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Autore: Sara Weasley     06/05/2017    29 recensioni
Un fumo dall’odore dolciastro si diffonde nel vicolo e l’ennesimo boato esplode nell’aria: da qualche parte oltre il terrore, le maledizioni, i rumori assordanti, qualcuno urla e io sento il gelato di Florian risalirmi lentamente lungo la gola. Potrebbe essere chiunque dei miei amici: potrebbe essere Remus, oppure Peter, Frank o Alice… ma io, più di tutto e tutti, spero che non sia Lily. Non può essere Lily.
Imprecando tra i denti, schiaccio ancora un po’ la schiena contro il vecchio muro dietro cui sono nascosto e mi azzardo a fare capolino per cercare di capire cosa Merlino sta succedendo nel putiferio là fuori. La bacchetta nella mia mano freme e asciugo freneticamente un rivoletto di sangue che dalla fronte mi scivola sulle palpebre. Nessun Mangiamorte in vista, potrei…
Sirius lancia un sibilo di avvertimento e riprende a strisciare sotto i cumuli di macerie in cui è quasi intrappolato. "Lo avevo detto" dice tra i denti, con il suo classico tono sarcastico "che i compleanni portano sfiga. Ma tu no, dovevamo per forza fare una festa! E adesso guarda… "
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Da chi lo ha tre volte sfidato. '
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Capitolo 101. 






La stanza è buia, l’atmosfera che vi aleggia è abbastanza lugubre: credo che tutto ciò si intoni molto bene con lo stato d’animo generale. L’aria è molto calda, eppure io ho la pelle d’oca: la sedia su cui sono appollaiata mi sembra incredibilmente scomoda, anche se so che non è vero… è solo che non vorrei essere qui. Per quanto mi sforzi di concentrarmi su quello che sta succedendo intorno a me, desidero solo tornare a casa – e poi mi accorgo che questo è l’ennesimo pensiero ridicolo, perché io una casa tutto sommato non ce l’ho. Faccio quasi per sospirare –l’aria vuole uscire dai miei polmoni con la stessa intensità con cui io vorrei volare via dalla finestra- ma mi trattengo perché l’idea di produrre un rumore mi sembra estremamente inconcepibile.  In questa stanza, tutto è fermo.
Un coro silenzioso di respiri infranti fa da sottofondo alla sola cosa che davvero si muove, la voce di una ragazza che parla in piedi al centro della stanza: sono felice che questa incombenza non sia toccata a me, ma ad Alice.  Guardo Mary, con la sua espressione accigliata e scontrosa, e capisco che anche per lei è lo stesso.
Tutti gli occhi sono puntati su Alice: ogni tanto Moody borbotta qualcosa di incomprensibile tra le labbra, ma nessuno sembra farci troppo caso.  Lei continua a parlare in modo spedito e ogni tanto sposta ciocche di capelli biondi dietro le orecchie, come se stesse facendo un’interrogazione di Babbanologia e non il resoconto di una strage che ci ha quasi distrutto.
«…voleva uccidere Mary, ed usare Emmeline per estorcere informazioni sull’Ordine della Fenice: questo era il solo modo per far smettere Bellatrix, credo… o forse no, forse non avrebbe mai smesso dopotutto. Lei non ci ha fatto niente, in prima persona: ma faceva in modo che noi facessimo qualcosa agli altri, ricattandoci con qualcosa di ancora più importante. Per primo è toccato a Remus: e se lui non avesse usato la maledizone Cruciatus su di me, Bellatrix ha detto che ci avrebbe ucciso tutti. Poi è stato il mio turno, e a me è stata offerta una scelta: Mary o Frank. » 
Per la prima volta nella serata, qualcuno interrompe il resoconto di Alice: quando vedo Marlene Mckinnon stringersi tra le braccia mi rendo conto che non sono la sola a trovare tutto ciò che è successo –e che sta succedendo- orribilmente insopportabile, e questo pensiero in parte mi consola e in parte mi sconvolge ancora di più. «Ma perché prendersi tutto questo disturbo? » pigola Marlene, che è la stessa persona ad averci curato la sera stessa in cui tutto è successo. «Non capisco… perché in questo modo? »
Probabilmente la domanda era indirizzata a Silente, ma invece è Dorcas a rispondere: «perché sono crudeli » taglia corto, stringendosi nelle spalle. È appollaiata come sempre nel vano della finestra, e uno scorcio di luna si vede alle sue spalle, dietro le nuvole: difficile dire quale sia più bella, e più misteriosa. «Perché usano la Maledizione Cruciatus per estorcere informazioni, quando basterebbe usare del Veritaserum per ottenere risultati migliori e più veloci? I Mangiamorte non vogliono vincere una guerra o eliminare semplicemente tutti i Sanguesporco, c’è di più. Vogliono che ogni singolo mago li tema, vogliono il terrore e la paura. »
Cala un secondo di silenzio nella stanza: perfino Gideon e Fabian, che di solito sono sempre scherzosi e loquaci, non trovano niente da aggiungere alle parole di Dorcas. Io guardo Silente, sperando quasi che dica che non è vero: ma lui si limita a incrociare le mani sopra il grande tavolo in legno, e il suo sguardo –dietro gli occhiali a mezzaluna- è come al solito impenetrabile.
E così Alice ritiene che la sola cosa sensata da fare sia continuare a parlare, e procede con il suo tono monocorde nel suo racconto dell’orrore: ed io, che ho subito lo stesso trattamento e so cosa si prova ad essere vittima di una Maledizione Senza Perdono –una cosa che ti scava dall’interno come un cucchiaino- , non riesco a smettere di chiedermi da quale parte della sua anima trovi in coraggio di stare qui, in piedi davanti a tutta questa gente.
«Io non sono stata l’unica ad essere messa davanti ad una scelta, comunque » scandisce Alice, e la sua cadenza è così priva di emozioni che mi fa venire voglia di urlare per entrambe: cosa diavolo ci sta facendo questa guerra?. «Mentre i Mangiamorte pensavano a noi, Voltemort ha usato la Maledione Imperius su James, e Sirius era il solo a poterlo fermare, ma il solo modo di fermarlo era ucciderlo » e qui, per la prima volta in un’ora, le palpebre di Alice si chiudono come ali tremolanti e la sua voce un po’ si incrina. «Io ho scelto Frank. E Sirius… »
Questa volta, gli occhi di tutti scivolano su di me: io me li sento addosso come una colata di lava, e provo la sensazione claustrofobica di impazzire del tutto.
«Sirius ha scelto me » si intromette James, e le sue parole sono affilate come coltelli: tagliano l’aria intorno a noi in maniera pungente, e sono certa che qualcuno –due sedie più in là- stia un po’ sanguinando. Ma James non guarda neanche in quella direzione: per un solo istante, incrocia gli occhi di Alice in un muto permesso di continuare al suo posto e lei annuisce impercettibilmente.
Tra tutti noi, James ed Alice sono le due persone che più hanno sofferto di quello che ci è successo: e il dolore li ha fatti avvicinare in un modo che non avrei mai creduto possibile; mi chiedo se è quello che ha pensato anche Frank, quando Alice si è svegliata e la prima persona che ha chiesto di vedere non era lui o Remus –che ha passato ore al suo capezzale tormentato dai sensi di colpa- o Mary, ma semplicemente James.
È solo un attimo, ma credo che lei lo ringrazi con un impercettibile gesto del volto di averla liberata dall’incombenza: il secondo dopo, si siede con un solo movimento stanco e James, dal suo angolo, si alza in piedi.
«Non ho ricordi precisi di quei minuti, quindi non so se sono la persona migliore per raccontare cosa è successo » inizia James, passandosi una mano tra i capelli.
«Com’è essere sotto Imperius? » domanda Gideon, forse con un po’ troppo entusiasmo- e per questo si becca un’occhiata di rimprovero dalla McGranitt. 
«Non so spiegarlo bene: è come vedere tutto da un vetro appannato, ma allo stesso tempo non vedere affatto » risponde lui, stringendosi nelle spalle. «So cosa stavo facendo, ma allo stesso tempo non lo so: so che quando ho ripreso il controllo di me stesso ero a pochi secondi dal commettere un omicidio, e so che volevo uccidere Lily più di ogni altra cosa al mondo. So che l’avrei uccisa, se il professor Silente non mi avesse fermato: e per tutta la vita avrei portato il peso di una cosa di cui non ero neanche cosciente. »
Di sottecchi guardo Remus, seduto accanto a me: è ancora arrabbiato con Sirius, mi dice lui senza parlare. Ed io non posso perdonarlo per questo, mi dico da sola.
«Quindi, ricapitoliamo » borbotta Moody, in maniera burbera  «Vance con Volemort, voi quattro » e indica Alice, Remus, Frank e Mary «con Bellatrix e i suoi compari, Black Potter ed Evans a giocare al gatto col topo. Ne manca uno… » e i suoi occhi inquietanti si puntano dritti su Peter. «Minus, tu cosa stavi facendo? »
«I-io> squittisce Peter, in preda al panico: la sua faccia si colora di un rosso così intenso che ho paura che da un momento all’altro possa mettersi a piangere. Sono passati tre giorni da quando siamo stati attaccati da Voldemort, e Sirius non ha mai perso un secondo per tormentarlo con questa stessa domanda. «I-io non sapevo cosa fare… erano così tanti, non sapevo… non potevo… »
«Peter vi ha chiamato » taglia corto James, con un tono così perentorio che penso che potrebbe incenerire Moody solo con gli occhi in caso di obiezioni. «È stato l’unico tra noi a pensare di chiamare l’Ordine invece di provare a fare l’eroe: ed è grazie a lui che Lily e Mary sono vive, e che Alice non è completamente impazzita. »
James sta portando avanti una sfida: e in un primo momento penso che sia contro Sirius, che in questo lo contraddice senza capire; ma poi mi rendo conto che la sua lotta è contro il mondo intero: “provi a distruggere la nostra amicizia con questa guerra” sembra che dicano i suoi occhi “ma io non te lo permetterò.”
Silente sembra capirlo –o forse capisce molto di più- perché si schiarisce la voce e per la prima volta prende la parola. «Grazie al signor Minus qualcuno in questa stanza ha evitato di perdere un figlio o un fratello o un compagno, e nessuno ha perso un amico » concede bonariamente, e Peter –anche se arrossisce ancora di più- sembra ritrovare l’ossigeno per respirare. «Ma con l’attacco di tre giorni fa sono morti trentotto maghi e streghe, e ieri i Mangiamorte hanno sterminato la sesta famiglia di maghi in meno di un mese. »
«Sono completamente fuori controllo ormai » borbotta Edgar Bones, con rabbia. «E noi siamo sempre indietro e sempre meno. Di questo passo, come finirà? »
«Dorea aveva ragione » sentenzia la McGranitt, scuotendo la testa con espressione triste e stanca. «Non avremmo mai dovuto coinvolgere questi ragazzi. »
«Oh non ricominciamo… » sbruffa Moody.
«Dorea voleva la pace, come tutti noi » risponde pacatamente Charlus Potter, strofinandosi gli occhi da sotto gli occhiali: mi chiedo vagamente quanti giorni siano che non dorme, ma le occhiaie profonde sotto le palpebre mi danno una risposta abbastanza esaustiva.
«Ma a quale prezzo? Suo figlio ha rischiato la vita due volte in meno di un anno. »
«Per favore, smettetela di considerarci dei ragazzini » dice ad un tratto Mary, che fino ad ora era rimasta seduta per terra con aria disinteressata: ed è chiaro che è arrabbiata con tutto e tutti, e che se potesse distruggerebbe il mondo con le sue stesse mani.
«La ragazza ha ragione » concorda Moody, con convinzione. «Abbiamo bisogno di più persone fidate possibili, soprattutto adesso che non possiamo fidarci di nessuno. Trapelano continuamente informazioni, e non sappiamo chi o come. È stato un caso che Potter ed Evans si siano trovati proprio a Diagon Alley quel giorno? Io non credo… ci vuole vigilanza costante! »
«Ma non lo sapeva nessuno » dice Remus, scuotendo la testa. «Nessuno eccetto noi sapeva del compleanno di Sirius. E se sapevano di Diagon Alley, allora avrebbero dovuto sapere anche che eravamo a casa dei Potter. Perché non ci hanno attaccato a Godric’s Hollow? Sarebbe stato più facile, se davvero volevano Lily e James. »
«Esattamente come non potevano sapere che venerdì io, Gideon e Fabian avevamo deciso di far ronda in Hugsbridge Road, però ci hanno attaccati » annuisce Dorcas. «Eppure lo sanno. Lo sanno sempre. »
«Non è più il problema di una singola spia, come avevamo ipotizzato all’inizio » continua Gideon, e parlando si affianca a Dorcas, spalla contro spalla, arancione contro argento intenso in uno strano contrasto quasi magico. «È tutto il sistema che sembra cospirare contro di noi. Tra un po’ anche i muri parleranno… »
«Siamo stanchi, ragazzi, ecco tutto » dice Fabian, e anche lui si unisce ai due formando il classico trio che siamo sempre abituati a vedere. «Non riposiamo da giorni, siamo sempre sotto pressione e adesso diventiamo paranoici. Ma non dobbiamo perdere la speranza, non dobbiamo permetterci di sentirci braccati, altrimenti… »
«Ci serve un piano » abbaia Moody. «Bisogna agire, ed essere sempre vigili. Albus, quello che ti dicevo l’altro giorno, anche Charlus conviene che… »
Ma Silente lo  interrompe con un gesto pacato, sollevando le sue lunghe dita. «Ne parleremo tra un minuto, Alastor. Ma prima, vorrei che i ragazzi tornassero a casa a riposare. »
«Cosa? Ma perché? » protesta animatamente Sirius. «Anche noi vogliamo sapere cosa possiamo fare. Anche se siamo ad Hogwarts, questo non vuol dire che la cosa non… »
«Intendo tutti i ragazzi, signor Black » precisa Silente, bonariamente. «Dorcas, i signori Prewett, e anche Marlene e Dedalus: adesso voglio che tutti voi andiate via da qui, e che riposiate. I tempi bui sono appena cominciati, e noi non dobbiamo farci trovare impreparati. »
«Ma i Mangiamorte non riposano, Silente » sorride Dorcas, con tono di sfida.
«E converrai con me che è anche per questo che noi siamo diversi, vero? » sorride anche Silente. «Una cosa giusta è stata detta, stasera: non si viene sconfitti quando si perde, ma quando si ha paura. Dobbiamo ricordare come non averne. »
«Ti ha fregata ancora una volta » ridacchia Gideon, prendendo la sua amica per un braccio e tirandola verso l’anticamera dell’Ordine. «Andiamo, alla cinquantaduesima ora senza dormire sei davvero intrattabile. »
«Professore, ma anche io? » sussurra Marlene. «E se qualcuno sta male…? »
«Tutti. Lasciate il lavoro a noi vecchi, per questa sera. »
«Oh, quindi posso andare anche io? » cinguetta candidamente Charlus. «Bene, bene, perfetto! »
«Resta dove sei, Potter » lo minaccia Moody.
«Prima che andiate, però… » ci ferma un attimo Silente, e questa volta il suo sguardo è tornato serio e penetrante da dietro gli occhiali. «Già una volta vi ho dato la possibilità di decidere, ma voglio farlo di nuovo: mancano tre giorni alla fine delle vacanze di Pasqua, scegliete in quale posto tornare questa sera. »
Un silenzio quasi gelido cala su noi nove: se ripenso al clima sereno e allegro che c’era all’inizio, mi viene voglia di chiudere gli occhi e stendermi sotto un mucchio di terra e aspettare che il sole sorga e tramonti molte, molte volte. Quando siamo partiti, eravamo uniti come una cosa sola: adesso, frantumi e crepe invisibili ci dividono in una maniera che sembra quasi insormontabile. Io e James non ci rivolgiamo la parola, James sostiene che non perdonerà mai Sirius, Sirius non riesce a perdonare Peter; Remus è vinto dai sensi di colpa, Emmeline dall’impotenza, Peter dalla sensazione della sua inutilità: Alice e Mary non si guardano neanche negli occhi, e tutto sembra andare allo scatafascio. E allora penso che Silente e Dorcas e tutti loro, in fondo sbaglino: la sconfitta non è perdita e non è paura; semplicemente, è distruzione.
«Andiamo a Godric’s Hollow » decreta James, parlando per tutti: nessuno trova da ridire, e così silenziosamente segue Dorcas ed esce dalla stanza dell’Ordine. Uno dopo l’altro, tutti noi lo seguiamo: anche se alcune battaglie sono destinate ad essere perse, si può vincere qualcosa se c’è qualcuno di abbastanza bravo nel rimettere insieme i pezzi. Ed io so che in questo nessuno è meglio di James Potter.
 
 
 
 
 
Prima di andare, a Dorcas, Gideon e Fabian spetta l’incombenza di accompagnarci a Godric’s Hollow, anche se ci smaterializziamo fin dentro il salotto: credo che qualcuno dell’Ordine ritenga che Voldemort possa attaccarci di nuovo da un momento all’altro; ma io so che non è così: lui aspetterà il tempo necessario perché il dolore attecchisca bene, prima di riprovarci.
 Anche questa stanza è in penombra –con la luce dei lampioni che entra dalle tendine chiuse e qualche candela accesa nel corridoio- ma questa casa è così bella che non riesco proprio a sentire un’ atmosfera lugubre, anche se il nostro atteggiamento è abbastanza funereo. Il salotto è molto piccolo per contenere dodici persone: ma adesso che nove di queste si odiano, è semplicemente impossibile riuscire a stare tutti nella stessa stanza.
«Sono proprio contento di avere la serata libera » esclama Gideon in tono leggero, stiracchiandosi la schiena come se fosse un gatto. «Anche se effettivamente è già quasi l’una… abbiamo del cibo a casa, vero Dor? Sto morendo di fame! »
 Lei lo incenerisce con gli occhi –anche se, adesso che la conosco almeno un pochino, mi rendo conto che non è seria. «Non abbiamo mai cibo a casa, perché tu non fai altro che mangiare » lo rimbecca.
«Vorrà dire che ruberemo qualcosa ai Jonson » sorride Fabian, in maniera paurosamente malandrina.
Mentre quei tre parlano animatamente –con Dorcas che cerca di tenere a bada entrambi i fratelli, riuscendoci perfettamente- io realizzo che non mi sono mai chiesta prima dove vivessero o cosa facessero quando non sono all’Ordine o quando non fanno gli Auror: ma visto il modo in cui sembrano parlare, camminare o anche solo respirare in simbiosi, avrei dovuto capire che vivevano anche nella stessa casa.
«Anche se andrò a letto senza cena, non invidio quelli del quartier generale » sta dicendo Gideon. «Rimarranno svegli fino all’alba o giù di lì, proprio come ieri sera e la sera prima ancora. »
«Ma cos’è che stanno preparando? » domanda Remus, esprimendo a voce una cosa che tutti pensavano. «Prima Moody ha parlato di qualcosa… un’idea… »
I due fratelli si guardano a vicenda, chiedendosi telepaticamente cosa dire. Dorcas invece risponde senza porsi nessun problema. «Moody vuole attaccare i Mangiamorte. »
«Cosa??? » esclama Alice, saltando sul posto –e questo sembra costarle un certo sforzo. «Ma è una follia! Siamo troppo pochi, e loro… »
«Sì. È per questo che lui e Charlie stanno progettando un piano combinato: formalmente saranno gli Auror a  muoversi, ma ci saranno anche i membri dell’Ordine ad ingrossare le fila. »
«Moody sostiene che devono sapere che anche noi siamo pronti a tutto. Ma Silente non sembra molto d’accordo, comunque » interviene anche Fabian. «L’altra notte li ho sentiti bisticciare. Moody diceva che da quando ha affrontato Grindelwald non è più lo stesso, o qualcosa del genere. »
«Silente ha ragione » dice Remus, scuotendo la testa. «Se iniziamo a rispondere a tutto ciò che fanno, sarà una strage… »
«Non saprei. Il morale dell’Ordine è davvero molto giù » ci spiega Dorcas, accavallando le lunghe gambe fasciate nei pantaloni di pelle. «Non ci siamo mai del tutto ripresi da quando Dorea se n’è andata. E le cose orribili che stanno succedendo negli ultimi giorni… forse ci serve agire. »
«Io non ne posso più di stare con le mani in mano » afferma energicamente Gideon.
«Se fanno qualcosa, io voglio esserci » dice subito Sirius, sollevando le braccia. «Ci chiameranno, vero? Noi dobbiamo partecipare! »
«Silente non lo permetterà » taglia corto Mary, con tono seccato. «E meglio che te ne fai una ragione, Black. Possiamo quasi essere uccisi, ma non possiamo fare nulla di pratico, perché siamo ancora troppo giovani. »
«E Silente ha ragione » dice inaspettatamente Emmeline, serrando le labbra e guardandoci in una maniera così determinata da sconvolgerci –lei, che di solito è sempre dolce e infinitamente gentile. «Dopo quello che abbiamo appena passato, parlate già di ributtarvi in guerra? Io non vi capisco… » dice tristemente, e la sua voce di solito armoniosa adesso è molto simile ad un singhiozzo. «Non potremmo almeno finire la scuola in pace, tutti insieme, senza essere uccisi o torturati? Vi dispiace così tanto l’idea? »
«Emm… » le fa Alice, che probabilmente vorrebbe abbracciarla ma è troppo stanca per riuscire a muoversi.
Quando si rende conto che tutti gli occhi sono su di lei –anche Mary per una volta non ha niente da ribatterle- trasalisce di colpo e le sue guance si colorano di un rosa intenso. «No, scusatemi » dice immediatamente, sistemandosi i capelli dietro le orecchie e ricomponendosi con un piccolo sorriso elegante. «Sono stata inopportuna, davvero. Scusatemi tutti »
«Non devi scusarti » la rincuora Fabian. «Siamo tutti tesi ultimamente. È normale. »
«Sì » pigola Emmeline,  «Credo che andrò a dormire un po’. Scusatemi » dice con voce mesta, facendosi largo fra tutti per riuscire a raggiungere le scale: quando passa accanto a Remus, riesco quasi a vederlo allungare una mano verso di lei, come per fermarla o abbracciarla; un secondo dopo, però, sembra lasciar perdere e fa scivolare il braccio lungo un fianco, serrando le dita: anche al buio potrei vedere la delusione che riempie i suoi occhi dorati.
Quando Emmeline ci lascia, l’atmosfera si incrina e l’aria sembra diventare troppo pesante per tutti: improvvisamente, provo una sensazione di claustrofobia simile a quella che ho sentito al quartier generale, e un silenzio gelido cala nel piccolo salotto confortevole, immobilizzandoci tutti.
Non devo essere la sola a sentirlo, perché Mary è la prima ad uscire. «Vado a fare una doccia » annuncia solamente, prima di salire le scale con passi pesanti. Il secondo dopo, anche Sirius va via, uscendo dalla porta: lui non si prende il disturbo di annunciare nulla, ma io so che trascorrerà l’ennesima notte nella foresta solo per non dormire con James.
«Hai bisogno di riposare, Alice » mormora delicatamente Frank, e i due vanno a rifugiarsi in una camera al piano di sopra: mi chiedo vagamente se anche in situazioni come queste il loro amore possa bastare.
Ben presto, anche Peter scompare. Dorcas e i ragazzi osservano il nostro esodo in silenzio, ma con occhi attenti; adesso che siamo in pochi, la stanza mi sembra ancora più stretta: ma quando faccio per uscire, i miei piedi non me lo permettono. Dove dovrei andare?, e automaticamente i miei occhi finiscono su James.
Anche lui sembra molto stanco, anche se non quanto suo padre. Con un sospiro, posa la bacchetta e il portafogli sul tavolo e si sgranchisce la schiena. «Forse ho bisogno di una doccia anch’io. »
«Hai bisogno di dormire, come tutti noi » lo contraddice Dorcas, avvicinandosi a lui di qualche passo e ammiccando con aria sapiente. «Ma immagino che tu non possa farlo, fino a quando voi nove non farete pace, vero? »  
In un secondo, lo sguardo di James si posa su di me: è più un riflesso che un movimento cosciente, ma i suoi occhi sono così incredibilmente grandi da dietro gli occhiali, e hanno un colore così familiare e confortevole che è difficile non trasalire. Eppure, mi sforzo di rimanere impassibile. «Sai come la penso, James » dico tra i denti.   «Io non posso accettare il modo in cui ti sei comportato con me, e soprattutto non posso accettare ciò che hai detto a Sirius. »
«E io non posso accettare quello che lui mi ha fatto » sibila freddamente, e il suo volto immediatamente si indurisce. «Se Silente non fosse arrivato… hai provato a pensarci? Hai provato a pensare a cosa sarebbe potuto succedere? »
«Ci penso ogni notte » dico, anche se in un certo senso non sono del tutto sincera: ciò che rivedo costantemente nei miei incubi, quando chiudo gli occhi, non è la luce verde dell’Avada Kedavra ma il modo feroce e bestiale in cui James mi stava guardando. E questa sarà una cosa che mai e poi mai potrò dimenticare.
«Beh, io ci penso ogni secondo, ogni istante » esclama James, con un misto di disperazione e rabbia condensate. «E il fatto di non riuscire a ricordare bene niente lo rende ancora peggio! Io so solo che ci sono andato così vicino, così vicino… e Sirius non ha fatto nulla per fermarmi. »
«Sirius ha fatto tutto il possibile! Tutto quello che era nelle sue possibilità, fino all’ultimo secondo! »
«Non tutto. Non tutto » scandisce James, e il modo in cui si gira nella mia direzione per affrontarmi –e affrontare la questione per l’ennesima volta- mi inchioda. «Non. Tutto. »
«Tutto il possibile » ripeto invece. «Sirius non poteva ucciderti, James! Non avrebbe mai potuto pugnalarti alle spalle! Riesci a capirlo o sei così testardo e ottuso da non farti entrare in testa neanche questo? Sei la sola famiglia che ha… »
«Se davvero mi vuole bene come dice, se davvero si considera mio fratello, allora avrebbe dovuto scegliere il meglio per me. E invece è rimasto immobile a lasciare che ti uccidessi: come puoi, proprio tu, schierarti dalla sua parte in questo modo? »
Remus fa un piccolo passo nella nostra direzione, tendendo le mani in segno di pace. «Non litigate adesso… non abbiamo bisogno di questo… » prova a dire, con voce mesta.
Ma io lo ignoro: ignoro il mio migliore amico, e ignoro il fatto che Dorcas, Gideon e Fabian ci stiano ancora guardando. Ignoro la mia stanchezza degli ultimi giorni e ignoro la consapevolezza che anche James lo è: perché se la riunione di stasera è servita a qualcosa, è stato per farmi capire che il solo modo per continuare ad andare avanti non è impedire alla guerra di distruggerci, ma farci distruggere completamente. Perché solo in questo modo qualcuno potrà rimettere insieme i pezzi e permettere di rialzarci: e quel qualcuno, per noi, è James.
«Tu non c’eri » soffio, in maniera quasi cattiva. «In quel momento non c’eri davvero, non sai cosa è successo o quello che abbiamo provato! Non lo sai, non puoi saperlo: tu non hai visto Sirius tentare di uccidere il suo migliore amico –suo fratello!- con un pezzo di roccia in mezzo alle macerie. Tu non hai visto la sua faccia… ma io sì. E sono stata io a dire a Sirius di non essere salvata, sono stata io a chiederglielo! Riguardava la mia vita ed è stata una mia decisione! »
«Ma non era una tua scelta! » urla James, che improvvisamente esplode sul posto: si passa una mano tra i capelli in maniera disperata, quasi come se volesse strapparsi via tutta la testa dal collo per non sentire più nulla. «Tu hai questa maledetta propensione al sacrificio, e Sirius lo sa bene! Lo sa! Non era una tua scelta! »
«E non era neanche una tua scelta! Era una scelta di Sirius, e di Sirius soltanto, e tu non hai nessun diritto di contestarla o di arrabbiarti con lui se ha scelto di salvarti la vita! »
«Ma a che prezzo, Lily? Non mi stava salvando, mi stava condannando ad un inferno sulla terra! » sbotta, e colpisce il muro con un pugno fortissimo, come se questo potesse in qualche modo essere di aiuto. «Ma lui a questo non ha pensato, non ci ha pensato affatto! Voi cosa avreste fatto? » chiede disperatamente, voltandosi verso Gideon e Fabian come se volesse quasi sfidarli. «Al mio posto, voi, non pensereste lo stesso? »
Inaspettatamente, i due fratelli sobbalzano e si guardano di sottecchi con espressione contratta: Dorcas li osserva con la mascella serrata, e per un solo secondo nei suoi occhi quasi bianchi mi sembra di scorgere un barlume di tristezza molto profonda, qualcosa che non ho visto in lei neanche di fronte ad Harry.
«Non è importante, James » dice pacatamente Remus, levando tutti dall’imbarazzo generale. «Sirius non poteva ucciderti, e in fondo anche tu lo sai. »
«Non fate altro che ripeterlo! Tutti quanti voi, non fate altro che ripeterlo! E non capisco perché nessuno pensa mai a me: non capisco come pensate che avrei potuto continuare a vivere, sapendo di essere il responsabile della morte della cosa più importante della mia vita. »
Il tono infuriato che avevo preparato scema di scolpo, come trasportato dalla corrente. Io guardo James desiderando poterlo abbracciare o schiaffeggiare o fare tutte e due le cose insieme, e quando parlo la mia voce è solo molto triste. «Sei tu che non pensi a lui. Non fai altro che ripetere che incubo sarebbe stata la tua vita: e sì, tu avresti ucciso una persona che ami… ma anche lui lo avrebbe fatto, e tu a questo non hai pensato. Volevi cosa? Che Sirius condannasse se stesso? Non è giusto. »
«Io volevo solo che lui facesse la scelta giusta! » urla per l’ennesima volta James, come impazzito dal dolore. «Volevo solo che non scegliesse la tua morte, volevo che non condannasse me e soprattutto volevo che non condannasse la nostra amicizia! È questo quello che volevo! »
«Non spettava a te decidere in quel momento, spettava a Sirius » ripeto stancamente, cercando di farlo ragionare. «Credi che non lo sapesse, che se davvero fosse successo qualcosa non gli avresti mai più rivolto la parola? Eppure ha scelto comunque, perché per lui la tua vita conta più di tutto il resto. Non puoi giudicarlo per questo. »
«Se Silente non fosse arrivato… »
«Ma Silente è arrivato, James » gli faccio notare. «E questa volta è andata bene. Poteva andare peggio… ci saranno volte in cui andrà peggio, perché questa è una guerra e noi stiamo perdendo, non lo hai notato?. Ogni istante della tua vita, quando saremo usciti da Hogwarts, correrai il rischio di perdermi. Ma tu sei fortunato… perché nonostante questo, hai comunque un fratello. E adesso tiri fuori tutte queste stronzate sul non perdonare più Sirius, solo perché ti ha protetto! » dico, indicandolo con un dito e scrutandolo con occhi arrabbiati, lasciando che i capelli mi ricoprano in maniera disordinata il viso. Mattoncini di rabbia e odio si accumulano l’uno sull’altro, costruendo un castello che tra poco andrà in frantumi: perché diavolo James non capisce? Perché non riesce a rendersi conto del potere che ha, e del fatto che lo sta sprecando? «Non ti sopporto, Potter! Se io perdessi te, se tu morissi, io non avrei più nessuno! E se Sirius perdesse te… neanche lui avrebbe più nessuno! Lo capisci, adesso? Tu non hai nessun diritto di criticare la nostra scelta, nessuno! » gli urlo addosso, e in un atroce momento mi rendo conto che potrei mettermi a piangere da un momento all’altro e che la mia gola è serrata da un groppo che non riesco a mandare giù.
James mi guarda con gli occhi spalancati e le mani sospese a mezz’aria, come se la sua stessa rabbia lo avesse abbandonato a metà e avesse lasciato solo uno scheletro vuoto; i suoi occhi mi scrutano a fondo e in maniera penetrante ed io sono costretta a voltargli le spalle perché non voglio che si accorga di quanto sono ferita e infuriata e nervosa e di quanto sono stata incredibilmente… spaventata.
«Vado a vedere come sta Alice » borbotto soltanto, anche se le mie parole suonano stupide e false perfino a me stessa. «Buonanotte Remus, e anche a voi ragazzi… »
I miei passi mentre salgo le scale sono pesanti, e piccoli spifferi entrati da finestre immaginarie mi pungono la pelle da sotto la maglietta: ed è solo adesso, che non so dove andare, che realizzo che il mio posto negli ultimi mesi è sempre stato James .
 
 
 
 
***
 
L’aria della notte è fresca a piacevole qui a Godric’s Hollow. Questa è una delle poche gioie degli ultimi giorni: correre liberamente nei prati e sentire il richiamo dei gufi o il modo in cui la natura prende silenziosamente vita quando il sole cala è uno dei pochi modi che ho per dimenticarmi di James o di Peter; il dolore pulsante che sento lungo la gamba ad ogni passo e ad ogni falcata mi impedisce di concentrarmi su tutto il resto. Quasi tutto: perché non importa quanto lontano vada o quanto lontano possa correre, c’è un’unica singola immagine che mi invade il cervello e che, per quanto ci provi, non riesco a scacciare. Ed è il viso di Lily Evans –i suoi maledettissimi occhi verdi ed enormi- quando mi ha implorato –supplicato- di non uccidere James: come se avessi bisogno di una scusa per non farlo, mi dico con un sospiro.
C’è così tanta rabbia dentro di me –così tanto odio- che vorrei prendere il responsabile e ridurlo in poltiglia con le mie stesse mani: ma non è James e non è Peter, e forse dopotutto non è neanche Voldemort. Forse, tutto sommato, è semplicemente me stesso la persona con cui ce l’ho.
Un rumore mi fa sobbalzare, e i miei sensi si allertano all’istante: in una frazione di secondo ho già estratto la bacchetta dai pantaloni, e fiuto l’aria fresca della notte per cercare di capire. Sono fruscii e spostamenti lenti… potrebbe essere….
«Mary? » esclamo, aguzzando la vista al buio: sono sicuro di non sbagliarmi comunque, sia perché ho un’ottima vista canina anche da umano e sia perché riconoscerei la sua sagoma ovunque, ormai. «Che ci fai qui da sola la buio? »
«Lumos » dice giustamente lei, e all’improvviso un raggio di luce mi colpisce in viso, accecandomi. «Sirius, ma si può sapere che diavolo fai? Per un attimo ho pensato… »
…che i Mangiamorte fossero tornati a prenderci, leggo tra le righe. Perché dopotutto è questo quello che fanno, no? Lasciano che la paura si istilli nel cuore delle persone, goccia dopo goccia fino a corroderle e a consumarle.
«Tu che diavolo fai » obietto, osservandola con un sopracciglio inarcato: indossa una tuta da ginnastica nei colori rosso-oro e regge con una mano una pluffa come se fosse un macigno da lanciare da un momento a un altro.  C’è mancato poco- penso tra me e me: solo qualche altro secondo, e mi sarei trasformato, e allora lei avrebbe scoperto il nostro segreto. Beh… sempre se un noi esiste ancora.
«Beh, in camera c’erano Frank e Alice » mi spiega lei, abbassando un po’ la bacchetta e ricomponendosi. «Sicuramente stavano solo parlando » precisa con un risolino «ma non mi andava di entrare e interromperli. Così ho pensato che mi avrebbe fatto bene allenarmi un po’, ed eccomi qua. »
«Stavi solo evitando Alice » la provoco schiettamente, sedendomi di fronte a lei sull’erba.
Mary rotea gli occhi al cielo. «Quello sei tu: guarda che lo sappiamo che esci ogni notte solo per non dover stare con James. »
Stringo le labbra, e per un attimo penso di risponderle male: ma poi la guardo –guardo il suo viso tranquillo e gli occhi brillanti e il modo in cui tutto in lei sembra vivo e pulsante; se faccio attenzione, riesco quasi a sentire il suono del suo cuore contro al petto e il battito accelerato della carotide sotto la pelle abbronzata del collo- e improvvisamente decido che per una sera posso anche lasciar perdere.
«Tu dovresti capirmi, no? » le chiedo sinceramente.
«No. Io non biasimo Alice per quel che è successo, né sono arrabbiata con lei » dice Mary, facendo scivolare la pluffa lungo tutto il braccio e poi afferrandola con una mano sola. «Ma non ho intenzione di dirglielo » sorride «perciò quando lo capirà da sola e la smetterà con i suoi schiocchi complessi, tutto tornerà come prima. »
Io resto seduto senza niente da dire, strappando ciuffi di erba dal prato con aria decisamente truce: la gamba mi fa ancora maledettamente male anche se non faccio altro che bere fiumi e fiumi di decotto che Mckinnon prepara per me, e una vocina della mia coscienza mi dice che forse dovrei dirle che la notte non faccio altro che correre, anche se in forma non propriamente umana.
«Neanche James dovrebbe avercela con te » dice Mary, mentre si tocca la punta dei piedi con le mani: i capelli cortissimi le ricadono un po’ davanti agli occhi, ma riesco a vedere uno scorcio di pelle abbronzata sotto lo scollo della maglia. «E tu non dovresti avercela con Peter. È tutto incredibilmente stupido… »
«Non so come puoi essere così tranquilla, Macdonald… »
«Io non sono idealista come Lily, e non sono innocente come Emmeline o romantica come Alice. »
«E come sei allora? »
«Sono solo realista. Siamo in guerra, sapevamo che cose del genere potevano succedere da un momento all’altro. Il capitano… il suo problema è che vorrebbe salvare tutti quanti. Ma questo non si può » sentenzia, con il fiato un po’ corto per i troppi piegamenti. «Gli passerà appena avrà superato lo shock, lo sai… »
«Tu sembri sempre sapere cosa pensa James » le dico, adoperando lo sguardo malizioso migliore che riesco a tirare fuori. «Hai qualcosa da confessare, per caso? »
  «Abbiamo dei precedenti in passato, ma non del genere che pensi tu, Black » ridacchia Mary. «Dovresti sapere che sei il mio preferito. »
«Su questo non avevo dubbi. »
«Non dovrebbe essere così scontato » sorride ancora lei. «Specialmente in un momento come questo… »
Qualcosa nel tono della sua voce mi fa capire che improvvisamente il discorso sta diventando serio. «Che intendi dire? »
«È questo il motivo per cui tutti stiamo litigando dopotutto, no? È una questione di scelte: ci siamo illusi di essere una famiglia, in tutti questi mesi. Ma c’è una cosa che la guerra sta facendo emergere: che non noi abbiamo un legame di sangue, era solo un incantesimo creato da James per tenerci uniti. E adesso forse funziona, ma non durerà per sempre, e credo che anche il Capitano pian piano se ne stia rendendo conto. »
«Ma è proprio questo che ci rende migliori » dico con fermezza, e non serve neanche impegnarmi perché i ricordi della mi orrenda, buia infanzia vengano a galla: la sola forma di amore che è conosciuto mi è stata data da genitori che ho incontrato a sedici anni, e che non mi avevano mai visto prima. «Le famiglie fanno schifo. »
«Sì, immagino di sì. Ma non avere un cognome che ti unisce implica anche delle scelte » spiega Mary, senza mai perdere il suo tono leggero: con un movimento aggraziato si lascia scivolare per terra e piega in busto completamente in avanti. «Noi non abbiamo rapporti di sangue, e questo ha fatto in modo che si creassero altri legami: nella nostra famiglia ci sono persone che amano altre. È così per Alice con Frank, è così per Lily e James. E adesso tutti si preoccupano perché queste cose sono venute alla luce: è per questo che Alice non mi rivolge più la parola, no? Ma io l’ho sempre saputo… ho sempre saputo di non essere la scelta di nessuno. »
«Anche io sono la scelta di nessuno » e all’improvviso mi sembra quasi di riuscire a sentire sulla lingua il sapore atroce del dolore e della gelosia, quando guardavo James con complicità ma la sola cosa che ottenevo era di vedere i suoi occhi innamorati, e questo aveva in potere di distruggermi. «Perché credi che ci abbia messo tanto ad accettare di vedere insieme Lily e James? Io lo sapevo… sapevo che quando anche lei lo avrebbe amato, io avrei smesso di essere la sua prima scelta. O forse, in un certo senso, non lo ero già. » »
«Non ti indorerò la pillola, Black. Ho visto James fare pazzie per Lily, e l’ho visto difenderla anche quando gli aveva spezzato il cuore. L’ho visto fare cose, solo per amore, che non avrei mai creduto possibili » mi dice, in un momento di strana, totale immobilità. Le sue braccia si sono fermate a mezz’aria e se mi concentro bene, riesco a vedere una piccola gocciolina di sudore scivolarle sulla nuca nuda, e poi giù sull’incavo del collo, verso le clavicole. «Pensavo che essere te fosse molto triste » mi dice, quasi in un bisbiglio. «Ma è stato Remus a farmi capire che non era così. »
Inarco un sopracciglio. «Remus? MacDonald, hai decisamente troppi intrecci con noi Malandrini. »
«Oh, il nostro è stato un recente incontro notturno » ghigna lei, ma dura pochissimo. «Io non capivo, che si potesse scegliere una persona anche senza essere la sua prima scelta e che si potesse essere felici di questo. Ma se c’è una cosa che tutto quello che è successo mi ha insegnato, è che l’importante non è che qualcuno ci scelga, ma avere qualcuno da scegliere sopra tutti gli altri. E quello che James per te è esattamente questo… »
Mi schiarisco la voce, indeciso su come continuare questo discorso e la strana piega che ha preso: la parte più virile di me mi comanda di alzarmi e scappare via –o in alternativa di afferrare Mary e baciarla- eppure c’è un altro pezzo che desidera stare esattamente dove sono adesso.
«Io non posso dire di essermene fatto una ragione, ma ci sto lavorando » e capisco che è nel momento stesso in cui le parole escono dalla mia bocca che le sto realizzando per la prima volta. «E quello che è successo ha insegnato qualcosa anche a me. Non dirlo alla Evans ovviamente » mi affretto a precisare, «ma sai?, sono quasi contento che sia lei la prima scelta di James. »
Lei spalanca gli occhi in una maniera quasi innaturale, ma io non ci faccio caso: se avessi visto anche tu il modo in cui mi ha implorato –supplicato- di lasciare che James la uccidesse, per salvargli la vita, non saresti così sorpresa. Ma nessuno lo saprà mai, compreso James: in compenso, io lo ricorderò per sempre. Perché prima di tre giorni fa credevo che, nonostante tutto, il fidanzamento di quei due non potesse mai essere davvero equilibrato: James aveva fatto troppo, e sempre, con costanza, per un tempo così lungo. Ma ecco ciò che Lord Voldemort mi ha insegnato davvero, con la sua seconda sfida: che Lily Evans ama James Potter di un amore che mai avrei creduto potesse esistere.
«Non so se mi stupisca più questo » mi prende in giro Mary «o come Lily ti ha difeso l’altro giorno, contro James. Non ci avrei mai creduto, se non lo avessi visto con i miei occhi. Forse anche su James, mi sbagliavo. »
«Che vuoi dire? »
«Che il suo incantesimo è più complesso di quanto immaginavo » sorride con semplicità.
Gli occhi di Mary –di una tonalità forte e decisa di castano scuro- sono enormi e limpidi alla luce della luna. «Forse vale anche per te, no? »
«Oh, Sirius, non fraintendere il mio discorso » civetta lei, riprendendo immediatamente a muoversi: con movimenti agili ed esperti, lascia che la pluffa giri in equilibrio sulle dita, in un movimento circolare quasi ipnotico. «Essere amati o essere scelti, amare e scegliere… tutto questo è sicuramente molto bello, ma è così incredibilmente doloroso. Lo vedi anche tu, no? Ne sono usciti tutti distrutti. Non fa per me, non ne vale la pena: io desidero solo una cosa nella mia vita, ed è stare bene finché posso. »
La guardo. Non vorrei osservarla così tanto, lo ammetto, ma i miei occhi non fanno altro che scivolare su di lei: c’è qualcosa di ammaliante nel modo quasi felino in cui il suo corpo si tende e si muove, e c’è qualcosa in incredibilmente seducente nel fatto che lei non ne sia consapevole. E sarà l’atmosfera strana di questa sera, sarà che quello che ci è successo ci ha reso tutti un po’ più malinconici, sarà per quello che abbiamo appena detto o per il modo in cui la luna illumina il suo profilo di traverso… ma per un attimo ci penso, a come sarebbe se io e lei fossimo state due persone normali; se io non fossi completamente incapace di amare e se lei fosse una ragazza come tutte le altre, chissà se avremmo potuto essere due prime scelte mancate, insieme.
«Sirius » mormora Mary, e il suo tono è estremamente allusivo. «Perché mi guardi così? »
Non le rispondo subito: aspetto giusto il tempo necessario che impiega il mio lato virile a ritornare indietro dal suo nascondiglio buio e a riprendere energicamente il controllo. Nella mia mente prendono forma, istintivamente, un centinaio di proposte diverse –nessuna che Remus approverebbe, sia chiaro. «Sai, potremmo… »
Qualcuno si schiarisce la voce.
Io e Mary, all’unisono, sobbalziamo sul posto e a lei scivola la pluffa dalle mani, rotolando dolcemente per terra. Con aria imbarazzata, James entra nel nostro piccolo campo di luce e si piega per afferrare la palla: maledizione, ero così distratto da non aver neanche sentito i suoi passi.
«Scusate » esordisce lui, passandosi una mano tra i capelli e vergognandosi un po’. «Non volevo interrompervi. »
«Stavamo giusto parlando di te, capitano » sorride allegramente Mary, che riesce ad alzarsi con un solo movimento fluido.
«Ah sì? » borbotta lui. «E cosa dicevate? »
«Che sei un ottimo mago, e fai delle grandi magie » dice enigmaticamente, piegando la testa nella mia direzione per farmi un occhiolino che sa di complicità. «Beh, io mi sono allenata abbastanza per questa notte. Rientro in casa! »
«Mary! » la blocca James, passandole la Pluffa con un tiro secco ancora prima che lei possa girarsi. «So che non sono affari miei, ma… tu ed Alice dovreste parlare, sai? Io credo che lei voglia chiederti scusa, è solo che non sa come farlo. »
Mary alza gli occhi al cielo. «Quella ragazza è così melodrammatica » borbotta, ma non sembra davvero seccata. «Cercate di non picchiarvi troppo forte, voi due! » si congeda, prima di sparire nel buio. Io rimango immobile a guardare lo spazio in cui prima c’era lei per un’altra manciata di secondi, prima che l’oscurità risucchi il suo contorno indistinto e il suo profilo sfocato.
Poi guardo James. «Da quanto tu e Alice Prewett siete così in confidenza? » dico a bruciapelo.
«Buffo » replica lui, abbozzando un sorriso. «Stavo proprio per chiederti la stessa cosa, con Lily. »
E so esattamente a cosa si sta riferendo. È stato quello stesso giorno –il mio maledettissimo compleanno- pochissime ore dopo l’accaduto, non appena esserci smaterializzati in casa: io e lui abbiamo cominciato a litigare e Lily si è messa letteralmente in mezzo tra noi, schierandosi –inaspettatamente- a mio favore e con una veemenza tale da sorprendere tutti i presenti.
«So che ha fatto tutto da sola » si affretta a precisare James, che come al solito segue il filo dei miei pensieri. «E so che è stata lei a chiederti di non uccidermi. So anche che lo avresti fatto comunque, nonostante il suo spirito di sacrificio. »
James si siede nel punto esatto in cui fino a pochi minuti fa c’era Mary, ed io non posso evitare di fare un paragone. C’è qualcosa in lei che mi piace, e c’è qualcosa in lei che mi attrae: c’è qualcosa che mi allontana inesorabilmente e qualcos’altro che invece mi spinge a tornarci. Ma che ci sia James qui, seduto con me in una notte come questa, mi sembra la cosa più normale del mondo –e quasi mi dimentico del tempo fino a prima del suo arrivo.
«Ti sbagli su Lily » decido di dire, perché non riesco a farne a meno. «Quando lo chiami spirito di sacrificio… ti sbagli, non è così. E se tu la avessi vista, James, lo sapresti: quello non era un sacrificio. Non si stava immolando, non stava rinunciando. Stava combattendo » le mie parole suonano assurde perfino alle mie orecchie. Ma le devi questo e altro, Sirius – mi ricorda la voce della mia coscienza. «Io credo che lei abbia un grande potere. »
«Quale? » mi domanda James, con un sorriso appena accennato sulle labbra.
L’amore –vorrei rispondere, ed è una cosa che ho capito solo adesso: credevo che Lily Evans non fosse capace di amare; l’ho creduto per quasi sette anni, mentre la guardavo crescere e ignorare completamente i sentimenti così ovvi e sinceri e spassionati di James. Credevo che in suo cuore, in questo, fosse come il mio –un po’ rotto e incapace di funzionare bene: invece mi sbagliavo. È questo il suo più grande potere: è amare  al di sopra di se stessa, e in una maniera tale da riuscire a rinunciare a tutto, compresa la propria vita. Merlino, Remus aveva ragione: Lily Evans è… beh, buona.
«Non te lo dico »  rispondo invece, guardando James con occhi di sfida.
Ma lui non è venuto qui sul piede di guerra, l’ho capito non appena l’ho visto. E così si limita a passarsi una mano tra i capelli, guardandomi intensamente da dietro gli occhiali. «Non so se hai ragione oppure no su di lei » dice sinceramente. «Lily è un mistero che neanche io riesco mai a capire del tutto, e anche questa volta credo di aver sbagliato, con lei: è che ha l’aria di essere così forte e imperturbabile e determinata che alcune volte dimentico che è una ragazzina, proprio come tutti noi. »
«Farete pace come al solito » borbotto. «La Evans strillerà ancora, ma ti perdonerà. Dovete solo parlare. »
«Sì » annuisce James, stringendosi nelle spalle. «Ma prima volevo parlare con te. E chiederti scusa. »
Nonostante la naturalezza con cui lo dice, io non riesco a non sobbalzare un po’: ho rischiato di uccidere te e ho rischiato di uccidere la donna che ami –non dovresti essere tu a chiedere scusa. Era questo che stavo facendo: combinavo l’ennesimo casino. «Non serve, James. »
«Sì invece » dice animatamente lui. Il suo petto si alza e si abbassa, ma c’è qualcosa di incredibilmente armonioso nel modo naturale in cui si muove o in cui sorride: non so cosa sia successo –non so se sia stata la riunione con l’ordine o cosa- ma James è tornato se stesso. Immediatamente, tiro fuori un sospiro di sollievo: avevo davvero creduto che non si sarebbe più ripreso da quello che c’era successo, che la rabbia o la paura o il sapere di essere quasi diventato un carnefice lo avrebbero fatto impazzire. Ma lui è James Potter: e Mary ha ragione, è capace di fare bellissime magie.
James si schiarisce la voce: i suoi occhi guardano un punto fisso –qualcosa che non posso vedere- e le sue sopracciglia sono aggrottate in una linea contorta. «Ci ho pensato molto, a cosa avrei fatto io se mi fossi trovato nella tua situazione. Se fosse toccato a me scegliere chi salvare, tra te e Lily… » quasi rabbrividisce, nonostante l’aria della notte sia molto tiepida. «Ho iniziato a farlo quando ero arrabbiato con te: e Merlino, ero così arrabbiato che non facevo altro che pensarci, perché volevo che la risposta fossi tu. Ma non ci sono mai riuscito, a scegliere: adesso credo che avrei preferito la mia stessa morte, che avrei trovato un modo per farla finita prima di poter decidere. È una cosa da codardi, lo so » sorride lui, con una sincera semplicità. «Tu invece hai avuto coraggio… almeno tu hai scelto. »
«Stavo uccidendo Lily Evans » gli ricordo, sentendomi a disagio: ad un James che si scusa con me, forse ne preferisco uno arrabbiato.
«Lo so, e non posso dire che fosse la scelta giusta » mi dice lui, arricciando un po’ il naso come fa spesso la sua versione da cervo. «Ma stavi salvando la mia vita, e questo in un certo senso riesco a capirlo. Se fosse toccato a me scegliere, sarei impazzito all’idea di rinunciare a Lily. Ma perdere te... capisco perché hai fatto la tua scelta. E all’inizio pensavo che fossi egoista, ma poi ho capito che lo sono anche Io, molto più di te. » Non appena lo dice sento il bisogno di contraddirlo –che diavolo ti passa per la testa? Io sono Sirius Black e sono l’unico abitante di un mondo che, senza di te, sarebbe deserto-  ma le palpebre di James si abbassano lentamente, e quando torna a guardarmi i suoi occhi sembrano avere la stessa consistenza dell’oro fuso.   «Io sono molto egoista, Sirius: non so se è perché sono stato per molto tempo figlio unico, o se è il modo in cui sono cresciuto, ma è così. E da ragazzini mi sembrava una cosa normale, ma quando Lily me lo urlava non riuscivo a capire cosa intendesse » dice lentamente James, ricordando il passato con un misto di tenerezza e tristezza. «Io ho realizzato di avere un lato oscuro grazie a Lily, ed è grazie a lei che sto tentando di farci i conti, e di essere una persona migliore. Ma con te non serve nascondere niente... i Malandrini non hanno mai avuto segreti, no? »
Con circospezione, mi ritrovo ad annuire. «Cosa stai cercando di dire, James? »
Lui mi sorride in maniera spontanea: i capelli gli ricadono davanti la fronte, creando un gioco di ombre su tutto il viso, ma i suoi occhi brillano di luce propria. «C’è una cosa che ho bisogno che tu mi prometta. Una cosa che voglio chiederti di fare per me, e che non dovrai mai dire a nessuno. »
  «Non hai bisogno di queste formalità, Prongs. Se hai qualcosa da chiedere, chiedi e basta » cerco di tagliare corto, ignorando l’assurdità di tutta la situazione.
James si sposta un po’, per riuscire a guardare bene la luna: all’improvviso ci ritroviamo l’uno accanto all’altro , e tutto ritorna esattamente come è sempre stato tra noi senza che nessuno abbia bisogno di dire nulla. Io non ho mai avuto certezze nella mia vita –non ho mai creduto nella mia famiglia o in Dio e non ho mai avuto fede in nulla- ma in questo sì; e  non importa quanto tempo possa passare o cosa possa succedere, io e James torneremo sempre al posto che appartiene a noi: quello in cui guardiamo avanti, spalla contro spalla.
«Io sono sempre stato sicuro di cavarmela, in un modo o nell’altro: ho sempre pensato che con tanto impegno e tanta forza di volontà si potesse ottenere tutto. Ma stanotte ho capito che in guerra ci sono volte in cui non si può contare su se stessi » dice d’un tratto James, come se fosse tutto un monologo interiore. «E poi ho capito che sono incredibilmente fortunato perché ho te, Sirius: e a te affiderei tutta la mia vita senza neanche pensarci. Ed è esattamente questo quello che voglio chiederti. »
«Ma tu te la caverai, James » gli dico seriamente, perché il solo pensiero mi è quasi inconcepibile per ragioni che neanche io comprendo. «Tu te la cavi sempre. »
«Forse, ma non è di me che stavo parlando » sorride lui, e con un tono di voce estremamente solenne si gira verso di me, fissandomi fino a penetrarmi l’anima: è come se la luna lo avesse trasfigurato in qualcosa di etereo e mistico, è come se lo avesse reso più vecchio di qualche anno solo in pochi minuti. «Io parlavo di Lily, parlavo della sua vita. Sirius, tu non sei solo il mio migliore amico o mio fratello: sei molto, molto di più per me... ed io voglio affidare a te una cosa più importante della mia stessa vita. »
«Lily Evans » mormoro, sentendone il sapore agrodolce sulla lingua.
James annuisce. «Io ho bisogno di sapere che esiste, anche in un mondo in cui io non ci sono. Perciò, se dovesse succedermi di nuovo una cosa del genere... ecco, io ti chiedo di scegliere Lily. »
«James… »
«So che non è giusto » mi interrompe immediatamente lui. «So che dovrei lasciarti libero di fare le tue scelte, e so che neanche Lily vorrebbe una cosa del genere. Ma ho bisogno che tu me lo prometta, Sirius. Ho bisogno di sapere questo, altrimenti non riuscirò mai ad affrontare questa guerra. »
Se chiudo gli occhi, riesco a sentire uno strano sussurro provenire dal centro di me stesso: è come se nel mio petto ci fossero mille ingranaggi arrugginiti che cercano di combaciare per permettermi di rimanere in vita. È una sensazione strana, quasi dolorosa, che mi impedisce di concentrarmi davvero: James mi ha offerto una nuova vita non appena mi ha conosciuto, dandomi la possibilità di diventare chi davvero volevo essere; qualche anno dopo, mi ha servito la famiglia che avevo sempre desiderato su un piatto d’argento, regalandomi un posto in cui tornare e una casa in cui sentirmi accolto. E mai, mai in sette anni, ha chiesto qualcosa in cambio: ed io non c’è niente che potrei negargli, niente. Eppure…
«Così la ucciderai, James » gli dico con sincerità, perché questo è il momento che lui sappia cos’è sempre stato e cosa è diventato. «Ucciderai Lily, e ucciderai me, ucciderai tuo padre. Ucciderai la famiglia che hai costruito con tanto sacrificio: c’è qualcuno che ha bisogno di te, per affrontare questa guerra. »
 Nell’attimo di silenzio che segue, i nostri respiri aleggiano insieme nell’aria: una linea di luce ridefinisce l’orizzonte, colorandolo di sfumature perlacee –tra un po’ sorgerà il sole e inizierà un nuovo giorno. Ho visto molte albe nella mia vita –ho una storia di notti sbronze e ore di insonnia alle spalle- ma questa volta mi sembra completamente diverso.
«Lo so » dice alla fine James, e il suo sorriso è colmo di una malinconia proveniente da un altro mondo. «Ma se sono una persona egoista, allora voglio esserlo fino in fondo... nonostante tutto. Ho preso la mia decisione, Sirius: tu sei con me? »
La voce della mia coscienza mi avvisa che sto firmando la mia condanna a morte, e sto destinando la mia intera esistenza a sprofondare in un oscurità la cui portata non riesco neanche a comprendere: eppure, mi rifiuto di ascoltarla. Questo è il mio posto, è per questo che sono nato: e se andrà male, era perché un futuro buio era esattamente ciò che la vita mi aveva destinato, prima che James ne cambiasse inesorabilmente il corso.
«Ho forse scelta, Potter? » lo prendo un po’ in giro.
Gli occhi di James si illuminano di una luce molto più accecante di quella del sole, e all’ improvviso mi sento come se ci fossero due albe in corso. Lo vedo che fa per abbracciarmi, e lo incenerisco con lo sguardo solo perché per questa notte sono stato fin troppo melenso, e adesso già me ne pento.
«Grazie » mi dice semplicemente lui, e mi sento come se l’incantesimo magico che proteggeva tutti quanti noi dalla disgregazione totale si fosse riattivato di colpo. James dondola un po’ su se stesso, poi salta su due piedi con un movimento pulito e mi tende una mano per fare alzare anche me. «Forza, muoviti » mi dice, guardandomi da sopra in giù.
«Che ti prende, adesso? »
«La notte è quasi finita, e c’è ancora una persona a cui devo chiedere scusa » mi spiega James, e con un movimento involontario si ritrova a fissare nella direzione di casa: in una di quelle stanze, Lily starà dormendo combattendo contro gli incubi di questi giorni. «Anche tu hai qualcuno con cui scusarti, no? »




 
***
 
«Lily… Lily? »
Uccidere Lily Evans. Devo uccidere Lily Evans. Uccidere Lily Evans.
«Lily, svegliati. Sono io, James. »
Scappa, Lily! Scappa altrimenti ti ucciderà! Lily!
«Lily! »
 
I miei occhi si spalancano di colpo, ed io impiego qualche secondo per riuscire a ricordare il posto in cui mi trovo. Per un attimo, vivo la spiacevole sensazione che si prova quando si cade nel vuoto- ma poi mi accorgo che c’è James vicino a me, e all’improvviso mi rendo conto di essere ben piantata a terra.
Sono seduta sul pavimento, ad essere precisi: con un movimento stanco, stiracchio le gambe intorpidite.
«Ti ho cercata ovunque » mormora James al mio orecchio, come se avesse ancora paura di svegliarmi. «Avrei dovuto capire che ti saresti nascosta qui. Perché non hai dormito sul letto? »>
«Non volevo rovinarlo » borbotto, stropicciandomi gli occhi con una mano e riprendendo il filo della realtà: sono ancora nella casa estiva di James, a Godric’s Hollow, e sono passati giorni da quando siamo stati attaccati da Voldemort; le tende bianche della stanza da letto incorniciano un cielo dai contorni sbiaditi, e anche se c’è ancora la luna mi rendo conto che non ci vorrà molto prima che il sole sorga. Questa notte ho dormito circa quattro ore: mi sembra un record molto importante.
«Lily » sussurra di nuovo James, accovacciandosi accanto a me. «Io volevo dirti… ho chiesto scusa a Sirius. Avevi ragione tu, su di lui, ma ero così egoista da non riuscire ad accorgermene. »
In pochi secondi, James risucchia tutta l’attenzione diventando di nuovo il baricentro del mio universo: e all’improvviso, il panorama fuori dalla finestra non mi sembra più tanto interessante quanto il suo viso; anche da dietro le lenti, gli occhi di James appaiono molto stanchi e molto profondi: eppure sono così arrabbiata con lui, che la voglia di abbracciarlo che ho provato in tutti questi  giorni svanisce in un angolino della mia anima.
«Sei un cretino, Potter » lo insulto, e di nuovo sento un nodo alla gola che mi impedisce di parlare come si deve. «Sei un vero idiota! E non capisci, non capisci mai! »
«Hai ragione » dice James, con semplicità. «Ero così concentrato sulla paura che ho avuto di perderti, che non ho pensato che anche per qualcun altro era lo stesso. Era così per Sirius… ed era così anche per te, giusto? »
«Tu non capisci niente, Potter… »
«Mi dispiace di non aver capito »  mormora delicatamente James, sfiorandomi le guance con la punta delle dita e mettendo al loro posto ciocche di capelli ribelli. «Mi dispiace. »
«Ero spaventata » ammetto, stringendo le labbra tra i denti per evitare di piangere e dandomi della stupida circa un milione di volte. Con un gesto arrabbiato, volto la testa dall’altro lato per evitare che James mi veda.
Ma lui si siete di fronte a me, stringendomi il viso fra le mani anche se io non voglio.  «Scusa se non me ne sono accorto, Lily. Io… tu sei una ragazza così forte, e una strega così brillante. Forse alcune volte ho così tanta stima di te da dimenticarmi che anche tu, per qualche strana ragione, mi ami. »
La prima lacrima rotola sulla guancia, e si incastra tra le dita di James: io penso che vorrei prenderlo a pugni per avermi fatta piangere e per essere stato così deficiente da fraintendere tutta la questione, ma sono troppo triste e troppo stanca anche solo per riuscire a muovermi. «Quando mi hai puntato la bacchetta contro… tu non hai idea. Non potrai mai provare una paura simile a quella che io ho provato in quel momento, mai… »
«Mi dispiace di averti quasi uccisa » sussurra lui.
«Ancora, Potter? Allora proprio non capisci » sbotto, dicendo addio ad ogni briciolo di autocontrollo che avevo costruito con tre giorni di duro lavoro. «Non era per quello! Non era per la mia vita! Io ho pensato… la sola cosa a cui riuscivo a pensare, erano tutti i tuoi maledetti sforzi e a tutti i sacrifici che avevi fatto in sette anni per fare in modo che anche io ti amassi. Ho pensato a questo… e a come era ingiusto che tutto finisse dopo così poco tempo, in un attimo. Non era giusto… »
 James piega la testa da un lato, e i suoi occhi si dischiudono come se all’improvviso fossero accecati dal sole. Quando asciuga le mie lacrime con i polpastrelli, sulle sue labbra aleggia un piccolo –bellissimo- sorriso. «Lily… i miei sacrifici sono stati ripagati nel momento in cui tu mi hai detto di sì. Il giorno in cui siamo andati ad Hogsmeade per la prima volta… beh, diciamo che con quello sei riuscita a metterti in pari. Da quando sto con te, io sento che ogni mio desiderio si è realizzato. »
Ma io mi rifiuto di ascoltare le sue parole, o forse è il mio cervello che si rifiuta di accoglierle: tutta la paura, il terrore e l’ansia degli ultimi giorni mi crollano addosso, ed io maledico me stessa per sentirmi tanto fragile quanto adesso. Che diavolo mi sta facendo questa guerra?
Ma a rimettermi addosso la maschera, proprio non ce la faccio: non in questa stanza, non con questa luna, non con James qui davanti a me. «Una volta mi hai detto che, se io non riuscivo ad amarti, tu mi avresti amato per entrambi. Ma non è più così, James… lo sai, vero? Non serve più che tu lo faccia. »
Nella follia di un secondo, credo che anche lui –da dietro gli occhiali- stia piangendo: ma non posso dirlo con certezza, perché l’attimo dopo asciuga le mie guance leccando via tutte le mie lacrime, una dopo l’altra, fino a quando la sua bocca non finisce sulla mia e mi bacia. All’inizio lo fa con una lentezza quasi sconcertante, socchiudendo le mie labbra con la punta della lingua e facendomi venire i brividi lungo tutta la spina dorsale; qualche secondo dopo, però, nei movimenti di James c’è un’urgenza che un po’ mi fa paura e un po’ mi rasserena: e capisco subito che adesso –nel modo in cui le sue mani si stringono sui miei fianchi, dal suono affannato del suo respiro, dalla fretta dei movimenti e da come preme il suo corpo contro il mio- c’è qualcosa in lui che non c’è mai stato prima.
Ed io sento l’urgenza inevitabile di averlo vicino, più vicino di quanto non sia adesso o di quanto non sia mai stato. Le braccia di James si chiudono attorno ai miei fianchi, in modo protettivo e possessivo tutto insieme, attirandomi a se con un gesto brusco: io sento i muscoli delle sue braccia intorno a me e afferro il colletto della sua maglia per tenermi in equilibrio quel tanto che mi basta per stare sulle punte dei piedi e riuscire a baciarlo.
Non mi ricordo neanche più come è possibile che ci ritroviamo in piedi, né mi interessa pensarci. La pelle di James è bollente anche da sotto i vestiti, ed io lascio che le mie mani vaghino ovunque –tra ciocche di capelli neri, sul suo petto- perché toccarlo è il solo modo per convincermi che quello che sta succedendo non è un miraggio.
«Non ce la faccio » mormora James, con un tono che potrebbe essere quasi disperato.
Io lo guardo come in trance. «Cosa? »
Ma lui, invece che rispondermi, mi solleva con un solo braccio –senza mai smettere di baciarmi- facendo qualche passo alla cieca nella stanza e adagiandomi delicatamente sul letto: io vorrei protestare, ma non trovo il coraggio di fermarmi e così lascio che i brandelli della mia coscienza vaghino alla deriva.
Con un solo, fluido movimento, James si sdraia su di me: il suo petto si alza e si abbassa furiosamente, ed io lascio che le mia dita seguano il contorno dei suoi fianchi  e il profilo dei muscoli, fino alla schiena. La pelle di James è incandescente e liscia e chiarissima –e la maglietta diventa una cosa così ingombrante e fastidiosa che decido di toglierla: lui mi aiuta, sollevandola dalla testa e gettandola sul pavimento senza la minima cura. Poi –senza neanche un attimo di esitazione- toglie anche la mia: la sua lingua percorre il contorno del mio ombelico e con i polpastrelli disegna arabeschi di inchiostro invisibile sul collo, la pancia, il petto. 
Non ce la faccio più, non ne posso più: Io e lui non siamo mai stati tanto vicini quanto lo siamo adesso, eppure la distanza che ci separa mi sembra ugualmente troppa, in una maniera insopportabile. L’istante in cui James si separa da me per sbottonare i miei jeans e farli scivolare via mi sembra interminabile e lunghissimo: quando si piega di nuovo su di me, lo bacio desiderando quasi che la mia anima sia inghiottita dalla sua. Con le dita, afferro ciocche dei suoi capelli per avvicinarmi di più a lui: James armeggia anche con i suoi pantaloni, ed io mi chiedo vagamente come faccia a gestire tutto questo tutto insieme senza esplodere.
«Ti amo » sussurra velocemente James al mio orecchio, intrecciando le sue dita nei miei capelli e posando la sua fronte sulla mia. Quando parla, le sue labbra sfiorano le mie: lo bacio. «Ti amo così tanto che mi consuma, e mi rende stupido, a volte. Ma ti amo… »
Ed io vorrei rispondergli, ma penso che niente di tutto quello che potrei dire sarebbe in grado di fargli capire quello che sento: e non è solo per le sensazioni sconcertanti che provo in questo momento, ma è per tutto quello che c’è stato negli ultimi mesi e negli ultimi anni e per il modo in cui James riesce a portarmi via dal mondo e via da me stessa, in un posto più bello della realtà e più bello dei miei sogni.
 
James prende un bel respiro –come se fosse stato in apnea per molto tempo- e, anche se la cosa sembra costarli molto sforzo, si solleva sulle ginocchia e semplicemente mi guarda: nella luce dorata della stanza, riesco a vedere i suoi occhi scivolare sulla mia pelle come qualcosa di fisico e distinto. «Mi dispiace di non aver capito, e di aver frainteso e di averti fatto stare male » mi dice, e la sua voce è spezzata. «Ma se l’ho fatto è perché il pensiero che anche tu mi ami mi sembra ancora completamente assurdo. Ti prometto che non lo dimenticherò più: io per la prima volta sento di esistere, con te. »
Di nuovo, le parole si rifiutano di uscire dalle mie labbra come macigni che pesano un po’ troppo per disperdersi nell’aria. Così mi inginocchio sul letto anche io, il modo che il mio viso e il suo possano essere alla stessa altezza: con un gesto delicato, sfioro le sue guance con le mani –seguo il mento, le labbra e il profilo degli zigomi; poi gli sfilo via gli occhiali dal naso, allungandomi un po’ per poggiarli sul comodino.
James socchiude le labbra, e i suoi occhi adesso mi sembrano grandi ed infiniti come oceani – e mi spaventano e mi elettrizzano allo stesso tempo.  Senza mai smettere di fissarlo, riesco a trovare il coraggio per slacciare il reggiseno e sfilarlo via: quando lo faccio, le guance di James si tingono di una profonda sfumatura di rosso; ma lui non dice niente, né abbassa lo sguardo: semplicemente, rimane a contemplarmi per qualche istante, come se fossi un dipinto.
Mai prima d’ora ho sentito il cuore battere così tanto nel petto. Il silenzio intorno a noi è così tombale da creare un’atmosfera quasi sacrale, e per un attimo nessuno dei due osa muoversi.
Ma poi James allunga una mano –in maniera lenta- sforandomi il viso e il collo, scendendo piano sul profilo delle clavicole e percorrendo con solennità l’incavo tra i miei seni. Quando arriva all’altezza del cuore, si piega su di me e bacia ogni centimetro della mia pelle in un modo che mi sembra quasi mistico: io ringrazio di essere seduta, perché sento le gambe vacillare e un’ondata di vertigini che mi fa girare la testa come se fossi nell’occhio del ciclone. Ed in parte è così: stare con James Potter è come trovarsi perennemente al centro di una tempesta.
Senza poterci fare niente, abbandono la testa sul cuscino e lascio che lui continui: non so quanto tempo è passato e quanto ancora ne passa, ma io desidero solo restare qui per sempre. Nel frattempo, James percorre con i polpastrelli il profilo del ginocchio, salendo in maniera lenta e incessante lungo l’interno delle cosce: le sue dita bruciano quando arriva in cima, ed io ho paura che la mia pelle possa andare a fuoco come carta da un momento all’altro. James disegna il contorno dei miei slip con la punta delle dita, con una lentezza tale da farmi quasi impazzire: ogni tanto –in maniera quasi beffarda- gioca un po’ con l’elastico, come se volesse prendermi in giro. Vagamente, mi domando se è consapevole dell’effetto che mi fa: e poi mi rispondo che è impossibile, altrimenti avrebbe già usato tutto questo come arma contro di me.
E poi, come se fosse appena uscito da un sogno, James solleva gli occhi puntandoli dritti nei miei: in loro c’è un luccichio di emozione che sembra traboccare, ed io mi rendo conto che in questo modo mi sta chiedendo il permesso; senza parole, semplicemente, annuisco.
È così strano restare completamente nudi di fronte a qualcuno, penso tra me e me quando James sfila via gli slip. Eppure, stranamente, non mi sento imbarazzata tanto quanto avrei pensato: sono solo incredibilmente nervosa, e in me c’è qualcosa di simile alla paura o al terrore –anche se non saprei precisamente dire di cosa.
Ma tutti questi pensieri spariscono quando guardo il viso di James, e ci trovo un piccolo, tenero sorriso.
«Che c’è? » chiedo con una punta d’ansia.
Lui mi guarda come un bambino colto in fragrante. «Mi sono sempre chiesto se, sai… il colore dei tuoi capelli… »
«Sei un’idiota, Potter » borbotto, ed effettivamente adesso sono imbarazzata sul serio. Cerco di tirargli un calcio, ma lui ride e si piega su di me, dandomi un piccolo bacio sul fianco e giocando un po’ con il mio ombelico.
«Lily Evans » dice seriamente, e la sua voce è così… commossa. «Sei la cosa più bella che ho mai visto. »
Io mi limito a sorridere, perché non potrei fare altro. In me ci sono emozioni contrastanti che si muovono e vorticano come uno stormo impazzito, eppure al di là del caos e dell’incertezza e del nervosismo e dell’ansia la sola cosa che riesco razionalmente a pensare è a quanto sono felice. Sono sempre stata una persona un po’ musona, e ho sempre pensato che nella vita bisognasse accontentarsi di evitare il peggio: ma adesso, guardando James Potter quasi nudo di fronte a me –il modo il cui la luce crea delle ombre di chiaroscuri sul suo petto, i suoi occhi brillanti dietro le ciglia foltissime e i capelli neri come inchiostro- non riesco a non sentirmi fortunata.
«Io ti amo, James Potter » mormoro, a voce così bassa che non sono sicura che lui mi abbia davvero sentito. «Ti amo, e voglio fare l’amore con te. »
«Lily » sussurra James, con gli occhi quasi lucidi e il fiato corto. «Sei sicura? Sei davvero sicura? »
«Non fartelo ripetere due volte, Potter » lo prendo un po’ in giro. Non me ne pentirò mai… non potrei mai pentirmene.
James deglutisce, poi annuisce e si allontana un po’ da me per sfilarsi i boxer –gli ultimi brandelli di vestiti che rimanevano fra noi. Io non so bene dove guardare, perciò guardo lui e lascio che le mie paure vengano risucchiate dal modo incredibile in cui mi guarda, facendomi sentire come se fossi una cosa unica al mondo. James si muove con un’attenzione del tutto nuova, come se avesse paura di mandarmi in frantumi da un momento all’altro: con un gesto fluido poggia tutto il suo peso su un solo braccio –per non schiacciarmi- mentre con l’altro prende la bacchetta e mormora uno strano incantesimo. È una cosa che dura solo pochi secondi, ma che a me sembra una vita intera: quando finalmente ritorna a guardarmi, i suoi occhi sono enormi e dilatati come se fossero liquidi, ed io non riesco a trattenermi dal ricominciare a baciarlo perché Merlino, ci ho messo anni a capirlo ma sì, è questo l’amore e non voglio più vivere senza anche se alcune volte mi fa soffrire.
«Lily… dimmelo se ti faccio male, va bene? »  sussurra James, allungandosi un po’ su di me per prendermi la mano e stringerla fra le sue.
Di nuovo, mi limito semplicemente ad annuire. Non so bene cosa aspettarmi, e quando succede è diverso da tutto quello che avevo immaginato: all’inizio è doloroso –e James mi bacia piano, e mi accarezza il viso e ogni tanto mi chiede quasi scusa- poi non lo capisco e infine, come se fosse una sorta di incantesimo, sento qualcosa esplodere da qualche parte, in me, in un piccolo angolino della mia anima che non sapevo neanche di possedere.
James ripete il mio nome mentre mi bacia, come se non riuscisse ancora a credere a quello che sta succedendo. Io allaccio le gambe intorno alla sua vita, perché invece adesso ci credo e semplicemente lo desidero: lo bacio perché lui prosciuga la mia sete, e lo accarezzo perché attenua la mia stanchezza e mi stringo di più a lui perché stronca la mia fame; James mi fa sentire viva, come se oggi fosse il mio compleanno segreto, e resuscita ogni singola terminazione nervosa del mio corpo.
Non è una tempesta­, è di più: è uno scoppio di fuochi d’artificio, è una bomba, è una guerra. È la fine nel mondo, un’implosione, un cataclisma.
Ma oltre tutto questo –oltre il rumore martellante del mio cuore e del suo, oltre i nostri respiri affannati e oltre i «ti amo » sussurrati da James, oltre il fruscio delle lenzuola e oltre il cigolio leggero del letto, oltre i passi felpati che sento da qualche parte sulle scale, oltre il rumore di Godric’s Hollow che con il sorgere del sole ritorna in vita-  oltre tutto questo, la cosa che riesco a sentire in maniera più nitida è il silenzio tutto intorno a noi, che blocca l’aria intrappolandoci in un’epoca che mi sembra spaventosamente nuova, eppure vecchia di millenni. Ed io sono sicura che il tempo si sia fermato: è come se il mondo mi stesse dicendo «questo è il mio unico, solo regalo per te, per tutto quello che hai passato e che ancora dovrai passare » ed io so che una fortuna così grande non la avrò mai più, e che un dono come questo non deve andare sprecato. E per un po’ non esiste la guerra, non esiste la morte, non esistono futuro o passato: per una manciata di ore posso essere una ragazza come tante altre, e posso concentrarmi su James, e finalmente possiamo essere felici.
Non so come, ma credo che anche James sia a conoscenza di questa verità: lo capisco dal modo in cui mi stringe, e dall’intensità con cui mi bacia, dal calore della sua pelle e dai suoi movimenti lenti. Lo capisco dal modo dolce in cui mi stringe la mano, dai suoi occhi penetranti fissi dai miei e dal sorriso appena pronunciato che percepisco ogni volta che lui posa la sua bocca sulla mia. Ed io penso che il mio cuore potrebbe scoppiare da un momento all’altro, e provo l’impulso di fermare tutto solo per contemplare questo piccolo miracolo: ma non ho il coraggio, perché ho paura di cosa succederà quando l’incantesimo sarà finito, e così lascio che questi istanti entrino in me, e rimangano incastonati nella mia memoria.
La solitudine della stanza  ci fa compagnia. Io mi sento come se i confini della mia anima si fossero improvvisamente dissolti: sulla punta delle dita sento piccole scosse di staticità, e quando sento il pulsare della sua carotide sotto la pelle liscia e sottile del collo, mi pare quasi di stare ascoltando il mio cuore. Io non avrei mai creduto che si potesse appartenere a qualcuno in questo modo, prima di adesso: tutti me lo dicevano, ma io non lo capivo: ero convinta che fosse una cosa così astratta, una sorta di fantasticheria romantica che io non ero capace di provare. E invece mi sbagliavo: in un mondo fatto di magia, questa è una delle cose più reali che mi sia mai capitata.
Ed io non riesco a spiegare quello che sento, ma so che qualcosa è cambiata: all’inizio credo che sia la consapevolezza –del tutto nuova- che mai amerò qualcuno tanto quanto amo James, e mai apparterrò a qualcuno come sono appartenuta a lui.  Ma poi capisco che non è questo: non è solo una sensazione, è qualcosa di molto più corposo e incisivo.
La prima notte che abbiamo passato insieme, James ha rimesso a posto i pezzi del mio cuore, ed io ho capito che da quel momento in poi lui avrebbe fatto parte della mia vita - anche se ancora non sapevo che avrebbe distrutto e ricostruito ogni istante della mia quotidianità, rimodellandolo in base alla sua esistenza. La seconda notte che abbiamo passato insieme, James mi ha chiesto di salvare la sua anima... ed io ho desiderato riuscirci con tutta me stessa, anche se una vocina nella mia testa mi ricordava che non sarei mai stata davvero in grado.
Ed è adesso che realizzo che il rapporto tra  James e me, in tutto questo lungo tempo della nostra vita, è sempre stato un lungo alternarsi di dare e prendere: lo era durante i nostri primi anni ad Hogwarts -quando lui mi regalava dispetti ed io lo ricambiavo con odio e rifiuti; ma soprattutto lo è stato negli ultimi tempi, anche se io mi rifiutavo di vederlo: ci siamo sostenuti a vicenda anche se in apparenza litigavamo, e ogni volta che uno di noi era triste o aveva un problema, trovava sempre l’altro pronto a sostenerlo. Ne avevamo così tanto bisogno da non riuscire a lasciarci perdere, per quanto fosse assurdo: solo pochi mesi prima eravamo acerrimi nemici e all’improvviso il mondo ci ha costretto ad esserci indispensabili.
È stato così quando ci siamo uniti all’Ordine della Fenice, o quando siamo stati rapiti da Voldemort: quando i miei genitori sono morti, quando sua madre è stata uccisa, quando ho scoperto di Rosier e quando James ha scoperto di Piton.  Ma non sarà così questa volta.
La terza notte che passiamo insieme non è niente di tutto quello che è mai stato prima: non è un dare e un prendere, ma è uno scambio equivalente. In concomitanza con ogni battito del nostro cuore, in contemporanea con ogni nostro respiro, all’unisono con ogni nostro bacio, noi ci stiamo domando l’uno l’anima dell’altro.
Prima avevo dato un pezzo del mio cuore a James, conservando quanto mi serviva per poter vivere. Ma adesso non mi serve più: questa notte, posso darglielo tutto quanto.
Fuori dalla finestra sta sorgendo il sole, ma noi non ci badiamo: il questa stanza adesso c’è la fine e l’inizio del mondo, il mio intero cosmo. La luce dell’alba ci fa da sipario, e quando il giorno inizia la nostra notte finisce: ma questa volta non ho bisogno di speranze o di preghiere, per sapere che sarà una bella giornata. Tutti i pezzi si sono appena rimessi al loro posto.
Per una notte, il mio cuore ritorna ad essere intatto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Okay glielo dico. Adesso entro e glielo dico.
No, non posso dirlo: oppure Alice si alzerà e andrà ad uccidere James con le sue stesse mani, proprio ora che sono diventati così amici. Non glielo dico.
Ma sono le mie migliori amiche, devo dirglielo.
Oh, andiamo, è una sciocchezza! Siamo state attaccate da Voldemort pochi giorni fa, Mary e Alice ancora non si parlano, Emmeline è incredibilmente triste ed io mi preoccupo di cose così stupide come questa. Non dovrei fare così. Dovrei darmi un contegno, ed essere seria.
Maledizione, è che mi sento così felice!
Facendo più attenzione possibile, socchiudo la porta della nostra camera e sbricio all’interno: tutto tace. Sono quasi le otto di mattina, è normale che le ragazze ancora dormano – e questo pensiero in qualche modo mi consola. In punta di piedi, attraverso la stanza senza neanche respirare per paura di svegliare qualcuna: e con ancora i vestiti addosso, mi lascio scivolare nell’enorme lettone, accanto ad Emmeline.
I battiti del mio cuore sono ancora accelerati, così tanto che ho paura che anche le mie amiche possano sentirlo: per calmarmi, fisso il soffitto per qualche minuto, cercando di svuotare la mente da quello che è appena successo. Chiudo gli occhi: non mi farebbe poi così male dormire un po’, e così mi accoccolo sotto le lenzuola, stringendo le gambe al petto e abbandonando la testa sul cuscino.
Ma come posso riposarmi se sento ancora il profumo di James impresso sulla mia pelle?
Le mie pupille, da dietro le palpebre chiuse, si rifiutano di stare ferme e continuano a vorticare nell’eccitazione del momento. Chi voglio prendere in giro? Sono troppo euforica per riuscire a dormire.
Spalanco gli occhi e guardo  di nuovo il soffitto, senza riuscire davvero a credere a quello che è appena successo.  Io e James Potter abbiamo fatto l’amore- e una scarica di brividi elettrici parte dalla punta dei piedi ed esplode nel mio stomaco, facendomi quasi tremare. Non mi abituerò mai e poi mai a tutto questo. Neanche fra un milione di secoli potrei abituarmi alla sensazione sconvolgente che ho provato, e che provo anche adesso: all’idea che, dopo anni, si è davvero realizzato.
Non avevo mai visto James Potter tanto felice: e mai riuscirò a dimenticarmi del suo sorriso, o del modo in cui mi ha abbracciata e stretta a se quando tutto è finito, e di come mi guardava –con gli occhi increduli ed enormi di chi assiste ad un miracolo per la prima volta. Come se, quella di poco fa, fosse stata la nostra prima vera magia.
E poi, da qualche parte nella casa, qualcuno inizia ad urlare. È una cosa che dura una manciata di secondi, eppure è tanto forte da non poter essere ignorato: i miei pensieri vengono tranciati di netto, ed io mi ritrovo catapultata nella realtà tutto di botto, e il contraccolpo mi fa male come se fossi appena caduta dal letto.
Inutile chiederlo, ovviamente: James si è fatto scoprire in meno di dieci minuti.
Alice è la prima a mettersi seduta, con un movimento brusco di chi non riesce a dormire bene: i suoi capelli biondi sono intrecciati sulla testa come un nido di uccelli, e questo potrebbe quasi farmi sorridere se non fosse che il suo viso ha un colorito ancora mortalmente pallido. «Che cosa è successo? » esclama immediatamente, con una nota di ansia nella voce. «Chi è stato? »
Emmeline, accanto a lei, si stropiccia gli occhi con le mani. «Mi sembravano delle urla maschili… »
Mary – che da quando siamo state attaccate ha incantato un giaciglio provvisorio sul pavimento- protesta animatamente, borbottando maledizioni varie con voce impastata. «Ma che ore sono? Perché quegli idioti non dormono mai? »
«È quello che mi chiedo anche io » mugolo, maledicendo quello stupido di Potter con il pensiero. “Mi raccomando James, non la rendiamo una notizia pubblica” avevo detto; “ma certo, Lily cara” aveva detto lui, e questo anche meno di venti minuti fa. Ma cosa ho fatto di male per avere un fidanzato tanto tonto?
Tre paia di occhi si voltano a guardare nella mia direzione.
«Lily! » chioccia immediatamente Alice. «Ma tu quando sei tornata? »
«Questa notte » mento spudoratamente.
«Hai fatto qualcosa ai capelli per caso? » sbadiglia Mary.
«Cosa? No, certo che no… »
«Non so, hai qualcosa di diverso » borbotta ancora lei. «Perché sono così scompigliati, comunque? »
Per fortuna è Alice a risparmiarmi l’incombenza di rispondere. «Dite che dovremmo preoccuparci? O sono solo stupidi scherzi? »
«Staranno facendo le loro cose da ragazzi » mento ancora, fingendomi parecchio vaga. «Non credo che dovremmo intervenire: magari questo è il loro modo di far pace. »  
«Quei maledetti! Perché hanno dovuto svegliarci? Che bisogno c’era? » continua Mary, che impreca prendendosela con il suo cuscino, senza pietà.   «Io ritorno a dormire. Ho bisogno di dormire. »
Non fa neanche in tempo a dirlo, che l’ennesimo boato riecheggia lungo tutto il corridoio: se mi concentro bene, mi pare di sentire qualcuno –Sirius probabilmente- intonare l’Alleluia. Con un sospiro rassegnato, spero vivamente che le altre non ci facciano troppo caso.
Mary salta in piedi con la stessa velocità di una molla a carica. «Adesso basta » minaccia con espressione guerrigliera. «Ora vado di là e li faccio tacere una volta per tutte! »
«No aspetta! » la blocca improvvisamente Emmeline. L’attimo dopo, quasi imbarazzata, si schiarisce la voce: da sopra le lenzuola, spunta una camicia da notte dall’aria estremamente costosa, che la rende elegante anche in una situazione come questa. «Resta qui ancora un po’, per favore. Era molto tempo che non ci trovavamo tutte e quattro nella stessa stanza. Sono quasi contenta che ci abbiano svegliate, sapete?. »
Mary si blocca a guardarla con le braccia sospese a mezz’aria e il fantasma della carica ancora sospeso sul viso: dal modo in cui guarda Emmeline posso capire benissimo che sta soppesando l’idea di rispondere male e perdere del tutto le staffe; ma alla fine opta per la rassegnazione, e così si risiede per terra, a gambe incrociate. «Va bene » sbadiglia, «ma niente cose melodrammatiche prima del caffè, per favore. »
I minuti che seguono, nessuna di noi parla e nella stanza regna un silenzio sospeso –spezzato, di tanto in tanto, solo da qualche schiamazzo proveniente dall’altra parte della casa. Io ho come l’impressione che parole non dette e pensieri spezzati escano dai nostri polmoni ad ogni singolo respiro, vorticando nello spazio come aria e ossigeno.
E probabilmente in un’altra occasione le lascerei fare: ma in questo preciso momento sono ancora così eccitata che l’adrenalina in circolo nel mio sangue mi impedisce di stare zitta o immobile come lo siamo adesso. Quello che è appena successo con James…
«Perché ridi? »
«Io? No, ecco… » borbotto, giocando con il cuscino e dondolando avanti e indietro sulle gambe. «Veramente, Alice, volevo chiederti una cosa. Sei libera di non rispondere perché non sono affari miei, ma… volevo sapere di cosa avete parlato, tu e James… »
«Non appena mi sono svegliata? »
«Sì. A me e Remus è sembrato così strano, che tu volessi parlare proprio con James per primo. Ma quando lo abbiamo detto a Frank, lui si è stretto nelle spalle come se fosse la cosa più normale del mondo. »
Alice sorride, con gli occhi pieni di amore: ed io non sono mai stata una persona particolarmente sdolcinata o melensa, ma per questa sera faccio un’eccezione e sorrido con lei. «Abbiamo fatto una specie di patto a lungo termine, per il futuro » dice misteriosamente.
«Una promessa? » chiede anche Emmeline.
«Sì, qualcosa del genere. Ma non posso dirvi di cosa si tratta, altrimenti ho paura di non riuscire a realizzarla » abbozza Alice, con un sorriso quasi di scuse. «È solo che riguarda tutti noi… e specialmente voi, per me. » 
«Spero che tu non ti stia riferendo a quello che è successo » interviene Mary, che ha finto aria di indifferenza fino ad ora.
«Certo che mi riferisco a quello » le risponde pacatamente Alice. «Io non voglio più trovarmi nella posizione di scegliere. E non voglio più che le persone soffrano a causa mia. Voglio essere più forte, di tutto questo e di questa guerra. »
«Le persone soffrono quando amano e sono amate, fa parte del pacchetto » replica Mary in maniera enigmatica, passandosi una mano tra i capelli cortissimi: il suo tono di voce è leggero e i suoi occhi scuri brillano un po’, come in ricordo a qualcosa che noi non possiamo vedere.  L’attimo dopo ha già cambiato discorso, come se niente fosse.  «Ti sei truccata, per caso? »
«Non mi trucco di notte » borbotto, guardandola male.
«È che… non so, c’è qualcosa di diverso il te. L’abbronzatura, forse? Sei dimagrita? »
«Senti, Mary… » mi salva di nuovo Alice, interrompendo i suoi vaneggiamenti prima che io sia costretta a schiantarla. «Riguardo quello che hai detto: non è così. Amare qualcuno non vuol dire dimenticare gli altri, perché esistono così tante forme di amore, e tutte sono valide allo stesso modo.  Quel giorno ad Hogsmeade io… »
«Non mi devi spiegazioni » la interrompe Mary, che a quanto pare è intenzionata a svolgere due conversazioni contemporaneamente.. «Vediamo… le sopracciglia magari? »
«Invece io voglio dartele » si impunta anche Alice. «E puoi lasciare Lily in pace? »
Mary sbuffa: il modo in cui alza gli occhi al cielo, però, mi fa pensare che questa volta sia seria almeno un pochino. «Senti, amare vuol dire fare delle scelte » minimizza. «E non c’è niente di male, perché è questo che fa l’amore, ti spinge a voler salvare qualcuno. Il tuo problema è che ci sono troppe persone a cui vuoi bene… ma non si possono proteggere tutte, ed è giusto così. »
 
Nell’attimo di silenzio che segue, ho paura che Mary abbia esagerato. Un po’ perché Alice non si è ancora ripresa del tutto da quello che ci è successo –e non so se si riprenderà mai- un po’ perché ho l’impressione che in qualche modo tutto il suo mondo sia stato travolto, rivoltato e cambiato: ci sono delle illusioni che ci accompagnano sempre, nel corso della vita… ma si sa, hanno vita breve e  morte rapida e dolorosa.  E quando questo succede, l’impressione è quella di essersi appena tuffati in un buco nero, senza saper nuotare.
«Io ho davvero intenzione di mantenere la promessa che ho fatto con James: e quando l’avrò fatto, non dovrò più scegliere tra due pezzi della mia vita » dice seriamente Alice, in un modo così determinato e con occhi così lucidi da farmi quasi venire la pelle d’oca: nelle sue parole, è intriso qualcosa di epocale e profetico tutto insieme. «A quel punto l’amore sarà un’arma, non un punto debole. Te lo dimostrerò, Mary, vedrai: un giorno, io riuscirò a proteggere tutte le persone che amo. Anche a costo della mia vita, io ce la farò. Ma nel frattempo, voglio comunque chiederti scusa… »
Lei si stringe nelle spalle, con l’indifferenza di chi sembra aver già visto e compreso tutto da ciò che ha vissuto. «Non ho intenzione di accettare le tue scuse: io sapevo che sarebbe andata così, è una cosa che ho scelto da sola e che in nessun modo dipende da te. A me non è mai importato di avere qualcosa in più o in meno degli altri: io volevo solo essere diversa. È per questo che non dovresti giudicarti troppo, se quel giorno hai scelto Frank. »
«Tu non sei arrabbiata allora? » sussurra anche Emmeline.
«Certo che no! »
«E nessuna di voi due è arrabbiata con me? »
«Oh, nessuno può davvero arrabbiarsi con te, Emm! »
Io guardo le mie tre migliori amiche –Emmeline, con la sua aria da cerbiatto indifeso; Alice e l’espressione da guerriera sotto i capelli scompigliati e la pelle ancora pallida; e Mary, resiliente fino al punto di piegarsi senza spezzarsi mai- e penso che non potrebbe mai esistere una conclusione alla mia notte migliore di quella che ho qui e adesso: per un attimo sono così euforica e felice che penso di alzarmi e abbracciare tutte quante loro così, giusto per il gusto di farlo.
«Si può sapere che hai da ridere? » bercia Mary, interrompendo il mio momento di ubriachezza personale e indicandomi con un dito accusatore. «Tu hai sul serio qualcosa di strano, Lily. Ce l’ho proprio sulla punta della lingua… »
Mi schiarisco la voce, spostando i capelli dietro la schiena e cercando di ritrovare il contegno necessario. Va bene, lo dico. Adesso glielo dico. È solo che… beh, come? Allora, vediamo… potrei iniziare con qualcosa di metaforico, o di allegorico. Oppure lo dico in maniera diretta? Ecco…
Dalla camera dei ragazzi si sente l’ennesimo rumore, e questa volta è impossibile che le altre non abbiano riconosciuto il suono.
«Questo era il tappo di una bottiglia, ne sono sicura! Merlino, ma che hanno da festeggiare a quest’ora? » esclama Alice, guardandoci in maniera perplessa. «Non è più il compleanno di nessuno, vero? »
Di nuovo, mi schiarisco la voce. Va bene, ci sono…
Nello stesso momento però gli occhi di Mary ritornano su di me, e questa volta –dal modo in cui si spalancano- capisco che, per qualche strano motivo, ha capito. «Oh » sussurra in un primo momento, ed è così sorpresa che credo che la voce le sia uscita per inerzia. L’attimo dopo, lo sguardo scioccato si tramuta in un ghigno malizioso e lei salta su, quasi urlando più dei ragazzi nell’altra stanza. «OH! » ripete indicandomi con gesti convulsi e trattenendo le risate tutto insieme. «OH! OH! OH! »
«Cosa? » domanda candidamente Emmeline.
«OH! » ripete Mary, con l’aria di una che si sta davvero godendo il momento.
Io sollevo gli occhi al cielo, maledicendo James e me stessa tutto insieme. «Adesso piantala, Mary » sospiro.
«Ci dite cosa succede? »
«Sapevo che non potevi essere tornata davvero di notte! Io non ti ho vista! Lily ha passato la notte fuoriiii » canticchia Mary, e come una bambina di cinque anni per poco non inizia a saltare sul letto.
«Cosa? » rischia di strozzarsi Alice.
«Con Jameeeees… »
«COSA??? »
In un momento di pura rassegnazione, mi passo una mano sul viso. «Beh, sì. Ecco… »
In meno di quattro secondi il colorito biancastro di Alice è diventato paurosamente rosso, così tanto che sembra appena tornata da un viaggio alle Hawaii. «Ma voi non… non è successo niente, vero? »
«Ehm » biascico, stringendomi nelle spalle e guardandola con un sorriso di scuse che spero la intenerisca. «In realtà, ecco, sì. È successo. »
«Non ci posso credere!!! » urla Mary, che smette di essere asociale e si tuffa improvvisamente sul letto insieme a noi. «Allora, raccontami tutto! Il Capitano è bravo a letto, vero? Secondo me ci sa fare! »
Emmeline impallidisce e nasconde la testa sotto il cuscino, per non sentire. Alice è ancora bloccata in uno stato di shock, ed io mi chiedo vagamente se sia normale o se dovrei preoccuparmi del fatto che probabilmente non sta respirando più.
«Non ho molti termini di paragone in effetti, ma… »
E poi, come se fosse sonnambula, Alice si alza dal letto con gesti lenti e meccanici, attraversando la stanza e circumnavigando il letto a passo di marcia.
«Alice! Dove stai andando? »
«Ad uccidere James » balbetta lei, e nei suoi occhi c’è un chiaro luccichio assassino.
«Ma sei ancora stanca, devi riposare! »
Io guardo Mary. «Dici che dovrei fermarla? »
Ma lei –che sembra ancora una bambina- liquida la faccenda con una mano, come se non fosse di nessuna importanza che la mia migliore amica voglia uccidere il mio fidanzato proprio adesso. «Allora, avete fatto…. »
Emmeline, accanto a me, geme.
Qualcosa mi dice che sarà una lunga giornata, ma nonostante questo –nonostante la stanchezza e nonostante il fatto che non ci siamo ancora completamente ripresi- non posso fare a meno di essere felice e serena come mai lo ero stata in questi giorni: perché la nostra normalità, per quanto strana possa essere, è questa.
Finalmente, tutto sta tornando com’era.
 




 
*** 
 
Tre giorni prima.
 
 
La porta cigola un po’ quando la apro, e le assi del pavimento sotto i miei piedi mi sembrano quasi oscillare mentre le attraverso, ed io mi sento di star camminando in un mondo dai contorni sbiaditi che ha la consistenza del sogno.
Ma se così fosse –se tutto fosse dentro la mia testa- sul letto di fronte a me non ci sarebbe una ragazza dalla carnagione mortalmente pallida ed io non mi sentirei così triste e pesante tanto quanto mi sento adesso. Nei miei sogni, tutto va bene.
Ma questa, purtroppo, è la realtà.
Senza sapere bene cosa fare, mi schiarisco la voce. «Come stai? »
Alice –che sembra fare molta fatica anche solo nello stare seduta- abbozza un gesto della testa. All’improvviso la mia domanda mi sembra estremamente stupida: si è svegliata da meno di cinque minuti, dopo molte ore di black out totale… sicuramente non si sente pronta per una bella partita di Quidditch.
Il fatto è… che mi sento un po’ a disagio a stare qui. Un po’ perché penso che ci dovrebbe essere Frank, un po’ perché non ho mai capito se Alice mi odi o mi trovi simpatico. «Allora… » comincio, con aria impacciata.
«Sirius stava uccidendo Lily per salvarti, vero? » mi domanda lei, a bruciapelo. «Io ho dovuto scegliere tra due persone molto importanti: e nessuno dei due… nessuno di noi, ha avuto la possibilità di opporsi. Tu perché sotto Imperius, io perché sotto Cruciatus. Le odio, queste maledette maledizioni senza perdono! »
Senza sapere bene cosa dire, annuisco: nella mia testa –ogni tanto- risento le urla di Lily, strazianti e mortali, quando Bellatrix Black non faceva altro che torturarla. «Non potrei essere più d’accordo. »
«Lo so. Ed è per questo che volevo parlare con te, James. Quello che ci è successo è simile… e credo anche che noi, per certi versi, siamo uguali. Come dire… abbiamo le stesse priorità, tu ed io. »
«Alice, non capisco… »
«Io voglio fare un patto con te, James Potter » mi anticipa lei, la cui voce ha la stessa consistenza della carta velina. Al contrario, però, le sue parole sembrano fatte di piombo. «Voglio che io e te ci promettiamo qualcosa, questa notte. Qualcosa che dobbiamo assolutamente realizzare, anche a costo della nostra vita. »
«Con me? Perché io? »
«Perché tu sei l’unica persona qui che può capirmi. Perché so che accetterai. E perché so anche che, nel momento in cui lo farai, ti impegnerai a portare avanti la parola data costi quel che costi. Ma io non ho la forza di volontà che hai tu, James… così voglio usarne un po’ della tua. »
«Vuoi che ti inciti? » sorrido.
«Esatto » annuisce lei, prendendosi un po’ di tempo per respirare: con le mani, delicatamente, spiana le invisibili pieghe del lenzuolo posato sulle sue gambe. «Io non voglio più essere messa nella condizione di dover scegliere tra ciò che amo e ciò a cui tengo. Tra ciò che voglio e ciò che è giusto. Non voglio. Io voglio essere forte… e so che anche per te è lo stesso. »
Il mio cervello, implicitamente, ritorna indietro di qualche giorno, riportandomi a quel momento con la precisione delle lancette di un orologio: nella mia testa, prende forma l’inquietante sagoma di una bilancia con due piatti. «Sì. Io… non posso più permettermi di correre il rischio. Non posso più. »
«È per questo che voglio che promettiamo di diventare più forti. Di impegnarci seriamente, giorno dopo giorno, fino a quando non saremo dei maghi tanto bravi da riuscire a reagire a qualsiasi cosa ci venga fatta. Io non voglio più subire le Maledizioni Senza Perdono. E non voglio più che qualcuno le subisca a causa mia. So che tu e Sirius dopo Hogwarts diventerete Auror, vero? »
«Sì. »
«Anche io voglio fare il corso, così diventerò una strega migliore. E ti prometto che mai più sarò costretta a fare qualcosa contro la mia volontà. E prometto che mi impegnerò giorno e notte, affinchè quello che è successo ad Hogsmeade non si ripeta. Ti prometto che la prossima volta che Voldemort attaccherà, io sarò pronta. »
Senza sapere bene come articolare i miei pensieri, la guardo seriamente. Alice ha il volto di chi ha sofferto, ma l’espressione di chi non si arrende mai: e in questo, forse, noi due siamo simili.
«Diventeremo forti solo quando saremo in grado di non ferire nessuno » le dico, con una solennità che mi sale per la gola direttamente dal cuore. «È questo quello che io prometto a te. »
Nel buio della stanza, Alice mi guarda.
Poi, con lentezza, sorride.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note di Sara: ho deciso di non chiedermi più se qualcuno ci sia ancora oppure no, né voglio annunciare il mio ritorno o ripetervi ancora di quanto questo sia incerto, e che mi dispiace.
Perciò andrò avanti a parlare normalmente, e fingerò di non starlo facendo da sola.
Ci sono un po’ di cose che vorrei dire, la prima delle quali però riguarda lo scorso capitolo (100!): nelle note non ho scritto niente, invece avrei dovuto precisarlo –e di questo mi scuso- che quel capitolo non segue il filo conduttore della storia, e non inciderà in nessun modo sulla trama. È solo una specie di parentesi, una sorta di mondo parallelo che volevo usare per festeggiare i 100 capitoli, ma nulla di più. Perciò potete anche dimenticarlo, se volete: la storia riparte da qui.
Fatta questa piccola precisazione…. Che dire? Confesso che ho scritto le prime 15 pagine di questo capitolo il pomeriggio prima di Pasqua –si, lo so, molto molto tempo fa!- ma che poi, quando sono arrivata alla parte di Lily e James, mi sono inceppata e ci ho messo quasi un mese per riuscire a sentirmi un pochino soddisfatta di come è andata la loro prima volta. Chi mi conosce lo sa, che queste cose mi imbarazzano troppo e che non sono propriamente capace! Per cui mi scuso con chi si aspettava qualche dettaglio in più ma… arrossivo da sola davanti lo schermo del pc quando ci provavo, ahah! Davvero, scusate!
Avevo immaginato la prima volta di James e Lily da tempi immemori, e mai sono riuscita a trovare un posto che più mi convincesse che Godric's Hollow: mi è sempre sembrato giusto, perchè... beh, c'è un rapporto con Harry in questa casa, che noi ovviamente percepiamo perchè sappiamo già come va a finire. Quel rapporto lo creano Lily e James, nel loro piccolo, già così. 
Poi… tutto il capitolo ruota sugli stessi temi, tutto sommato, solo che sono visti da persone e personalità molto diverse e ovviamente ognuno ha una sua interpretazione del tema amore=scelta=sofferenza. Spero che questa cosa non vi abbia annoiato –spero che non risulti troppo introspettiva- ma io sono molto affezionata a questi personaggi, e quando sento il bisogno di scrivere, sento che voglio farlo di loro. Io percepisco questa vecchia generazione come persone reali... per cui mi piace molto vedere come i rapporti tra loro si stratifichino in più direzioni: non solo Alice-Lily o Lily-James o James-Sirius ma anche Mary-Sirius o James-Alice. Per certi versi ci tengo, diciamo cosi!
In tutto ciò, io mi sento forse più d’accordo con Mary che con tutti gli altri: credo che amare significhi fare delle scelte, e scegliere comporta automaticamente rinunciare a qualcosa. Alice e James invece sono un po’ più idealisti in questo: per loro amare è una cosa quasi omnicomprensiva. Invece… su Lily, Sirius capisce una cosa –e credo che sarà l’unico a farlo, fino alla fine- ovvero che nel suo caso l’amore è davvero una magia: e noi sappiamo che è davvero così, perché  è grazie al suo amore che Harry si salva eccetera eccetera.
Poi c’è un altro pezzettino su cui voglio dire qualcosa, che è quello finale tra Alice e James, che non era previsto ma che poi ho deciso di mettere perché… beh, in funzione della promessa che fa –e che, anche se non ne è del tutto convinta, poi manterrà- alla fine Alice viene torturata fino alla pazzia… e questo, perché stava proteggendo le persone che amava.
Infine.... una cosa che leggo spesso nelle recensioni riguarda questa cosa della spia, che è venuta un pò fuori negli ultimi capitoli a questa parte. Io voglio dire solo una cosa, poi mi eclisso..........ma siete propri sicuri che si tratti di Peter Minus? O forse no? 
Riguardo a lui, a proposito... non si vede, ma Sirius gli chiede scusa! (in questo io ero d'accordo con James!) 


Dopo questa parte noiosa che spero non abbiate letto… ecco un’altra parte più noiosa!
Vi ringrazio di cuore, se c’è qualcuno che è arrivato fin qui a leggere! Vi ringrazio perché ogni tanto –lo confesso, non posso farne a meno- apro EFP e trovo messaggi e commenti ancora (dopo tutto questo tempo, sigh!). Vi ringrazio se commenterete anche adesso, ma vi ringrazio anche se non lo farete.
E ora… passiamo al tasto dolente… non so quando –o se- pubblicherò ancora qualcosa. Me lo chiedete in tanti, ma io non riesco –e non voglio- mai dare una risposta… perché tra lavoro, esami universitari, faccende di casa, e un briciolo di vita privata (xD) non ho mai molto tempo.
Ma, come vedete, non riesco mai davvero ad abbandonare EFP, e questa storia, e voi.
 
Sara W. 
   
 
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