Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Stella94    24/05/2017    7 recensioni
Dal primo capitolo:
"La pelle di suo marito contro la bocca era calda, emanava un dolce sentore di buono e abiti puliti.
Le piaceva la sensazione di averlo intorno a se, contro di se. Jon era sempre stato una fortezza di segreti, ma ora che l’aveva fatta entrare sapeva quanto valeva caro quel mondo inesplorato."
[Jonsa]
Genere: Angst, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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                                                     Il veleno freddo del serpente

 
 
 
 





L’incantevole sensazione di caldo tepore, inaspettatamente, svanì presto, e Sansa si ritrovò con gli occhi aperti a fissare la parete di pietra in una stanza che ricordava fosse quella di Jon.
Sembrava passato parecchio tempo dal momento in cui aveva chiuso gli occhi e si era lasciata andare ad un sonno agitato. Sansa non ricordava cosa le avevano mostrato le sue paure più profonde quella notte, ma era felice che fosse giorno e felice di non essere sola.
Non poteva proprio esserlo. Jon era dietro di lei, con un braccio disteso sul suo fianco. Poteva considerarsi uno strano abbraccio quello. Lui che la teneva stretta contro il suo petto, il respiro caldo di suo marito tra i capelli, quella presenza del suo corpo dura e calda dietro di lei che poteva contenerla tutta e sarebbe stata al sicuro dal mondo in eterno.
Quello però non era il Jon che conosceva. Era il Jon dei sogni, quello audace, oscuro, tenebroso, meno incerto.
Sansa lo sapeva. Se fosse stato sveglio non l’avrebbe mai stretta così, se fosse stato sveglio non avrebbe mai premuto le mani contro il suo corpo. Le piaceva.
Si riscoprì a desiderare l’abilità di rimanere immobile e percepire tutto senza spostarsi troppo. Restò ferma, quasi pietrificata sotto le lenzuola contro la sua pelle ad immaginare che sarebbe potuto essere così per sempre, e a scoprire il modo in cui in lei fluivano e prendevano forma cose nuove.
Sembrava un brivido, era fugace, paralizzante, severo e si ripeteva spesso. Un respiro un brivido.
Era come se ogni cosa dentro di lei si muovesse sotto le note di un’armoniosa melodia.
Le faceva quasi paura. La sua voglia e quella voce insistente nella testa che le ricordava che era suo.
Si spostò ancora di più con la schiena contro il petto di suo marito, strusciandosi contro quella pelle nuda e calda quanto impenetrabile e perfetta.
E fu allora che il suo cuore mancò un battito. Lo sentiva. Non poteva essersi sbagliata. Jon era duro, pronto, e con il respiro intenso e regolare contro il suo orecchio, sembrava suggerirle un piacere che doveva essere solo abbastanza coraggiosa da saper cogliere.
Non si era mai sentita più confusa e in imbarazzo di quel momento. Il sangue le fluì svelto sulle guance, nelle tempie, sulle labbra, sulle punte delle dita. Il battito del cuore accelerato premeva forte contro ogni barriera del suo corpo. Così lo sentiva nella gola, dentro allo stomaco, più sopra dove c’era il petto, e poi esplodeva nei timpani scandendo i secondi di un tempo che andava velocissimo.
Una parte di lei voleva fuggire subito. Non poteva rimanere lì, non era giusto. Quello era troppo intimo, l’incoscienza di un desiderio a cui non doveva dare troppo peso.
Un’altra parte un po’ gioiva  ed era curiosa di spingersi sempre più in fondo, perché non ci era mai arrivata e avrebbe potuto anche essere bello.
Si mosse piano sfregandosi contro di lui. Le mancava il respiro. Era davvero così stare con un uomo?
Sembrava come se fosse sulla cima di un’altura e prendeva il volo. La caduta la trascinava forte contro il suolo e la gravità la schiacciava, con le braccia aperte nell’aria libera. Si sentiva invincibile eppure aveva paura. Cosa ne sarebbe stato nel suo corpo una volta che avrebbe toccato la terra umida e dura?
Non ci sarebbe stato più nulla di lei, recuperare i suoi pezzi impossibile.
Eppure era proprio così che voleva vivere. Salire in cima e poi buttarsi. Anche se questo avrebbe significato rischiare tutto quanto, perché quel volo era bello come le cose proibite, oscure e fredde.
Respirò piano. Dei! Voleva toccarlo.
Mise una mano sulla sua che teneva ferma sopra il tessuto della sottoveste di lino. Tastò le dita calde, inermi, abbandonare, eppure così grandi, dalla pelle screpolata e le unghie consumate dalle battaglie e dai denti.
Fece pressione provando ad immaginare una sua stretta, e poi ancora più indietro accucciandosi dentro quell’abbraccio rubato che le stava facendo gonfiare il cuore.
So che è qui che devo stare.
Chiuse gli occhi e il profumo di suo marito la invase. Cominciò ad avvertire un leggero formicolio al basso ventre e sfregò le gambe una contro l’altra, determinata a voler placare quel fastidio. Ma non andò via.
Pareva quasi che stesse per esplodere come un barile d’alto fuoco vivido e spettrale contro il cielo cupo.
Jon era premuto contro di lei. Nell’incoscienza il suo membro duro sembrava prendersi gioco di tutte le sue incertezze e di quelle vane speranze. Sapeva chi era fino a qualche ora fa, ma adesso Sansa Stark non aveva più un nome e ne un passato. Esisteva per quel nido di fragilità celato troppo tempo da un’assurda ipocrisia e non era più tanto nobile, altezzosa e perfetta. Sansa Stark ardeva e voleva che tutti la guardassero.
Più in fondo.
Lo pregava, ma non era sicura di dove volesse che arrivasse.
─Sansa … ─ Lo sentì mormorare, e fu come se tutto il sangue nelle vene improvvisamente gelasse e lei sentiva caldo fuori e freddo dentro. Per brevi interminabili istanti non osò neppure respirare e fu colta dal terrore, schiacciata dalla vergogna e dall’orrore dei suoi stessi desideri ─Sansa..
Ripeté ancora e questa volta fu lui ad emettere un singhiozzo come se l’avesse improvvisamene colpito in mezzo al petto. Tutto sparì e precipitò. Non era più stretta a nessuno e non c’erano più mani sul suo corpo incredibilmente fragile.
Si girò, trovando Jon rosso in viso che la guardava come se fosse una persona completamente diversa. Come se non fosse Sansa, sua moglie, ma qualcosa da cui fuggire, terribile e severa. Un peccato, una trappola, quel colpo che incassi alla fine di una battaglia e che ti fa perdere tutto, inesorabilmente.
─Scusami ─ Le disse con il fiato corto ─ Non avrei dovuto avvicinarmi in quel modo. Io…
─Jon. ─Lo interruppe mettendosi seduta sul letto. Per qualche strana ragione adesso le riusciva difficile guardarlo, osservare i suoi occhi dopo che l’aveva sentito contro ─Non preoccuparti. Stavi solo dormendo. E poi sono tua moglie, puoi avvicinarti a me tutte le volte che vuoi, se ti compiace.
Jon parve soppesarla con lo sguardo, si passò una mano sulla barba incolta poi scostò le coperte mettendosi in piedi. Anche così Sansa poteva ancora vedere il rigonfiamento nei suoi pantaloni e si chiese se si trattasse semplicemente di una reazione involontaria, o se fosse stata lei, forse nei suoi sogni, a provocare in lui lo stesso fuoco che adesso ancora ardeva nel suo ventre.
Stupida. Quando finirai di fantasticare? Perché mai dovresti piacergli? Perché dovrebbe desiderarti?
─No ─Mugugnò allontanandosi ─Non è così. Tu lo sai.
Sansa rimase lì ferma a riflettere, mentre lo vedeva allontanarsi raccogliendo i suoi vestiti. Tutto quello che sapeva è che lo voleva ancora, ne sentiva il bisogno, quella parte di lui che bruciava l’aveva fatta sentire bella come tutte le canzoni che lei amava non avrebbero mai potuto fare.
 
 
L’inverno era una stagione curiosa, immutabile, a volte troppo silenziosa. I giardini di Grande Inverno erano un’unica distesa fredda di ghiaccio, e a Sansa quel paesaggio le faceva venire in mente i giorni in cui era prigioniera a Nido dell’aquila e sognava casa.
Non era passato troppo tempo, eppure quei ricordi sembravano quasi svanire in una nebbia fitta, ogni qual volta tentava di riportarli a galla. Era un’altra persona, e metà del suo cuore ricolmo di un’inguaribile speranza. Aveva percorso molte strade ed era stata prigioniera di molti sogni. Lì, sotto il porticato del cortile della sua grande fortezza, Sansa provava ad immaginare la sua vita se non fosse mai partita da casa, quando era ancora una bambina.
Sarei stata sempre la stessa Sansa, o sarei morta, finita per moglie ad un traditore, o chissà sarei fuggita disperata nel carro di un povero mercante.
No, lo sapeva. Sarebbe stato lo stesso. Quella era la loro storia, e si riscoprì spaventata all’idea che non avrebbe potuto esserci Jon nella sua vita. Come suo marito.
Aveva le mani fredde e se le racchiuse nelle maniche dell’abito. Le sue servette le dicevano che passava troppo tempo fuori nei giardini, al parco degli dei, nelle cripte oscure del castello. Ma la verità è che Sansa non voleva sprecare quei giorni rinchiusa nella fredda solitudine delle sue stanze troppo buie.
Ogni giorno potrebbe essere l’ultimo.
Sentì un rumore di passi e si girò scorgendo la figura di Lord Bealish avvicinarsi con un docile sorriso stampato sul viso. Sansa non amava la sua presenza al castello.
Petyr la metteva a disagio, odiava il modo in cui le sussurrava cose, capovolgendo il suo mondo come se non valesse nulla. E non era un mistero il profondo astio che si celava dietro falsi convenevoli tra lui e suo marito.
 Un tempo Sansa aveva pensato che l’amasse veramente, e fosse realmente interessato a vederla su un trono di ferro, solo perché l’intero mondo la temesse, ammirando la sua incantevole e micidiale bellezza.
Ma anche Ditocorto si era dimostrato un giocatore. Il più abile, forse il migliore. Non si era fatto scrupoli a venderla ad un folle tiranno, ed era lei quella che ancora portava i segni dei soprusi subiti.
Lord Bealish si era limitato a scrollarsi di dosso la polvere sulla sua tunica sempre ben cucita. Se qualcuno in passato l’avesse severamente ferito, il volto sempre liscio e indagatore di Petyr non ne portava alcun segno.
─La mia regina è sempre così triste. ─ Le venne vicino, e Sansa subito sentì raggelarsi il sangue ─Cosa tormenta i tuoi pensieri?
Restò lì ferma a pensare, una menzogna con cui avrebbe potuto ingannarlo. Tante cose c’erano nella testa di Sansa in quei giorni, più di quante ce ne fossero state in tutta la sua vita. Gran parte delle sue preoccupazioni, aspirazioni ed incertezze riguardavano Jon, nell’altra metà c’era il mondo e tutto il male che le stava per crollare addosso.
─La fine.
Rispose, dopotutto sincera, lo sguardo rivolto davanti a se verso quel paesaggio bianco come sommerso da spettri.
Lord Bealish fece una smorfia con la bocca.
─Per come la vedo io, la fine è sempre l’inizio di qualcosa di nuovo.
─Quel qualcosa di nuovo potrebbe rivelarsi terribile.
Petyr la guardò, e anche se Sansa continuava a fissare le mura alte della sua amata fortezza, poteva sentire il peso addosso di quell’occhiata. Non potevi mai sapere cosa Ditocorto si stava prendendo da te, anche solo con uno sguardo. Ogni volta le rubava qualcosa, e le metteva dentro una briciola dalla sua anima tormentata. Un pezzo per un pezzo. Ed era quasi una piccola metà di lui.
─Mia amata Sansa, tu non hai nulla da temere ─ era una ninnananna dolce la sua voce. Sicuramente, la vecchia Sansa avrebbe apprezzato quelle parole, ci avrebbe anche creduto. Dopo si sarebbe messa a dormire, sognando quel regno che le era stato promesso ─Hai me al tuo fianco e il mondo ai tuoi piedi.
Un pezzo per un pezzo.
Ma Sansa questa volta era determinata a non concedergli nulla. I suoi occhi bruciavano di fiamme bianche, ed era dura la sua espressione, pronta a farsi scudo da tutto quanto.
─Ho Jon al mio fianco ─ Disse stringendo i pugni ─E la mia famiglia. Per quanto riguarda il mondo ai miei piedi, non ci sarà più nessun regno da governare se colui che viene chiamato re della notte riesce a renderci tutti schiavi del suo potere. E ad ogni modo essere regina non è così meraviglioso come avevo immaginato. Se potessi lascerei andare tutto quanto.
─Ed è per questa ragione che stamattina non eri presente al consiglio indetto da tuo marito con i signori del nord? Cerchi di scrollarti da dosso i tuoi doveri come regina di diritto di Grande Inverno?
Il dolore che le giunse al petto fu peggiore di una scoccata e quando i suoi occhi incontrano quelli vitrei di Ditocorto, seppe che era stato proprio lui ad infliggerle il colpo fatale, senza che neppure se ne rendesse conto.
Sansa appariva turbata, con le guance rosse dalla vergogna, il sangue caldo al contatto con il gelo che la faceva tramare, quasi come un solitario petalo di rosa lasciato a marcire sotto la furia della neve. Non aveva armi, non era preparata. Se ne stava semplicemente ferma, inerme, con i pugni stretti perché era stata tradita e qualsiasi cosa provasse era indecifrabile, tremenda, dolorosa.
─Io…
─Non lo sapevi? ─Incalzò Ditocorto, micidiale come una vipera ─Partirà domani mattina, verso sud. E si porterà dietro mezzo esercito del Nord. Compresi i miei uomini.
Le girava la testa, aveva bisogno di sedersi. Cercò di rimanere forte ─Per quale ragione Jon dovrebbe lasciare il Nord alla vigilia di una battaglia?
Ditocorto si passò un dito sotto la sua barba corta. Poco prima Sansa aveva pensato di aver già subito e difficilmente sopportato il colpo di grazia. Ma era solo un graffio, lo capiva. Gli occhi di Petyr ardevano di una luce nuova, bianca e micidiale. Sembrava troppo facile, Sansa stava cominciando a cedere. Voleva fuggire via, ritirarsi nelle sue stanze. Ma si era ripromessa di essere una moglie, una regina e una madre. Tutto ciò che poté fare fu indurire la sua pelle di uno scudo di indifferenza e coraggio.
─Per aiutare la regina Daenerys a conquistare il Trono di Spade. ─Petyr spostò l’attenzione davanti a se. Sembrava come rinvigorito. Dopo le sua prima notte di nozze, gli era apparso vecchio e malaticcio. Ora era come uno di quei serpenti che cambiavano la muta. Sembrava addirittura più giovane sotto la luce grigia e pallida del pomeriggio. ─Una volta i Targaryen si sposavano tra fratelli. Lo facevamo per mantenere la linea di sangue pura. Il sangue dall’antica Valyria. Daenerys Targaryen, non può avere figli, a causa di un sortilegio per quanto ne so. Ma tu si. Una volta che la guerra sarà vinta la tua posizione potrebbe cambiare.
Si sentiva la gola arsa, cosparsa di sabbia bianca e sale, faceva fatica a deglutire.
─Che intendi dire?
─Ripudio ─Lord Bealish non riuscì a trattenere un mezzo sorriso ─Assasinio nella peggiore dei casi. Tu e Jon siete legati da un vincolo di parentela, forse potrebbe risparmiarti la vita. Ma una volta che tu avrai dato alla luce il tuo bambino, te lo strapperà tra le braccia e lo porterà a sud, dove gli insegnerà ad essere un signore della guerra tra le mura inespugnabili della fortezza rossa, mentre si farà riscaldare il letto dalla regina Daenerys.
Sansa sentì il sapore acre del sangue scorrere nella bocca, e si accorse di essersi morsa la lingua con i denti. Si stava imponendo di rimanere lucida, impenetrabile, davanti ad una tempesta che scuoteva il suo scudo sempre solido di cortesia. Sansa voleva urlare e piangere, perché si sentiva sola, vulnerabile, sconfitta, ed era sicura che Lord Baelish lo sapeva. C’era scritto nei suoi occhi che avevano preso a tremare, e tutto le pareva sfocato come in un incubo dominato dalla nebbia.
─Queste sono menzogne!
Trovò la forza di ribattere, parendo addirittura convincente, con un tono di voce alto e austero, il tono di voce di una regina.
Eppure, se era riuscito a scalfire la corazza di intrighi di Lord Bealish, lui non lo diete a vedere. Anzi, il suo mezzo sorriso divenne un ghigno quasi divertito.
─Menzogne? ─Ripetè passandosi una mano sulla tunica preziosa, come a scrollarsi la sua debole rabbia da dosso ─Sai che tuo marito e Daenerys si scambiano numerosi messaggi che solo il re è autorizzano a leggere? Oh, arrivano tanti bei uccelletti da Roccia del Drago.
Sansa arretrò, Petyr la seguì quasi con ossessione. Sansa era molto più alta del Lord protettore della Valle, esile, e dalla pelle sottile, dove gli occhi venivano incorniciato da ragnatele di rughe cascanti. Eppure, adesso, Ditocorto sembrava grande e grosso, imponente come una montagna oscura nascosta dal sole. Calava su di lei, e non poteva fare altro che abbassarsi sperando di nascondersi. Nessuno sarebbe venuta a salvarla questa volta. Quel piccolo moscerino incappata nella trappola del ragno.
─Dopo tutto questo tempo, non hai ancora imparato ad ascoltarmi, Sansa. Per quale ragione credi che Jon potrebbe mai amarti? Potrebbe mai volerti? Non riesce neppure a toccarti. Pensi davvero che desidererebbe vivere il resto dei suoi giorni accanto ad una donna che ha sempre ritenuto sciocca, e ora usata, sfregiata, rotta? Ma io riesco a vedere al di là di quello che vede lui ─ poteva sentire l'odore acre del suo alito, tanto era vicino. Vino, neve e sangue ─Si. L’ho sempre fatto. Io l’unico! Tu sei bellissima, Sansa. E in te si nasconde un temibile potenziale. Sei bellissima e terribile. Sei forte, e determinata. Intelligente e severa quanto basta. Io ti adoro, e ti voglio e ti amo. E sono il solo.
Nella sua spaziata fantasia, quelle parole avrebbero dovuto arrivarle al cuore sino a scioglierlo. Ma in realtà Sansa non l’aveva mai percepito così pesante e impenetrabile. Era doloroso sentirlo muovere, voleva strapparselo dal petto perché aveva la sensazione che non le appartenesse più, che non lo volesse. Petyr Bealish continuava a guardarla, forse ad aspettarsi un sorriso o magari un bacio. Ma neppure, per un solo secondo aveva creduto che la volesse per davvero.
È mia madre che ama, è che lei vuole.
Sansa era solo l’unica Tully che le assomigliava rimasta in vita. Forse avrebbe dovuto considerare anche tutto il resto una menzogna, ma pensò allo sguardo che aveva avuto Jon quella mattina, quando si era svegliato accorgendosi che la teneva stretta. Era balzato via dalle lenzuola, con lo sguardo basso l’aveva fatta sentire invadente ed indesiderata.
Jon non la stringeva come una moglie, neppure la guardava con decoroso desiderio. Jon non la guardava affatto, e si chiedeva come facesse a non desiderare mai che qualcuno lo toccasse, che qualcuna lo tenesse al caldo come potrebbe fare una donna.
Daenerys…
Non era più in grado di reggere lo sguardo gelido e vittorioso di Ditocorto. Non voleva piangere e neppure urlare. Voleva giocare.
Superò l’uomo facendo volteggiare le sue gonne lunghe. Aveva sentito che Jon si trovata nell’armeria, nel cotile sul retro del castello. Lei era la regina del nord. Era tempo di provare ad usare il suo potere.
 
 
 
 
CONTINUA…

 
 
Come sempre mi scuso per l’immenso ritardo, ma tra impegni ed altre cose ho dovuto sempre rimandare l’aggiornamento, anche se avevo il capitolo pronto da un pezzo.
Adesso arriva davvero il bello della storia. Sto attraversando un momento un po’ difficile per me, questo mi ha portato un po’ staccarmi da questo mondo e da impegni come questo, ma spero di ritornare carreggiata al più presto, così da essere più puntuale sugli aggiornamenti. Spero che però questo vi sia piaciuto. Come sempre, non mancate di farmelo sapere se vi va.
Un bacione grande da Stella!

 
 
   
 
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