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Autore: pandafiore    17/04/2017    4 recensioni
{Post Mockingjay / Pre Epilogo}
Dal testo:
“Peeta non rispose; digrignò i denti e spostò lo sguardo ancora più in basso di prima.
Era come se non volesse più toccarla, nemmeno con gli occhi. E ciò la fece stare tremendamente male.
«Vattene.» Sibilò allora Katniss, con quell'orgoglio solo suo, cercando le iridi blu che non incontravano il suo sguardo. «Vattene...» Ripeté più roca e meno convinta forse, sull'orlo di una crisi. Stringeva i pugni pur di non lasciare andare quelle lacrime bastarde.”
{Mini-Long}
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mini - Long

 

Dolci lacrime amare





Il fianco di Katniss si appoggiava stancamente sui cuscini del divano; un libro di antica carta ingiallita tra le mani, un thè caldo adagiato sul tavolino davanti a lei e le palpebre stanche, che si richiudevano piano ed ancor più piano tentavano di risollevarsi.
Un grande maglione a farle da abito ed un paio di neri leggins, sottili come calze, sotto di esso.
Una perfetta serata d'ottobre, per lei, in quel momento.

Una perfezione illusoria, certo: dov'era Prim? La dolce e tenera Paperella protagonista assoluta dei suoi sogni più soavi? E Gale? Assassino, amante, cacciatore, ribelle, cosa? Cos'era ormai Gale per lei?
Era così che Peeta la vedeva quindi? Come una poco nitida e luccicante immagine che sfavillava nell'oblio della confusione? Era per questo, quindi, che ben tre giorni prima Peeta era scappato da lei? Era nuovamente confuso dalle azioni da docile ma fiera Ghiandaia Imitatrice quale era? Era troppo in antitesi con se stessa, povera Katniss, per poter infondere tranquillità e pace anche ad una persona che non fosse se stessa?

Probabilmente sì, perché, nonostante il sonno in quell'istante stesse in ogni modo tentando di obnubilarle la mente, il marchio indelebile del ricordo di sole tre notti prima non riusciva a farle chiudere occhio, nemmeno per un istante. Un ricordo più forte di tutti gli altri, perché recente, perché quasi presente; il tempo ancora non aveva fatto il suo corso.
E soprattutto perché loro, tre notti prima, stavano per fare l'amore.
Perché lei e Peeta stavano per fare l'amore, quando lui ha avuto un episodio. Un altro: l'ennesimo.

I ricordi iniziarono ad appannare la mente di Katniss, che piano piano si snaturava, calava d'attenzione, cercava appigli, ma alla fine, solo alla fine, cadde in un sonno profondissimo. E rivide davanti a sé quella maledetta notte.

Faceva caldo, nonostante fosse ottobre, e la cena era pronta servita sul tavolo, cucinata miracolosamente da Katniss. Una tovaglia bianca con ricami azzurri fatti da Sae, una terrina ricolma d'insalata verdissima e due belle pizze fumanti ad attenderli.
Quando Peeta entrò in cucina, distratto, Katniss stava accendendo il fioco lume della candela che li avrebbe accompagnati per quella sera.
«Buon Compleanno.» Sussurrò lei, sottovoce, mentre lui l'osservava rapito.
Un passo, un altro, un altro ancora, e l'ebbe fra le braccia come una piuma tra le dita. E la strinse forte, e la baciò.
Per un attimo, l'acquolina per la pizza svanì, così come la fame. Peeta, senza nemmeno rendersene realmente conto, sollevò di peso Katniss e l'appoggiò sul ripiano vuoto accanto ai fornelli. Le sue cosce tornite erano soffici al tatto, e lo stringevano contro di lei.
Katniss infiltrò le dita tra i ricciolini biondi del ragazzo, scese a baciargli la porzione di collo scoperto, e giurò di non aver mai provato niente di simile: era tutto così meravigliosamente intenso. Dov'erano i sensi di colpa, le morti, il dolore?
Era sparito tutto.
La pace, e basta.

«Katniss...» Ansimava lui, cercandola, bramandola interamente, a partire da quei petali di rosa che le adornavano le labbra. Lei non parlava, sospirava soltanto, mentre la mano di Peeta iniziava a scorrere sulla sua maglietta fina. Le sue dita toccarono la pelle diafana della ragazza ed ebbero un tremito. Sentire quell'epidermide così liscia e calda sotto il suo tocco era strano, ma bello; era già successo altre volte, certo, ma in gran parte di queste non c'era lo stesso desiderio che entrambi sentivano di provare quel giorno. Quella calda sera d'ottobre, qualcosa vibrava nell'aria effervescente, ed era stupendo.

I loro sospiri e gli schiocchi dei loro baci risuonavano nell'aria, mentre l'emozione cresceva e le parole venivano meno.
La femminile maglietta bianca giaceva ora sul pavimento, e la bocca di Peeta saggiava con la lingua e con i denti quei seni tondi liberi d'ogni sostegno, sorretti solo dalle sue stesse mani, vogliose.
Katniss gemeva nell'atmosfera, cercando di non darlo a sentire, e nel frattempo gli sbottonava la camicia sportiva, che presto finì ai piedi di lui. Peeta ebbe un attimo di esitazione, mentre la osservava, e Katniss sentì i muscoli delle sue spalle irrigidirsi sotto le proprie mani. Un episodio? Ora? Pensò, ma scartò subito l'impossibile idea, perché Peeta, dopo aver sbattuto gli occhi un paio di volte a vuoto, ritornò su di lei più forte di prima.

I baci divennero fuoco, i respiri passione, e Katniss stava per chiedere a Peeta di portarla in camera da letto, quando questo si irrigidì nuovamente, come la prima volta, ma più di scatto.
Le fissava con intensità inquietante il seno, tanto che Katniss si sentì in dovere di coprirsi con un braccio. Voleva chiedergli che diavolo stesse succedendo, ma temeva di essere fraintesa, di apparire fuori luogo. E poi, lei non amava parlare.
Così stette in silenzio, iniziando a tremare per quell'osservazione quasi maniacale.
«Katniss...» Ansimò il ragazzo in un attimo, e il vigore con cui strinse le cosce dell'amata, la fecero miagolare di dolore.
«Katniss, sei un ibrido. Un fottuto ibrido.» Cosa?
Non riuscì a sbattere le palpebre per lo stupore nemmeno una volta, lei, che lui l'aveva già tirata giù dal ripiano della cucina e con forza l'aveva sbattuta contro il tavolo, stringendole i polsi con accanimento.
«Che stai facendo, Peeta...»
«Zitta!» Urlò, e sembrò una bestia.

Le lacrime erano difficili da trattenere per Katniss, ma ci riuscì; tanto, pensò, se piangeva o gridava comunque nessuno sarebbe venuto in suo soccorso. Nemmeno Haymitch, che sicuramente a quell'ora già dormiva.
«Lasciami andare, Peeta.» Sibilò allora, con le buone, stringendo i pugni.
Gli insulti che fioccarono dalle labbra che fino a pochi istanti prima le stavano lambendo il collo, la ferirono solo per questo. Vedeva che stava avendo un episodio: le sue iridi celesti erano ora nere come la pece; eppure si sentì offesa, arrabbiata e delusa per la cedevolezza e l'improvvisa cattiveria del ragazzo del pane. Non era colpa sua, lei lo sapeva, era colpa di Capitol, ma comunque non riusciva a giustificarlo.
Stava per ucciderla, e l'unico sentimento che la devastava era l'ira.

Ora un palmo di lui era passato ad avvolgerle la gola in una morsa di ferro, mentre l'altro le teneva il fianco bloccato al tavolo. Sembrava un film horror. Entrambi percepirono la lucidità delle proprie menti svanire in minuscoli frammenti, rarefarsi.
Difatti, nemmeno Katniss capì come fece a liberare una mano e a raccogliere subito dopo la candela accesa da neanche mezz'ora al centro della tavola. Senza pensarci su nemmeno un secondo, premette la cera bollente e la fiamma sul braccio massiccio di Peeta, che ritirò di scatto la presa, con un grido.

Katniss aveva la vista appannata per il poco ossigeno, i polmoni che fischiavano ad ogni respiro ed i piedi che s'inciampavano l'un l'altro.
«Che cazzo...» Imprecava lui, mentre lei cercava di scappare aggrappandosi alle pareti. Imprecazioni sempre meno convinte, sempre più distanti: non la stava inseguendo. Significava che stava bene, ma Katniss non aveva né la voglia né il coraggio di andare a controllare che fosse tornato quello di sempre.
Salì di corsa le scale fino in camera da letto e si avvolse nel lenzuolo, schiaffandosi sul materasso che era solito accoglierli entrambi la notte; si sarebbero mai più abbracciati in quel modo? Non lo sapeva, fragile Katniss, e per il momento non era quello che desiderava. Solo il terrore, ora, le invadeva le viscere, mentre tremava tutta.

La porta d'ingresso sbatté poco dopo.
Peeta se n'era andato.
Sarebbe tornato? O, una volta per tutte, Haymitch lo avrebbe spedito in un manicomio, stufo marcio di quelle agitate incursioni notturne?
Era molto probabile, il vecchio mentore si lamentava sempre dello scarso autocontrollo del ragazzo, senza capire (o fingendo di non capire) le reali condizioni in cui versava il ragazzo in quegli istanti.
Ma Katniss sperava che lo avrebbe soccorso ancora una volta; doveva farlo per lei, perché lei non ne era capace.
Pregava, nell'ombra della sua stanza. Pregava che prima o poi quell'incubo finisse.


Il sogno si interruppe di colpo, ed il busto di Katniss si alzò con uno scatto. Il fiato inizialmente mozzato, le lacrime a rigarle le guance e le mani che le tremavano, mentre si spostava dal viso i capelli aggrovigliati.
Per un attimo, nemmeno si rese conto che in casa aveva ospiti.

Volse distrattamente gli occhi all'orologio del salotto, per cercare quiete nel ticchettio delle lancette, ma ciò che vide la terrorizzò e basta.

Peeta, con gli occhi cerchiati da borse pesanti, sedeva sulla poltrona davanti a lei. Il sobbalzo che fece Katniss dimostrò che la paura era ancora vivida e glaciale, nel suo cuore.
Si strinse in se stessa e premette forte la schiena contro il divano, rannuvolandosi.
«Stavo facendo un incubo.» Sussurrò dura, puntando i propri occhi nei suoi.
«Perché non mi hai svegliata?» Il suo corpo convulso dal terrore.

Peeta non rispose; digrignò i denti e spostò lo sguardo ancora più in basso di prima.
Era come se non volesse più toccarla, nemmeno con gli occhi. E ciò la fece stare tremendamente male.
«Vattene.» Sibilò allora Katniss, con quell'orgoglio solo suo, cercando le iridi blu che non incontravano il suo sguardo. «Vattene...» Ripeté più roca e meno convinta forse, sull'orlo di una crisi. Stringeva i pugni pur di non lasciare andare quelle lacrime bastarde.
Peeta rimaneva immobile, a fissare il vuoto.
Un urlo agghiacciante esplose dalle labbra di Katniss, che si alzò di scatto e prese in mano la lampada del comò, tirandola forte contro la parete; «Vattene!» Gridò ancora, e non c'erano altre possibilità.

I piedi di Peeta camminarono sopra i cocci di terracotta senza nemmeno farci caso. Uno, due, tre passi. Poi si bloccò. Si girò lentamente, e Katniss non sapeva cosa l'aspettava perché non aveva intenzione di guardarlo negli occhi. Temeva di ritrovarci solo ombra e sangue.

«No.» Sibilò il ragazzo, stringendo i pugni fino a farsi male. «No,» Ripeté più forte «io non me ne vado. Sono stanco di scappare.»
«Mi hai quasi uccisa.» Rispose rapida lei, come una serpe, furiosa. Ma non era arrabbiata per quello, non era arrabbiata per l'episodio di Peeta: era tremendamente orgogliosa. Se avesse tradito il suo orgoglio, non si sarebbe nemmeno riconosciuta. «Vattene, Peeta.» Ma il suo tono era debole e scarno, fievole.
«Sai che non lo faccio.» Ora si stavano guardando e sembravano nuovamente due adolescenti ribelli - Peeta più del solito.
«Allora arrangiati.» Concluse lei, alzandosi (le gambe che tremavano, ma fingeva che non fosse così) dal divano e squadrandolo un'ultima volta, prima di imboccare le scale e rifugiarsi al piano di sopra, in camera da letto.
Ed era lì che, dentro di sé, sperava che Peeta la seguisse.

Non aveva nulla in testa, se non una guerra continua: l'orgoglio, doveva prevalere l'orgoglio, e se Peeta fosse entrato lì dentro dove si era nascosta, lei avrebbe dovuto cacciarlo con la forza. Non poteva vincere nessun'altra debolissima emozione, ma solo il suo orgoglio, perché Peeta non doveva capire che lei lo amava.
Lo amava? Dio, ma l'aveva pensato per davvero?! Era nella merda, profondamente nella merda.

La porta s'aprì, Katniss era avvolta nel lenzuolo candido - profumato di loro. Voleva piangere, voleva scappare e voleva morire. Ma non fece nessuna di queste tre cose.
Il passo pesante, zoppicante, il profumo di pane improvvisamente nell'aria.
Un singhiozzo le fuggì dalle labbra, nel silenzio più totale della notte.
Sentí il peso del ragazzo far sprofondare il materasso dall'altro lato, e si morse le labbra pur di non emettere un secondo gemito di sofferenza; ma le lacrime iniziavano a scivolare lungo le sue guance e fu impossibile trattenere quel rantolio di dolore che spezzò il silenzio.

E poi, improvvisamente, sentì una mano sulla propria spalla; rabbrividì.
Si voltò lentamente, i capelli appiccicati al viso umidiccio ed il bianco degli occhi venato di sangue per il pianto. Vide gli occhi dolci, proprio come una volta, del ragazzo del pane, e le sue lacrime esplosero.
Si voltò nuovamente, tirandosi la coperta sul viso e singhiozzò come una bambina a cui han tolto il bambolotto preferito.
«Ma che, piangi?» Sentì sussurrare dalle sue labbra sensuali, ed il pianto si fece solo più forte, nonostante si sforzasse di contenerlo con ogni cellula del suo corpo, tanto che le facevano fin male i polmoni.
«Ei...» Quant'era calda e carezzevole, quella sua bella voce. Se avesse potuto, sarebbe stata ad ascoltarlo per sempre. Per sempre...
«Non piangere, perchè presto tutto finirà.»
«Come fai a dirlo?» Rispose lei subitamente, sull'orlo di un crollo, voltandosi nuovamente verso di lui.
«Lo so e basta, Kat. Lo so e basta.» E l'abbracciò, mandando al diavolo tutti i consigli di Haymitch e del dr. Aurelius, che aveva sentito per telefono - non avrebbe dovuto toccarla finché non fosse stato certo di non farle del male, ad esempio. Ne era forse certo ora? No, assolutamente no, più la premeva, più gli sembrava di soffocarla. Ma l'amava, sapeva d'amarla, e questo bastava.

Rimasero lì, stretti ed uniti, per chissà quanto tempo.
Nemmeno quando l'alba bussò ai loro vetri si degnarono di muoversi, ma fecero del loro respiro una cosa sola, e dei loro corpi ancor di più.
Si amavano. Sarebbero riusciti a ricominciare, a cancellarle tutte quelle maledette lacrime, prima o poi. Prima o poi, insieme.





Note d'autore
Buongiorno!
Volevo rinnovarmi per un attimo, così eccomi qui con questa "mini-long". Cosa significa? In pratica ci saranno degli altri capitoli - più corti e, soprattutto, pochi, quindi seguibili abbastanza tranquillamente secondo me - in qui verrà spiegato cosa succederà "dopo" questo capitolo, che di per sè è una oneshot.
Spero che l'idea vi piaccia, aggiornerò presto!
Lasciate un commento, così almeno so cosa ne pensate!

   
 
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