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Autore: Domenico_12    05/06/2017    0 recensioni
Caleb Laxalt è un adolescente come molti altri, vive a Garaway, una ridente cittadina nello stato del Maine degli Stati Uniti d'America. conduce una vita come quella di un qualsiasi ragazzo americano. È all'ultimo anno della High Frank Highler School, non è un alunno eccellente ma si distingue come musicista dei vari corpi musicali della città. Nel corso degli anni ha instaurato un rapporto profondo con i suoi più cari amici: Andrew, Matthew, Kaelee e Samantha. Dietro una maschera fredda e distaccata, a tratti apatica, si nasconde la particolare personalità di un ragazzo forte, coraggioso e altruista. 
Insomma, si direbbe che la vita di Caleb non ha niente per cui valga la pena di essere raccontata. Eppure la scomparsa improvvisa di un caro innesca nella vita del giovane una spirale di avvenimenti destinati a cambiarne per sempre l'esistenza. 
Un mix di colpi di scena, ricerche, scoperte, tradimenti, bugie, avventura e pericoli di diverso genere saranno alla base della trama della sua nuova vita, che avrà inizio con la scoperta di un misterioso libro. 
Non resta altro che scoprire la serie di eventi che, nel primo episodio della serie "Weiers", cambierà la vita del ragazzo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Soundtrack Capitolo 4:
We Can Hurt Together - Sia.

Capitolo 4 – Cotidie Morimur.
La festa quella sera si sarebbe tenuta in una maestosa villa vicino a un parco nel centro cittadino, tra le strade in pietra lavica e gli edifici in mattonato rossastro si apriva una stradina che portava ad un piccolo parco, sulla destra proseguiva su una piccola collina dove si trovava proprio quella villa. 

La villa – come la scuola – era stata lasciata in eredità dal signor Highler alla cittadina di Garaway. A gestirla erano i genitori di Bridgit Robertson, compagna di scuola di Caleb, per anni avevano seguito anche parecchi corsi insieme. Lei era bellissima, gli occhi azzurri e i capelli biondo acceso sembravano riuscire a comunicare da soli. Era naturalmente nei gruppi di élite della città, i più bravi, i più belli e – come pensavano spesso Caleb e Matthew – i più fortunati e spregevoli. Caleb non aveva mai avuto chissà quale tipo di rapporto con lei ma era il suo modo di porsi, di essere la prima donna, a non fargli provare alcun tipo di interesse. 

Chissà come sarà il suo modo di porsi ad una festa organizzata nella villa che i suoi genitori gestiscono. 

Erano ormai le sette del pomeriggio, Caleb aveva seriamente valutato l'idea di non andare alla festa, sapeva che sarebbe rimasto solo per gran parte della serata. Andrew non ci sarebbe andato, Samantha e Matthew con il loro carattere estroverso avrebbero sicuramente trovato qualcosa di interessante da fare e Kaelee aveva Augustus. Ci sarebbero stati anche i suoi compagni di corso, ma il tipo di compagnia dei suoi amici non era lontanamente paragonabile a quella di chiunque altro. E soprattutto quello di Kaelee. Erano stati sempre insieme, inseparabili negli ultimi quattro anni. Ovunque andassero c'erano sempre l'uno per l'altra e c'erano sempre se c'era l'uno o l'altra. Avevano un rapporto speciale e avevano anche uno strano modo di porsi nei confronti dei fidanzati dell'altro, ero il loro modo di difendersi a vicenda. 

La sera prima avevano litigato perché, dopo aver saputo del ritorno di fiamma con Augustus, Caleb rinfacciò all'amica tutto quello che egli gli aveva fatto facendola soffrire. La parte che fece più irritare Kaelee fu quando si sentì dire che era solo una bambina, incapace di ascoltare la propria testa, incantata da un faccino capace solo di provocare sofferenza e dispiaceri, non abbastanza matura da prendersi cura di se stessa.

Probabilmente Caleb si pentì subito dopo di averglielo detto ma per lui era quello che di più vero c'era al mondo in quel momento. 

Si trovava dunque sdraiato a letto, erano le sette, combattuto tra il desiderio di restare lì, a casa, magari prendere il proprio strumento – la tromba – e affondare la propria tristezza su qualche pezzo o studio abbastanza difficile da non permettergli di pensare ad altro, e la voglia di andare alla festa per lo stesso motivo: magari bere e divertirsi. Da quando aveva litigato con Kaelee – neanche ventiquattr'ore – sembrava incapace di trovare valide ragioni per divertirsi. 

Che coglione, pensava spesso. 

Si alzò così dal letto, dirigendosi verso la custodia della propria tromba. Evidentemente aveva preso la sua decisione. Il cellulare iniziò a vibrare, un messaggio, si avvicinò e notò che era di Kaelee. Prese il cellulare in mano, sbloccò la home e lesse. 

Direi che è il caso di parlarne, non possiamo andare avanti così. 

Effettivamente ci aveva pensato anche lui, voleva parlare con lei, chiarire le sue ragioni, magari chiederle scusa e tentare di ricominciare con la consapevolezza di voler far entrare Augustus tra loro due il meno possibile. 

Ci vediamo verso le 9.45 nel cortile della casa, parliamo in un angolo, da soli... 

Inviò. 

Lei lo lesse e rispose con una pollice in su. 

Era arrivato il momento di prepararsi. Scesa in cucina, dove si trovavano i suoi genitori. Indossava già il pantalone di uno dei suoi abiti preferiti e la camicia non completamente abbottonata. 

"Ceni con noi?" chiese la madre rivolgendogli uno sguardo prima di tornare con gli occhi sulla pentola. 

"Sì..." disse Caleb con uno strano tono che la madre neanche notò, il suo sguardo seguì il padre che, con fare misterioso e occhi spenti si diresse dalla cucina al salotto, si sedette nel divano e rimase immobile per svariati secondi. 

"Cos'ha?" chiese avvicinandosi alla madre continuando a rivolgere lo sguardo al padre. 

"Cos'ha cos... Ah, tuo padre?" anche lei sembrava parecchio strana, "no, nulla... qualche problema a lavoro, tutto risolvibile". 

Ad Elijah arrivò una telefonata, salì al piano superiore per parlare, Caleb decise di restare ad osservare i movimenti della madre, anche lei era passata da uno stato di confusione a uno stato di attenti. 

 "NON E' POSSIBILE!" l'urlo di Elijah echeggiò per tutta la casa. Laura fece un piccolo movimento all'indietro. Caleb rimase immobile, ad osservarla in silenzio. Dopo un paio di minuti il padre tornò in cucina, aveva però uno sguardo più sereno, come se tutto si fosse magicamente risolto. 

"Ho una fame da lupi" esordì sorridendo a Caleb. Laura invece sembrava ancora sovrappensiero. 

Cenarono in fretta, erano le 9 in punto quando Caleb era pronto per uscire di casa e recarsi alla festa. Essendo da solo il padre gli concesse il permesso di usare la sua moto, una BMW. 

La serata era mite, piacevole, ma per evitare di sentire freddo in moto decise di indossare un giubbotto di pelle che, con il vestito che indossava, non era esattamente l'abbinamento più azzeccato. L'avrebbe abbandonato nel portaoggetti quindi era la scelta migliore da fare. 

Percorse il tratto da casa alla villa in soli quindici minuti, percorse il viale accanto il parco per così salire verso la collina, parcheggiò in un angolo del grande prato verde davanti all'entrata. Posò così il giubbotto nel portaoggetti, alzando gli occhi vide Kaelee. 

La ragazza indossava un vestito nero lungo fino alle ginocchia, non eccessivamente attillato, i capelli erano raccolti in un qualche tipo di nodo elegante. 

"Sapevo che ti avrei trovato proprio qui" sorrise poco prima di abbracciarlo, lui ricambiò quell'abbraccio. Era come se quella giornata fosse durata settimane. 

"Perché ne eri convinta?" Chiese Caleb. Notò che Augustus, Samantha e Matthew stavano entrando nella villa, ricambiò il loro saluto a distanza con un cenno della mano. 

E così erano soli, ancora una volta, a buona distanza dai ragazzi che stavano arrivando alla festa. 

"Probabilmente ti conosco abbastanza da capirlo" rispose Kaelee. Lui si appoggiò alla moto. 

"Probabilmente più di chiunque altro" la guardò negli occhi. 

"Ti ricordi quella volta che siamo andati in moto insieme?" Chiese lei quasi speranzosa. 

"Siamo andati al luna Park nella costa, un viaggio lunghissimo" Caleb sorrise con fare nostalgico. 

"Solo perché ti avevo detto che non ci andavo da quando ero bambina" lei si appoggiò alla moto, accanto a lui. Insieme iniziarono a fissare le persone eleganti che entravano dentro la villa, accolti da Bridgit. 

"Scusami per ieri sera, non ero io" disse Caleb. Lei fece per interromperlo ma lui volle continuare. 

"No, fammi parlare" le si mise davanti, "è vero, lo odio per tutto quello che ha fatto e per la razza di persona che è stata nei tuoi confronti" ancora una volta Kaelee cercò di parlare ma lui continuò, "ma se c'è qualcosa di più forte dell'odio che provo nei suoi confronti è il legame che ho con te. Svegliarsi la mattina consapevole di avere qualcuno su cui contare è una sensazione bellissima, consapevole di poter essere così come sono senza nessuna paura è bellissimo". 

Lei buttò le sue braccia attorno al collo di lui, era commossa. Lui scosso ma felice. 

"Probabilmente voglio più bene a te che a me stesso" dichiarò. 

"Non so che dirti..." Lei aveva la voce rotta e forse non aveva neanche il coraggio di guardarlo negli occhi, non voleva farsi vedere commossa. Da sempre facevano a guerra su chi dei due fosse meno palesemente emotivo. 

"Non voglio che tu mi dica niente, sappi solo che qualunque cosa tu faccia ci sarò sempre, che sia Augustus o Brad Pitt a me non importa, voglio solo che tu sia felice" la voce si ruppe un attimo anche lui. 

"Oh, Caleb..." Sospirò lei. 

"Vai" disse Caleb notando Augustus sul portico, "il nostro principe azzurro ti sta aspettando". 

"E tu...?" Chiese lei. 

"Come sempre ti osservo da lontano, entrerò dopo di te e mi assicurerò che non combini guai" e così i due si lasciarono andare a una grande risata.  

Lei andò incontro a Augustus e Caleb rimase appoggiato alla moto, li guardava da dietro, quando lei si voltò lui riprese a sorridere, era bellissima. 

Quando loro entrarono dentro cominciò a camminare anche lui. 

Si trovava a metà strada tra la moto e le scale che conducevano all'ingresso, una folata di vento lo fece trasalire, si voltò di scatto, un brivido. Ma dietro di lui c'erano solo quattro amici che, sorridendo percorrevano la sua stessa strada. Quando appoggiò il piede atterra un suono di carta stropicciata attirò la sua attenzione, c'era qualcosa sotto il suo piede. Era effettivamente un foglio di carta, si piegò così per raccoglierlo. Lo aprì, e vide una frase scritta a chiare lettere, due parole. Per un attimo ebbe la sgradevole sensazione di conoscere quella calligrafia, ma durò solo un attimo. 

Cotidie morimur. 

Era una citazione di uno scrittore latino, Seneca. Ogni giorno moriamo. Chissà chi aveva perso o lanciato quel pezzo di carta. Probabilmente l'avevano appuntata per ricordarsela, quella che si definirebbe una frase da status Whatsapp. 

Un altro brivido su per la schiena. 

Faceva davvero così freddo? 
 

Soundtrack Capitolo 5:
The Runner (Instrumental) - Zack Hemsey.

Capitolo 5 – Welcome to the... 

La festa era andata via velocemente, si erano fatte le 2.30 ancor prima che se accorgessero. Caleb, per evitare di disturbare i suoi genitori, dopo aver lasciato la moto in garage, si diresse in camera sua osservando il massimo silenzio. 

8.30 am. 

Il ragazzo si era appena svegliato, era in ritardo. Perché i suoi genitori non lo avevano svegliato? Aveva un forte mal di testa, ma quel giorno non poteva mancare. Nella seconda lezione avrebbe dovuto svolgere un quiz di filosofia con la professoressa Hamptinton, moglie del professor Thompson, e nel pomeriggio avrebbe avuto le prove dell'orchestra, la settimana successiva avrebbero suonato nella villa dove la sera prima avevano tenuto quella festa. 

Si vestì in fretta, i suoi erano già andati a lavoro probabilmente. Non ebbe neanche il tempo di fare colazione, andò a prendere le chiavi e la custodia della tromba. C'erano sia quelle della Polo che della moto, probabilmente Elijah aveva deciso di accompagnare la moglie a lavoro, come promesso il giorno prima. Caleb decise di prendere la moto, aveva fretta. Per arrivare a scuola impiegò meno della metà del tempo del giorno prima, era arrivato appena in tempo. Corse verso la classe e si mischiò tra i compagni. Andrew, Matthew e Samantha gli lanciarono un'occhiataccia. Kaelee non c'era. Samantha gli disse che non stava benissimo e per evitare danni peggiori preferì restare a casa. 

Il compito era andato abbastanza bene, come il resto della mattinata. Dopo pranzo Caleb si sarebbe recato alle prove dell'orchestra. 

Salutò i suoi compagni, lui era tra i più esperti del gruppo, la sua gavetta nelle Marching Band stava dando i suoi frutti, riusciva a superare l'ansia e aiutava gli altri a farlo. Il maestro Engrowyd era arrivato puntualissimo, tutti erano ai loro posti pronti per cominciare. 

Caleb era cresciuto assieme a Engrowyd, avevano lavorato parecchie volte insieme e lui era quello che lo aveva iniziato nel mondo della musica quando aveva solo nove anni. 

"Salve ragazzi, oggi ho da proporvi un nuovo pezzo" disse il Direttore mentre distribuiva gli spartiti, "la nostra prima tromba sarà messa alla prova, ci sono dei passeggi davvero interessanti" egli sorrise a Caleb. 

L'orchestra iniziò a provare il pezzo e come ogni prima vista il risultato iniziale era davvero terrificante ma Engrowyd avrebbe fatto - come al solito - un lavoro egregio riuscendo a portarlo ad alti livelli nel giro di poche settimane. 

Dopo qualche ripresa qualcuno bussò alla porta, era la coordinatrice del corso, fece spazio a una ragazza che aveva i capelli biondo cenere e gli occhi verde scuro. Aveva un oboe in mano, Caleb la seguì con lo sguardo, deglutì. Sposto gli occhi sulla ragazza che suonava il corno inglese accanto a lui, lei sorrise capendo l'espressione. 

"Vieni, siediti accanto al primo oboe" disse il Maestro, lei sembrava timida e impacciata nel passare in mezzo agli altri musicisti ma aveva un'eleganza non comune, nonostante tutto. 

Prese posto stringendo la mano al ragazzo accanto a lei, sembrava un po' un pesce fuor d'acqua. 

"Mi avevano avvisato di un nuovo arrivo" riprese Albert Engrowyd, "posso sapere il tuo nome? Così da appuntarmelo ed evitare brutte figure" sorrise. 

"Candice Wood" rispose la ragazza con un filo di voce. Anche Caleb si stava appuntando il suo nome sul cellulare. Ma cosa stava facendo? Non gli era mai successa una cosa del genere, nessuno lo aveva notato ma dov'era finita tutta la sua classe? La ragazza con il corno lo notò, sorrise. Lo fece anche Caleb. 

Le prove continuavano ma - quando poteva - il ragazzo lanciava un'occhiata verso la nuova arrivata. Caleb provava una strana sensazione nel guardarla e in tutti i modi sperava che i loro sguardi non si incrociassero, non era così difficile, perché una come lei avrebbe dovuto notarlo? 

Proseguirono per altri novanta minuti ma, ad un certo punto, il professor Thompson piombò in aula, senza neanche bussare. Aveva una strana espressione. 

"Scusate ragazzi" esordì schiarendosi così la voce, "Albert devo parlarti". 

L'espressione del Maestro cambiò, aveva smesso di sorridere e sembrava preoccupato. 

Nell'aula regnò il silenzio, sembravano tutti in apprensione. 

"Ragazzi" Engrowyd attirò così l'attenzione, "non vi dispiacerà fare una piccola pausa, solo per dare il tempo a me e al professor Thompson di parlare". 

I ragazzi abbandonarono l'aula dirigendosi verso lo stanzino dove tenevano le custodie. 

Caleb ripose la tromba e iniziò a fissare Candice, sembrava intenta a farsi nuove amicizie, attorno a lei c'erano quattro ragazzi, l'oboista e tre violinisti, due ragazze e un ragazzo. 

Per un attimo i loro sguardi si incrociarono, Caleb sentì lo strano bisogno di sorriderle ma lei sembrava che non l'avesse neanche notato. 

Caleb si grattò la testa sorridendo in modo amareggiato. 

Dopo qualche minuto il Maestro Engrowyd entrò nello stanzino, aveva la stessa espressione del professor Thompson. 

"Ragazzi, per oggi le prove sono finite, ci vediamo la prossima volta, al concerto suoneremo il vecchio programma che tutti conosciamo, chiaro?" se ne andò immediatamente dopo. I ragazzi erano sgomenti. Beh, almeno Caleb sarebbe tornato a casa a riposare. 

Rispose a un messaggio di Kaelee e subito dopo a uno di Matthew, così si diresse verso la moto. Percorse il tratto di strada tra la scuola e casa sua in modo molto veloce. Ma frenò energicamente subito dopo aver svoltato all'incrocio di casa, cinque pattuglie di polizia erano ferme vicino casa sua. Accelerò al massimo e scese dalla moto immediatamente davanti casa. Provava qualcosa di strano dentro di sé, aveva un bruttissimo presentimento. Percorse il vialetto di corsa. Si catapultò in casa e vide tre agenti seduti attorno alla madre, in salotto. Lei era strana. 

"Mamma" sussurrò Caleb, "che è successo?". 

"Tuo padre..." Disse Laura con la voce rotta, "tuo padre è scomparso da ieri sera". 

 Caleb andò immediatamente a sedersi accanto la madre. Lei era sconvolto ma, in un modo o in un altro, sembrava come se stesse riuscendo a controllare la situazione. 

"Signora Laxalt" uno degli investigatori prese la parola, "non appena avremo qualche notizia le faremo sapere, però deve spiegarci cosa può significare quel messaggio". 

"Quale messaggio?" Intervenne Caleb, "e che significa che papà è scomparso?". 

"Le ho già detto, agente, che non ne ho la minima idea" disse con tono fermo Laura. 

"Fatto sta che dopo quel messaggio non si è avuta più nessuna notizia di suo marito, potrebbe essere di rilevante importanza per le nostre indagini..." Venne interrotto. 

"Se mi verrà qualcosa in mente sarete i primi ad esserne informati. Adesso fuori da casa mia" gli agenti accolsero l'invito della donna. 

Nell'arco di pochi secondi madre e figlio restarono soli, evidentemente Caleb non aveva ancora metabolizzato cos'era successo. 

"Ieri sera mi è arrivato questo messaggio da tuo padre, ho provato a sentirlo ma non risponde più al telefono e neanche ai messaggi" Laura porse il cellulare al figlio affinché potesse leggerlo. 

Indebolito. Ma cosa vuol dire

"Subito dopo mi sono recata in centrale, ho avuto paura e... e tuo padre è scomparso" stava per scoppiare in lacrime. 

"E io in tutto questo?" Chiese così Caleb. 

"Quando sono scappata tu eri ancora alla festa e dopo non ho avuto il tempo di avvertirti, non sapevo neanche cosa dirti, sono tornata a casa stamattina e volevo aspettare che tornassi" sospirò abbracciandolo. 

"Hai avvertito la scuola?". 

"Perché?" Chiese stranita Laura, "a parte noi e la polizia nessuno sa niente, mi hanno chiesto il massimo riservo". 

Questo significava che i suoi professori avevano ricevuto chissà quale altra notizia. 

"Io non so davvero da dove cominciare" così Laura scoppiò in lacrime. 

"Io... non so proprio cosa dire, ma cosa può essere successo? Il messaggio. Qualcuno lo ha rapito? Avrà avuto un incidente?" Le domande di Caleb erano davvero tante, domande di cui Laura non aveva una risposta. 

"Non ne ho idea, ti chiedo solo di non dire niente a nessuno, in centrale mi hanno detto di non coinvolgere terzi, la cittadina potrebbe sconvolgersi" Laura riusciva a parlare con un solo filo di voce. 

Caleb non riusciva a capire. Sarebbe dovuto restare in silenzio? 

"Quindi cosa dobbiamo fare?" Chiese. 

"Faranno il loro lavoro...". 

"Mi stai chiedendo di far finta di niente? PAPA' E' SPARITO!". 

Laura scoppiò di nuovo a piangere, Caleb si calmò, era tutto così assurdo. 

"Mamma..." Sospirò, "scusa... Lo troveranno" l'abbracciò. 

Ma nulla aveva davvero senso, il padre di Caleb era scomparso, la madre era misteriosa e confusa e quella telefonata... Caleb si era ricordato della telefonata che il padre aveva ricevuto la sera prima. 

"Mamma ma la telefonata di ieri? Gliene hai parlato?" Chiese il ragazzo. 

"Certo, ma era solo una telefonata di lavoro, ogni cosa potrebbe risultare utile ma questa parte è già stata chiarita" disse la donna alzandosi dal divano, si recò in cucina, Caleb la seguì. 

"Ma il suo messaggio..." Sussurrò Caleb sedendosi su una sedia. 

"Vorrei poter avere una risposta ma non ho nulla..." La donna stava per ricominciare a piangere, aveva gli occhi umidi e l'aspetto di un pugile. 

"Mamma, vai a riposare" riprese Caleb. 

"Non posso, dobbiamo cercare tuo padre..." Laura prese le mani del figlio. 

"Mamma, lo hai detto tu, la polizia farà il suo lavoro, noi dobbiamo solo aspettare... Anche se tutto questo è assurdo" concluse Caleb. 

Laura accennò un sorriso ma in pochi secondi si ritrovò sulle scale, diretta nella propria camera da letto. 

La mente di Caleb era confusa, piena di migliaia di domande e assolutamente persa nel vuoto. Suo padre era sparito. Ma come era possibile? Faticava a crederci davvero. Faticava anche a tenere un comportamento fermo e composto ma era così che facevano nei film, farsi prendere dal panico non aiutava praticamente mai. L'idea di tenere quest'accaduto riservato era quella giusta, anche perché Caleb non se la sentiva di affrontare il discorso con i suoi amici e conoscenti. Ma quanto poteva essere realizzabile? Insomma, in un modo o in un altro le cose si venivano sempre a sapere, soprattutto in una cittadina come Garaway. Il ragazzo si sarebbe impegnato a seguire le indicazioni della polizia ma quanto poteva resistere? Sentiva già il bisogno di dover parlare con qualcuno, ma con chi? 

Decise così di salire in camera sua, chiuse la porta, si mise dei vestiti più comodi. In pochi secondi si ritrovò seduto sul letto, fissava quella vecchia foto con sua padre sopra la scrivania. 

"Papà... Cosa significa indebolito?" Sussurrò prima di sdraiarsi, "Papà... dove sei?".
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