugò la fronte, perplesso. Cosa voleva dire? Non gli sembrava di essersi spiegato male. Va bene che aveva la tendenza a farfugliare e che fare discorsi non era esattamente il suo forte, ma gli pareva di essere stato abbastanza chiaro. «Ehm, continuo a non capire.»

«Merlino, Potter!» ringhiò Malfoy, esasperato, passandosi una mano tra i capelli chiari. Sembrava che stesse cercando di riordinare le idee o di trattenersi dal mettergli le mani addosso. Harry non si sentì minimamente in colpa. «Era... era un'offerta?»

Le sopracciglia di Harry ora toccavano quasi l'attaccatura dei capelli. Cosa esattamente voleva sentirsi dire Malfoy? Fu tentato di chiederglielo direttamente, ma temeva che l'altro lo avrebbe strangolato. «Offerta?» disse lentamente. «Mi stai chiedendo se ti stavo offrendo di passare dalla parte dei buoni?»

«Sì!» Malfoy alzò gli occhi al cielo. Di nuovo. Harry lo trovava piuttosto irritante. «Per Salazar, Potter, hai intenzione di continuare a rispondere alle mie domande con altre domande? Devo farti uno schemino o pensi di riuscire a capire la comune lingua parlata?»

Harry stava per sorridere divertito, poi si ricordò che non doveva dare soddisfazioni all'altro. «Sei tu che non parli chiaro» rispose, facendo una smorfia. «Comunque... non so neanche io cosa era. Dipende anche da quello che tu vuoi che sia...» buttò lì con noncuranza.

«Ti rendi conto che parlare con te è snervante, vero?» Malfoy sospirò.«Senti, Potter, io voglio solo sapere che cosa significava tutto quel discorso. Non puoi uscirtene fuori così, all'improvviso, e aspettarti che io non sospetti come minimo un tiro sinistro.»

In effetti, Harry non aveva pensato che le proprie parole potessero essere interpretate in modo ambiguo. Aveva solo provato a essere... sincero? Come suo solito, non aveva riflettuto molto prima di parlare.

«Ho detto esattamente quello che volevo dire» rispose. «Tu sei libero di pensare e fare quello che vuoi, io mi sono solo limitato a rispondere al tuo giochetto. E no, non era un'offerta, per il semplice fatto che non ho mai pensato che potesse esserlo né che tu potessi anche solo rifletterci su; ma questo non cambia che non ti serve una mia proposta ufficiale se vuoi cambiare.»

«Non è così semplice!»

«Sì, lo è.» Un moto di irritazione colpì Harry. Malfoy forse non aveva avuto alcuna scelta l'anno prima, ma ora le cose erano cambiate. Gli era stata aperta una finestra su un mondo di nuove soluzioni, non era così complicato provare quantomeno a prenderle in considerazione. Era Harry quello condannato, non Malfoy. «Non sono la tua balia, Malfoy. Non ti devo dire io cosa fare. Se la tua vita ti fa tanto schifo cambia le cose, altrimenti tutto può anche restare così com'è.»

Malfoy incrociò le braccia sul petto e puntò lo sguardo su un punto imprecisato del pavimento. Sembrava che non volesse guardare Harry o che si fosse chiuso all'improvviso all'interno della sua mente per riflettere. I minuti trascorsero troppo lentamente, mentre un senso di impazienza si faceva strada in Harry. Mentre osservava in silenzio il Serpeverde, il suo cervello gli ricordò che aveva lasciato da troppo tempo la biblioteca e che probabilmente Ron ed Hermione era già sulle sue tracce. Stranamente però la cosa non lo colpì più di tanto: il desiderio di sapere come avrebbe reagito Malfoy era più forte della preoccupazione dei suoi amici.

Dopo quelle che gli sembrarono ore, Malfoy finalmente parlò. «Non è facile per me fare quello che sto per fare... quindi vedi di non fare lo stronzo.» Harry si fece più attento. «Dicevi sul serio quando hai detto che mi avresti dato una seconda opportunità?»

Harry annuì soltanto, senza parlare, per paura che l'altro si interrompesse e non continuasse.

«Io ho riflettuto su quello che mi hai detto sabato e, se è vero quello che hai detto, penso di poter – insomma – provare a cambiare le cose.»

«Cosa intendi?» gli chiese Harry, un po' confuso. Dopo il tribunale e il suo discorso del giorno prima, c'era stato un breve attimo in cui aveva quasi sperato che Malfoy si unisse alla loro causa, ma si era subito reso conto che si trattava di una fantasia irrealizzabile. Andiamo, era Malfoy, il suo rivale per sei anni, il razzista di merda che aveva chiamato Hermione 'sanguesporco' e che non perdeva occasione per insulare i Weasley, come poteva pensare che sarebbe mai passato dalla sua parte?

Eppure una parte di Harry, seppur piccola e ben nascosta nel suo inconscio, desiderava che la situazione cambiasse. Sperava di poter sentire Malfoy pronunciare poche e semplici parole, sentirgli dire che era disposto a schierarsi con lui. Questa volta non mise a tacere il suo cervello che gli dava del povero illuso. Era inutile autoconvincersi di una cosa che non sarebbe mai successa.

«Non aspettarti che cambi all'improvviso fazione,» iniziò Malfoy, come a voler dare ragione ai pensieri di Harry, «ma alcune cose possono cambiare, se anche a te va bene.»

La mano del biondo si sollevò lentamente e si tese tra di loro. Harry la guardò sconcertato domandandosi cosa avesse intenzione di fare. «Cos-»

«Aspetta, fammi finire. Io in realtà non so neanche perché lo sto facendo, ma... posso proporti una tregua?»

 

 

***

 

 

Harry sbatté gli occhi un paio di volte, incapace di parlare. Osservava la mano tesa davanti a sé con un misto di stupore e sospetto. «Uh...» Non aveva la minima idea di come comportarsi. «In che senso?» chiese, dandosi subito dell'imbecille. Che domanda idiota.

Malfoy doveva essere dello stesso parere perché ghignò. «Tregua, Potter. Sai cosa vuol dire o devo cercarti la definizione sul dizionario?»

«Lo so» rispose irritato. «Non intendevo questo. Volevo dire... mi stai chiedendo di essere tuo a-amico?» Le parole gli erano uscite a fatica dalla gola. Sembrava che il suo cervello non riuscisse a concepire un'idea tanto assurda, figurarsi formularla completamente. Lui e Malfoy amici, suonava così... impossibile.

L'espressione orripilata sul volto dell'altro gli fece intendere che probabilmente anche lui la pensava così. «Salazar, no. Tu sei Potter.» Lo aveva detto come se fosse una parolaccia. Harry provò a ignorare l'irritazione, ma sulla sua faccia il fastidio si impresse a chiare lettere. «Intendo dire che forse potremmo provare a smettere di odiarci.»

Ah. «Ma io non ti odio.»

Ed era vero. Erano successe troppe cose nell'ultimo anno e mezzo perché lui potesse ancora odiare Malfoy. Mal sopportarlo? Sì. Considerarlo un bambino stronzo e viziato? Sicuro. Ma provare addirittura dell'odio nei suoi confronti era ormai stupido. Non aveva senso infierire su qualcuno in difficoltà solo perché lo aveva tormentato per... quanti? Sei anni?

In effetti, pensò Harry, c'era ancora qualche sassolino che doveva essere tolto dalla scarpa, ma niente di così grosso da spingerlo a detestare l'altro. Sinceramente, con quello che stava accadendo nella sua vita in quel momento, voleva solamente essere lasciato in pace a sguazzare nella sua angoscia senza che nessuno gli rompesse le palle. Perfino stare con Ron ed Hermione stava iniziando a pesargli, figurarsi se aveva il tempo di odiare il Serpeverde.

«Oh...» Malfoy sembrava essere rimasto senza parole. «Comunque, potremmo provare a comportarci in modo civile. Accetti o no? Mi stanno venendo i crampi al braccio.»

Harry si era dimenticato della mano di Malfoy tesa verso di lui, in attesa di essere stretta. La sua mente volò a sette anni prima, al suo primo giorno di scuola. Malfoy aveva fatto la stessa cosa, ma allora Harry aveva rifiutato la sua amicizia. Non voleva essere amico di un piccolo bullo stronzo, non voleva avere niente a che fare con qualcuno che gli ricordava così tanto i suoi parenti babbani.

Ma gli anni erano passati, le cose erano cambiate. Malfoy sembrava cambiato ed Harry stesso lo era. Non erano più due undicenni, due ragazzini infantili, uno abituato ad avere tutti ai suoi piedi e l'altro desideroso di trovare un posto nel mondo. C'era una guerra in corso ora, c'erano morte e distruzione, forse un semplice gesto come quello avrebbe portato un po' di luce nell'oscurità.

Alla fine Harry prese una decisione. Ricordava il profondo desiderio di salvare Malfoy che aveva provato quell'estate, la speranza di poter cambiare una storia che sembrava già scritta.

Lentamente, sollevò la propria mano per stringere quella del suo ex rivale. Nel farlo, sentì uno strano calore avvolgergli il petto.

 

Continua...

 

 

 

   
 
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