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Autore: Shade Owl    15/05/2017    3 recensioni
Il Sindaco Ortiz, dopo tanti anni, è arrivato alla fine del suo secondo mandato e, non potendo più occuparsi della città, è preoccupato per il suo futuro: i due candidati favoriti alla carica di Primo Cittadino, infatti, non sono le persone più affidabili del mondo, e teme quindi che Orenthal possa trovarsi male con loro ad amministrarla.
Ma ha già in mente una soluzione, e per questo ha deciso di chiedere aiuto a una vecchia conoscenza...
Genere: Generale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di demone'
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Era tempo di campagna elettorale, e ogni tabellone pubblicitario, muro, lampione, cabina del telefono e striscione disponibile era occupato dalle facce dei candidati alla poltrona di sindaco. Il sorriso a trentadue denti di Karl Seagel e la chioma biondo platino dello sfidante Michael Frampton avevano invaso Orenthal come uno sciame d’api infuriate e desiderose dei fiori da impollinare che erano i voti.
Mancavano ancora mesi prima che i cittadini venissero chiamati alle urne, ma sembrava scontato che avrebbe vinto uno di loro: il primo era un banchiere, era arrivato in città da alcuni anni e, per tutto il tempo, aveva contestato gli “sprechi dell’amministrazione” tempestando innumerevoli volte il suo ufficio di telefonate per lamentarsi di “soprusi da parte dell’Ufficio dello Sceriffo” o di “tasse ingiuste mirate a penalizzare il ceto alto”.
Per quanto Ortiz non fosse un fan dello Sceriffo Anderson e dei suoi metodi, doveva ammettere che da quando era diventato il tutore dell’ordine la criminalità era drasticamente diminuita, arrivando al minimo storico cittadino, motivo per il quale tendeva a chiudere un occhio su alcuni suoi eccessi (come il suo amore per la vodka o come quando, qualche tempo prima, aveva sfondato con una mazza l’auto di un federale in visita), e non voleva assolutamente la sua rimozione, almeno fino a quando le cose fossero rimaste così. E poi, in tutta onestà, Seagel non era mai stato il suo idolo: nonostante professasse di volere il bene dei suoi concittadini in tutte le sue conferenze stampa o ai comizi, l’unica cosa a cui mirava era facilitarsi la vita e il lavoro.
L’altro candidato, invece, non si era mai nemmeno fatto vivo, e personalmente Ortiz non ne aveva saputo niente fino a che non erano comparsi i suoi manifesti in giro, ma aveva sentito dire che era il proprietario di un’impresa edile, e il suo programma votato allo sviluppo urbano andava palesemente a discapito dei ranch e delle fattorie che da sempre rendevano Orenthal quello che era. Avevano favorito l’economia, dato lavoro e permesso alla città di crescere, fin dalla sua fondazione. La sola idea che potessero sparire per sempre gli dava la nausea.
Purtroppo lui era arrivato al limite delle sue possibilità: non poteva fare niente per impedire a uno solo dei due di diventare Primo Cittadino, considerando che era già arrivato alla fine del suo secondo mandato. Candidarsi ancora sarebbe stato impossibile per lui, e presto avrebbe lasciato per sempre quell’ufficio.
Per questo aveva deciso di tentare un’altra strada.
Seduto alla propria scrivania, faceva dardeggiare lo sguardo più volte dai documenti davanti a lui all’orologio sulla parete, chiedendosi quanto ancora avrebbe tardato: erano già quindici minuti che lo aspettava.
Scommetto che lo fa apposta. Pensò. Vuole farmi tutti i dispetti possibili prima che torni a essere un semplice immobiliarista.
Finalmente, dopo un’altra manciata di minuti, la porta si aprì senza preavviso, facendo entrare lo Sceriffo.
- Prego, avanti.- disse Ortiz, lasciando perdere con sollievo i fogli che ormai non riusciva più a trovare interessanti.
- Sono già entrato, infatti.- disse Timothy Anderson, chiudendo male la porta mentre avanzava verso la poltrona più vicina - Allora, che vuoi, Ortiz? Ho un po’ da fare.-
- Certo, io invece ho la giornata libera.-
- Ah, ma smettila!- sbottò l’uomo, stravaccandosi davanti a lui - Tra poco sarai rimpiazzato da qualche altro babbuino, che te ne frega? Prenditela con calma.-
- Sceriffo, vorrei fare con lei un discorso serio, se non le dispiace.- sospirò pazientemente Ortiz, togliendosi gli occhiali per pulirli in un panno - Ed è proprio a proposito delle prossime elezioni.-
Lo Sceriffo emise un gemito scocciato, roteando la testa con gli occhi al cielo.
- Ecco, lo dicevo io… “non voglio andare da Ortiz, vorrà parlare delle elezioni” e Nadine “tu andrai in quell’ufficio, o giuro che per una settimana ti scordi la vodka”, e io…-
- Sceriffo, per favore!- sbottò Ortiz, esasperato.
L’uomo aggrottò la fronte, interrompendo lo sproloquio, e si raddrizzò sulla poltrona: probabilmente il suo tono lo aveva sorpreso, dato che era la prima volta che replicava alle sue provocazioni.
- Okay, che vuoi?- chiese - E perché cavolo sei così nervoso? Ti sfottevo e basta, lo faccio sempre…-
- Sceriffo, è una cosa seria.- replicò Ortiz, in tono stanco - E vorrei che mi ascoltasse con attenzione, per favore. Ho bisogno di lei per il bene della città.-
Anderson si fece ancora più serio, sporgendosi con i gomiti sulla scrivania.
- Va bene, tutt’orecchi. Dimmi cosa vuoi.-
- Un’alternativa.- rispose il Sindaco - Lei conosce i candidati attuali?-
- Sì, e non me ne piace nessuno.-
- Già, nemmeno a me, soprattutto Seagel e Frampton. Non sono interessati al Municipio per gestire le cose qui, vogliono semplicemente favorire i propri affari. Parlando fuori dai denti…-
- … sono due teste di cazzo.- grugnì lo Sceriffo - Okay, che devo fare? Gli metto le ganasce?-
- A dire il vero, vorrei qualcosa di più definitivo.-
- L’omicidio su commissione è ancora illegale nel Montana.-
- Sa benissimo cosa voglio dire.- replicò Ortiz, ignorandolo - Voglio una valida alternativa a quei due tra i possibili candidati. Serve una persona apprezzata in città, a cui la gente voglia bene e che sappia come funzionano le cose qui, e che soprattutto non voglia questo posto per fare i propri interessi.-
Anderson annuì lentamente, tenendo lo sguardo fisso nel suo. Ortiz si sorprese per l’atteggiamento che stava dimostrando in quel momento: in tanti anni che lo conosceva, lo Sceriffo si era sempre limitato a prenderlo in giro, a litigare o a mandarlo al diavolo senza nemmeno lasciarlo parlare. Non che trascurasse i suoi doveri, certo, ma non erano mai andati d’accordo, né potevano dirsi amici.
Adesso, invece, stavano parlando come se si intendessero alla perfezione.
- Serve una persona che sappia fare questo lavoro senza incasinare le cose.- disse lentamente - Sì, hai ragione. E scommetto che hai in mente qualcuno.-
- In effetti sì, Sceriffo.- rispose Ortiz - Pensavo a lei.-

Anderson rimase in silenzio per alcuni secondi, senza mutare espressione e senza staccare gli occhi dai suoi. Per un attimo temette che lo shock lo avesse reso catatonico.
- Okay.- disse alla fine - Ora so che mi prendi per il culo.-
- No, dico sul serio, invece.- rispose il Sindaco, serio - Ci pensi: a prescindere dal suo carattere, lei ci tiene davvero a questa città, e la gente se ne rende conto, per questo passa sopra ai suoi eccessi di rabbia e al suo alcolismo. Sappiamo tutti quanto fa per noi, ed è una cosa apprezzata. Avrà il carattere che ha, ma c’è sempre stato, anche con quella faccenda dell’omicida seriale…-
- Sì, quella è stata molto divertente…-
- E poi, sappiamo tutti che lei è… quello che è.-
Anderson aggrottò la fronte.
- Cos’è, un nuovo modo di darmi dello stronzo?-
- No, è solo che… non ho idea di come altro esprimermi.- spiegò Ortiz - Parlo di tutte quelle stranezze che sono successe in città negli ultimi vent’anni o giù di lì… quelle in cui lei è rimasto coinvolto.-
- Stranezze?-
- Sa bene a cosa mi riferisco.- insisté Ortiz - Crede veramente che nessuno si sia mai accorto di nulla? Che le storie sui nostri “visitatori notturni” non ci abbiano dato qualche indizio?-
Questa volta Anderson non rimase del tutto indifferente: si appoggiò allo schienale della poltrona, incrociando le braccia, e il suo sguardo si fece un po’ più accigliato.
- Cosa sai?-
- Quello che sanno tutti, che poi è quasi niente.- rispose il Sindaco - Ascolti… onestamente non m’importa se lei è un alieno, se ha fatto un patto con Satana o se tira fuori conigli dai cilindri… ognuno qui ha le sue teorie, ma nessuno le ripete ad alta voce perché alla fine l’unica cosa che ci interessa è che le cose in città vadano bene come al solito. Il punto è che lei, quali che siano le sue attività, ha conquistato tutti i nostri concittadini, in un modo o nell’altro, o almeno la maggior parte. E sono sicuro che sarebbe un ottimo Sindaco.-
- Beh… io no, temo.- rispose Anderson, facendo una smorfia divertita - Ortiz, ascolta… sai perché in vent’anni non ho mai perso un’elezione?-
- Perché sfidarla ai seggi terrorizza tutta la città?-
- Perché mi piace questo lavoro.- rispose lui - Mi trovo bene con la divisa. Posso lamentarmi di tutto quello che voglio… dei miei orari, dello stipendio, di Cliff che passa le giornate a fare le parole crociate coi piedi sulla scrivania o di Melanie che usa il centralino per starnazzare con le amiche… però mi piace comunque. Mi diverto a fare tutto, anche ad arrestare Ariel e a lamentarmi. Non posso lasciare il mio posto per il tuo. Credimi, sarei un pessimo Sindaco.-
- Beh, mi dispiace sentirglielo dire, anche perché non la posso costringere.- sospirò Ortiz - Ma questo non risolve il problema.-
- Oh, non fasciarti la testa prima di essertela rotta, mio caro futuro ex Sindaco.- ridacchiò l’altro - Sai, forse ho un’idea…-

Il campanello cominciò a suonare con estrema insistenza, come se qualcuno si fosse attaccato al pulsante senza l’intenzione di lasciarlo più andare, facendo risuonare il trillo nell’appartamento con fastidiosa vivacità.
Robin e Victor, quasi istantaneamente, cominciarono a schiamazzare, emettendo versacci infantili molto simili a guaiti, agitando nel contempo le braccia in aria, schizzando di purè tutta la cucina. Arshan agguantò al volo i polsi dei bambini, scoccando loro uno sguardo di disapprovazione.
- Vado io.- disse Kyle, alzando la voce per sovrastare tutto quel baccano.
Mentre sua moglie acquietava i bambini, ponendo fine alla piccola sommossa, il mezzodemone si diresse alla porta con il forte sospetto di sapere già chi avrebbe trovato lì fuori. Non rimase deluso, difatti, quando trovò Timmi col dito schiacciato sul campanello, che lo guardava con aria innocente direttamente negli occhi.
Rimasero immobili per qualche secondo, fratello minore e fratello maggiore, il primo che continuava a schiacciare il campanello senza accennare a smettere, l’altro che gli restituiva un’occhiata rassegnata e seccata insieme. Alla fine, con un gesto stizzito, Kyle gli colpì il polso, costringendolo a lasciare in pace il povero pulsante e ponendo finalmente termine al trillo prolungato.
- Chi è, tesoro?- chiese Arshan dalla cucina.
- Indovina?- rispose lui.
- Ciao, Akela!-
- Sai benissimo che Akela è un maschio. La madre di Mowgli si chiamava Luri.-
- Secchione.-
Con un sospiro, Kyle si fece da parte e lo lasciò entrare in casa. Appena fu in vista risuonò un generale “ZIO TIMMI”, e all’istante una carica forsennata (ma di dimensioni piuttosto ridotte) attraversò tutto lo spazio tra il tavolo della cucina e l’ingresso; due piccole macchie scure si aggrapparono alle ginocchia dello Sceriffo, facendogli quasi perdere l’equilibrio.
- Ehi!- esclamò quest’ultimo, aggrappandosi al gomito del fratello per non cadere - Kyle, toglimi questi allupati di dosso!-
- Bambini, lasciate in pace lo zio.- disse con pazienza Kyle - Lo sapete che non sta bene saltare addosso alle persone.-
Prese gentilmente i gemelli per le spalle, allontanandoli da Timmi, i quali continuarono a fissarlo con grande aspettativa.
- Ci hai pottato quaccosa, cio Timmi?- chiese Robin, strattonandogli i pantaloni.
- Beh, ho un po’ di vodka, ma non credo che…-
- Credo che sia ora di lavarsi i denti.- disse Arshan, scoccando a Timmi uno sguardo penetrante.
I bambini gemettero all’unisono.
- Avete sentito la mamma.- disse Kyle, spingendoli verso di lei - Forza, papà e lo zio devono parlare.-
Mentre Arshan portava i bambini in bagno, Kyle prese due bicchieri dalla credenza e accompagnò Timmi in balcone; lui lo seguì in silenzio, alzando lo sguardo verso il cielo notturno: a suo fratello era sempre piaciuto guardare le stelle, motivo per il quale non aveva ancora capito come mai non si fosse ancora comprato un telescopio.
- Te ne regalerò uno a Natale.- disse, porgendogli un bicchiere.
- Di bicchieri?- chiese Timmi, aggrottando la fronte.
- No, io… lascia stare, pensavo ad alta voce.- disse.
- Pensa a riempire questi, piuttosto: sono vuoti.-
- Non hai detto di avere della vodka addosso?-
Timmi si accigliò.
- Guarda che l’ho pagata. E parecchio.- protestò.
- Oh, poverino…- replicò Kyle, porgendo il suo bicchiere - … vorrà dire che il prossimo giro lo offro io.-
Lui sbuffò e prese una piccola bottiglia da una tasca interna della giacca, versando un po’ del suo contenuto a entrambi loro. Stavolta, notò Kyle, la vodka non era trasparente come l’acqua, ma di un colore tendente al verde.
- Questa è diversa.- osservò.
- Sì, è aromatizzata. Ora bevi e non rompere.- sbuffò Timmi, buttando giù tutto in un paio di sorsi.
Kyle sorrise e sorseggiò la bevanda, trovandola davvero forte ma dal sapore dolce e gradevole. Di suo fratello si poteva dire tutto, ma non che fosse un principiante in fatto di alcolici.
- Come mai da queste parti?- chiese - Hai una missione per me?-
Timmi scosse la testa.
- Non questa volta, anche se potrei chiederti un favore… Nightmare ha fatto casino, gli è sfuggito un demone di quelli cattivi e lo ha dovuto seguire in un’altra realtà.-
- E tu devi andare ad aiutarlo?-
- No, non c’è bisogno, ma ha voluto comunque avvertirmi per correttezza… terrò d’occhio la cosa, ma non sembra grave… cioè, è grave, ma non abbastanza da richiedere rinforzi da parte nostra.- si corresse - Ma sto divagando… il punto è che sono qui per una cosa un po’ più banale… niente di magico o sovrannaturale.-
- Davvero?- si sorprese Kyle: solitamente, le conversazioni tra lui e il suo dispettoso fratello minore si concludevano sempre con qualche strampalata richiesta su manufatti antichi o prigioni demoniache scambiate per preziose opere d’arte - E di cosa si tratterebbe?-
- Elezioni.- rispose lui - Lo sai, no, che tra poco qui si va a votare, giusto?-
- Sì, e personalmente sono combattuto… nessun candidato è particolarmente apprezzabile. Al limite posso propendere per quello che fa gli interessi di noi imprenditori, ma…-
- Già, anche Ortiz è un po’ preoccupato. O meglio, si sta cagando sotto.-
- E perché? Lui è in uscita, non può ricandidarsi.-
- Già, ma sembra che tenga sul serio a Orenthal, sai? È per questo che ha paura, non vuole che il prossimo Sindaco sia un qualche cazzone che si preoccupa più del suo portafogli che del bilancio cittadino. Mi ha persino convocato nel suo ufficio per convincermi a candidarmi.-
Kyle scoppiò a ridere, bevendo un altro sorso di vodka.
- Tu Sindaco? Dio, che idea stupida… senza offesa, ovvio.- si affrettò ad aggiungere.
- Naaah, è più o meno quello che ho detto io.- rispose Timmi, sogghignando - Ho rifiutato subito, ma Ortiz ha ragione su una cosa… ci serve qualcuno che gestisca la città, e che lo faccia come si deve… la gente deve avere un candidato decente.-
- Pienamente d’accordo.- disse Kyle, finendo il proprio bicchiere - Ha già in mente qualcuno?-
- Vuole una persona come me: onesta, che tenga a questa città, affidabile, stimato dai suoi concittadini e che voglia impegnarsi per migliorarla senza sfruttare la propria posizione per interesse personale. Ma, come ho detto, io ho già rifiutato.-
- E quindi?-
- E quindi gli ho promesso che avrei convinto te.-

Per alcuni secondi regnò il silenzio, mentre Kyle cercava negli occhi del fratello una scintilla di ironia o, meglio ancora, sarcasmo, la stessa che vedeva solitamente durante una qualsiasi delle loro conversazioni. Tuttavia, Timmi non sembrava scherzare in alcun modo: era serissimo, ma non poteva crederci.
- Tu mi prendi in giro.- disse.
- Non questa volta.- rispose Timmi, scuotendo la testa.
Kyle si passò una mano sulla faccia, posando il bicchiere sul parapetto del terrazzo e alzando gli occhi verso le stelle.
- Timmi, devo ammettere che questa volta ti sei superato… è un modo davvero originale per giocarmi uno dei tuoi brutti tiri.-
- Oh, ma va’…- sbuffò lui, scocciato - Non mi sembra così terribile, ti sto chiedendo di provare a farti eleggere, non ti sto spedendo in miniera.-
- Dovrei davvero credere che non me lo fai per dispetto?-
- Sì, perché è vero.- rispose Timmi - Andiamo, almeno provaci! Cos’è, ti costa qualcosa?-
- Io… ah, non lo so!- sbottò, passandosi una mano tra i capelli - Insomma… non ci ho mai nemmeno pensato!-
- Beh, io sì. Saresti perfetto.-
- Davvero?- chiese Kyle, scettico - E cosa te lo fa dire?-
- Come ho detto, sei onesto, ti piace Orenthal e sei affidabile. Inoltre, piaci alla gente, anche più di me, forse quanto Nadine. E hai ricevuto l’educazione migliore del mondo, grazie ai soldi di Ducan, avrai vita facile con la tua parlantina.-
Kyle aggrottò la fronte.
- Davvero hai appena ammesso che sono affidabile e onesto?-
- Negherò, se lo dirai a qualcuno.-
- Ah, ecco…-
Sospirò, riportando lo sguardo alle stelle.
- Dio, fratellino… non lo so. Cioè… potrei prenderlo in considerazione, ma… è un bell’impegno.-
- Perché, fare lo Sceriffo e contemporaneamente il membro del Sommo Concilio dedito alla Supervisione dei Rapporti Diplomatici Interdimensionali è una passeggiata?-
Kyle non rispose, anche se gli scappò un sorrisetto.
- Sai che, se dovessi essere eletto, sarei il tuo capo?-
- Sai che Ortiz e io litighiamo un giorno sì e l’altro pure?-
- Solo perché tu ti diverti a provocarlo.-
- E con te no?-
- Sarei nella posizione di vendicarmi.-
- Vero, ma sei superiore e non lo farai mai. E poi io sono il tuo capo al Sommo Concilio, quindi il tuo vantaggio si azzera. E poi, ci tengo che tu accetti.-
Kyle aggrottò la fronte.
- Perché?-
- Perché sei mio fratello.- rispose lui - E ti voglio bene.-
La limpidezza di quell’affermazione lo colse impreparato e, guardandolo negli occhi, Kyle non lesse alcuna traccia di ilarità, come poco prima, quando gli aveva chiesto di candidarsi. Non gli rispose, e Timmi non aggiunse niente, limitandosi a recuperare il suo bicchiere e a porgerglielo un’altra volta. Kyle lo accettò in silenzio e, sempre senza parlare, fecero un brindisi privo di parole, guardando insieme il firmamento scuro. Nessuno dei due parlò per molto tempo, e lasciarono che il momento si prolungasse il più a lungo possibile. Solo dopo molti minuti Timmi riprese la parola.
- Lo sai che se lo ripeti a qualcuno vengo qui di notte e ti apro in due come un’orata in pescheria, vero?-
- Tu non li sai apprezzare i momenti di intimità.-

Lavoravo a questa one-shot da qualche settimana, e finalmente l'ho postata. Saluti a tutti!

   
 
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