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Autore: heliodor    02/06/2017    7 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Vyncent

"L'ho fatto davvero" si disse a bassa voce quando arrivò alla base della collina. Da lì il castello incombeva sulla città come un buon gigante che la sorvegliava, con le sue torri e le sue guglie e il grande mastio centrale che, massiccio e imponente, svettava sopra tutto il resto.
La prima cosa che fece fu seguire il fiume e dirigersi verso il quartiere dei mercanti. Lì c'erano le cose più interessanti da vedere e la folla era più numerosa, diminuendo le possibilità che qualcuno la riconoscesse e la costringesse a tornare indietro.
Percorse a lunghe falcate il Ponte Maggiore, che con i suoi archi alti trenta metri era una delle vie più trafficate della città. Negozi e  case erano stati costruiti sui lati del ponte ed era un miracolo di ingegneria se non precipitavano nel fiume.
Si fermò per acquistare dei dolci che mangiò mentre percorreva la strada degli artisti. Dei piromanti danzavano tra le fiamme attirandosi gli sguardi meravigliati dei bambini e quelli sospettosi di alcune guardie.
Joyce preferì girare al largo. Si infilò in una via laterale che tagliava in due il quartiere. Ai lati sorgevano piccoli negozi di souvenir e minuscoli bazar che vendevano gioielli e monili. Si fermò per osservarne alcuni esposti in una vetrina. Una donna corpulenta la invitò a entrare ma lei rifiutò con gentilezza. Non era lì per quel genere di acquisti e a casa aveva gioielli più preziosi, anche se uno dei bracciali esposti era delizioso e si sarebbe abbinato col suo vestito...
Persa in quei pensieri non si accorse del ragazzino che l'aveva affiancata da qualche minuto.
Non aveva più di dieci o undici anni e vestiva abiti umili, anche se non miserabili. Una seconda ragazzina che poteva avere al massimo un anno in più le sbatté addosso, sbilanciandola.
Joyce nemmeno si accorse della mano del ragazzino che le afferrava la borsa e gliela sfilava.
Tutta la sua attenzione era rivolta alla ragazzina sofferente. "Ti sei fatta male? Non volevo."
La ragazzina si teneva il fianco. "Fa male" disse con una smorfia di sofferenza. "Ho preso una bella botta, signora."
Joyce arrossì. Nessuno l'aveva mai chiamata "signora", soprattutto non una ragazzina che poteva avere al massimo tre o quattro anni meno di lei.
Non si accorse dell'altro ragazzino che infilava sotto i suoi vestiti la borsa che le aveva appena sfilato e si guardava attorno con fare circospetto.
E nemmeno si accorse del ragazzo che sbucò dal negozio proprio alle spalle del piccolo ladro.
Il nuovo arrivato era alto e indossava vestiti di foggia preziosa, esaltati da un lungo mantello color porpora annodato al collo che gli scendeva fino alle caviglie. I capelli biondo platino brillavano sotto il sole di Valonde e gli occhi di un intenso colore azzurro erano puntati sul ragazzino. "Se la restituisci adesso farò finta di non averti visto" disse il ragazzo.
La ragazza si raddrizzò con uno scatto e guardò l'altro. Sul viso dei due si leggeva lo spavento.
I due ragazzini fecero per allontanarsi, ma riuscirono solo a muovere un passo.
Il nuovo arrivato sollevò una mano. Qualcosa brillò nell'aria attorno ai due ragazzini. Una corda luminescente prese forma e li avvolse, intrappolando loro gambe e braccia. Legati dalla corda luminosa, si voltarono verso i presenti in cerca d'aiuto.
Nessuno si mosse.
Joyce assisteva alla scena col fiato sospeso, incapace di muoversi o reagire. Stava succedendo tutto troppo in fretta per metterlo a fuoco.
Il nuovo arrivato si avvicinò al ragazzino e gli sollevò la maglia. Ne tirò fuori la borsa di pelle decorata con fiori viola e blu e la mostrò a Joyce. "È tua questa?" le chiese.
Joyce lo fissò imbambolata per alcuni istanti, senza sapere cosa dire o come dirlo. Ogni volta che pensava a una frase questa le sembrava inutile o fuori luogo.
"Allora?" la incalzò il ragazzo.
Joyce annuì. "È la mia borsa" trovò la forza di dire. "Come ha fatto a..."
Il nuovo arrivato gliela porse con un gesto gentile e lei la prese. "Devi stare più attenta la prossima volta." Rivolgendosi ai ragazzini, disse: "Voi due filate a casa e non fatevi rivedere da queste parti." A un suo gesto la corda luminosa scomparve.
I due ragazzini si scambiarono una rapida occhiata e scapparono via scomparendo tra la folla.
Un capannello di curiosi si era formato attorno a loro due ma per Joyce quelle persone non esistevano. Per lei c'era solo quello sconosciuto.
"Come ti chiami?" domandò il ragazzo con tono gentile.
"Joyce" disse lei con voce appena udibile.
Lui si accigliò.
"È un nome molto comune a Valonde" si affrettò a dire. "Anche due mie cugine si chiamano così."
"Dovresti tornare subito a casa. Non è un posto per le ragazzine questo."
Joyce avrebbe dovuto indignarsi per essere stata chiamata "ragazzina". Aveva sedici anni. Compiuti da poco a pensarci bene. Tra poco sarebbe stata una donna fatta e finita. Invece non riusciva a far altro se non fissare ammirata lo sconosciuto.
Lui si sistemò il bavero della casacca. "In ogni caso, io mi chiamo Vyncent."
"Vyncent" ripeté Joyce.
"Se mi dici dove abiti ti accompagno" si offrì lui.
Quella frase scosse qualcosa nel profondo di Joyce. "Oh, no, no, non ce n'è bisogno" si affrettò a dire lei.
"Insisto per accompagnarti."
Joyce si morse la lingua. Non voleva tornare a palazzo né presentarsi in quel modo dopo quello che era successo. Era stata quasi derubata in pubblico. Sua madre sarebbe impazzita al solo pensiero. Nella sua mente aveva la visione di lei che trascorreva i seguenti tre anni chiusa nel castello per punizione. "Davvero Vyncent, non è necessario. Io... io vengo da un villaggio fuori città e devo aspettare che passino a prendermi."
Vyncent la guardò indeciso. "In effetti non sembri molto a tuo agio in mezzo alla folla."
"Diciamo che non ci sono abituata."
"Non ti sei nemmeno accorta che ti stavano per derubare. Insisto per tenerti compagnia fino al momento della partenza" disse con tono deciso.
Le avrebbe fatto guadagnare del tempo. Era già qualcosa. "Allora accetto" disse sforzandosi di sorridere. Tuttavia dentro di lei esultava a quel pensiero. Lo represse e si costrinse a mostrarsi composta.
Si incamminarono lungo la via dei mercati camminando fianco a fianco.
"Bello l'incantesimo che hai fatto prima" disse Joyce dopo un lungo silenzio.
Vyncent scrollò le spalle. "La corda magica? È uno dei primi che ho imparato."
"Quindi sei uno stregone?" domandò lei interessata.
"Mi hanno consacrato tre anni fa. Sono ancora un apprendista" disse lui modesto.
"Scommetto che presto supererai il tuo maestro."
"L'arcistregone Rajan? Non credo proprio."
Joyce ne aveva sentito parlare dal padre le rare volte che accennava a certi argomenti in sua presenza. "È molto abile?"
"Abile e severo" disse Vyncent. "Ma senza di lui non sarei nulla. Gli devo tutto quello che sono."
"Lo ammiri molto."
"È stato come un padre per me" ammise Vyncent. "Ora parlami di te."
Joyce sospirò. "Cosa vuoi sapere?"
"Hai detto di venire da un villaggio. Sei qui per la consacrazione?"
"In un certo senso..." rispose lei mantenendosi sul vago.
"Tu che sei di queste parti, ha mai visto la nuova consacranda? Mi riferisco alla principessa Bryce."
"Più di una volta" ammise Joyce senza bisogno di mentirgli.
"Ed è bella come dicono?"
"Molto di più." Neanche stavolta ebbe bisogno di mentire. Bryce era bella, secondo tutti i canoni di Valonde e del mondo conosciuto. Aveva capelli color grano, lineamenti dolci, pelle chiara e il corpo slanciato. Qualunque cosa indossasse le donava regalità e forza.
"Dicono che sia anche una strega molto abile."
"Lo è" ammise Joyce. Anche stavolta non mentì. Bryce aveva un talento precoce per la stregoneria. I suoi incantesimi erano più forti e potenti della media. Persino gli stregoni più anziani di lei faticavano a stare al suo passo. La sua consacrazione era una formalità: avrebbe potuto far parte del circolo di Valonde già a dodici anni.
Vyncent scosse la testa. "Non mi sorprende affatto. In fondo è la figlia di re Andew. C'era da aspettarselo. Il dono scorre potente nelle vene dei reali di Valonde."
Quell'ultima osservazione mise a disagio Joyce. Il discorso si stava facendo troppo personale e lei non voleva ingannare Vyncent. Almeno non più del dovuto. Fino a quel momento gli aveva raccontato solo piccole bugie, ma sapeva che più andava avanti più sarebbe diventato difficile nascondere certe informazioni.
A malincuore doveva liberarsi di lui, anche se in quel momento la cosa che desiderava di più era la sua compagnia.
Adocchiò tra la folla un gruppetto di uomini e donne che indossavano abiti dalla foggia straniera. "Oh, guarda che combinazione" disse Joyce indicandoli con un gesto vago della mano. "Un gruppo di miei compaesani."
Vyncent li guardò accigliato. "Voglio spiegargli che cosa è accaduto..."
"Oh no, no, ti prego. Si preoccuperebbero inutilmente. In fondo non è successo niente di veramente grave, no?"
Vyncent si pensò su, poi annuì. "Non voglio metterti in imbarazzo davanti ai tuoi conoscenti. Promettimi solo che non ti allontanerai da loro e non ti caccerai nei guai."
"Ti do la mia parola di..." stava per dire 'principessa', ma si trattenne. "...di Joyce" disse terminando la frase nel modo più stupido che le venne in mente.
A Vyncent scappò un mezzo sorriso.
"Allora addio" disse Joyce con la morte nel cuore.
"Preferisco un arrivederci" rispose lui. "Nella vita non si può mai sapere."
"Vero" disse lei imbarazzata. Si allontanò con passo veloce e raggiunse il gruppetto di persone. Vide che Vyncent la seguiva con lo sguardo. "Salve" disse imbarazzata a una donna salutandola con un cenno della mano.
La donna le rivolse un'occhiata interrogativa.
"Vorrei un'informazione" disse Joyce senza smettere di sorridere. Aveva ancora gli occhi di Vyncent addosso. I suoi splendidi occhi color del cielo che...
"Che genere di informazioni?" domandò cortese la donna.
Joyce vide Vyncent che le lanciava un'ultima occhiata e poi si allontanava. "Niente" si affrettò a dire. "Bellissima giornata, vero?"
La donna le rivolse un'occhiata stupita.
Joyce sgattaiolò nella direzione opposta. Ogni tanto si voltava per assicurarsi che Vyncent non la stesse seguendo, anche se una parte di sé avrebbe desiderato che lo facesse.
Quando fu certa di essere rimasta da sola si concesse un attimo di pausa per riprendere fiato. In quel momento una mano si posò sul suo braccio e una voce cavernosa disse: "Finalmente vi ho trovata!"
  
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