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Autore: Biceportinari03    25/04/2017    2 recensioni
Una storia che mi è venuta in mente così, di getto, ascoltando la canzone Petrolio di Cranio Randagio. A dir la verità non so nemmeno io il perché, visto che il testo della canzone non si adatta molto alla storia, ma alcune strofe mi hanno ricordato il dolore dei protagonisti.
Dal testo:
-Tornerò quando tutto questo sarà finito. Giuro.- Un' ultima promessa, che sapeva d'addio; molto più di quanto entrambi non volessero.
Il Duce non lo sapeva ancora, ma sarebbe tornato molto prima di quanto sperasse.
Fu così che il giorno 25 aprile 1945, giorno della liberazione della nazione che tanto amava, fu costretto a partire.
Dopo aver salutato tutti i suoi generali repubblichini, passò a Hitler.
Il Führer della Germania.
L'uomo più importante della sua vita.
Il solo che avesse mai amato.
No, non lo avrebbe mai dimenticato tanto facilmente.
Un ultimo bacio che non voleva essere l'ultimo.
Un "arrivederci" sussurrato.
Un arrivederci che sapeva d'addio.
Molto più di quanto entrambi non volessero.

Ebbene si, una HitlerxMussolini! Spero possa piacervi. ^^
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Ho tolto i sassi dalle scarpe e levigato i calli
Da Roma Nord fino alle Ande diventando grande
Ho fatto passi in queste lande degni dei giganti
Per ritrovarmi in ogni caso a casa fra le carte


Non ne poteva più. Di quella fottuta guerra che sarebbe dovuta finire in meno di un anno, di svegliarsi ogni giorno con la paura di dover alzare bandiera bianca a Francia e Gran Bretagna.
Di non avere accanto lui.
Non ne poteva più.


Era diventato il Führer, il capo supremo di quella sua nazione bellissima destinata a regnare sulle altre. Era riuscito a diventare da un tranquillo pittore nato al confine tra Austria e Germania -lui, che si definiva un puro tedesco- a uno dei dittatori più potenti della storia.
Aveva conquistato nazione dopo nazione.
Ma cosa ne era valso?
In ogni caso si era ritrovato la sera a casa, passando la notte a studiare nuovi piani d'attacco; invece di dormire, invece di ricevere un benché minimo segno d'affetto da quella famiglia di cui lui aveva tanto bisogno.

Anche se in fondo...
Sapeva di non avere famiglia finché non avesse avuto di nuovo lui accanto.


E inoltre stava per perdere. Stava per perdere, e lo sapeva. Ma mai lo avrebbe ammesso davanti ai suoi generali. Non poteva permetterselo. Aveva promesso alla sua bella Germania che dopo la Prima Guerra Mondiale mai più avrebbe perso una guerra.
Prima aveva dovuto rinunciare a invadere la Gran Bretagna.
Poi quasi 3 milioni di uomini persi per quella dannatissima Unione Sovietica.

E poi...
C'era l'Italia.
L'Italia del Duce.
Ma che del Duce non era più.

E io che mi detesto perché ho perso
Anche le tracce di me stesso
Faccio tracce su me stesso
Non vedendo mai una lira


In quel momento avrebbe voluto uccidersi.
Vedere il Duce, anzi, il fantasma di quello che una volta era stato la guida di una nazione, davanti a lui, quasi sull' orlo di piangere, era stata una pugnalata al cuore per il Führer.
-L'Italia si sta dividendo in due, lo sento...- continuava a ripetere, come in una cantilena -La mia bella nazione, la mia bella Italia... io volevo solo il meglio per lei... volevo che ottenesse il prestigio che si merita, e invece mi si sta rivoltando contro...- E mentre diceva questo aveva gli occhi rossi. -Accadrà presto, Adolf. E quando quel giorno arriverà, io non credo di sapere cosa potrò fare.-
Lo aveva ascoltato, Adolf, incredulo. Come poteva il Duce, che era sempre stato così forte, pronunciare queste parole anche solo per scherzo?
-Tu cosa faresti al mio posto? Ci pensi se la tua Germania... accidenti, io non volevo restare a guardare durante questa guerra, avevo bisogno di qualche migliaio di morti per potermi sedere al tavolo dei vincitori, ma guarda cos' è successo!-
Era un essere umano anche lui.
E come tutti, soffriva.

Ma in tempo di guerra, è così.

E a quel punto, Adolf rinunciò per un secondo al suo orgoglio da capo supremo della Germania e lo abbracciò, come se quel gesto potesse dare conforto non solo al Duce, ma all'Italia intera.

Non ci arriva che mi dovrei ricoprire di mantelli
Come Harry
Fino a scomparire
Qua la fama è fieno nel fienile
Se il fattore arriva e infilza col forcone
E fotte tutte le tue aspettative
È facile perire.


Alla fine era successo.
Le previsioni di Mussolini erano risultate fondate.
E ora i partigiani e gli Alleati lottavano contro di lui.
Contro di loro.
E come se non bastasse, Benito era stato arrestato da quell' incompetente di Badoglio, che non avrebbe mai saputo come governare una nazione nemmeno se gli avessero messo le soluzioni sotto al naso.
E inoltre, poco prima dell' incursione tedesca a Villa Weber per liberare il Duce, quest'ultimo era stato trasferito! Destinazione ovviamente ignota.

Non finirà così, lo giuro.
Resisti, ti prego.
Ancora un po'.
Ci vedremo presto.


E ormai Hitler, pur di non perdere la speranza, era arrivato a pregare un Dio di cui ormai rinnegava l'esistenza da tempo.
Anche se non serviva a niente.
Niente. Tutte quelle preghiere erano fini a sé stesse.
E il Duce gli mancava ogni giorno di più.

Quando ormai aveva perso ogni speranza Bormann entrò nel suo studio come una furia.
-Signore! Ci sono notizie sul luogo in cui potrebbe essere rinchiuso il Duce!-
Adolf alzò piano la testa a quella notizia, ma non le diede molta importanza. Avrebbe potuto risultare falsa, e ormai non credeva più in niente.
-Avanti, aggiornami, Bormann.-
-Kapler è venuto a sapere da un messaggio cifrato che "attorno al Gran Sasso sono state ultimate le ultime misure di sicurezza", e le nostre spie dicono che l'ispettore generale Giuseppe Gueli è il nuovo responsabile della sicurezza del Duce!-
Hitler non ci credeva molto, ma valeva la pena tentare. Non aveva più nulla da perdere, e poi lo doveva a lui.
-Bene, proseguite su questa pista.-
-Non la vedo molto convinto, signore...-
Il Führer scattò all'improvviso. Non sembrava convinto? In che senso?! Non era mai stato più convinto di qualcosa in vita sua!
-Gli italiani pensano che nessuno riuscirà più a trovarlo. Ma sai chi è che ci riuscirà, Bormann?! Te lo dico io. I tedeschi, ci riusciranno! Altrimenti...-
-...Altrimenti non saprebbe più cosa fare, non è vero?- Azzardò.
Gli occhi blu del Führer guardarono il suo segretario con uno sguardo non più arrabbiato, quasi... malinconico.
-Glielo devo, Bormann. Gli devo tutto quello che ho.-

Io volerò
Volerò via
Come un gabbiano
Pure se il petrolio
Mi pesa sul dorso smorzando la scia
Volerò via
Perché nel cielo c'è molto di più
Che in questa terra sbranata da gru
Che in questo oceano sempre meno blu


Pochi giorni dopo ci furono novità.
L'ufficiale delle SS Priebke riferì dei movimenti sospetti, che facevano avvalorare la speranza che il Duce si trovasse veramente in quel luogo.

Forse c'era veramente speranza.

E così, solo poche ore dopo il Führer ricevette la notizia che Mussolini era stato liberato dai suoi generali.

-Adolf...- Sentì che una voce lo chiamava dalla porta socchiusa del suo ufficio.
-Benito...- E tante lacrime salate gli rigarono il volto, ma stavolta non di tristezza, ma di gioia.
No, non sarebbe mai riuscito a darsi lo stesso contegno che manteneva con i suoi sottoposti. Non con lui.
Così si abbracciarono, e ancora una volta in quell' abbraccio si completarono.

-Adolf... e adesso...-
Non finì la frase, ma il Führer tedesco capì comunque.

E adesso?
Cosa sarebbe successo in Italia?


-Fermeremo i Partigiani.- Disse all'improvviso.
-Cosa?!-
-Riavrai la tua Italia. Te lo prometto.-

Dammi un motivo per restare
Per mollare l'ancora
Qui dove è tutto un detestare ciò che l'altro fa
Ci hanno oppressi per testare quanto è forte l'anima
Per quanto a pezzi possa amare un giorno spirerà


Ma quella Repubblichina che avevano fondato insieme, si sa, non poteva durare.

Due anni erano passati da quando avevano liberato Mussolini, e ormai chiunque aveva capito che la guerra stava per volgere al termine.
Con la vittoria degli Anglo-americani.

-Adolf... Io... devo andarmene via di qui.-
-C-cosa?!-
-Finirà male, finirà molto male, Adolf! Ti prego, devo scappare via di qui. Aiutami... Ti prego...-

Cammino tra le spighe come Russel
Slacciando le corazze
Perche non mi serviranno
Casa mia è sicura


Aveva fatto di tutto per tenerlo ancora con sé, e ora che ci era riuscito...
Doveva lasciarlo andare.

-Io... Non voglio che...-
Pianse. Era già la seconda volta da quando era iniziato tutto... questo.
E ogni volta, era sempre per colpa di quell'uomo.
Accidenti, quando si trattava di lui il Führer sembrava proprio un bambino.
Però questa volta fu il Duce ad abbracciare lui, come se quel gesto potesse dare conforto non solo al Führer, ma alla Germania intera.

Dammi un motivo per regnare
Mica una corona
Voglio spiccare fra la gente
Dirgli che funziona
Quando dai tutto per qualcosa fino alla psicosi
Prima o poi si esulta
Te lo giuro
Si, ci spero ancora
Dai spalancami le porte, parlo con te
Il vero sovrano di 'sta roba
Quello che ascolta e diffonde
Io ho qualcosa di importante da dovervi raccontare
Nessun non ce la farai
Vale quanto un non mollare.


-Scappa in... Svizzera. Con i miei generali... prendi la mia uniforme... non ti riconosceranno.-
O almeno lo spero, pensò Hitler, ma questo non lo disse.

-Tornerò quando tutto questo sarà finito. Giuro.- Un' ultima promessa, che sapeva d'addio; molto più di quanto entrambi non volessero.

Il Duce non lo sapeva ancora, ma sarebbe tornato molto prima di quanto sperasse.

Fu così che il giorno 25 aprile 1945, giorno della liberazione della nazione che tanto amava, fu costretto a partire.
Dopo aver salutato tutti i suoi generali repubblichini, passò a Hitler.
Il Führer della Germania.
L'uomo più importante della sua vita.
Il solo che avesse mai amato.

No, non lo avrebbe mai dimenticato tanto facilmente.

Un ultimo bacio che non voleva essere l'ultimo.
Un "arrivederci" sussurrato.
Un arrivederci che sapeva d'addio.
Molto più di quanto entrambi non volessero.




Era arrivato al confine.
Accidenti, c'era arrivato, al confine.
Ma a quel fottuto confine qualcuno aveva deciso che quell'ufficiale tedesco somigliava troppo ad un certo ex Duce italiano.

Però c'era arrivato, al confine.



Adolf quel giorno era più calmo del solito. Pensava che la Svizzera fosse un luogo sicuro, dall'alto della sua neutralità. Fino a quando sentì la sua porta aprirsi violentemente e all'improvviso.
Cattivo segno.
Bormann bussava sempre prima di entrare.

-S-Signore... Mussolini... c-circa mezza giornata fa...-
Alzò la testa di colpo a sentire quel nome.
-Signore, lui è stato...-
Non finì la frase, Bormann. Semplicemente, non ce ne fu bisogno.
Hitler si alzò di scatto.
-Stanno vincendo.- Disse solo. Ecco, finalmente l'aveva detto.
-C-cosa?-
-Stanno vincendo, quei figli di puttana degli Alleati, ed io non mi farò certo trovare qui attendere la loro vittoria! Ti piace l'Italia, Bormann? A me si. E credo anche che sia un ottimo posto per morire.-
Si fermò un attimo a osservare il volto di uno dei suoi uomini più fedeli, forse per l'ultima volta, che lo guardava incredulo.
-Non preoccuparti, andiamo, se mi nascondo bene forse non mi scopriranno. Ma io adesso devo andare.- Gli regalò un flebile sorriso.
-Ci vediamo, Bormann.-
E quel segretario guardava il suo capo andare a farsi ammazzare, nello stesso modo in cui si era ammazzato l'uomo che voleva salvare.

Io che stavo ribaltato fino al giorno prima
Triturato, sopra un marciapiede a rifiutar la vita


Certe volte la violenza dell'essere umano non ha limiti.
E Benito aveva avuto modo di sperimentarlo in due modi.
Il primo, quando aveva assistito alle violenze della guerra. E alle violenze che il suo amato Führer ammetteva, e anzi, appoggiava, nei suoi campi di concentramento.
Il secondo, quando si ritrovò in mezzo alla folla.
Tutti quegli italiani, che soltanto fino a due anni prima gridavano "Dux! Dux!" pieni di coraggio e di orgoglio di essere italiani.
Tutti quegli esseri umani, che non erano più esseri umani, ma una gigantesca piovra che aveva invaso la piazza.
Una gigantesca piovra che lo aveva rapito, e che lo torturava con i suoi tentacoli.

Violenza. Sangue. Terrore.
Terrore. Sangue. Violenza.
Il non trovare una via di fuga, perché le piovra era riuscita ad invadere tutto.
Un pugno sullo stomaco, più forte degli altri.
Altra violenza, terrore, sangue.
Clara che urlava accanto a lui, lui che la ignorava.
Non la amava, e la persona che amava veramente accanto a lui non c'era.
E questo faceva più male di tutti quei colpi incassati.


Ma per un secondo, tra tutti quei colpi, qualcosa cambiò.
Sentì qualcosa di caldo, e morbido, posarsi sulle sue labbra.
Aprì gli occhi, che fino a quel momento aveva tenuto chiusi, per non vedere in faccia i suoi aggressori. Non voleva vedere la sua bella nazione rivoltarsi contro di lui.
La forza della piovra lo aveva già spinto lontano, ma riuscì a vedere comunque l'uomo che aveva amato e che amava sorridergli tristemente.
Un sorriso in mezzo a volti arrabbiati.
Una fioca luce in mezzo alla notte scura.
Un po' come una piccola stella che, timida, fa capolino nel cielo buio, e che solo un occhio attento può scorgere.
Quel gesto gli diede la forza di affrontare tutti quei colpi; ma quel gesto lo uccise anche un po' di più. Perché questa volta, lo sapeva, era veramente un addio.
Anche l'ex Duce sorrise, e il suo ultimo pensiero fu che Adolf era veramente buffo, senza baffi e travestito da partigiano.

Ma quanto può far male
Dopo anni di battaglie
Ritornare e trovare gli affetti in cenere scura
Eh? Eh? Ma quanto cazzo è dura?


Quando la rabbia della piovra si fu placata, l'ex Duce fu fucilato e appeso a testa in giù in piazza, lasciandolo al divertimento dei cittadini.
Quale tortura, quale umiliazione, per un uomo che altro non voleva che il bene del suo popolo!

Hitler ci andò in piena notte, quando in pochi erano ancora svegli e i pochi che l'avrebbero visto avrebbero pensato che era soltanto un altro partigiano venuto a divertirsi.

Non so se mi hai visto, prima Pensò, perché non poteva parlare ma credo di si, perché ho visto quel tuo sorriso... quel tuo sorriso bellissimo... non so cosa dirti. Solo che dopo tanti anni di battaglie... non avrei mai potuto immaginare che sarebbe finita così...

Se ne andò, mentre lacrime calde e pesanti gli solcavano le guancie.
Ti amo, mio Duce.

Pensato questo corse in un vicolo. La vista del corpo del suo amato così deturpato era troppo per lui.
Si nascose in un punto in cui era certo che nessuno lo avrebbe visto mentre sentiva la bile salirgli in gola.
Si appoggiò al muro e vomitò, liberandosi di tutto quel senso di colpa che fino ad allora gli aveva invaso lo stomaco.

A un certo punto sentì delle voci provenienti dalla piazza.
-Guardalo lì, quel coglione del Duce, appeso a testa in giù! Avrebbero dovuto torturarlo di più, quel traditore!-

Traditore? Traditore?! Ma come si permettevano, quei vigliacchi?! Semmai erano loro i traditori, che ai primi segni di debolezza del fascismo non avevamo esitato un attimo a voltare le spalle alla loro guida!

-Speriamo che l'Armata Rossa si sbrighi anche a trovare quell' idiota del Führer. Così si, che questa guerra finirà davvero. Finalmente!-

Armata Rossa? Quindi i russi... lo stavano cercando in Germania per catturarlo?!

-Grazie mille, idioti... mi avete fatto un grandissimo favore.- Sussurrò il Führer.

La gente si dimentica
Si scorda in un secondo
Anche soltanto che tu possa stare al mondo
Ma come disse un Sommo dall'alto del suo intelletto:
Non puoi fermare il vento, solo fargli perder tempo


Qualsiasi persona con un po' di giudizio se ne sarebbe rimasta nascosta in Italia, ma lui no.
Lui era un puro tedesco, di nobile razza ariana, e in Germania sarebbe morto.

Al suo ritorno al bunker in Germania, trovò il suo segretario ad accoglierlo.
-Signore, è tornato...-
-Si, Bormann, ma non credo di restare qui a lungo.-
-Oh... parte di già?-
-Parto di già.-
-E... posso sapere dove andrà?-
-...In un posto migliore, Bormann.-
Il segretario restò in silenzio qualche secondo, il tempo di decifrare quelle parole.
-...Va a raggiungere lui?-
Hitler annuì.
-Capisco. Beh... buon viaggio, allora.-
-Grazie, Bormann. Sei stato un grande confidente e amico. Mi mancherai.- Gli sorrise per l'ultima volta.
-Ah, ti conviene andartene. L'Armata Rossa sarà qui a momenti.-
Lui non sembrava sconvolto dalla notizia.
-No, signore... il mio posto è qui. Magari non posso fermarla ma... io devo restare qui.-
Il Führer annuì di nuovo.
-Beh, la lascio solo, allora...-
-Addio, Bormann.-
-Addio, signore.-

No, lui era il Führer tedesco, e preferiva morire così piuttosto che essere catturato dai quei luridi comunisti.

Pochi secondi dopo che Bormann si chiuse la porta dell'ufficio del Führer alle spalle, sentì uno sparo.
Sentí uno sparo, e si mise il cuore in pace.
Sapeva che con la morte, due anime si erano riunite.

Io volerò
Voleró via
Come un gabbiano
Pure se il petrolio
Mi pesa sul dorso smorzando la scia
Voleró via
Perché nel cielo c'è molto di più
Che in questa terra sbranata da gru
Che in questo oceano sempre meno blu.









*Note dell' autrice pazzoide*
Salve a tutte quelle persone dotate di infinita pazienza che sono arrivate a leggere fin qui. Meritereste un premio, davvero.
Che dire della storia, spero vi sia piaciuta, se volete fatemelo sapere con una recensione. Per scriverla ho dovuto inserire tutto il codice html a mano (momenti da chiederti seriamente perché stai pubblicando la fic) e mi sono dovuta imparare a memoria interi pezzi di storia, quindi direi che un applauso me lo merito :-p La dedico a tutti i miei amici pazzi che shippano questa coppia e che per primi hanno letto la fic, quasi costringendomi a pubblicarla. Cosa farei senza di voi, ragazzi ;-) E preciso che non è mia intenzione inneggiare al fascismo o al nazismo con questa fic. Non si sa mai, meglio sempre precisare. E al solito, grazie a tutti quelli che metteranno la storia nelle ricordate/preferite e a chi lascerà un commento a questa "autrice" pazza che scrive fic alle 3 di notte.
Alla prossima! :-*
Biceportinari03
  
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