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Autore: Strega_Mogana    18/05/2017    3 recensioni
Da “Le curiose comari di Hogwarts”
- Andiamo Severus. - fece Minerva – Sono stata io a farti capire i tuoi sentimenti per Hermione!

E cominciò tutto così.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Nota: Volendo inerirla nell'ultima mini serie composta da: Piton 45.0 FM; Le curiosi comari di Hogwarts e Triste luogo per un ricordo felice, questa potrebbe essere vista come un prequel di tutto. E' possibile leggerla prima di tutte le tre storie elencate o alla fine. O solo questa e lasciar perdere il resto.
A voi la scelta.


Il passato deve restare nel passato

Le urla ancora echeggiavano nel suo ufficio.
Erano passate settimane eppure a lui sembravano solo pochi minuti.
Il mago sedeva alla sua scrivania sgombra, questa volta, da carte amministrative e quotidiani che potevano distrarlo da quello che lei gli aveva detto. Anzi urlato in faccia, con le lacrime che le rigavano le guance senza vergognarsi di mostrarsi debole, indifesa e gelosa.
Con un sospiro si passò una mano sul volto e osservò la sedia dietro la scrivania dove qualche settimana prima si era seduta, rigida e furiosa mentre torturava il polsino di una camicetta babbana. Abiti che indossava sempre prima di lasciare Hogwarts per le vacanze estive.
La scuola era silenziosa ormai da giorni, gli studenti erano tornati a casa e i professori stavano lasciando il castello uno dopo l’altro.
Gli unici che lasciavano la scuola solo per un breve periodo erano lui, Pomona e Minerva.
Pomona doveva badare alle serre. Minerva usava la scusa dell’età e lui passava sempre meno tempo nella sua casa a Spinner’s End.
La stava lentamente abbandonando, ormai la considerava solo un monumento allo squallore del suo passato.
L’uomo spostò lo sguardo sulla busta che aveva preparato la sera prima.
Alla fine Minerva gli aveva fatto capire che era ora di lasciarla andare, di andare avanti e vivere come meritava.
Gli aveva aperto gli occhi; eppure chiudere quella busta era stata una delle cose più difficili che avesse mai fatto.
E la sua lista era molto, molto lunga.
Ma Minerva sapeva tutto, vedeva molto più di quello che lui riusciva a capire, anche di se stesso; soprattutto di se stesso.
Il mago prese in mano la busta e la rigirò tra le mani; Hermione l’aveva trovata per caso, sfogliando un vecchio libro.
Non aveva creduto alla sue parole, al fatto che non sfogliava quel libro – lo stesso dove aveva riposto quella parte della sua vita - da molto tempo.
Non aveva creduto a quella storia. Come avrebbe potuto?
Alla fine tra le urla, gli insulti e le lacrime aveva sbattuto il suo passato sulla scrivania dicendogli che non avrebbe lottato contro i suoi fantasmi se lui non era al suo fianco.
Non le aveva risposto. Anzi le aveva detto che era solo una ragazzina. Che lei non capiva. Che non avrebbe mai capito.
Gli aveva urlato che era solo uno stronzo bastardo che aveva giocato con il suo cuore e il suo corpo, poi se n’era andata sbattendo la porta.
Una pugnalata dritta al cuore.
Era partita quello stesso giorno e lui non l’aveva fermata.
Dopo settimane di mal umore Minerva l'aveva sgridato come se fosse un bambino. Con estenuante insistenza si era fatta spiegare la situazione e poi gli aveva detto che era lui il ragazzino e che avrebbe dovuto seguire il suo cuore, invece di rincorrere il ricordo sbiadito di quello che non era più. Anzi di quello che non era mai stato.
Aveva chiesto aiuto anche a Silente, ma lui si era limitato a sospirare e mormorare una sola frase:
- Il passato deve restare nel passato.
Da quel momento non aveva più parlato, aveva fatto finta di dormire oppure spariva oltre la cornice per giorni lasciandolo solo con i suoi pensieri e quel passato ancora sulla scrivania che lo fissava.
L'orologio sul camino spento batté otto colpi riportandolo alla realtà.
Il mago picchiettò la busta sulla scrivania con delicatezza, poi la fece sparire in una tasca interna del mantello.
Doveva andare, aveva un appuntamento.

* * * *

31 Luglio.
Una data che per lui non era nulla di particolare fino agli undici anni.
Ricordava ancora i compleanni festeggiati in solitaria in quello stanzino nel sottoscala, con i ragni come invitati e una torta fatta di polvere.
La canzoncina canticchiata a labbra strette per non far infuriare gli zii.
La solitudine e la malinconia di quegli anni non lo abbandonava mai; ricordava tutto: perfino ogni regalo che Dudley aveva ricevuto.
Ora le cose erano diverse.
Non era più solo.
Non viveva più in uno sgabuzzino e la sua festa era sempre chiassosa e fin troppo calorica.
Perfino Dudley riusciva a inviargli un regalo, uno vero, pensato apposta per lui.
Incredibile.
Eppure ogni anno, il giorno preciso del suo compleanno, si ritagliava almeno un'ora la mattina per ripensare agli anni prima di Hogwarts, al sottoscala, alle pulizie e agli abiti lisi di suo cugino.
Ripensava alla guerra, alle battaglie e alle persone che si erano sacrificare per lui perdendo tutto.
Godric's Hollow era deserta quella calda mattina. Le persone dormivano ancora, era presto e il caldo torrido, insolito per l'Inghilterra, li rendeva pigri e stanchi fin dalle prime luci dell'alba.
Harry non se ne dispiacque, amava quel villaggio che aveva riscoperto dopo la guerra, il paese dove i suoi genitori erano stati felici per qualche tempo, dove l'avevano amato e coccolato anche se lui non lo ricordava.
Gli piaceva passeggiare immaginando Lily e James camminare su quelle stesse strade, spingendo un passeggino e sorridendo innamorati.
Percorreva il sentiero che portava alla sua casa e la osservava da dietro il cancello sempre ricco di scritte e fiori incantati. Osservava i muri e le finestre immaginando una vita dietro quel velo di morte e polvere.
Ma da quell'anno non l'avrebbe fatto più. Era stata una decisione difficile, ma aveva deciso di abbattere la casa. Non sapeva cosa ne avrebbe fatto del terreno, ma non voleva più vedere la sua vecchia casa, che in fin dei conti non aveva mai sentito veramente come sua, cadere a pezzi.
Era stata una decisione che aveva scosso il mondo magico e che aveva portato non poche discussioni al Ministero, minando così anche la sua popolarità.
Cosa che lo rendeva solo immensamente felice.
Da quando quelle vecchie mura erano state abbattute si era sentito più leggero, quasi sollevato, come se anche lo spirito dei suoi genitori fosse libero.
Trovava la cosa stupida, ma non sapeva spiegarsi in altro modo.
Harry sorrise alla statua comparsa magicamente al centro della piazza; i suoi genitori guardavano il villaggio con in braccio un bambino dove non riconosceva se stesso. Si avviò poi al piccolo cimitero accanto alla chiesa.
Ci andava spesso, ma mai quanto avrebbe voluto.
Il giorno del suo compleanno era, però, un appuntamento fisso che non saltava mai.
Quando le campane della chiesa annunciarono le nove della mattina si rese conto che era in mostruoso ritardo rispetto alla sua tabella di marcia: aveva indugiato troppo a fissare le stradine del villaggio.
Aprì il basso cancello del cimitero senza sorprendersi di trovare qualcuno davanti alla tomba di sua madre.
Non era difficile scoprire che la mattina del suo compleanno si recava alla tomba dei suoi genitori, e poi quello era un appuntamento fisso che aveva col suo passato, non solo con Lily e James Potter.
Il mago che lo aspettava fissava la tomba di Lily con le braccia incrociate al petto e l'espressione severa sul volto spigoloso. Alla fine Harry si era arreso a pensare che quella fosse la sua unica espressione per tutto.
Hermione asseriva il contrario, ma, secondo Ginny, Hermione vedeva un lato di quel mago che nessuno di loro avrebbe voluto neppure immaginare.
Ci aveva messo settimane a capirne il motivo.
- Sei in ritardo, Potter. - disse il mago senza voltarsi nella sua direzione, ma non c'era bisogno di voltarsi e vederlo, erano i soli in quel cimitero, lo erano sempre stati.
Aprì la bocca cercando una scusa plausibile, ma poi si ricordò che non era più un suo studente e che non doveva scusarsi per non aver fatto i compiti.
- E' vero. - ammise solamente avvicinandosi, le loro due ombre si fusero sulla tomba di sua madre - Mi dispiace, non mi ero reso conto dell'ora.
Il mago accanto a lui non disse lui, si limitava a fissare il nome di Lily sulla lapide grigia.
Harry aveva fatto lucidare le lapidi, erano le uniche che sembrassero regolarmente visitate in quello sperduto cimitero.
Dopo un intenso minuto di silenzio il mago vestito di nero si voltò a guardarlo, ormai il suo sguardo non lo metteva più a disagio né lo faceva arrabbiare.
Provava affetto per quell'uomo.
Non lo avrebbe ammesso neppure sotto cruciatus.
- Sei invecchiato. - gli disse il mago senza la solita ironia o il sottile sarcasmo.
Era solo un'ovvia constatazione.
- Sì beh...- mormorò lui – non tutti possono dimostrare sempre gli stessi anni come lei. Lo sa che la chiamano vampiro?
- Sono stato chiamato in molti modi. - rispose lui con una impercettibile alzata di spalle – Credo che, a questo punto, gli auguri siano doverosi, Potter.
- Grazie.
Restarono ancora qualche minuto in silenzio a fissare le tombe. Aveva immaginato spesso cosa avessero detto i suoi genitori di quella strana amicizia, senza mai trovare una risposta.
Forse sua madre ne sarebbe stata felice, forse suo padre gli avrebbe detto di stare attento a Mocciosus. Gli faceva ancora male pensare a suo padre in quel mondo, ma aveva smesso di difenderlo in ogni occasione.
Suo padre era quello che era, forse invecchiando sarebbe migliorato.
Non l'avrebbe mai saputo.
- Come da tradizione. - gli disse, nella sua voce c'era una traccia di sorriso – La invito alla mia festa di compleanno alla Tana. Ginny e Molly stanno già cucinando, Ron e Hermione stanno addobbando il giardino. Sarà rumorosa, colorata ed estremamente calorica.
Si aspettava una reazione dopo aver nominato la sua migliore amica, ma ne restò deluso.
Non si scompose. Non mostrò il minimo interesse. Non mosse neppure quel suo solito sopracciglio.
Rimase fermo a fissare la tomba di sua madre.
Forse Ginny si sbagliava, non succedeva mai, ma poteva sempre esserci una prima volta.
- Come da tradizione, non verrò.
L'appuntamento di ogni anno, appuntamento non programmato ed iniziato per caso, stava per finire Harry lo sapeva.
Sarebbe rimasto lì ancora un po', avrebbe parlato con i suoi genitori seduto sul terreno asciutto.
Si sarebbe alzato solo quando non sentiva più le gambe.
Prima di andarsene il mago si voltò nella sua direzione, dando le spalle alla tomba di Lily Potter. Lo vide sfilare una busta da una tasca e porgergliela.
Harry corrugò la fronte.
- Cos'è?
- Il passato, Potter. - rispose lui mentre la prendeva – Il passato. - ripeté con un filo di voce incamminandosi verso il cancello, senza dare la solita ultima occhiata alla lapide.
Harry aprì la busta, sfilò il suo contenuto e sgranò gli occhi verdi. Si voltò in cerca del mago, ma Severus Piton era già sparito.
Tornò alla Tana confuso da quell'incontro.
Entrò nella cucina dove già si sentivano ottimi profumi e i mestoli si muovevano da soli nelle pentole.
Ginny stava incantando un coltello in modo che tagliasse in automatico le cipolle mentre Hermione stava lucidando una serie di posate.
La sua amica era strana da qualche tempo.
Non era la stessa che aveva passato con loro la Pasqua, era malinconica e facilmente irritabile ed ora sapeva che la disastrosa situazione con i genitori non c'entrava.
Ginny si accorse della sua espressione e lasciò perdere il coltello, la lama finì di tagliare la cipolla poi restò ferma sul tagliere.
- Harry...- lo chiamò allarmata, sapeva perfettamente cosa succedeva la mattina del suo compleanno, dove andava e chi incontrava nel cimitero davanti alla tomba di sua madre – che succede?
- Piton. - rispose lui sedendosi sulla sedia – E' stato... strano.
Hermione sbuffò senza alzare lo sguardo da una forchetta.
- E dove sarebbe la novità? - borbottò irritata – Il Conte Dracula é sempre strano.
Ginny scosse il capo e lasciò perdere, conosceva bene entrambe ed Harry si rese conto che Hermione borbottava frasi acide verso Piton da quando era arrivata alla Tana.
- Mi ha dato questa. - spiegò mostrando la busta – Mi ha detto che è il passato.
- Cos’è? – gli domandò sua moglie.
Il giovane mago sfilò con cautela il contenuto della busta.
- La foto di mia madre. – mormorò – E la seconda pagina di quella lettera.
Negli anni Harry aveva ricevuto molte foto dei genitori, aveva imparato a conoscere i loro volti, alcune espressioni impresse sulla carta.
Quella fotografia sapeva chi l’aveva, sapeva il perché l’aveva lui e non l’aveva mai chiesta indietro. In qualche modo sentiva che quell’unica fotografia di Lily e il suo affetto segnato sulla carta andavano a colui che non si perdonava per la sua morte.
Non ci aveva mai più pensato dopo la guerra.
Fino a quel giorno.
Harry fissò il volto sorridente di sua madre che salutava dalla fotografia, la accarezzò con due dita, in qualche modo sentì che una parte della sua vita si era chiusa in quel modo, con la restituzione di quella fotografia strappata.
- Ti ha detto che è il passato?
Il giovane sollevò lo sguardo incontrando quello di Hermione. L’amica aveva abbandonato il suo lavoro, le mani le tremavano, gli occhi erano lucidi.
- Sono state le sue esatte parole.
La strega scattò in piedi.
- Devo andare.
La sentirono correre fuori nel giardino, Ron la chiamò senza ottenere risposta.
Il suono della smaterializzazione arrivò da lontano.
Ginny ridacchiò e posò un delicato bacio tra i capelli ribelli del marito.
- Ti conviene continuare il lavoro di Hermione, non credo tornerà tanto presto.
Harry scosse il capo e afferrò una posata.

* * * *

La sua stanza era lugubre.
Si chiese perché non se ne fosse accorto prima, ma forse lo aveva sempre saputo e la cosa non gli era mai interessata.
Anzi era un muto avvertimento per chiunque volesse andare nei suoi alloggi.
Severus era in piedi in quello che era il piccolo salottino che divideva la camera da letto dal resto della stanza.
Improvvisamente gli mancava l’aria.
Decise in pochi istanti che il resto delle settimane che gli restavano prima del rientro degli studenti lo avrebbe passato cercando un alloggio migliore.
C’erano delle camere libere al quinto piano; il fatto che fosse lo stesso piano di Hermione era irrilevante.
Quell’ombra che aveva sempre cercato per proteggersi gli sembrò improvvisamente opprimente.
Uscì dalla stanza alla ricerca del sole e del caldo di quell’estate.
Si sentì come se fosse rinato non una seconda volta, ma una terza.
Ora capiva.
Sapeva cosa doveva fare: riconquistare Hermione.
Non sapeva bene come, il corteggiamento non era mai stata la sua priorità - e quando ci aveva provato era stato un completo disastro – ma avrebbe iniziato in qualche modo.
Salì la breve scala che divideva i sotterranei dal resto della scuola nello stesso momento in cui lei entrava dal portone principale.
Il tempo parve fermarsi in quel breve attimo.
Hermione ansimava, i capelli erano arruffati, indossava una vecchia salopette di jeans e una camicetta bianca, abiti che non avrebbe mai indossato ad Hogwarts neppure in piena estate.
Lui la fissò ricordando vagamente che Potter gli aveva detto che lei era alla Tana a preparare la festa.
Al cimitero si era solo concentrato su quello che voleva fare e sul dirle addio per sempre.
- Hai restituito la fotografia ad Harry.
- Il passato deve restare nel passato. – le disse con un sussurro ripensando alle parole di Albus.
La strega sorrise e gli corse incontro, un piccolo tratto che parve lungo chilometri.
E mentre lui l'abbracciava e raggiungeva con avidità la sua bocca si rese conto che il passato non l’avrebbe più intralciato.
Mentre l'incastro delle loro bocche, lingue e anime combaciavano alla perfezione tutto parve avere un senso.
Si sperarono a malincuore, cercandosi con gli occhi.
Le prese le mani e vi posò un delicato bacio.
- Non so cosa ci sia nel futuro, Hermione. - le disse – Ma so cosa c'é nel presente. Ci sei tu. Ci siano noi.
Hermione sorrise e ricambiò la stretta delle sue mani.
- Viviamo nel presente, Severus. Non mi serve altro.

FINE

   
 
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