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Autore: Gaia Bessie    16/05/2017    6 recensioni
«Leggi ancora le favole, Weasley?».
Rose si china in avanti, dalla poltrona alla sedia dov’è seduto Scorpius passano solo pochi centimetri, e lui se la trova così vicina che, se ne avesse il coraggio, potrebbe toccarla.
«Qualche volta» risponde, con sincerità. «Papà si è risposato da quasi un anno e ha un bimbo piccolo. Imparo le favole perché lui non è in grado».
«E ti servono a qualcosa?».
«Mi servono a non pensare che il mondo sia un gigantesco calcolo che non so risolvere» risponde Rose. «Se togli la magia, dalle azioni, ti rimane solo la logica. E quando la logica non quadra più, cosa puoi fare?».
(...)«Posso pretendere di insegnarti a essere umano, Scorpius» Rose sorride per finta, mentre gli porge un libro. «Per capire i numeri, devi prima comprendere le persone».
Prima classificata al contest "Un contest quattro stagioni, grazie" indetto da Mary Black sul forum di Efp
[Quarta classificata e vincitrice del premio speciale per la migliore storia in gara al contest "Due è meglio di uno" indetto da Imamorgenstern e giudicato da Juriaka]
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nuova generazione
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Note dell'Autore: Qui devo specificare diverse cose, per semplicità mi riservo di poter fare un elenco (che consiglio di leggere dopo la storia):
·         Il titolo vuol dire “Disincanto del mondo”, ed è una cosa lievemente ironica che ho partorito. Volevi uno Scorpius crudele: te ne ho fatto uno crudele, malato, e, anche peggio, disincantato. La ragione per cui Scorpius è così terribile è proprio questo, il fatto che non riesca a comprendere “la magia del mondo”. In opposizione, Rose è il “Reincanto del mondo”, la tendenza a immaginare e a emozionarsi ma che, almeno in questa storia e grazie all’obbligo del bad ending, ha la peggio.
·         La questione del gatto è una cosa terribile, probabilmente, ma mi piaceva molto l’idea del Trio che ricorda gli avvenimenti anche in questa maniera semi-informale.
·         Ovviamente devo specificare una cosa: Scorpius è un personaggio malato, non fa ragionamenti sani, è totalmente ossessionato da Rose. E questa cosa non è palese dall’inizio, ma si vede piano piano, fino alla fine. Spero di essere riuscita, in questo, a fare intendere come sia uno svolgimento e non una cosa immediata o puntuale.
·         Rose, dal canto suo è innamorata di Scorpius, almeno inizialmente. Poi, ovviamente, vedendo quanto lui è scostante e disincantato, inizia a rassegnarsi.
·         L’Aritmanzia: qui ho fatto un mix tra quello che ci dice la Rowling, quello che dice Wikipedia sull’Aritmanzia e quello che lo studiato io di Logica matematica. La materia è rimasta il leggere il futuro tramite calcoli matematici, ma mi sono permessa di inventarmi qualche dettaglio.
·         Ovviamente le parti in corsivo fanno parte di un arco temporale futuro.
 
 


 
Hanno trovato un gatto impiccato a Malfoy Manor, come il condannato dalla forca, penzolava tristemente su una distesa di erba seccata dal gelo, le unghie spezzate e gli occhietti sbarrati.
Bathilda ha penzolato sull’erba per un giorno intero, prima che la sua padrona la trovasse, e si mettesse a piangere su quel pelo, ormai scuro come le foglie bagnate, strappato a chiazze.
Scorpius Malfoy non ha proferito parola, nel vedere sua moglie prosciugarsi di lacrime su quel corpicino immobile, non è riuscito nemmeno a fingere dispiacere.
Ha l’anima del soldato. Quando ha iniziato a cercare una donna, non ne ha pensata una che avesse una matassa di capelli rosso vivo e un bel sorriso, ma ha pensato alla fodera perfetta per la sua spada, una donna che non si sarebbe mai infranta sotto le callosità delle sue mani.
Ha sempre creduto che Rose sarebbe stata in grado di sopportare ogni cosa: è stato lui a piangere, una volta sola, quando, per errore o esasperazione, un giorno, le ha dato uno schiaffo. Ha pianto e ha chiesto scusa, ma Rose niente, impassibile, congelata con la fede che le scivolava giù dal dito come una promessa infranta.
Rose ha sopportato. Non tutto, o almeno, era tutto fino a quel momento in cui si è rotta in singhiozzi inconsolabili e, Scorpius, non conosce un metodo per farla tacere. Sembra quasi che il suo pianto possa rompergli il cervello come fosse una sfera di cristallo, o come deve essere stato facile rompere il respiro del gattino che ancora lei stringe in mano.

 
Entzauberung (der Welt)
 
 
Septima Vector non è mai stata una professoressa con una scorta di pazienza illimitata: l’Aritmanzia è tutto un calcolo e, in quanto tale, o è corretto o non lo è.
E quelli di Scorpius Malfoy non lo sono mai. Ed è paradossale, se si pensa che Draco Malfoy ha pagato i migliori insegnanti pur di far comprendere al figlio le fondamenta della materia ma, nulla, a lui il risultato non quadra mai.
Ogni volta che la professoressa Vector prende in mano i compiti del giovane Malfoy, rabbrividisce: ogni passaggio, ogni semplificazione, è riportato con una sistematicità glaciale. Eppure, il risultato è sempre sbagliato.
È come se non riuscisse a comprendere il ponte che congiunge la logica dal futuro, è talmente rigoroso che, al massimo potrebbe calcolare il presente, o il passato. Ma, del domani, non se ne vede nemmeno l’ombra più sbiadita.
«Guardi, Signor Malfoy, l’errore è qui» Septima Vector sorride, e una ragnatela di rughe le rovina la fronte. «Tutti i suoi calcoli sono insindacabilmente corretti, però…».
Malfoy sospira. «Però manca qualcosa».
«Non avrei saputo dirlo meglio» la professoressa sorride, imbarazzata. «A volte sembra quasi che le manchi quello slancio interpretativo che trasforma i numeri in… fatti. Anche nelle materie logiche, come questa, serve un po’ di fantasia».
Lui, palesemente, soffoca una risata, e deve mordersi le labbra con i denti per non farla uscire fuori.
«Con il dovuto rispetto, professoressa» mormora. «Non capisco cosa c’entri la fantasia con dei calcoli: o sono giusti o sono sbagliati, e se lo sono è perché il mio procedimento è fallace. Tutto qui».
«Forse, il problema è che ha sperimentato troppo poco la materia e, ancora, non riesce a comprenderla» la professoressa cerca di sorridere, conciliante. «Le assegnerò qualche esercizio supplementare… ma l’ideale sarebbe se trovasse qualcuno con cui svolgerli».
Scorpius Malfoy china il capo, mentre la sua professoressa scarabocchia qualche formula su un rotolo di pergamena: sa perfettamente che quegli esercizi saranno inutili, come sarà inutile forzarsi a chiedere aiuto.
Per quanto potrà provare a far quadrare i conti, finirà sempre per tracciare le linee di un futuro che non sa leggere.
 
 
***
 
Sembra che Rose non sia mai stata capace di sedere composta: si stende su quella poltrona come se non ci fosse nessuno a guardarla, sperando che un brandello di coscia si liberi dalla costrizione delle calze. Qualche volta ride, quando una scarpa le penzola dalla punta del piede e cade giù.
Illuminata dalla luce verdastra del lago, sembra che su quella poltrona ci stia annegando, con le braccia abbandonate sui braccioli e il volto reso pallido dall’atmosfera cupa dei sotterranei.
Scorpius Malfoy non l’aveva mai guardata – no, osservata – prima di adesso. Ed è pazzia domandarsi cosa ci faccia lei, qui, l’unica Weasley Serpeverde, perché è assurdo e insensato porsi una domanda così palesemente illogica e inconcludente: Rose Weasley riesce a essere Serpeverde in ogni poro del suo corpo, in ogni capello, in ogni respiro.
È per questo che è perfetta per lui, ed è per questo che lui non le chiederà mai aiuto. Rischierebbe di farla sorridere – o, peggio, ridere di lui – nel sentirlo chiedere aiuto.
Glielo darebbe. Certamente, l’educazione Weasley-Granger ha lasciato i suoi segni, Rose Weasley conserva la vivacità e la spensieratezza della sua famiglia d’origine.
Ma riderebbe e, questo, Scorpius non saprebbe come sopportarlo. Rose Weasley riderebbe ed è assurdo, perché è quando si decide ad avvicinarsi a lei, che ha preso a giocare con un gattino fulvo, che si rende conto di non averla mai vista ridere.
«Mi serve…» Scorpius la guarda, mentre emerge da quella poltrona che sembrava volerla inglobare.
Ha i capelli, rossi come un tramonto, scombinati e totalmente fuori controllo. È tutta fuori da ogni controllo, da ogni schema logico, è tremendamente incoerente mentre sorride e ha il viso pulito di una bambina e la camicetta sbottonata fino al terzo bottone.
E lui la guarda è ha notato sia che usa una piuma per tener su lo chignon che ormai sta per crollare sul collo, sia che porta un reggiseno in pizzo viola, che fa davvero a pugni con quel viso che grida aspetta, devo ancora crescere.
Fa paura. È un ibrido, a metà tra una donna e un animale pronto a succhiargli via il midollo dalle ossa.
Lui teme quel sorriso dolcissimo e quella sensualità incontrollata, teme il modo che ha di accavallare le gambe e di giocare con i capelli. Teme lei, la teme terribilmente, in ogni sua parola o manifestazione.
Eppure, la cerca.
«Ti serve aiuto» sorride Rose, mentre scioglie i capelli da quello chignon ormai morto sulla sua spalla. Sembra che stia grondando sangue.
Tutto in lei ha una patina di eccesso, di esagerazione: ha i capelli troppo rossi, la bocca troppo piena, gli occhi troppo castani. Lei è semplicemente troppo.
«Sì» mormora Scorpius, come in trance. «Mi serve aiuto».
Lei sorride e sembra quasi avere il potere di spezzarlo a metà, con quel sorriso.
 
 
***
 
Le formule di Rose non hanno senso: eppure, è la migliore del corso, e la professoressa Vector pende letteralmente dalle sue labbra.
Ma i suoi calcoli sono un’accozzaglia di tagli, frecce e numeri scritti quasi a caso, che Scorpius proprio non riesce a comprendere. Si chiede come faccia, Rose, a prendere E in Aritmanzia quando, palesemente, non riesce a ricordarsi quasi come svolgere gli esercizi più elementari.
Se lo chiede, finché non si accorge che quei calcoli, fatti a casaccio e senza criterio, portano tutti, sempre, a un risultato insindacabilmente corretto.
E non ha idea di come faccia a non sbagliare, senza procedimento, senza criterio, a tentoni tra dei numeri che, però, le scivolano tra le dita con una naturalezza che paralizza.
«Mi spieghi perché qui non hai minimamente considerato l’implicazione?» Scorpius si passa una mano tra i capelli, sbuffando. «Così è sbagliato».
Ma il risultato è sempre giusto, e Rose ride, con le dita macchiate di inchiostro e qualche pelo di gatto sul maglione.
«Dovresti leggere di più, Scorpius».
Lui la guarda storto, mentre torna a cincischiare con i numeri e le lettere, sperando che il calcolo torni a quadrare.
«Ho letto il libro di testo almeno otto volte» sibila, lui. Lascia cadere la piuma sul tavolo. «Non mi sembra sia servito a qualcosa».
«Non sai cosa è una favola, per caso?» lei agita un libro, Le fiabe di Beda il bardo, come se vi avesse colto chissà che verità.
«Leggi ancora le favole, Weasley?».
Rose si china in avanti, dalla poltrona alla sedia dov’è seduto Scorpius passano solo pochi centimetri, e lui se la trova così vicina che, se ne avesse il coraggio, potrebbe toccarla.
«Qualche volta» risponde, con sincerità. «Papà si è risposato da quasi un anno e ha un bimbo piccolo. Imparo le favole perché lui non è in grado».
«E ti servono a qualcosa?».
Scorpius conosce poche favole: Asteria Greengrass non ne ha mai raccontate, Narcissa Malfoy se n’è lasciata sfuggire qualcuna insieme al figlio.
«Mi servono a non pensare che il mondo sia un gigantesco calcolo che non so risolvere» risponde Rose. «Se togli la magia, dalle azioni, ti rimane solo la logica. E quando la logica non quadra più, cosa puoi fare?».
Inventare una storia. Pensare di poterti prendere per mano e portarti via, anche se fuori nevica, anche se è dicembre e non c’è nessun Natale, anche se non so raccontare.
«Abbiamo tutti bisogno di una favola in cui credere, Scorpius» lei sorride e lui si sente inghiottito, da quel sorriso. E dai capelli rossi, la fossetta sul mento e tutto il resto.
«E cosa c’entra, questo, con l’Aritmanzia?» domanda Scorpius.
Lei si stringe nel maglione, come se avesse un brivido: è dicembre, ma non fa freddo, è come se si fosse congelato qualcosa, sì, ma è quel tempo che li vede chiusi in Sala Comune e non li lascia scappare. È quello spazio che persiste tra le loro sedie, e, piano piano, disgela.
«Che il futuro è un po’ una favola, se ci pensi» Rose sorride, dolcemente, accogliendo il suo gattino sulle gambe. «Solo che è una favola vera».
 
 
***
 
Qualche volta, la trova che legge le favole al suo gatto, come se fosse un bambino, e non ne trova una spiegazione razionale.
«Me l’ha regalata mia madre, l’ha trovata dai genitori di Albus a Godric’s Hollow» spiega Rose. «L’ha chiamata Bathilda perché credo sia un vecchio scherzo tra i miei genitori ed Harry» sorride, con un’amarezza che annichilisce. «Ma adesso conta molto poco, no?».
Scorpius non risponde: vorrebbe confortarla, ma non riesce a toccarla, a guardarla, e ogni parola che pronuncia sembra sempre una scheggia di iceberg.
Così, finisce sempre per non dire nulla, ma lascia parlare lei che, a volte, sembra dover spirare per tutte le parole che non riesce a dire. Ne ha così tante, Rose, così tante che ci soffoca.
Ha provato a tenere un diario, a scrivere lettere, ma le parole sono talmente veloci che, alla fine, qualunque cosa lei scriva non è che qualcosa che è già passato.
Quindi, parla. Parla talmente tanto che, alla fine, non importa nemmeno che Scorpius capisca cosa sta dicendo, ma lei vuole essere ascoltata, ti prego ascoltami, e allora va bene così.
«Forse, conta molto per te».
Rose sorride, triste, e gli tende una mano, invitandolo vicino a lei. Scorpius non si muove di un millimetro: non potrebbe.
E allora lei sospira, un sospiro che sembra più il principio di un pianto, e tace, guardando fuori dalla finestra: qualche volta nevica, qualche volta è solamente pioggia che sporca il vetro.
 
 
***
 
Tutti i Weasley tornano a casa per Natale, ma non Rose: è assurdo che i suoi genitori lo permettano, ma lei rimane ancorata alla sua poltrona nella Sala Comune dei Serpeverde.
Nemmeno Scorpius è riuscito a tornare a casa: Draco Malfoy è in Cornovaglia, a imparare a essere tagliere come una scogliera frustata dalle onde, e sua moglie l’ha seguito silenziosamente, come un’ombra. Forse, spera che il mare la inghiotta.
Ma Scorpius non avrà mai il silenzio quieto che è di Rose, quando legge e sospira, la mano tra i capelli come se fosse un conforto, qualcosa cui ci si può aggrappare. Qualche volta, e succede da quando lei gli ha mostrato una foto di sua madre adolescente, pensa che sia perché, i capelli di sua madre, non ha mai avuto il coraggio di toccarli.
Hermione Granger non sembra una persona in grado di confortarti: ha visto troppi orrori per comprendere i piccoli drammi di una figlia innamorata degli oblii. E Rose si tocca i capelli in una carezza inconscia, e culla il gattino come fosse un neonato – ha ammesso di non avere mai avuto il coraggio di sollevare il suo nuovo fratellino dalla culla.
Rimangono in silenzio, silenzi diversi, Rose e Scorpius, sulle loro sedie, sedie diverse, distanze diverse.
«Potresti…» qualche volta, Rose abbozza un sorriso diverso dagli altri. Né eccessivo né conturbante, solamente incerto. «Chiedermi di uscire?»
«Sì, potrei» Scorpius guarda distrattamente la fuga delle piastrelle. «Devo farlo?».
«Sarebbe bello» mormora lei, sperando di convincerlo. «A me piacerebbe».
Lui annuisce, ma non risponde mai. La guarda sospirare e, se si appanna il vetro della finestra, scarabocchiarci sopra qualche numero.
Istintivamente si chiede che favola Rose abbia deciso di raccontare.
 
 
***
 
Non l’ha vista scartare i regali, però, quando dopo qualche giorno l’ha scovata raggomitolata in una poltrona con un libro in grembo, ha capito: nuove favole, nuovi orizzonti, nuovi mondi possibili. Rose ha cominciato a tacere, sempre di più, e ogni tanto apre la bocca come per dire qualcosa ma, alla fine, non ci riesce. E allora china il capo, sconsolata.
Scorpius continua a lottare con i compiti di Aritmanzia: non riesce a risolvere nemmeno un esercizio, senza l’aiuto di lei. D’altro canto, Rose non sembra più intenzionata ad aiutarlo.
Lui prova ad allettarla con promesse, ninnoli, libri e collanine. Niente. Rose tace e sembra fissarlo con aria di sfida quando, Scorpius, frustrato, getta le pergamene sul pavimento e si rintana sotto le coperte, cercando un senso a quei risultati illogici.
«Potrei…» Scorpius si sorprende, nel vederla sobbalzare al suono della sua voce. E si rende conto che è perché, solitamente, non è lui a parlare. «Chiederti di uscire?».
Lei sorride, ma sembra comunque che debba piangere da un momento all’altro.
«Sarebbe bello» mormora. «Usciamo, poi io ti faccio gli esercizi si Aritmanzia. Fine della storia, come sempre. Sei seriale, Scorpius».
«Non puoi pretendere di insegnarmi una materia di cui non capisco quasi nulla» sibila lui. «Ormai siamo sempre più vicini ai M.A.G.O., posso solo sperare in un miracoloso colpo di fortuna».
Lei si alza di scatto, dalla sua poltrona, e trema come un’invasata. Lui nemmeno si era accorto che indossava solo una camicia da notte leggerissima, talmente chiara che, forse è un gioco di luci, riesce a indovinare il motivo della sua pelle.
«Posso pretendere di insegnarti a essere umano, Scorpius» Rose sorride per finta, mentre gli porge un libro. «Per capire i numeri, devi prima comprendere le persone».
E lo lascia lì, in piedi davanti alla sua poltrona, e con il libro in mano.
«Ti giuro che se mai riuscirò a risolvere un problema di Aritmanzia, allora ti sposerò» grida lui, nel vuoto della sala.
Rose si gela sulla soglia, pietrificata.
«Non giurare il falso» mormora, sorridendo. «Ho fatto qualche calcolo con la tua data di nascita: sposerai una donna che desidererai rendere infelice».
Lui ride e, per un attimo, un vetro trema e la neve smette di cadere.
«Allora sposerò sicuramente te».
Lei china il capo.
«Era esattamente quello che temevo».
Il miagolio del suo gatto sembra quasi un pianto, ma Scorpius a malapena se ne accorge.
 
 
***
 
Un giorno, si decide a leggere una favola: fa meno freddo del solito ma, quando respira, il fiato diventa vapore e si avvia verso altri cieli.
Mimetizzato nella neve, Scorpius respira piano e legge veloce, le mani rigide sulle pagine.
Ha un esercizio di Aritmanzia accanto e, come al solito, non spera nemmeno di poterlo risolvere: lui non è Rose, non riesce a trovare un senso nei numeri, nelle date, in frecce o simboli messi casualmente su una pergamena.
Non capisce come facciano, tutti, a trovare altri significati a un tre e a un uno, un’altra somma che non sia quattro, una differenza che non sia due.
Eppure, Rose legge le favole e, in quelle idiozie, ci vede un senso, un suggerimento, una via da seguire.
Scorpius sospira, e torna a leggere. Ha le labbra violacee e, quando finisce di scribacchiare sulla sua pergamena, non si sente più le dita: ma ha scritto una formula ed è insindacabilmente corretta.
 
 
***
 
Cerca Rose e non la trova: pergamena in mano e inchiostro sulle dita, Scorpius non riesce a trovarla.
La cerca in ogni angolo, in ogni corridoio o stanza, ma niente, non riesce a trovarla.
Poi, ricorda che oggi è l’ultimo giorno di vacanza, e allora torna a correre fuori.
 
 
***
 
Cerca Rose e la trova: lascia cadere la pergamena per vederla abbracciata a un ragazzo che non riesce a identificare. Sorride, come non faceva da mesi, e questo gli genera un fastidio localizzato esattamente tra il cuore e la bocca dello stomaco.
Rose sta abbracciando un ragazzo che le tiene le mani sui fianchi, e inavvertitamente – o forse intenzionalmente – le ha scostato un lembo della camicia, così sa rivelare una sottile striscia di pelle, un confine.
Forse sono gli stessi centimetri che vivono tra le due poltrone, quella di Rose e quella di Scorpius, forse sono anche di meno. Sono comunque uno spazio che lui non ha mai avuto il coraggio di ignorare – nemmeno adesso, d’altronde, riesce ad avvicinarsi a lei.
 
 
***
 
Quella sera, si ritrovano: nella Sala Comune deserta, Rose si è nascosta per racimolare del calore dal caminetto. Ha il viso acceso di sorrisi, gli occhi che quasi splendono.
Scorpius l’ha vista ridere, eccessivamente, ma anche sorridere con le lacrime agli occhi: sia maledetto per ciò che sta pensando, ma Rose è più bella quando è sul punto di piangere.
E, istintivamente, sa anche cosa può implicare questo pensiero.
«Rose…» forse è la prima volta che pronuncia il suo nome. «Io…».
Lei alza lo sguardo, ha le guance arrossate. I capelli sembrano carichi di elettricità statica, grondano gocce di un lieto fine che, ormai, sembra essere scritto nei numeri.
Che sia malata? Forse è una febbre, un raffreddore, un malanno.
Scorpius si trova a pregare che non sia amore.
«Io ho giurato».
Ha giurato che l’avrebbe sposata e resa infelice. E sebbene il futuro si possa cambiare, lui non sembra averne alcuna intenzione: lui dovrà essere l’unico a farla piangere, nessun altro dovrà mai vederla bella come una dea spezzata a metà.
«Ma, Scorpius…» lei si passa una mano tra i capelli, incerta. «Io non posso, io a…».
Scorpius non vuole saperlo, non vuole sentirselo dire. Non si è nemmeno accorto di averle dato uno schiaffo, finché non la vede asciugarsi una lacrima.
«Hai detto che ti avrei resa infelice, Rose» mormora lui. «Posso provare a non…».
Lei scuote il capo.
«L’hai già fatto» sospira, chinando il capo. «Non puoi cercare di essere ciò che non sei, Scorpius».
 
 
***
 
Ha cominciato a nevicare e Rose non se n’è nemmeno accorta, finché non ha cominciato a sentire le lacrime che si congelano sul viso.
Quando alza il volto, verso il cielo, ci sono solamente nubi pronte a rovesciarsi sulla terra.
E lei è lì, bagnata fradicia, tremante, e con il suo gatto morto tra le braccia, non riesce nemmeno a smettere di piangere.
«Scorpius!» urla, con tutto il fiato che ha in gola. Le fa talmente male il petto che, forse, potrebbe morire sul momento e sentire solamente meno dolore. «Come hai potuto… come hai… perché…».
Lui sorride, e sembra quasi che, quel sorriso, sia solamente un taglio sulla faccia, forse fatto dal vento e suturato dal gelo.
«Io ho giurato, Rose».
Ha giurato di renderla per sempre infelice, e lo ha fatto. Ha giurato di toglierle il lieto fine dalle favole e il sorriso dalle labbra.
Ha giurato di amarla così, mentre piange e non mentre ride. Perché, mentre Rose singhiozza e sembra che l’anima possa scivolarle via dalle labbra livide, lui non riesce a non trovarla indicibilmente bella.
   
 
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