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Autore: 9Pepe4    25/02/2017    4 recensioni
«Toglimi una curiosità» riprese Han, alzandosi in piedi, «da quanto tempo hai in mente di fondare questa tua Resistenza?»
Leia si accigliò. «Non lo so. Da quando ho visto che il Primo Ordine è una minaccia tangibile, e che la Nuova Repubblica non sembra intenzionata a prendere i provvedimenti necessari».
«Sì?» chiese Han, più tagliente di quanto avrebbe voluto. «Non ce l’avevi già in mente quando hai iniziato a rimetterti in contatto coi tuoi vecchi amici della Ribellione, quelli che avrebbero dovuto aiutarti a trovare tuo figlio?»
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Han Solo, Principessa Leia Organa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Coda

We are the same but our life moves along
And the third one between replaces what once was love

Qualche mese più tardi, Leia rinunciò alla sua carica in Senato. Era riuscita a racimolare alcuni fondi, e la prima base della Resistenza venne stabilita su un pianeta montuoso dell’Orlo Mediano.
Inizialmente, i suoi membri erano tutti veterani dell’Alleanza Ribelle, ma poco a poco iniziò ad aggiungersi linfa nuova.
Nella sala di controllo, circondato da olo-mappe e schemi tattici, Han guardò Leia parlare ai suoi piloti, ed ebbe di nuovo la sensazione di essere tornato indietro nel tempo.
Sua moglie aveva trovato una nuova causa in cui immergersi anima e corpo, e la vera differenza sembrava essere il fatto che non la chiamavano più principessa, bensì generale.
Han si sentiva fuori luogo, e le giovani reclute che sbarravano gli occhi alla sua vista non aiutavano certo a diminuire il disagio.
Ma lui cercava di passarci sopra, di aiutare come poteva.
Partecipava a missioni di ricognizione, e otteneva informazioni dai suoi vecchi colleghi di contrabbando.
Ogni tanto, si allontanava per cercare Ben, Chewbacca sempre al fianco. Il Wookie era più fiducioso di lui – a volte, quando Han avrebbe solo voluto accasciarsi in un angolo, il suo imponente co-pilota gli assestava una pacca sulla spalla e gli diceva di non perdere la speranza, che avrebbero presto ritrovato il cucciolo.
Leia si univa a loro solo raramente, ma al proprio rientro Han la trovava sempre ad aspettarlo.
Lei non gli chiedeva mai niente, perché le bastava uno sguardo al suo viso per capire che le ricerche erano state ancora una volta infruttuose, e a quel punto gli dava le spalle con un respiro tremulo e tornava a svolgere il proprio dovere.
Poi, quasi un paio d’anni più tardi, si trovarono entrambi nella sala di controllo.
Erano un po’ in disparte rispetto al resto dei presenti, ma i loro occhi come quelli di tutti gli altri erano puntati sull’olo-tavolo al centro della stanza.
Un’informatrice della Resistenza – una donna dalla pelle bronzea e i capelli neri che era stata una programmatrice piuttosto famosa – era riuscita ad infiltrare un droide-spia su uno dei mondi del Primo Ordine, e di lì a poco avrebbero dovuto ricevere le sue riprese in diretta. Inutile dirlo, i capi erano molto impazienti di vedere quegli olo-filmati.
L’Ammiraglio Ackbar teneva gli occhi bulbosi fissi sulla consolle, mentre le sue mani palmate volavano sui pulsanti, stabilendo il contatto.
Han lo osservò un istante, avvertendo un vuoto allo stomaco al ricordo del Mon Calamari che si offriva come baby-sitter per Ben, poi spostò lo sguardo su Leia. Quest’ultima era dritta ed impassibile, i capelli raccolti attorno al capo, e nonostante tutto Han riuscì a vedere l’urgenza nei suoi occhi.
Persino lui si rendeva conto dell’importanza di quelle riprese. Se contenevano prove del fatto che il Primo Ordine stava violando le clausole della Concordanza – un documento firmato dalla Repubblica e dai resti sconfitti dell’Impero dopo la battaglia decisiva su Jakku – avrebbero potuto presentarli in Senato, e finalmente obbligare la Nuova Repubblica a passare all’azione.
Con qualche scarica elettrostatica, le prime immagini iniziarono ad arrivare, e il silenzio cadde nella stanza. Era la ripresa di un cortile deserto – poco a poco, cominciarono ad arrivare degli uomini, camminando in file ordinate.
Dopo qualche minuto, Leia cominciò a scuotere la testa. «Questi filmati non ci saranno di molta utilità».
«Davvero?» non poté fare a meno di chiedere Han, incredulo. «Il Primo Ordine ha un dannato esercito».
Era piuttosto sicuro che cose come avere una forza armata violassero decisamente i termini stabiliti dalla Concordanza.
Sua moglie non si girò a guardarlo, e fu il Maggiore Ematt – un vecchio amico di Leia, che in passato aveva aiutato a trovare delle basi per la Ribellione – a rispondere alla sua osservazione, senza peraltro staccare gli occhi dallo schermo. «Non c’è traccia di un’arma».
«Già» convenne seriamente l’Ammiraglio Statura. «Senza dubbio, i Senatori più restii ad ammettere la minaccia dichiareranno che stiamo guardando un corso di fitness, o qualcosa del genere, e che in ogni caso non è proibito che la gente del Primo Ordine si tenga in forma».
Han assottigliò le labbra. Ecco, questo era uno dei motivi per cui non gli era mai piaciuta la politica.
«Senza contare» gracchiò l’Ammiraglio Ackbar, «tutte le polemiche che nasceranno sul modo in cui abbiamo ottenuto queste riprese in primo luogo».
Per qualche istante, un silenzio frustrato ed abbattuto regnò sulla sala, poi Leia riprese parola.
«Continuiamo a guardare» disse in tono calmo, quasi regale.
Han guardò il suo profilo determinato e pensò a quelle volte in cui lei gli aveva parlato della Regina Breha Organa, di come sapeva mantenere la calma durante una crisi, di come sapeva infondere forza con la sua sola presenza. Leia poteva anche essere più impaziente e più rapida all’ira, ma era davvero figlia di sua madre.
In un altro tempo, Han si sarebbe annotato di tenere a mente quel pensiero per comunicarglielo più tardi. Adesso, però… Era strano. Era come se fosse un’osservazione troppo intima, come se lui non si sentisse in diritto di rivolgerla a Leia.
«Forse non ci serviranno per convincere la Nuova Repubblica, ma potrebbero comunque fornire delle informazioni utili».
Ci fu un brusio d’assenso. «Potremmo anche esaminare il loro stile di combattimento».
Ripresero la visione, e Han incrociò le braccia contro il petto. Non gli era mai piaciuto starsene con le mani in mano, e di questi tempi gli piaceva ancor meno. Odiava i momenti in cui niente attutiva il dolore per l’assenza di suo figlio.
Proprio mentre iniziava a contemplare l’idea di andarsene, le immagini cambiarono un po’.
Ci fu qualche sbalzo, probabilmente segno che il droide-spia si stava spostando per non farsi notare, poi fece la sua comparsa un giovanotto pallido dai capelli biondo-rossiccio, che camminava tra le file di uomini e sembrava sovrintenderne gli allenamenti.
Han aggrottò la fronte. Aveva un ché di familiare…
Il Maggiore Ematt emise un respiro sorpreso. «Ma quello è…?»
L’Ammiraglio Statura annuì gravemente. «Il figlio di Brendol Hux? Penso proprio di sì. Qual era il suo nome…?»
«Armitage» suggerì qualcun altro. «Armitage Hux».
Ah. Dunque si spiegava la familiarità. In passato, Han aveva avuto a che fare con Brendol Hux, il comandante dell’Accademia Imperiale di Arkanis. Non era stato un piacere.
E poi, nell’ultimo pezzo di olo-filmato, sopraggiunse anche un uomo vestito di nero, con una maschera a coprirgli il volto.
Leia emise un ansito, ma Han quasi non se ne accorse – era impegnato a reprimere un brivido, mentre gli tornava alla mente l’ultimo uomo mascherato con cui aveva avuto a che fare.
Pensò alle voci giunte ultimamente alla Resistenza, su un misterioso combattente che operava al di fuori dei ranghi… Jedi Killer, lo chiamavano. Il più delle loro spie, a dire il vero, pensava che non esistesse davvero, che fosse soltanto uno spauracchio usato dagli ufficiali del Primo Ordine per tenere in riga i sottoposti. Possibile che si sbagliassero, che si trattasse proprio di lui?
Cogliendo qualche bisbiglio dagli altri presenti, Han capì di non essere il solo a nutrire quel sospetto.
Da parte sua, Leia sembrava stranamente pallida, gli occhi ingigantiti puntati sull’ologramma tremolante. All'improvviso barcollò, ed afferrò il braccio di Han per reggersi in piedi.
«Ben» sussurrò. «Ben».
Han s’irrigidì, e i suoi occhi tornarono sull’olo-filmato, mentre le orecchie gli si tappavano e il respiro gli si bloccava in gola.
Non poteva essere lui. Era impossibile che fosse lui.
Ma la sua testa gli diceva il contrario, anche perché sarebbe stato sciocco non fidarsi dell’istinto di Leia, del legame che aveva sempre condiviso con Ben. Se c’era qualcuno in grado di riconoscerlo col viso coperto, ad anni luce di distanza, era proprio lei.
Vagamente consapevole che sua moglie gli stava ancora stritolando il braccio, Han si rese conto di una cosa. Quell’uomo mascherato… quell’uomo… camminava esattamente come Leia. Schiena dritta, ampie falcate, un’aura di determinazione che spingeva gli altri a stare alla larga.
Doveva essere lui.
Per un istante, mentre il suo corpo assorbiva quell’idea, la sola cosa che Han provò fu un sollievo devastante che rischiò di fargli cedere le ginocchia.
“È vivo” pensò, inghiottendo una boccata d’aria. “È vivo”.
Per una frazione di secondo, incrociò gli occhi scuri di Leia mentre l’olo-filmato si interrompeva abbastanza bruscamente. La fine della trasmissione non fu una sorpresa: il droide era programmato per inviare loro due ore di filmato e poi cambiare postazione per diminuire il rischio che qualcuno lo notasse.
Ci fu un istante di silenzio, poi Leia rivolse l’attenzione al resto del gruppo e disse, con voce innaturalmente incrinata: «Scusatemi».
Se ne andò subito, e Han la imitò poco dopo, ma anziché seguirla all’esterno si recò nei loro alloggi. Gli tremavano le mani, e non riusciva a stare in piedi.
Quando Leia rientrò, a notte inoltrata, lo trovò seduto in un angolo e gli disse una sola cosa: «Adesso sappiamo dov’è. Possiamo… Possiamo organizzare la sua estrazione. Possiamo raggiungerlo».
E oh, la speranza. Strideva nelle crepe della sua voce, le riempiva gli occhi, sembrava sanguinare dalla sua figura minuta.
Quella notte non riuscirono a dormire, e anche se non parlarono più di tanto Han la tenne tra le braccia sino al mattino.
Gli era mancato averla così vicino, realizzò. Per quanto continuassero a condividere lo stesso letto, infatti, ultimamente si erano sempre coricati mantenendo una certa distanza tra loro – uno spazio abbastanza largo da accogliere un bambino.
Respirando l’aroma sottile dei capelli di Leia, Han cercò di non pensare alla maschera di Ben, al fatto che il sangue di Darth Vader gli scorreva nelle vene.

L’estrazione non poteva essere una cosa immediata, naturalmente. Un’operazione del genere in territorio nemico andava pianificata nei dettagli.
Via via che raccoglievano informazioni, però, il progetto sembrava farsi sempre più impossibile.
Alcune spie tornarono con l’identità dell’uomo mascherato: Kylo Ren, uno dei Cavalieri di Ren, braccio destro del Leader Supremo del Primo Ordine. Gli erano attribuite numerose uccisioni, nonché alcuni interrogatori a cui nessuno sembrava in grado di resistere.
Han rilesse quei rapporti sino alla nausea, sino a saperli a memoria.
In precedenza, l’idea che suo figlio fosse passato al Lato Oscuro e si fosse rivoltato contro Luke gli era sembrata assurda, delirante… Ad ogni nuova informazione, però, pareva farsi sempre meno illogica.
Quando Leia gli disse che non sarebbe stato possibile tentare l’estrazione entro breve, lui non provò disappunto, ma amarezza. Rassegnazione.
Le motivazioni erano perfettamente ragionevoli. Una spedizione nel cuore del Primo Ordine era altamente rischiosa, senza contare che la posizione di Kylo Ren era incredibilmente difficile da determinare. Sembrava fosse sempre in movimento, e molte delle sue missioni erano sconosciute persino ai suoi alleati.
Le sue missioni, i suoi alleati… Han faticava a metabolizzare quell’idea. In qualche modo, tutto si stava facendo più concreto.
Suo figlio lavorava attivamente all’interno del Primo Ordine. Aveva ucciso per loro. Da quel che ne sapeva lui, uccideva per loro ogni giorno.
Ammorbidendosi appena, Leia aveva anche aggiunto che l’occasione di recuperarlo si sarebbe presentata, prima o poi, ed era lampante quanto ci credesse.
Al di là delle sue parole, aveva richiesto che la vera identità di Kylo Ren non fosse resa di dominio pubblico. Han non era un esperto in queste cose, ma capiva che lei stava cercando di diminuire al massimo le conseguenze che Ben si sarebbe ritrovato ad affrontare in futuro.
Ora come ora, sapevano di lui solo ai livelli più alti della Resistenza. In questo modo, se mai fossero riusciti ad estrarlo con successo, avrebbero patteggiato in privato e con maggior facilità.
Ben avrebbe potuto fornire informazioni sul Primo Ordine, e in cambio la punizione per i suoi crimini non sarebbe stata troppo drastica. Forse qualche anno di reclusione, e di certo alcuni mesi di sorveglianza per accertarsi che non facesse il doppiogioco, ma alla fine sarebbe stato libero. Sano e salvo, con loro. Sarebbero tornati ad essere una famiglia.
Era un’idea molto bella, ma… Al contrario di sua moglie, Han faticava molto a crederci.
Leia aveva detto che prima o poi si sarebbe presentata l’occasione giusta.
Prima o poi. A lui sembrava già troppo tardi.
Quella sera, Chewbacca venne nei suoi alloggi, e lo trovò seduto sul letto con una mano sul viso. Tra le proprie dita, Han vide il suo vecchio amico avvicinarsi, sedersi di fianco a lui – facendo ondeggiare pericolosamente il materasso – e lo sentì posargli una mano pelosa sul capo.
Chewbacca emise un brontolio consolatorio, ma Han scosse la testa.
«No, amico» gli disse, con voce strangolata. «Non troveremo il cucciolo. Non tornerà mai più».
Fu strano e doloroso, come se dirlo espressamente avesse trasformato quel fatto in una realtà innegabile.
Quella sera, Leia non venne a letto, probabilmente impegnata ad organizzare qualche missione, ed Han si sentì inusualmente grato. Aveva bisogno di stare da solo.
Inizialmente, a dire il vero, non provò niente di particolare. Si sentiva stranamente distaccato, quasi quell’uomo che aveva appena capito di non poter riavere suo figlio non avesse niente a che vedere con lui.
Dopo qualche ora, però, iniziò a sentirsi soffocare, mentre il cuore gli si contraeva nel petto come se faticasse a funzionare. Continuava ad avere accelerate improvvise, e per un istante Han si domandò se era il caso di fare un salto in infermeria.
Poi dovette piegarsi in due, le braccia serrate contro le costole, perché davvero, non riusciva… a respirare…
Dopo qualche tentativo, trovò il modo di raddrizzarsi, e si diresse in bagno a passi malfermi. Non aveva mangiato quasi niente, quel giorno, eppure il suo stomaco trovò comunque qualcosa di cui liberarsi.
Quando i conati si calmarono, l’uomo rimase seduto sul pavimento freddo. Esausto e spossato, pensò ad una bottiglia di rum corelliano che si era ritrovato tra le mani circa un anno prima – il regalo di alcune reclute, dei giovani estatici al pensiero di lavorare al fianco di leggende come Han Solo e Leia Organa.
Un tempo, anche Ben era stato orgoglioso che i suoi genitori fossero eroi di guerra.
Nonostante il tremore del suo stomaco, Han trovava che la prospettiva di ubriacarsi fosse a dir poco allettante. Purtroppo, aveva già regalato quella bottiglia a Lando, e al momento non era decisamente nelle condizioni di andare a cercarne un’altra.
Si trascinò a letto, invece, dove giacque a faccia in giù sul materasso, lottando per trarre un respiro dopo l’altro, stringendo le coperte tanto forte da farsi sbiancare le nocche.
Avrebbe voluto alzarsi, muoversi, rompere qualcosa, ma non ne aveva le forze. Sapeva solo che suo figlio gli era definitivamente scivolato via dalle dita, e che faceva più male di qualsiasi cosa avesse mai provato.
Il mattino successivo, pallido come uno spettro, eliminò tutti i dati delle ricerche condotte sino a quel momento. Niente di tutto quello avrebbe potuto aiutarlo, in fondo.
Nei giorni che seguirono, setacciò l’astronave alla ricerca delle cose di Ben – trovò una giacca blu, una coperta mangiucchiata, qualche giocattolo ed un datapad – e le ammassò in un angolo degli alloggi nella base della Resistenza.
Non aveva cuore di gettarle, ma non riusciva a sopportare di averle sotto gli occhi.
Leia le notò per forza – fu lei a chiuderle nella cassapanca nell’angolo, lisciando la giacca e la coperta quasi con reverenza – ma non commentò. Si parlavano sempre meno, ormai.
Dal canto suo, Han iniziò a trovare la sua permanenza alla base sempre più soffocante. Lui non era come Leia, non era nato per questo lavoro.
A volte faticava a mettere insieme un rapporto come si deve, oppure perdeva il filo del discorso durante un incontro tattico, o sentiva di sbagliare qualcosa durante una missione… Se un tempo aveva tentato di non curarsene troppo, adesso la cosa gli risultava insopportabile.
Quegli errori non facevano altro che ricordargli che aveva fallito nella cosa più importante della sua vita. Aveva sbagliato, aveva sbagliato, si era ripromesso che avrebbe fatto del suo meglio ma aveva sbagliato tutto.
Cominciò ad allontanarsi dalla base sempre più spesso, e la metà delle volte non lasciava nemmeno detto dove stava andando.
Fu quello che scatenò la sua lite decisiva con Leia, un mese più tardi.
Lei avrebbe voluto affidargli una ricognizione, ma Han non ne era stato informato e se n’era andato. Al suo rientro, Leia lo convocò e lo aggredì con parole brusche.
Han si arrabbiò, e la cosa degenerò rapidamente.
Lui le sbatté in faccia che era stata sua, la decisione di fare addestrare Ben, di mandarlo via…
«Pensavo fosse la cosa migliore!»
«Oh, sì, e infatti è andata molto bene, vero?»
Leia serrò le labbra in una linea sottile, e lo rimbrottò per tutte le volte che se n’era andato, e in cambio lui le ricordò le sue innumerevoli assenze per lavoro.
Si rinfacciarono mancanze ed errori risalenti ad anni prima, cose che avevano già chiarito e per le quali si erano già perdonati in passato.
Avevano sempre avuto discussioni frequenti, ma mai cosi. Mai così. I loro litigi, di solito, li portavano a tirar fuori i problemi e a trovare una soluzione.
Qui, adesso, non stavano cercando nessun rimedio. Sembrava stessero soltanto facendo a gara per ferirsi a vicenda.
Han pensò alla Forza, la dannata, maledettissima Forza. Se Leia non fosse stata sensibile alla Forza, se non avesse trasmesso quel talento al loro bambino… Niente di tutto questo sarebbe successo. Ben sarebbe stato al sicuro.
Gli ci volle un momento, per realizzare che covava quei pensieri da qualche tempo, ormai. Che una parte di lui – e si odiava per questo, oh quanto si odiava – dava a Leia la colpa di quanto era successo.
Riuscì a non dirglielo, però. Almeno questo, riuscì a non dirglielo.
Nonostante tutto, era lucido quanto bastava per sapere che non se lo sarebbe mai perdonato.
Avrebbe tanto voluto che la vergogna fosse abbastanza forte da impedirgli di dire anche altre cose, ma a quanto pareva non era così.
Pur sapendo che era ingiusto ed egoista, accusò Leia di averlo trascinato in una guerra senza nemmeno chiedergli se era quello che voleva.
«Soltanto la causa è importante, per te, giusto?»
Fu come dirle di nuovo, in tono piatto: lo hai usato come scusa.
«Se per te è un tale sacrificio» ribatté Leia, freddamente, «perché non te ne vai?»
Per una frazione di secondo, Han tentennò, preso in contropiede, ma poi… «Va bene, me ne vado!» scattò.
Senza darle il tempo di replicare, uscì dalla stanza a passi furiosi. Se si aspettava che lei lo seguisse, rimase deluso. Impiegò più tempo del necessario a raccogliere le proprie cose dai loro alloggi, la rabbia che sbolliva pian piano, ma Leia non si fece vedere. Han aspettò per ore, poi scosse la testa e contattò Chewbacca per dirgli di raggiungerlo nell’hangar. «Ce ne andiamo».
Per tutto il tempo, una parte di lui si aspettò di trovare qualcosa, qualsiasi cosa, che gli impedisse di partire, che lo obbligasse a tornare sui propri passi.
Un po’ come un ragazzo di Tatooine disperso su un pianeta di ghiaccio.
Ma il ragazzo di Tatooine era scomparso, così come era scomparso Ben, e quando Leia si fece vedere sulla pista fu solo per ricordargli che la base era segreta, che lui non doveva svelarne la collocazione a nessuno.
Si guardarono per qualche istante senza trovare appigli, a separarli solo tre passi che all’improvviso parevano una distanza incolmabile.
Han avrebbe voluto salutarla in qualche modo, ma alla fine si limitò a gettarsi la propria sacca su una spalla e ad imboccare la rampa della nave.
Mentre lui e Chewbacca decollavano, pensò che adesso Leia non avrebbe avuto qualcuno a ricordarle costantemente cosa aveva perso. Pensò alle proprie riflessioni più ingiuste, e si disse che probabilmente questa era la soluzione migliore per tutti.
Più si allontanava, più era semplice smettere di pensare a Ben, più gli sembrava di poter respirare liberamente.
Si passò una mano sugli occhi, ma non riusciva nemmeno a piangere.














Note:
Come nello scorso capitolo, la citazione in corsivo viene da Between di Vienna Teng.
Giusto per la cronaca: non credo che al tempo di TFA Han incolpi ancora Leia in qualche modo (probabilmente scriverò una OS al riguardo, mmm) ma non riuscivo a togliermi dalla testa che un pensiero simile potesse averlo sfiorato almeno una volta. Sto male.
E niente, spero che questo epilogo non sia un disastro completo. Siete liberi di tirarmi tutti i pomodori che volete.
  
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