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Autore: ThorinOakenshield    06/06/2017    3 recensioni
Il clan di Merida è sempre stato in ottimi rapporti con i nani di Erebor. Un giorno, re Fergus decide di invitare re Thorin nel suo regno, e...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Thorin Scudodiquercia
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Salvataggio

Quella mattina Merida non si era svegliata con la sua solita energia e voglia di vivere. La notte aveva fatto un sogno tutt’altro che sereno, aveva sognato che sua madre non le rivolgeva più la parola, delusa dal suo comportamento infantile ed immaturo. Ma quella era stata la parte migliore, dal momento che dopo aveva fatto un vero e proprio incubo: la guerra era giunta e il suo clan si trovava in serie difficoltà, suo padre stava per morire. In lontananza si trovavano i nani di Erebor, Merida li stava implorando di intervenire, di aiutarli, ma il loro re, Thorin Scudodiquercia, se n’era andato, del tutto indifferente all’inferno che si stava scatenando nel regno. Ma non era stato solo il pericolo a rendere la principessa inquieta, bensì anche l’odio e il rancore che aveva letto negli occhi del nano. Durante il sogno quello sguardo aveva ferito Merida oltre ogni misura, avrebbe voluto altro da Thorin, avrebbe voluto che l’amasse, che avesse avuto a cuore la sua incolumità, non di certo che la disprezzasse e che la volesse morta.
Dunque non c’è da stupirsi se la principessa dai lunghi capelli di fuoco si fosse svegliata con un’espressione da funerale, quella mattina.
Dopo essersi messa il suo vestito preferito, il solito e comodo abito blu, Merida uscì dalla camera da letto e si avviò verso il pianterreno. Quando lo raggiunse il suo umore non migliorò: vide Thorin che parlava con i suoi genitori, e poteva ben immaginare cosa li stesse dicendo.
Elinor e Fergus si erano accorti dell’arrivo della figlia, infatti le diedero una rapida occhiata.
Merida voltò il capo. Si vergognava per come si era comportata, non riusciva a guardare i suoi genitori negli occhi.
“Con questo vorrei consigliarvi di prendere dei provvedimenti, solo così la principessa e i tre principi impareranno, ed episodi del genere non si verificheranno più” sentì Thorin dire ai suoi genitori. Era così colma di vergogna, che non fece nemmeno caso a quanto la voce del nano fosse stupenda, sensuale e profonda.
Elinor e Fergus sospirarono. “Vi chiediamo nuovamente scusa, prometto che una punizione la troveremo” disse quest’ultimo.
Thorin Scudodiquercia annuì serio, dopodiché se ne andò con aria severa, tenendo le mani intrecciate dietro alla schiena. Quando passò accanto a Merida le rivolse uno sguardo di fuoco, lo stesso sguardo che le aveva rivolto nell’incubo, e la principessa per poco non si sentì male.
Non appena il nano se ne fu andato, il re e la regina raggiunsero loro figlia. Non sembravano arrabbiati, però la principessa era ugualmente molto abbattuta, perché si vedeva che erano delusi e dispiaciuti.
“Figlia cara, ma cosa ti è saltato in mente?” le chiese re Fergus.
Merida non ebbe il tempo di rispondere, che sua madre prese la parola: “Nonostante il tuo comportamento innegabilmente indecoroso, trovo che tu sia abbastanza grande per una punizione, e mi pare che tu ti sia resa conto di aver sbagliato e che ti sia pentita.”
“Sì, madre.”
“Per quanto riguarda i tuoi gemelli, verranno puniti. Una bella punizione, a quei tre, non gliela toglie nessuno!”
Il padre sembrò essere d’accordo.
Il fatto che non sarebbe stata punita, non rese Merida più felice, perché intanto i suoi fratelli una punizione l’avrebbero avuta e la colpa sarebbe stata soltanto sua.
La principessa decise che sarebbe andata a tirare con l’arco nel bosco, forse così si sarebbe tirata un po’ su il morale.

Merida aveva deciso di non portare Angus con sé, l’avrebbe lasciato in pace, a riposare nella sua stalla. Sentiva la necessità di camminare con le sue gambe, di andare lentamente, di prendersi più tempo possibile per distrarsi.
Così si trovava sola nel bosco, armata di arco e frecce, impegnata a colpire i vari bersagli che aveva sistemato sugli alberi.
Il tempo passava, passava e passava, e la principessa era sempre più assorta nella sua attività, non si stava nemmeno rendendo conto che si era allontanata più del solito. Continuò a scoccare frecce, facendole finire contro i tronchi degli alberi, dove ormai non c’erano più tabelloni, perché quella parte della natura selvaggia non l’aveva mai esplorata, non era mai andata in quel luogo a lasciare tracce del suo passaggio.
Quando una freccia mancò il bersaglio e finì in mezzo ai cespugli, Merida imprecò. Si avvicinò alla folta vegetazione con l’intento di andare a recuperarla. Spostò foglie, rami, tastò il terreno, ma della freccia non c’era traccia. Imprecò nuovamente, finché non sentì un rumore poco distante da lei, sembrava quasi un individuo che russava.
Nel momento in cui la principessa alzò lo sguardo, scoprì con un certo dispiacere che non si trattava di un essere umano dormiente.
Dinanzi a lei c’era un cinghiale grande e grosso che la stava fissando con i suoi occhi porcini. Aveva un’aria tutt’altro che amichevole, sembrava minaccioso, sospettoso, aveva l’aria di un animale furioso, furioso perché il suo territorio era stato violato.
La principessa nutriva un forte affetto e rispetto per gli animali, non ne avrebbe mai attaccato uno, se non fosse stato per legittima difesa. In quel caso era chiaro che non si sarebbe potuta aspettare alcuna benevolenza da quel bestione, così decise che avrebbe tirato fuori le unghie.
Il cinghiale partì all’attacco.
Merida era troppo vicina a lui, non ebbe neanche il tempo di rialzarsi e sistemare un’altra freccia che l’animale le fu addosso.
La principessa cadde con la schiena a terra e avvertì un forte dolore al ventre, lì dove il cinghiale l’aveva colpita.
Il bestione aveva messo le sue zampe anteriori sopra di lei.
Con tutta la forza che possedeva, Merida spinse via il cinghiale, liberandosene. Cercò di scoccare una freccia, ma non ci riuscì, poiché l’animale non le stava dando tregua.
Gridò.

Dopo aver avuto quella conversazione con i genitori della ragazza, aveva avvertito la necessità di fare un giro nel bosco. Era molto nervoso, doveva fare così quando la rabbia bolliva in lui, se no avrebbe probabilmente ucciso qualcuno. Era l’unico modo che conosceva per calmarsi. O meglio, l’unico che funzionava.
Tutto si sarebbe aspettato, fuorché sentire qualcuno gridare. Una ragazza.
Thorin non ci pensò due volte: sfoderò la spada che portava sempre con sé, e si diresse verso il punto dal quale era provenuto l’urlo.

Quando giunse a destinazione, il nano vide uno spettacolo che non gli piacque per niente: la principessa Merida a terra, svenuta, ferita, con un cinghiale massiccio che le girava intorno, chiaramente intenzionato a colpirla ancora.
Thorin Scudodiquercia assunse un’aria minacciosa, strinse l’elsa della spada e attaccò l’animale.
Dopo una breve lotta, il nano riuscì ad uccidere il cinghiale.
Thorin non aspettò nemmeno di riprendere fiato: prese la principessa tra le sue braccia e si diresse il più velocemente possibile al castello. Merida aveva bisogno di aiuto, e subito.

L’Antro di Lucri:

Lo so, lo so, lo so.
L’ultima volta vi avevo promesso che ci avrei messo poco ad aggiornare, e così non è stato.
Mi dispiace veramente tanto, ma tra lo spettacolo e l’università non ho avuto né voglia né tempo per mettermi a scrivere. Poi, come se non bastasse, ho passato un breve periodo di “depressione” in cui non avevo voglia di fare praticamente niente, non riuscivo manco a scrivere.
Non farò più promesse, non vi prometterò più che aggiornerò presto, perché non sono certa che sarà così. Però una cosa ve la prometto: finirò questa storia, perché non mi piace lasciare le fanfiction incomplete e, chi mi conosce, questo lo sa.
In ogni caso mancano due capitoli alla fine.
Grazie per aver letto fino a qui :D.
Spero a presto

Lucri

   
 
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