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Autore: Flaesice    30/05/2017    1 recensioni
Penelope Penthon è una ragazza bella, sfacciata ed intraprendente; una ragazza che non si è mai arresa alle difficoltà della vita, che si è fatta da sola ed odia i pietismi.
Nel suo mondo non esistono le mezze misure: tutto deve essere necessariamente o bianco o nero, giusto o sbagliato.
Ma nella vita - prima o poi - si è sempre obbligati a scontrarsi col grigio, ed è proprio allora che tutte le certezze crollano e bisogna mettersi in discussione.
E' ancora una ragazzina quando per gioco decide di sedurre un suo compagno di scuola, il riservato Nathan Wilkeman, per poi allontanarlo definitivamente.
Il destino li farà incontrare cinque anni dopo nella meravigliosa Los Angeles; Penelope sempre più votata al suo stile di vita, ma Nathan?
Decisamente più esperto e meno impacciato cercherà di prendersi una piccola rivincita per il passato, ma si sa che la passione non è un'emozione facile da gestire nemmeno per una come Penelope.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo XXII

Alzai gli occhi al cielo limpido e soleggiato della meravigliosa Los Angeles, respirai l’aria satura del profumo di mare, quell’aria che mi era così familiare, di casa.
«Wow» esclamò Jamie alle mie spalle «C’è da ammetterlo, se questa è Los Angeles mi chiedo cosa ci faccio ancora a New York» disse guardandosi intorno tra la folla di ragazzi e ragazze in shorts e canottiere striminziti.
«Su andiamo»
Liquidai il suo sex radar perennemente attivo, scossi la testa divertita e, trascinando il mio trolley, mi misi in attesa alla fermata dei taxi.
«Sei sicura non sarà un problema il fatto che siamo arrivati con qualche giorno di anticipo?»
«Tranquillo, non lo sarà. Possiamo appoggiarci da Tanya e Marc, non desiderano altro» lo rassicurai.
«Vivono da molto insieme?»
«Da quando sono andata via» spiegai.
«Oh capisco» tacque, lasciandomi un secondo di tregua, poi tornò all’attacco col suo interrogatorio «Sapevano saremmo arrivati oggi?»
Jamie era così: attraente, simpatico, dolce, esasperatamente logorroico e…gay. L’averlo incontrato a poche settimane dal mio arrivo a New York era stata come una manna dal cielo, mi aveva aiutato a sistemarmi ed ambientarmi, mi era stato vicino come un buon amico nei momenti più tristi quando la nostalgia si faceva viva, opprimente, e mi aveva spinto ad andare avanti con la mia vita.
«No, voglio fargli una sorpresa» risposi sorridendogli mesta.
«Oh, d’accordo» si passò una mano nella folta chioma biondiccia attirando gli sguardi di alcune ragazze che, ahimè, non avrebbero avuto alcuna chance.
«Hai detto loro che ci sarei stato anche io?»
«Jamie rilassati, ho organizzato tutto. Oggi sembri un po’ isterico» lo presi in giro guadagnandomi un’occhiataccia da parte sua.
«Sai cos’è, bambina? Non mi convince il tuo essere così tranquilla» mi fece notare, pungente.
Roteai gli occhi al cielo ignorando le sue provocazioni, fermai un taxi e, dopo aver caricato le valige nel bagagliaio, diedi al tassista l’indirizzo di casa di Marc.
Arrivammo sotto il palazzo quasi alle sette, Jamie pagò la corsa e si fece carico del mio bagaglio oltre che del suo.
Mi soffermai a guardare l’alta facciata del grattacielo e tirai un lungo sospiro, emozionata. Non era facile per me, nonostante a New York avessi trovato un equilibrio tutto mio mi sembrava sempre di vivere nell’ombra, come se il vero sole si trovasse altrove ed io non dovessi far altro che raggiungerlo.
Jamie si portò dietro di me e mi posò le mani su entrambe le spalle «Sei pronta?»
«Mi… manca così tanto» mi morsi appena il labbro per controllare il tremore della voce «Tanya, i miei amici, la mia vita qui» sorrisi appena, ricomponendomi «Sono pronta, andiamo»
Lo vidi scuotere il capo, impressionato dai miei repentini sbalzi d’umore.
«Sei una forza amore» mi stampò un piccolo bacio sulle labbra, come eravamo soliti fare per salutarci, poi si avviò all’interno.
Attesi qualche altro istante all’esterno poi mi precipitai di corsa verso l’ascensore che stava per chiudere le sue porte «Ehi» dissi al mio amico «Dove credi di andare se non conosci nemmeno il piano?» lo guardai di sbieco.
Per tutta risposta fece spallucce, indifferente.
«Sei impossibile» premetti il pulsante ed attesi con calma, contando i battiti del mio cuore che scandivano il ritmo dei secondi.
Non appena mi ritrovai sul pianerottolo mi avviai a quello che ricordavo essere l’appartamento di Marc, bussai il campanello e presi a mordermi il labbro agitata.
La porta si aprì mostrando Tanya ancora in tenuta da lavoro, coi suoi leggins al ginocchio, top che lasciava scoperto il ventre marmoreo e i lunghi capelli biondi raccolti in una coda scompigliata a causa dell’attività fisica.
Appena mi vide i suoi occhi blu brillarono di sincera felicità.
«Penny!» esclamò sorpresa prima di attirarmi a se in un forte abbraccio.
Restammo in quella posizione per un tempo indefinito, fino a mettere a dura prova la già scarsa pazienza di Jamie che si schiarì la voce alle nostre spalle.
«Cavolo perdonami» disse la mia amica allontanandosi appena «Io sono Tanya, piacere. Tu devi essere Jamie, Penny mi parla sempre di te» disse porgendogli la mano con un gran sorriso.
«In persona» rispose quest’ultimo raddrizzando la schiena per pavoneggiarsi alla luce delle ultime dichiarazioni.
«Non fargli montare la testa, è già abbastanza insopportabile senza che si ritenga indispensabile» dissi scherzando.
«Prego accomodatevi» Tanya ci fece spazio per entrare «Non ti aspettavo oggi, che bella sorpresa» mi abbracciò nuovamente, incapace di starmi lontana.
«Mi sei mancata tanto » le sussurrai all’orecchio.
«Anche tu»
Tirai su col naso e mi passai le mani sul volto accaldato. Mi guardai intorno e sorrisi divertita «Wow, non la ricordavo proprio così» dissi indicando la stanza con un ampio gesto della mano.
«Beh, da quando mi sono trasferita qui ho apportato alcune modifiche all’arredamento»
«Alcune?» chiesi retoricamente «Marc deve essere proprio un santo per assecondarti in tutto»
«Certo, come no» Tanya roteò gli occhi al cielo e mi fece una linguaccia, indispettita, poi si rivolse a Jamie «Perdonami, sono una padrona di casa davvero maleducata. Posso offrirti qualcosa da bere?»
«Oh no, tranquilla» liquidò le sue preoccupazioni con un gesto della mano «Capisco la situazione, Penny nelle ultime settimane non era nei panni all’idea di tornare»
«Venite, vi mostro la stanza degli ospiti così potrete sistemarvi»
«In verità io…» tentennai «So di essere appena arrivata ma vorrei passare a far visita alla Sunshine house. Jamie ti spiacerebbe se ti lasciassi qui con Tanya? Magari potresti anche… sistemare le mie cose?» proposi con aria innocente, sperando non mi sbranasse.
«Tu» disse lui puntandomi un dito contro «Sei molto furba, bambina. Vai pure, ci penso io qui se per Tanya non è un problema»
«Affatto, nessun problema»
«Sì, grazie. Grazie, grazie mille» corsi ad abbracciare entrambi poi mi precipitai verso la porta «Ci vediamo tra un paio d’ore, forse meno. Fatevi trovare pronti e avvisate anche Marc, stasera andiamo a cena fuori. Offro io, ovviamente» uscii prima che potessero sollevare qualsiasi tipo di obiezione.
Fortunatamente la Sunshine House distava soltanto pochi isolati da casa di Tanya e Marc, una sola fermata di metro ed in pochi minuti fui fuori l’ingresso, con lo stesso groppo in gola che avevo avvertito solo poco prima.
Bussai con decisione e, quando la porta si aprì, mi trovai dinnanzi una persona che non conoscevo, probabilmente una nuova collaboratrice di cui Elisabeth non mi aveva parlato, che mi sorrise cordiale chiedendomi cosa desiderassi.
«Sono Penelope Penthon. Beth e Tom ci sono?»
«Ma certo, si accomodi»
«Grazie» non appena entrai fui assalita dal un profumo familiare, un misto di deodoranti alle erbe e cera per pavimenti al limone, e dalla nostalgia dei ricordi, nonostante fossero trascorsi soltanto otto mesi dall’ultima volta che vi avevo messo piede.
«Sono nel loro ufficio, venga che l’accompagno»
«Oh, non ce n’è bisogno…» tentennai.
«Emily» mi disse vedendomi in difficoltà.
«Emily» ripetei sorridendole «So dove si trova»
«D’accordo, vorrà dire che andrò a sbrigare altre faccende» mi sorrise a sua volta prima di allontanarsi lungo il corridoio.
Rimasta sola mi soffermai sulle fotografie affisse ai muri che ritraevano i vari bambini passati all’istituto e quelli che c’erano ancora, alcune foto non le avevo mai viste, erano le più recenti ed alcuni visini mi erano sconosciuti.
Con un sospiro percorsi i pochi passi che mi separavano dall’ufficio delle due persone le cui azioni erano il mio esempio di vita, svoltai l’angolo e mi ritrovai a bussare alla porta.
«Avanti» la voce forte e concentrata di Thomas mi raggiunse subito, abbassai la maniglia e spalancai l’uscio.
Entrambi alzarono simultaneamente gli occhi dalle loro scartoffie e mi guardarono come fossi un miraggio «Penny?» chiese Beth.
«Disturbo?» chiesi stringendomi nelle spalle e sorridendole.
«Cavolo, non ti aspettavamo» aggiunse Thomas «Questa sì che è una sorpresa»
In un secondo mi ritrovai in un groviglio di braccia ed espressioni di stupore nonché di gioia.
«Ma guardati, sei uno splendore» Tom mi allontanò appena per scrutarmi «Solo un po’ troppo pallida. Dov’è finita la tua adorabile abbronzatura?» mi prese in giro.
«Oh Tom, dacci un taglio» l’ammonì Beth bonaria «New York non è Los Angeles, lì non puoi sperare in una tintarella tutto l’anno»
«Allora, come stanno i futuri sposi?»
«Fosse per me, ti direi benissimo. Ma parla con la tua amica, sta perdendo la testa per organizzare ogni più piccolo dettaglio» Beth lanciò un’occhiataccia – non poi così spaventosa – verso il suo futuro marito.
«Perdonami se voglio che tutto sia perfetto» lo rimbeccò, offesa.
«Ma sarà perfetto in ogni caso amore, perché ci sarai tu» la strinse per la vita e le lasciò un bacio sul collo dimostrando la sua solita aria da adulatore, ma anche il tanto amore che provava per quella meravigliosa donna.
«Dileguati, prima che ci ripensi» lo minacciò scherzosamente, senza lasciarsi abbindolare.
Mi ritrovai a ridere per il loro essere così buffi e adorabili, complici.
«Attento Thomas, potrebbe fare sul serio» lo rimbeccai «Manca soltanto una settimana»
«Quanto ti fermerai?» chiese Beth cambiando argomento.
«Dieci giorni» dissi, la vidi annuire.
«Sei arrivata giusto in tempo, questi pochi giorni di anticipo saranno come l’oro» gli occhi le brillavano, eccitata.
«Per cosa?» domandai perplessa.
La vidi osservare il suo orologio da polso e sorridere soddisfatta «Dammi un minuto»
Si avvicinò al telefono poggiato sulla scrivania e digitò un numero «Sarah? Ciao, Beth. Potete ritardare di una mezz’oretta la chiusura dell’atelier? Oh, grazie. A tra poco» riagganciò.
«Atelier?» domandai guardandola di sottecchi mentre Thomas sghignazzava divertito mimandomi un silenzioso “povera te”.
«Vieni andiamo» prese la sua borsa e mi tirò per la mano.
«Ehi, un attimo. Dove andiamo?» mi bloccai «Io… voglio salutare i bambini, Noemi…» mi interruppe.
«Purtroppo Noemi è già a casa, i bambini stanno cenando. Non possiamo rimandare a domani?» chiese con occhi imploranti «E’ importante, per me…»
Guardai quegli occhi materni e pensai che in fondo non potevo negarle qualche ora del mio tempo, soprattutto perché Elisabeth non era il tipo di persona da chiederti qualcosa se non era davvero importante.
 «Ma certo, avrò tutto il tempo per salutarli» le sorrisi «Andiamo»
 
Uscii dalla doccia e mi avvolsi l’asciugamano intorno al corpo prima di portarmi dinnanzi allo specchio. Guardai la mia immagine riflessa, il volto sereno, gli occhi felici e spensierati, il sorriso stampato sulle labbra, ma quanto sarebbe durato?
Dopo essere stata all’atelier con Beth a provare quello che si era rivelato essere il mio abito da damigella - un fantastico abito color lavanda, dalle linee semplici ed impreziosito soltanto da qualche pietra sul corpetto - eravamo andati a cenare tutti insieme come previsto.
Avevo chiesto anche a Thomas, Beth e Noemi di aggiungersi a Tanya, Marc, Jamie e me, la serata era trascorsa per il meglio, leggera tra le battute dei miei matti amici, e all’arrivo del conto, i tre uomini si erano categoricamente rifiutati di farmi pagare il conto e ci avevano pensato loro.
Jamie era risultato simpaticissimo a tutti, dopotutto era inevitabile non trovare irresistibile quella sua aria “dispettosa” e “piccata” e quel suo fascino innato.
Avvertii un nodo allo stomaco al pensiero di aver lasciato la mia vecchia vita nella speranza di riuscire a riprenderla in mano in un modo migliore, per sconfiggere i demoni passati ed accantonare i miei sbagli.
Ci ero riuscita del tutto, o quasi, eppure non potevo tornare indietro perché la mia vita si era ormai spostata altrove.
Mi imposi di non pensare ad Nathan,  avevo notato come tutti evitassero l’argomento ma questo non poteva accadere per sempre.
Un tocco alla porta mi distrasse, andai ad aprire convinta fosse Jamie che reclamasse l’uso del bagno ma mi ritrovai dinnanzi Tanya.
«Disturbo?» chiese con un sorriso.
«Niente affatto. Ho fatto una doccia» dissi facendo cadere l’asciugamano che mi copriva per indossare il pigiama «Ti serve qualcosa?»
«Nulla di particolare» fece spallucce «Voglio soltanto fare due chiacchiere con la mia amica che mi è mancata tanto in questi mesi, da sola» precisò facendo un occhiolino in direzione della camera dov’ero sistemata con Jamie.
Scossi la testa divertita «Mi pare giusto» raccolsi gli indumenti sporchi e li posai nel cesto della biancheria «Andiamo?»
Uscimmo dal bagno sottobraccio ridacchiando, bussai alla porta della mia camera e Jamie mi disse di entrare.
«Il bagno è libero» lo informai.
«Mi pareva ora» ribatté prendendo dei boxer, un paio di calzoncini ed una t-shirt «Se permettete, vado a fare una doccia»
«Fai come se fossi a casa tua. Gli asciugamani sono nel mobiletto accanto al lavabo»
Jamie annuì «Grazie Tanya»
Non appena uscì dalla stanza la mia amica ed io prendemmo posto sul letto, pronte a godere di alcuni attimi di intimità.
«Te l’ho già detto che mi sei mancata?» domandò incrociando le gambe tra loro.
«Almeno un milione di volte» la fissai con affetto «Anche tu mi sei mancata, questi otto mesi lontana sono stati…»
«Difficili?»
«Strani» dissi riflettendoci un istante «Una parte di me forse si illude ancora sia una sistemazione temporanea, magari è un meccanismo di difesa per impedirmi di perdere la testa»
La sua mano strinse la mia per darmi conforto «Non deve essere necessariamente una collocazione definitiva» disse con apprensione guardandomi con cautela, conscia di quanto si stesse avvicinando ad  un terreno instabile.
«Magari non sarà per sempre, ma al momento la mia vita è lì perché il mio lavoro è lì» feci spallucce senza rimuginarci troppo su.
«Il lavoro non è tutto» ribatté offesa «Allora io? Gli altri? Non contiamo nulla?»
«Non essere sciocca Tanya, voi siete tutto ma il lavoro è l’unica cosa concreta che ho» fu il mio turno di stringerle la mano per consolarla «Devi capirmi»
«Certo che lo faccio. Ti capisco, ma non approvo»
«Lo posso accettare» le dissi con un sorriso.
«Che programmi hai per domani?» domandò spostando l’attenzione su un argomento più leggero.
«Andrò alla Sun house a salutare i ragazzi, poi accompagnerò Beth a ritirare le bomboniere per il ricevimento»
«Beth ha organizzato ogni piccolo dettaglio in uno stile semplice e raffinato, sarà un matrimonio meraviglioso»
«Lo sarà, si amano così tanto»
«Ed è tutto merito tuo» mi sorrise soddisfatta.
«Non è affatto merito mio»
Non volevo che mi venissero attribuiti meriti che non avevo; forse era vero che avevo contribuito ad aprire gli occhi a Thomas, ma il suo amore per Beth era qualcosa di molto più puro e profondo, un sentimento cresciuto negli anni e radicatosi nel tempo, un qualcosa con cui io centravo ben poco.
Tanya mi liquidò con un gesto della mano, come per zittirmi, poi tirò un sospiro ed assunse un’aria assorta, lo sguardo perso nel vuoto.
«Cosa c’è che non va?» le chiesi attirando la sua attenzione.
«Nulla di importante»
«Tanya? Sai che puoi dirmi qualsiasi cosa» insistetti, incuriosita dal suo atteggiamento.
«Penny io… non voglio ferirti»
A quella premessa lo stomaco si contorse su se stesso, capii all’istante dove volesse andare a parare ed istintivamente mi irrigidii mettendomi sulla difensiva.
«Si tratta di Nathan, giusto?» il sorriso sulle labbra era sparito, il mio tono di voce era basso ma non per questo meno duro e deciso «Puoi dirmi qualsiasi cosa, Tanya. Sono stata io  a porre fine alla nostra…» esitai un istante senza saper dare una definizione a quello che c’era stato tra noi «relazione» sentenziai infine «Me ne prendo tutte le conseguenze»
La mia amica annuì, poco convinta.
«Potresti incontrarlo alla Sun house, da quando sei andata via si è recato lì spesso. So anche che si è fatto carico di molti finanziamenti»
«Bene, è una buona cosa» se c’era una cosa che non potevo mettere in dubbio era la sua bontà.
“Beh, oltre al suo fascino, la sua eleganza, la sua dolcezza, la sua intelligenza, l’infinito savoir faire…” contro la mia volontà iniziai a fare una lista che decantasse le infinite qualità di Nathan.
Era incredibile l’effetto che il suo pensiero ancora esercitava su di me, dopotutto ora che avevo imparato ad essere più sincera con me stessa – grazie alle sedute con Darla – potevo ammettere che Nathan era il mio primo amore; il primo uomo a cui avevo concesso la mia fiducia e con cui mi ero aperta totalmente.
«Già» la vidi annuire, incerta.
«Ma c’è dell’altro» la mia un’esclamazione, non una domanda.
«Beh lui… sta con qualcuna. Volevo dirtelo prima che lo incontrassi perché…»
«Basta così» la interruppi brusca, ignorando la strana sensazione di vuoto che avvertivo nel petto «Quello che Nathan fa tra le lenzuola o fuori da esse non è affar mio. Sono la sola responsabile di tutta questa situazione quindi non voglio che stiate in pena per me o che evitiate di pronunciare il suo nome per paura di ferirmi» dissi irremovibile «Non sono la vittima, piuttosto il carnefice»
Vidi la sua espressione contrariata perché, per quanto ci provassi con tutta me stessa, ancora non riuscivo a reprimere quel lato orgoglioso e testardo del mio carattere. Ancora incapace di esternare appieno le mie emozioni ed angosce – cosa che oramai ero convinta di non poter più imparare a fare – finsi di star bene e posi fine a quella conversazione nonostante il gelo nel cuore.
Jamie fece la sua entrata ad effetto prima che Tanya potesse dire altro «Ho interrotto qualcosa?» il suo sguardo si spostò varie volte dall’una all’altra.
«No, semplici chiacchiere tra amiche» rivolsi lo sguardo a Tanya ma il suo volto era ancora una maschera di cera, Jamie se ne accorse.
«Volete stare ancora qualche minuto da sole? Dopotutto è tanto che non vi vedete»
Guardai ancora la mia amica per esortarla a reagire, a dire qualcosa «Non ce n’è bisogno» si riscosse «Abbiamo altri nove giorni a nostra disposizione» sorrise a Jamie, poi a me, addolcendosi di poco «Buonanotte» si protese sul letto a sfiorarmi una guancia poi uscì dalla stanza.
L’espressione interdetta di Jamie era tutto un programma ma la mia doveva essere ben peggiore dato che, diversamente dal solito, decise di tenersi per se il suo solito umorismo pungente.
«Allora dormiamo?» chiese cogliendo al volo la situazione «Domani ci aspetta una lunga giornata e tu dovrai essere la mia guida turistica» mi riservò un sorriso smagliante che mise in mostra la sua dentatura perfetta.
«Vieni qui» battei il palmo sul letto, divertita.
«Qui fa davvero troppo caldo, ti spiace?» chiese togliendosi la t-shirt e restando in pantaloncini.
«No, figurati»
Si gettò sul letto pesantemente, le braccia muscolose dietro la testa gli allargavano ulteriormente il petto già ampio e palestrato. Mi morsi le labbra e con uno scatto mi misi a cavalcioni su di lui, lasciai che le mani scivolassero sui suoi addominali scolpiti.
«Wow Jamie, ti ho mai detto quanto sei bello?» sussurrai maliziosa.
«Lo so bambola, purtroppo per te non hai speranze» sospirò teatralmente prima di scaraventarmi all’altra parte di letto tra le mie risate.
Iniziò a farmi il solletico sui fianchi, il mio punto più sensibile, fino a quando non mi sentì implorarlo di smettere senza più fiato nei polmoni.
«Mi piace sentire la tua risata gioiosa, dovresti farlo più spesso» mi guardò con occhi sinceri e amorevoli «Buonanotte bambina» mi stampò un bacio sulle labbra ancora distese e spense le luci rigirandosi su un fianco.
«Buonanotte Jamie» mi rigirai dal lato opposto ma prima di addormentarmi, in uno stato di semi coscienza, mi accucciai alle sue spalle e l’abbracciai in cerca di un po’ di calore umano. 
   
 
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