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Autore: Kuri    05/06/2009    5 recensioni
Sai Hachi, forse questa non è pace, ma sicuramente è qualcosa che gli assomiglia molto. E ho scoperto che si può vivere anche senza essere felici a tutti i costi, lasciando che i propri sogni languiscano dentro un cassetto, senza andarli a disturbare.
In questo modo è tutto più semplice.
Genere: Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nana Osaki, Ren Honjo
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Scritta per la challenge Temporal-mente de I Criticoni, ma soprattutto, ATTENZIONE-ATTENZIONE, per l'iniziativa estemporanea Stereotipo. Appena ho visto il prompt 9, ho capito che avevo l'imperativo psicologico di scrivere una Hurt/Comfort sul paring Nana/Ren, anche perchè rispetta le due linee guida del prompt: a) non c'è pairing in tutto il mondo che io detesti di più b) ed è una situazione parecchio comune nel fandom.
Comunque sono stata bravissima... ho resistito alla tentazione del bashing, anche se... Awwww!!! *w* Sarebbe stato troppo bello far dichiarare a Ren che Nana non può minimamente competere con Reira, e magari buttare lì che avevano zompettato allegramente nel viaggio a Londra (che è attualmente una delle fantasie da fangirl delirante con cui mi trastullo di più!)
In ogni caso è più un esercizio di stile che una vera fic... per quelle c'è Sacchan, e non si discute! ENJOY!! *o*







Vecchi amanti sepolti dalla neve

"Whatever I said, whatever I did I didn't mean it, I just want you back for good." (Back for good – Take That)





Sai Hachi, il giorno in cui partii, salendo sul treno con la dannata fretta di una ladra che tenta la fuga, avevo già dato fondo da un pezzo a tutta la speranza di cui ero capace. L'avevo spremuta per bene, finché non ne erano rimaste che gocce amare di bile e non avevo trovato più nulla a cui aggrapparmi.
Non c'erano più i Blast, disintegrati dal furore che il successo aveva portato. Non c'eri più tu, dolcemente ipnotizzata dalla vocina che ti sussurrava dentro. E Ren... è stato perdere lui a segnare la fine di tutto, anche se ancora adesso non sono sicura di averlo davvero mai avuto solo mio.
Tutto era accaduto in una giornata di neve fuori stagione, come è sempre stato per molti degli eventi che hanno lasciato tracce nel mio cuore.
Ren era appena tornato da Londra, dove i Trapnest avevano appena registrato il loro ultimo album. Sembrava tutto così calmo, tranquillo, da darmi quasi l'illusione di trovarmi in una casa normale, come quella che tu eri riuscita a creare, e non nel loft di due musicisti spiantati che avevano iniziato a vedere come tutto andasse alla deriva.
Per quanto mi sforzi, non riesco a ricordare cosa stessi facendo in quel momento. Forse stavo semplicemente cercando un accendino, incapace di resistere alla tentazione di fumare, nonostante gli sforzi fatti per smettere.
Ma io sono fatta in questo modo, e questo tu lo sai bene, Hachi.
Sono sempre stata all'instancabile ricerca di ciò che mi può fare più male possibile.
Così, come se non aspettasse altro che di essere trovata, dalla tasca del chiodo di Ren era spuntata fuori una bustina colma di finissima polvere candida, come un bianconiglio che esce dalla propria tana e comincia a correre all'impazzata in tondo, facendoti girare la testa, mentre tenti invano di acchiapparlo.
Il nostro mondo, quello in cui vivevamo io e Ren, che sembrava avere ancora qualche possibilità di girare stancamente, si era fermato.
Non riuscivo a trovare il respiro. Non potevo credere che l'uomo per cui avevo pensato di voler morire stesse facendo a sé stesso e a noi una cosa simile.
Ero rimasta impietrita con quella cosa tra le mani, accosciata sul pavimento, finché la notte non era scesa e lui non era rientrato, inconsapevole di tutto quello che aveva distrutto.
«Ehi, Nana... perché non accendi la luce? Qui dentro...» aveva detto facendo scattare l'interruttore. Le parole gli erano morte in gola quando avevo alzato su di lui lo sguardo. Il contenuto della bustina era sparso tutto intorno a me e sembrava davvero neve, come quella sotto cui io e Ren ci eravamo baciati e stretti mille volte, quando ancora vivevamo in un tempo lontano.
«Cos'è?» nella mia voce c'erano solo lacrime.
«Nana... io...» Ren aveva lasciato cadere le braccia lungo il corpo magro. Non aveva neppure tentato di giustificarsi, cercando una scusa qualsiasi per farmi illudere di essermi sbagliata. Anche se ho sempre odiato l'ipocrisia, in quel momento avrei potuto sopportarla, e forse anche perdonarla.
«Perché hai questa roba!» non ero riuscita ad impedirmi di gridare. Era tutto crollato, e sotto le macerie non si può fare altro che urlare.
«Mi è stata data, ma io...»
Lo avevo guardato, desiderando in quel momento di non soffocare. Dovevo gridare, dovevo far uscire tutto il fango che sentivo dentro.
«Chi te l'ha data? Hai idea di cosa sia?»
«Mi è stata data dalla casa discografica e...»
«Cosa?» era tutto così incredibile che la mia voce non poteva fare altro che salire, sempre più in alto «Stai prendendo questa merda perché te la da la casa discografica?»
«Non puoi capire.» mentre la mia voce aumentava, la sua si era ridotta ad un sussurro.
«Cos'è che non posso capire?»
A quel punto aveva alzato lo sguardo su di me. Mi aveva fissato negli occhi con dolore, stringendo i pugni lungo i fianchi, come se si stesse preparando ad una lotta.
«Ho bisogno di aiuto...»
Ma le sue parole erano diventate così deboli, appena un sospiro, che non avevo sentito.
«Io ho bisogno di aiuto! È tutto distrutto, i Blast non ci sono più! Cosa faccio adesso? Cosa? Io...»
Ren si era portato le mani alla testa. Il suo viso, i tratti che conoscevo come se fossero stati impressi come solchi sui palmi delle mie mani, si erano distorti dal dolore.
«Tu, tu, tu! Non sai pensare ad altro, sai semplicemente vedere i torti che vengono fatti a te, e non ti sei mai curata di vedere se qualcuno avesse bisogno di te! Shin, Nobu, Nana... hai fatto finta di non vedere gli altri perché eri troppo concentrata su te stessa!»
Non riuscivo a credere a quello che sentivo. E mi sembrava la più grande ingiustizia del mondo, un torto gratuito che non meritavo in nessun modo.
«Ma cosa stai dicendo?»
«Niente di più di quello che ti ho appena detto. Forse, se inizierai a guardarti intorno, capirai molte cose. Anche questo.»
Aveva tirato un calcio alla polvere bianca disseminata sul pavimento, sollevando una nuvola soffocante attorno a me. Aveva affondato le mani nelle tasche dei jeans strappati, voltandomi le spalle, con la schiena schiacciata da un peso enorme.
Dopo che la porta si era chiusa dietro Ren, non avevo aspettato neppure un minuto. Non volevo capire quello che mi aveva detto tra le rabbia e la delusione. Non riuscivo a pensare ad altro che alla spaccatura che sentivo aprirsi nel petto. Se era davvero mia la causa di tutto, allora, se fossi sparita, tutto sarebbe tornato ad essere normale, e i sogni delle persone che amavo avrebbero ricominciato a brillare.
Presi solo la mia chitarra e i vestiti che avevo addosso. E l'anello con il grosso diamante uguale al tuo, Hachi. Non potevo separarmi da tutto, o sarei morta.
Uscii dall'appartamento e lottai contro le lacrime per raggiungere il treno che mi avrebbe portato lontano. Per stupidità, per paura, per orgoglio. Non lo so. E poi camminai, finché, raggiunto il mare, sembrava esserci sufficiente distanza da Tokyo perché tutti voi poteste essere di nuovo felici. Senza di me.


Ormai non c'è quasi più nessuno nel locale.
Fuori si sente l'infuriare del vento. Steven, il ragazzo che serve al bar, ha detto che fuori ha iniziato a nevicare piccoli fiocchi ghiacciati che vengono trasportati da raffiche sempre più forti.
Mi avvicino al bancone ed osservo le bottiglie di liquore colpite dai faretti soffusi.
Sai Hachi, forse questa non è pace, ma sicuramente è qualcosa che gli assomiglia molto. E ho scoperto che si può vivere anche senza essere felici a tutti i costi, lasciando che i propri sogni languiscano dentro un cassetto, senza andarli a disturbare.
In questo modo è tutto più semplice.
Immagino che sia stato tutto molto più facile anche per voi, da quando me ne sono andata. Vi penso felici, intenti a stringere tra le mani un bagliore luminoso che tinge le vostre giornate di luce.
Eppure... eppure ci sono volte in cui desidero follemente di sentire la porta del locale aprirsi con il tintinnio allegro del campanello, seguito da una folata d'aria carica di neve, come sta accadendo in questo momento alle mie spalle.
Il vento mi scuote i capelli lunghi e mi porta un sentore delicato di acqua di colonia maschile, un profumo decisamente fuori moda e inconfondibile.
Sollevo le mani alla bocca, mentre le luci si fanno tremule tra le lacrime.
A volte i sogni sono così devastanti, da non poter rimanere per sempre chiusi in fondo ad un cassetto.
«Nana...»
È la sua voce che emerge dagli strati del tempo, come se avesse sempre continuato a mormorare il mio nome. Sentirlo dalla sua bocca è ancora bello come allora, malgrado tutto quello che è successo.
«Perdonami per quello che ti ho detto l'ultima volta, e per averci messo così tanto a trovarti. Sono un idiota.»
È arrivato con la neve, come se lo avesse trasportato il vento, come se ogni frammento del mio passato stesse disperatamente cercando, nonostante tutto il dolore arrecato e i tagli ancora aperti in fondo al cuore.
«Ritorna, Nana. Ti stanno tutti aspettando.»
Il mio respiro è affannoso. Ma è come se l'aria gonfiasse di nuovo i miei polmoni dopo un'eternità di apnea.
«Ritorna. Ritorna da me.»














   
 
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