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Autore: mamie    01/04/2017    4 recensioni
Senza pretese, da molto volevo scrivere un racconto su questi personaggi, ma non sono mai riuscita a buttarne giù uno convincente. Questo è ciò che è rimasto di quei tentativi, due piccole voci.
"L’umano odora di medicine e di febbre. Le medicine non mi piacciono. A volte la padrona cerca di farle prendere anche a me: le mescola agli avanzi della cucina, ma è impossibile non sentirne l’odore.
Quando la padrona cerca di farmi prendere le medicine me ne vado a cercare cibo da un’altra parte.
Mi piace questo giardino: ci sono sempre lucertole o topi, o anche piccoli uccelli. Questo umano, però, mi fa paura, anche se non si muove quasi mai."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Giappone feudale
- Questa storia fa parte della serie 'Fiori di ciliegio'
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LA PREDA E IL CACCIATORE
 
L’umano odora di medicine e di febbre. Le medicine non mi piacciono. A volte la padrona cerca di farle prendere anche a me: le mescola agli avanzi della cucina, ma è impossibile non sentirne l’odore.
Quando la padrona cerca di farmi prendere le medicine me ne vado a cercare cibo da un’altra parte.
Mi piace questo giardino: ci sono sempre lucertole o topi, o anche piccoli uccelli. Questo umano, però, mi fa paura, anche se non si muove quasi mai.
Per la maggior parte del tempo sta disteso sul futon: a volte ha gli occhi chiusi, a volte guarda in alto o fuori nel giardino, ma sembra lo stesso non vedere niente.
A volte tossisce e tossisce e sputa sangue e allora io scappo via, perché quella tosse non mi piace.
Lo sento tossire anche di notte, quando scivolo tra l’erba alta cercando di passare per un’ombra di luna. Di notte i topi escono dalle tane ed è più facile prenderli.
Gli shoji sono sempre aperti e posso guardare dentro ogni volta.
L’umano si agita, a volte, a volte entra la donna e gli fa bere qualcosa. Lui ha gli zigomi chiazzati di rosso e il respiro affannoso.
Tiene sempre la spada tra le mani. A volte, quando si addormenta, gli scivola dalle dita, e quando si sveglia è la prima cosa che cerca. Vedo le sue dita bianche passare e ripassare sugli intrecci di pelle di razza che formano un bel disegno sull’impugnatura  (so che sono di pelle di razza perché hanno un odore speciale) o giocare coi nastri che servono ad allacciarla. A volte se li gira attorno alla mano e cerca di fare un nodo, come i guerrieri quando temono di perdere la loro arma in battaglia. A volte gli occhi gli si fanno umidi e versano acqua, come fanno gli umani, e lui se li asciuga con la manica, senza farsi vedere.
Poi tossisce e tossisce fino a ricadere sul futon come una preda esausta.
Non si è ancora arreso, lo so, ma lo farà presto. Quella è una cacciatrice che non si lascia sfuggire niente.
 
Mi guarda cercando di fare la faccia feroce.
Non farebbe paura ad un topo.
Ho sentito la donna che parlava col dottore (so che è un dottore perché anche lui ha sempre addosso l’odore delle medicine, anche se non è ammalato).
“Non ditegli niente”  diceva. “Sta già abbastanza male, una notizia così lo sconvolgerebbe e basta.”
Parlavano di un altro umano che era stato giustiziato. Hanno detto proprio così, giustiziato, e poi si sono messi a discutere se fosse giusto o no che gli avessero tagliato la testa senza permettergli di aprirsi onorevolmente la pancia. Gli umani sono strani. Hanno bisogno di un sacco di cerimonie anche per ammazzarsi. Assurdo.
Anche questo qui  non fa che smaniare per tornare in guerra: eppure non si regge in piedi. Non vede nemmeno che la ragazzina gli fa gli occhi dolci. Lei ha un odore buono, di riso e di mochi. Quando mi vede mi manda via, ma non è cattiva, lo fa solo per far piacere a lui. Gli prepara il tè, gli sistema lo yukata sulle spalle, gli rimbocca le coperte quando dorme… ma lui pensa ad altro, si vede. Il suo spirito è diecimila passi lontano da questo posto. E pensare che il giardino è così bello.
 
C’è il sole e un vento fresco, è una splendida giornata, ma l’umano è più agitato del solito. Mi guarda fisso e so che vorrebbe scacciarmi.
─ Vattene ─ dice.
Forse vorrebbe urlare, ma gli esce solo un sussurro.
─ Vattene ─ ripete.
Ha un sussulto di energia. Cerca di alzarsi. Agita verso di me la sua inutile lama.
Balzo via nell’erba e mi siedo un po’ più lontano cominciando a leccarmi ben bene, ma stando sempre attento a quello che succede.
Non succede niente.
L’umano è caduto sui tatami e mi fissa, la spada ancora stretta nel pugno chiuso.
Mi avvicino un po’, annuso l’odore di fieno fresco dei tatami. Mi viene quasi voglia di rotolarmici.
Incontro ancora il suo sguardo fisso che poco a poco si spegne.
Una farfalla gialla mi passa davanti al naso. La inseguo con uno scatto.
Mi piace inseguire le farfalle.
 
fiori ed acqua
senza muoversi
si separano dall’oscurità
 
 
PARTIRE E RESTARE
 
─ Preparati, ti mando a Hino, da mio fratello. Gli porterai questo pacchetto e questa…
 
Le due mani mi sollevano in segno di rispetto, ma il ragazzo impallidisce.
─ Comandante… no… ─ sussurra.
Manca poco all’alba. Il mio padrone ci sta mandando via. Prima della battaglia. Oh, questo è intollerabile.
Ieri notte ha confezionato con cura il pacchetto. Il ragazzo non sa cosa contiene, ma io lo so. C’è una ciocca dei suoi capelli, infatti ora su un lato del viso ne ha una più corta. C’è una foto in uniforme francese. Non mi piace molto. Io non ci sono nella foto. Preferisco quella con la divisa della Shinsengumi, dove mi si vede bene. C’è anche un foglietto con un haiku. Lo ha scritto lentamente, con cura, nel silenzio prima dell’alba. Lo ha scritto tutto di seguito, è evidente che ci pensava già da un po’. Si capisce, leggendolo, che pensa ai suoi amici, a quelli che non ci sono più. È la sua poesia di morte e questo non posso perdonarglielo. Mi manda via prima della battaglia. Non sarò con lui fino alla fine.
Anche il ragazzo cerca di protestare.
─ Non posso!
Crolla sulle ginocchia, appoggia le mani a terra, si china fino a sfiorare il pavimento con la fronte.
─ Hijikata-san, non mi mandi via…
Il mio padrone lo guarda col suo famoso sguardo gelido, quello che gli ha meritato il soprannome di “demone”.
─ Ubbidisci ai miei ordini o ti uccido qui, in questo momento!
Mi piace quando fa così. Mi piace la sua stretta decisa, quando cerca la presa più salda con le ultime dita della mano. Mi piace quando mi brandisce con forza, senza esitazioni, senza timori. Il mio creatore mise nello tsuba il fiore del gelso di Tanabata. Desiderio. Purezza. Armonia. Pace.
Davvero non desideri più nulla Hijikata-san?
 
Mi sfiora un’ultima volta, è come una carezza.
─ Contro i fucili e i cannoni brillano invano le nostre spade.
Le mani di Ichimura Tetsunosuke mi prendono rispettosamente. Come se portassero già su di loro le spoglie di un uomo che non voleva vedere quel futuro.
 
 
Fa caldo a Hino d’estate. Le foglie dei bambù frusciano con un suono secco che ricorda quello delle cicale. Me ne sto qui ormai da molto tempo. Nessuno mi ha più impugnata. Qualche volta mi tolgono dal fodero per lucidarmi. Sento a volte i gridolini di ammirazione di quelli che vengono a vedermi, e quei lampi di luce fastidiosi per fare le fotografie. Non ho più sentito quella forza, quel sogno, quella sete. Sto qui a ricoprirmi di polvere. Eppure ogni tanto qualcuno si inchina, giunge le mani, vedo i suoi occhi che brllano. Allora mi sembra di non stare qui invano. Qualcuno non ha dimenticato. Non ha dimenticato me: Izuminokami Kanesada.
Io sono la spada di Hijikata Toshizo. Io sono il sogno di un mondo lontano.
 
 
anche se il mio corpo marcirà
su quest’isola di Ezo, il mio spirito veglierà sempre
sul tuo spirito che riposa a est
 
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Note e spiegoni vari: Li avrete certamente riconosciuti, ma per completezza metto qualche nota. Il primo racconto (dal punto di vista del gatto) parla di Okita Souji, spadaccino prodigio, capitano della prima unità della Shinsengumi, morto di tubercolosi a venticinque anni. Il gatto che non riesce a scacciare nei suoi ultimi giorni di vita fa parte della tradizione.
Il secondo racconto è narrato dal punto di vista della katana. Può sembrare bizzarro, ma mi sono ispirata al concetto giapponese di  tsukumogami, oggetti che dopo molto tempo (in genere almeno cento anni) acquistano una specie di spirito, diventano in qualche modo senzienti. La spada è quella del vicecomandante Hijikata Toshizo,  chiamato Oni no fukucho (vicecomandante demone, per la sua durezza e intransigenza) morto in una specie di carica suicida durante la battaglia di Hakodate. La spada è esposta nella residenza della sua famiglia, a Hino, perché la fece mandare a casa dal proprio attendente prima della sua ultima battaglia.
 
Le due poesie di morte, rispettivamente di Okita e Hijikata, le ho trovate sul web.
 
Terminologia
Futon – materasso (che si stende direttamente per terra).
Shoji – pannelli scorrevoli che fungono da portafinestra.
Mochi ─ dolcetti tradizionali.
Yukata – kimono leggero, simile ad una vestaglia.
Tatami – grosse stuoie di paglia di riso che fungono da pavimento (anche unità di misura).
Tsuba – guardia della katana, di solito decorata con varie immagini simboliche.
Seppuku ─ questa pratica, incomprensibile per la mente occidentale (e forse per i gatti), permetteva al guerriero una morte onorevole. Nel brano dedicato a Okita si fa riferimento all’esecuzione di Kondo Isami, ultimo comandante della Shinsengumi, catturato e giustiziato in modo, diciamo, ordinario, in quanto figlio di contadini e non appartenente ad una famiglia di samurai, come invece era Okita. Okita era stato suo allievo. Hijikata era invece il suo vicecomandante e guidò quello che restava della Shinsengumi nella guerra Boshin, con tutta probabilità il suo ultimo haiku si riferisce a Kondo.
Poesia di morte ─ tradizionale componimento scritto prima di una battaglia, di un suicidio, o ultima poesia scritta prima di morire. L’educazione del bushi, il guerriero, non poteva dirsi completa se non aveva imparato l’arte poetica insieme a quella marziale. Hijikata scrisse un libro di haiku con lo pseudonimo di Hōgyoku; non è considerato un grande poeta, ma da quel poco che sono riuscita a reperire non mi sembra neanche tanto male.
 
Ho trovato (e usato) una notevole quantità di informazioni in questo forum: http://www.intk-token.it/forum/index.php?s=29eee1402af5f1594a5392ec6727a15e&showtopic=8594
Se siete curiosi di approfondire l’argomento ve lo consiglio.
 
Qui ci sono due immagini di Okita e Hijikata tratte dal manga Zanbara! Mi è piaciuto molto la leggerezza e la malinconia con cui sono stati trattati questi personaggi in questo manga storico.
http://www.mangareader.net/zanbara/1/6
http://www.mangareader.net/zanbara/11/34
 
 
 
  
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