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Autore: ToraStrife    06/04/2017    0 recensioni
Un nuovo vigilante fa la sua entrata nella Città senza Nome.
Un amico o un nemico? O un amichetto, visto il nome ambiguo?
La sua presenza è motivata,forse, dalla vigilia di una importante manifestazione in cui Cinzia Otherside lotterà per i suoi diritti, e dovrà farlo senza Ratman a fianco.
Ma qualcuno trama nell'ombra per zittire la pace con la violenza, l'amore con l'odio.
E anche qualcuna che cercherà di capire meglio sé stessa.
E Ratman? Non starà certo a guardare, e come al solito complicherà le cose.
Ma alla fine, con qualche aiuto, il nostro eroe risolverà tutto.
Forse.
Genere: Azione, Comico, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Rat-Man, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Ratman vs Supergay
Ratman & Supergay
in
"Homo, Odio"

Parte 2:
Pride e Pregiudizio


Il rumore di un gettone che attraversa l'apparato di un telefono pubblico.
Sì, esistono ancora, nella Città Senza Nome, le cabine telefoniche.
Tra l'altro, su precisa richiesta di Rat-man.
C'è sempre bisogno di un luogo dove cambiarsi, affinché l'eroe possa agire ovunque.

Imprecando per l'ingombrante presenza di una gruccia, sulla quale vi era appesa una tuta gialla con tanto di mantello, uno degli uomini di Sforzo Innovativo sollevò la cornetta.

- Pronto, centralino? - Esclamò, con voce agitata - Presto, mi passi la sede di Sforzo Innovativo, è una questione di vita o di morte.

Dall'altra parte gli rispose una voce preregistrata.

"Servizio Telefonia Città Senza Nome. Tutti i centralinisti sono stati licenziati per via dei tagli alle spese. Tagli proposti proprio da Sforzo Innovativo. In sostituzione, abbiamo il nuovissimo Servizio Automatico di Chiamata. Ora, per risentire il messaggio, prema Uno, per collegarsi a un numero preciso, prema..."

Il bullo imprecò di nuovo, sbattendo la cornetta contro l'apparecchio, poi la risollevò, cercando, con il dito tremante, di ricordarsi il numero diretto della Sede.

- Dannazione, com'è che era?

La gola era asciutta, il sudore copioso, il respiro corto, il battito cardiaco a mille, le pupille impazzite che rimbalzavano da tutte le parti.
In qualche modo riuscì a comporre il numero, ma di nuovo l'odiata voce ripeté la sua litania.

"Servizio Telefonia Città senza Nome..."

L'uomo sbatté con più forza la cornetta, tanto che da farla incrinare.

- Oh, no! Non si sarà guastato?

La voce era strozzata dall'ansia.
Si impose di digitare il numero con più calma, chiedendo immani sforzi all'autocontrollo.
In quel momento avrebbe voluto mollare tutto e correre via a gambe levate.
Dannazione al Capo e alla sua idea della spedizione punitiva contro l'Uomo A Cui Piacciono i Maschi.
Ma se c'era una cosa più temibile di quest'ultimo, era proprio il Boss.

"Servizio Telefonia Città senza Nome...".
Ancora quella dannata voce.

- No, di nuovo!

Fece per rinunciare, quando le parole del messaggio cominciarono a differire.

"... Adessò verrà messo in contatto con il numero della Sede di Sforzo Innovativo. Attendere prego..."

- Perché non smetti di parlare e mi colleghi e basta?!? - Strillò esasperato il poverino contro l'apparecchio.

Finalmente un "click" indicò che la comunicazione era finalmente aperta.

- Capo! Capo! Abbiamo bisogno di rinforzi! Quell'Hannibal...E' più pericoloso di quanto credessimo. Tutti i miei camerati sono finiti...oddio!

Il solo pensiero lo fece distogliere dalla cornetta, per vomitare appena fuori dalla cabina.
Dall'altra parte, il Comandante non capiva.

- Pronto? Pronto? Cosa succede, per l'armor di Benito!

Pulendo la bocca con la manica, il sottoposto si fece forza e cercò di spiegare.

- Siamo finiti dalla padella alla brace, cioè, no! Credevamo di farlo alla brace, ma ci ha fatti in padella! Cioè cavolo, no!

- Spiegati meglio! Cos'è successo?

- Hannibal, Haninbal! Lui è qui vicino. Mi sta cercando! Mi vuole... Mi vuole...

- Che scoperta, è un ignobile sodomita!

- No, Capo, non capisci, lui...

- Ma è solo uno contro tanti, miei fidi camerati, addestrati e armati fino ai denti. Uno del genere ve lo mangiate a colazione!

- E' proprio il contrario, Capo! Lui....

Il Comandante di Sforzo Innovativo non riuscì a finire la frase, perché l'urlo del suo sottoposto lo stordì gli penetrò nelle orecchie, poi si affievolì in un silenzio innaturale.

- Pronto? - Azzardò a chiedere. - Pronto? Sei in linea?

La voce che gli arrivò in risposta non apparteneva al tirapiedi.

- Oh, ultimamente sto ingrassando, ma è colpa vostra che mi mandate così tante prelibatezze...

- Chi diavolo sei?

- Scusa capo! Ti volevo fare uno scherzo!

Il timbro vocale aveva ripreso il suono di sempre. Con la differenza che il tono non era più spaventato, ma anzi, era di colpo diventato allegro e gioviale.
Roba così irritante che il Comandante sbatté il pugno sul tavolo.

- Mi prendi in giro, dannato imbecille?

- Avevo solo cammuffato la voce, ma l'emergenza è autentica! Il signor Lecter è stato molto gentile e ci ha invitati tutti a mangiare a casa sua. Il fatto è che abbiamo assolutamente bisogno di rinforzi, avrei ancora un certo languorin... cioè, è davvero forte e bisogna essere in tanti per tenerlo a bada!

Il Comandante ringhiò, ripromettendosi di cucinarlo a dovere, metaforicamente parlando, al loro ritorno.

- Ti mando subito dei rincalzi, ma poi in sede faremo un discorsetto sulle tue stupide imitazioni!

I telefoni vennero riattaccati all'unisono.

Hannibal guardò il corpo esanime del bullo, leccandosi le labbra di fronte al volto sbocconcellato.

- Hai sentito? Non gli è piaciuta la mia imitazione. - Eclamò, con una punta di falso disappunto.
Fece spallucce e si caricò a spalle il cadavere.

 - Beh, andiamo, ti porto a fare quattro salti...in padella.

                                                                                        ***

Il dito si era fermato all'ultimo momento, sfiorando appena il tasto verde.
Liz non ce l'aveva fatta. Non aveva avuto il coraggio di chiamare.
Confidarsi? Inventare una scusa?
No, forse le maggiori scuse le stava raccontando a sé stessa.
Quando non voleva ammettere ciò che più temeva.
Di essere ciò che molti cristiani demonizzano. Un qualcosa di sbagliato.
Ebbe il contradditorio impulso di tornare sui suoi passi e svuotare il sacco allo stesso Padre Angelini.
Lui era una persona fidata. Ma aveva paura. Paura di essere giudicata. Ripudiata.
Se gli uomini mentono, le sacre scritture no.
I sentimenti che attraversavano il suo cuore erano, o le sembravano, sbagliati.
Non avrebbe dovuto provarli, non avrebbe voluto.
Poi si fermò, perché qualcosa attirò la sua attenzione.
Li riconobbe dagli inconfondibili giubbotti di pelle e pantaloni, rigorosamente neri.
Tre militanti di Sforzo Innovativo, il movimento di cui si parlava tanto di recente nella Città Senza Nome.
Erano impegnati a fare una delle loro prediche a un travestito, dall'aria molto infastidita.

Il Travestito era molto muscoloso, ma gli altri erano una decina, e forse più.

Liz prese di nuovo in mano il telefono, e chiamò, in disparte, la polizia.


                                                                      ***


Città senza nome, ma con una precisa identità: Ratman.

L'uomo in calzamaglia locale, in quel momento nella insospettabile identità di miliardario filantropo, aveva posteggiato la lussuosa Cadillac Geronimo dell'86 in seconda fila.
Era quasi impossibile trovare parcheggio, a quell'ora, dopotutto, figurarsi per un bolide lungo quanto un dragster.

- Dannazione, questi macchinoni mi danno gli stessi problemi della Rat-Mobile. Forse dovrei comprare una Rat-Smart, vanno così di moda in Giappone.

Poi, volgendo lo sguardo a destra e sinistra, vide non vi era nessuno, tantomeno irritantissimi tutori dell'ordine. Lui, in effetti, inteso come Rat-man, era l'unico. Ed è sempre disordinatissimo.

- Meno male, - Tirò un sospiro. - Non credo mi faranno la multa.

Non ebbe neppure il tempo di riflettere su quanto detto, che la smentita arrivò puntuale alle sue spalle, con una serie di rumori alquanto disturbanti.
Un rombo di motori, una frenata, due portiere che si aprivano e chiudevano, un qualcosa che si agganciava a qualcos'altro, un motorino elettrico, ancora due portiere che si aprivano e chiudevano, un nuovo rombo di motori e una sgommata.
Voltandosi, Deboroh non poté che constatare la meravigliosa puntualità del carro attrezzi e degli addetti del servizio alla rimozione forzata.
Il miliardario fece spalluce. Dopotutto, era un tutore dell'ordine così disordinato che si sarebbe comunque dimenticato dove l'avesse parcheggiata.

Deboroh, quale filantropo (e in altre spoglie, vigilantropo) della comunità, era stato caldamente invitato alla cena col sindaco.

- Signor La Roccia! Che piacere vederla! - Furono le accoglienti parole del primo cittadino, sulla soglia della sontuosa villa.

- L'onore è tutto mio. - Rispose il miliardario, mentre il maggiordomo di casa attendeva impassibile, con una mano tesa, che l'ospite gli porgesse il soprabito.
Venne frainteso e liquidato con un distratto "Non ho spicci".

- Non trovo le parole per dirle quanto io sia contento di averla qui, soprattutto in funzione di quella problematica manifestazione di quei come li chiamate voi? Beh, non ha importanza. Esprimo solamente la mia preoccupazione sulle agitazioni che tale evento può portare. Lei che dice?

- Meno male che non trovava le parole. - Ribatté ironicamente l'ospite. - E a proposito di aria fritta, è pronto in tavola?

Il sindaco si stupì. - La merenda da Tiffany's non l'ha soddisfatta?

- Oh, il buffet era nutrissimo, peccato solo che un ciccione barbuto si sia piazzato subito davanti e abbia spazzolato tutto come un elefante con una mangiatoia. Ma dico io, come possono permettere a certi pachidermici ammassi di cellulite di partecipare a...

Le parole morirono in gola a Deboroh, quando si ritrovò davanti, nella sua imponenza, il soggetto di cui stava allegramente sparlando.

- Salve. - Balbettò La Roccia, agitando la mano con fare amichevole e un sorriso disarmante (in realtà, avrebbe fatto prendere a chiunque un'arma per usarla su di lui).
Il personaggio in questione, tuttavia, si limitò a fissarlo con una severa aria di disapprovazione.
Il sindaco non pareva aver colto la situazione imbarazzante.

- Ah, vi conoscete già?

- Solo di vista. - Precisò Deboroh. "Una vista enorme", si trattenne dall'aggiungere.

- Permette, signor La Roccia, di presentarle l'onorevole Adolfino.

Una rara scintilla di consapevolezza accese la testa dell'ometto. Che stavolta sguinzagliò la lingua senza aspettare l'approvazione dei neuroni.

- Adolfino! - Esclamò. - Detto il Colosso di Nolfi!

- La pregherei di non rivolgersi a me con quel soprannome insulso. - Sibilò l'altro. - Non sarà di quelli che appoggiano quelle immorali ideologie Ellegibitì?

- Non lo dica neppure per scherzo. - Ribatté Deboroh, pensando a Cinzia e al loro battibecco. - Cioè, le loro cose non mi riguardano affatto!

La risposta piacque ad Adolfino. - Oh, vedo almeno che la lingua è accompagnata da un cervello. Non potete immaginare quanto io sia bersaglio di disdicevoli critiche e insulsia ironia, e solo perché non sono disposto a tollerare lo scempio che quegli essere stanno facendo alla società per bene.

- Converrà, comunque, onorevole, - Ribatté il sindaco, - Che quella manifestazione è un loro diritto di cittadini ehm, votanti.

- Lei sbaglia. Se li lasciamo fare, arriveranno a chiedere abomini come la maternità in affitto e l'utero surrogato! Degenereremo! Avremo un futuro prossimo fatto di maschi incinti!

Deboroh lo studiò con aria interrogativa. - Scusi, ma lei non è inc...

Il maggiordomo intervenne con professionalità, annunciando la cena.
Il sindaco e Adolfino spostarono interamente l'attenzione sul lieto evento.
No, non il parto, ma il party.
(ok, una cena)

Deboroh rimase con la domanda sulla punta della lingua, poi l'acquolina fece il suo corso, lo stomaco si impose, e una certa ansia pure.

- Presto, prima che finisca tutti gli antipasti!


All'improvviso, sentì un "beep" intermittente provenire da una trasmittente celata nella manica del cappotto.
Era il Rat-segnale, che si attivava quando nei paraggi qualcuno aveva bisogno di... Ratman!

Fingendo con nonchalance un evidentissimo "impegno urgente" il miliardario Deboroh si congedò dalla casa del sindaco, salutato solamente dal domestico, gli altri due nel frattempo impegnati in una sonora orgia alimentare.

Appena fu libero da sguardi indiscreti, Deboroh pianificò il da farsi.

- E' troppo lungo tornare alla Rat-caverna e tornare con la Rat-mobile, userò il mio nuovissimo bolide! Per fortuna nel bagagliaio ho i vestiti da supereroe.

Il segnale di "Divieto di Sosta" gli ricordò un piccolo particolare: Niente macchina, niente vestiti.

Fortuna volle che ogni cabina telefonica della città avesse, nascosto, un vestito di Rat-man.
Il problema era trovare la cabina, dal momento che oggigiorno usano tutti il cellulare.

Dovette attraversare tre quartieri, prima di trovarne una...occupata. In tutto furono venti minuti di ritardo.
Quando uscì, imprecando su qualche piccola differenza di taglia tra le tute disponibili, Ratman era finalmente pronto all'azione... a piedi.

Si rassegnò ad aspettare il tram alla fermata, quando vide che qualcuno lo stava salutando dall'alto.

- Quale sorpresa, il famoso Rat-man!

Quest'ultimo lo riconobbe subito, memore del loro incontro col Rat-wing.

- Il lavavetri della notte precedente! -

Il tizio, atterrò, con una nota di disappunto.

- Veramente il mio nome sarebbe Supergay.

Se Supergay era atterrato dolcemente, l'altro cadde dalle nuvole.

- Tu? Supergay? - Domandò, scettico. - E dove sarebbe la tutina rosa?

- Mi deludi, Rat-man, ragioni per stereotipi? Tu poi, che parodizzi lo stereotipo del supereroe?

- Stereotipi o no, almeno io non vado in giro a infrangere la legge.

- Ma un supereroe serve la legge, o la giustizia? Giustizia che reclamano molti oppressi in questa città, e che in questo caso sarebbe dovere... tuo.

- Ah, - Ratman liquidò il discorso. - Adesso non ho tempo per confrontarmi con te, c'è bisogno di me, poco lontano da qui.

- Ci stavo giusto andando. - Rispose Supergay, librandosi in volo. - Vuoi un passaggio?

- Giammai! Rat-man non ha bisogno dell'aiuto di nessuno! - Rispose l'altro, tacendo del fatto che non si sarebbe mai fatto mettere le mani addosso da... beh, aveva già i suoi problemi con Cinzia.

- Come vuoi, ci vediamo quando sarà tutto finito. - Si congedò Supergay, lasciando il Topo Mascherato alla sua impettita posizione.

Trascorse un'eternità di minuti, quando finalmente Ratman scese dal tram (ritardatario, per giunta) e lo vide per la prima volta in azione.
Si può dire che, prevedibilmente, gran parte del "lavoro" fosse già stato fatto.
Diversi membri di Sforzo Innovativo giacevano, esanimi, nelle posizioni più disparate, ai quattro angoli del vicolo.
Vi era l'ultimo rimasto, un bellimbusto residuato di palestra, un concentrato di muscoli così fitto che il cervello si sentiva, comprensibilmente un po' schiacciato.
Le mani era serrate come due presse su una mazza da baseball, l'espressione dello zotico in ansia di vendicare i compagni picchiati.
Supergay era lì, davanti, immobile, con le braccia sui fianchi, l'abito scuro perfettamente in ordine: non doveva essersi impegnato granché per stenderli tutti quanti.
Rimaneva l'espressione indecifrabile dietro gli spessi occhiali, e se non fosse stato per le  sopracciglia corrugate e la smorfia di disprezzo, il suo stato d'animo sarebbero rimasto un mistero.

- Maledetto Supergay! - Ruggì il superstite di Sforzo Innovativo.

- Beh, sai. - Spiegò lui, in tono sarcastico. - Vi ho già dato altre volte una bella lezione, ma non imparate mai. Avevate per forza bisogno di un ripasso, anzi, di una ripassata.

Il teppista ruggì, tremando di rabbia. Ma stava tremando un po' troppo. Era forse paura?

- Se... se fossi negro... - Balbettò, apparentemente senza un senso logico. - Se fossi uno sporco negro, ti picchierei con più gusto!

- Ah, siamo anche razzisti, vedo. - Rispose Supergay, con un sorriso provocatorio. - Basta chiedere.

Come a comando, la pelle del vigilante si scurì, diventando di un mulatto tipo quelli che ti vendono le rose ai ristoranti.

- Voilà, ora sono nero! Che aspetti?

Il teppista non resse la provocazione. - Ti faccio ancora più nero!
E partì all'attacco, la mazza alzata per colpire.
Venne spedito al volo contro il muro dietro di lui, investito da un solo, devastante pugno.

Ratman, in disparte, sorrise tra sé e sé, ridendo dell'ingenuità di quello stupido idiota.

- Cosa vai ad attaccare un nero, lo sanno tutti che i neri picchiano come Mike Tyson!

Poi il suo senso di Nano lo avvertì, facendogli notare una coincidenza pericolossima.
Supergay, come da nome, era gay, ed era super. Inoltre, in quel momento era ne(g)ro. E lo sanno tutti che i ne(g)ri hanno...

- Se mi prende alle spalle sono fottuto!

In preda al panico, si attacco alla prima parete che riuscì a trovare.

- Ecco fatto, adesso sono con le spalle al muro, hahaha! -
Poi ripensò alla frase.
- Ma che cavolo rido a fare?

Supergay si era limitato a guardarlo, senza commentare.

Il colorito della pelle era intanto tornato normale.
Assicuratosi che l'antagonista non avesse intenzioni "Cinziesche", Ratman azzardò due passi in avanti, e si complimentò.

- Devo riconoscere che sei stato velocissimo!

- Temo non abbastanza. - Rispose con tono cupo.
Le lenti colorate impedivano di guardarlo negli occhi, ma le sopracciglia si aggrottarono ancora di più, e fece una smorfia di rabbia.
Sembrava, parve a Ratman, in collera con sé stesso.

E fu allora che lo/la vide.
Cinzia.
O meglio, ciò che in quel momento era rimasto.
Era spaventosamente irriconoscibile, persino peggio di quando si truccava.
Un massacro di lividi ed ecchimosi, qualche dente per terra, tracce di sangue ovunque.
Il Topo poteva sentire a malapena il suo respiro.
Fu una delle poche volte in cui Ratman rimase senza sciocchezze da dire.
E rimase anche come una statua di sale anche quando Supergay avanzò lentamente verso il corpo del travestito, lo sollevò senza fatica e poi mormorò: "Lo porto in ospedale".

Il vigilante si librò in volo come una saetta.
E' una di quelle scene dove di solito ci starebbe bene una bella pioggia: ovviamente non cadde una goccia.
Rimase a lungo laggiù, incurante dei corpi svenuti. Il miliardario Deboroh, come poche volte in vita sua, stava combattendo il desiderio di strapparsi mantello e maschera, gettarli a terra e saltarci sopra dalla frustrazione.
Era così assorto, che solo il rumore di un barattolo scalciato riuscì a scuoterlo da quello stato, costringendolo ad alzare lo sguardo verso una ragazzina dai capelli rossicci, ancora tremante, con il telefonino in mano.

- Signor Ratman?

Intanto, in lontananza, cominciarono a sentirsi le sirene delle volanti.
Come in ogni stereotipo, la polizia arrivava sempre alla fine della storia.


La terza e ultima parte, prossimamente.

Come si risolverà l'Ellegibitì Pride?

Cosa tramerà Sforzo Innovativo?

E che c'entra Adolfino?

Come si comporterà Ratman?
E Supergay?
E Cinzia?
E Liz?
E CCetera?

  
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